(Le fotografie provengono dal Parco di Greccio dimora d'un rifugio di S. Francesco...)
Marco è l’evangelista
che più degli altri rende il concetto di demònio con l’espressione ‘spirito
impuro’, che nell’ AT compare unicamente in un passo del profeta Zaccaria. Essere
impuro o immondo è la condizione che ostacola la comunicazione con Dio, il
tutto puro. Tutti i fenomeni relativi alla nascita, alla morte, alla vita
sessuale rendono l’uomo impuro. Lo spirito è una forza esterna all’uomo. Se
questi lo accetta, il suo influsso agisce nella sua interiorità. Quando questa
forza procede da Dio viene definita santa (Spirito santo), quando proviene da
elementi contrari a Dio è ritenuta una forza impura.
Mentre l’accoglienza dello Spirito santo trasporta l’uomo nella sfera del divino (vita), lo spirito impuro rende incapace l’uomo di entrare nella sfera divina e lo inchioda in quella della morte. La differenza tra l’uomo posseduto da uno spirito impuro e l’indemoniato sta nel fatto che, mentre il primo manifesta questa sua condizione solo in particolari circostanze lo stato dell’indemoniato è evidente, continuo e conosciuto dalla gente.
Nei vangeli
si parla inoltre dei ‘sette spiriti peggiori’:
‘Quando lo
spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo,
ma non ne trova. Allora dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. E,
tornato, la trova vuota, spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri
sette spiriti peggiori di lui ed entrano ad abitarvi; e l’ultima condizione di
quell’uomo diventa peggiore della prima’.
Questi ‘sette spiriti peggiori’, associati allo spirito impuro, rappresentano nel Testamento di Ruben i sette vizi, chiamati gli ‘spiriti dell’errore’:
‘Il
primo è lo spirito dell’impudicizia. Il secondo è lo spirito di ingordigia. Il
terzo è lo spirito di contesa. Il quarto è lo spirito di compiacenza. Il quinto
è lo spirito di superbia. Il sesto è lo spirito di menzogna. Il settimo è lo
spirito di ingiustizia. A tutti questi è legato lo spirito del sonno, che è
spirito di inganno e di immaginazione’.
Infine nel
NT viene nominato cinque volte lo ‘spirito cattivo’.
Nella Bibbia è assente la leggenda di Lucifero, il bellissimo angelo caduto a causa del suo orgoglio e della sua superbia e degradato per sempre a orrendo diavolo. È in un testo apocrifo dei primi secoli del cristianesimo, il Libro dei segreti di Enoc, che affiora l’idea di un peccato di orgoglio da parte di un arcangelo (ancora anonimo) il terzo giorno della creazione:
‘Ma uno
dell’ordine degli arcangeli, allontanandosi con la schiera ai suoi ordini,
concepì un pensiero impossibile: collocare il suo trono al di sopra delle nubi
che stanno sopra la terra per poter così eguagliarsi con la mia forza. Io
allora lo scagliai dall’alto insieme ai suoi angeli e lui rimase volando nell’aria
sopra l’abisso’.
Nella Vita latina di Adamo e Eva questo arcangelo prende il nome Satana, lui stesso narra la sua caduta che però non precede, ma segue la creazione di Adamo:
‘Il diavolo
tra le lacrime replicò: Adamo, tutta la mia ostilità invidia e dolore
provengono da te, perché per colpa tua fui espulso dalla mia gloria e separato
dallo splendore che avevo in mezzo agli angeli; per tua colpa fui gettato a
terra... Il giorno in cui tu fosti creato mi portarono alla presenza di Dio...
quando Michele ti trasse e volle che ti adorassimo davanti a Dio e Dio disse:
Ecco che ho fatto Adamo a nostra immagine e somiglianza. Allora uscì Michele
convocò a tutti gli angeli e disse: “Adorate l’immagine del Signore Dio”. Io
risposi: “No, non vedo perché devo adorare Adamo”. E siccome Michele mi forzava
ad adorarti gli risposi: “Perché mi obbliga? Non voglio adorare uno inferiore a
me perché io sono la prima di ogni creatura e prima che lui fosse fatto io già
ero stato creato”. Lui deve adorare a me e non il contrario. All’udire questo
il resto degli angeli che stavano con me si rifiutarono di adorarti. Michele
insistette: “Adora l’immagine di Dio”. Io replicai: “Se ti infuri con me io
porrò il mio trono al di sopra degli astri del cielo e sarò somigliante all’Altissimo”.
Il Signore Dio si indignò contro di me e ordinò che mi cacciassero dal cielo e
dalla mia gloria con i miei angeli. Di questa maniera fummo espulsi per tua
colpa dalle nostre dimore e gettati in terra’.
L’origine della leggenda di Lucifero nasce nei primi tempi del cristianesimo dalla fusione di due testi distinti dell’AT: la satira contro Nabucodònosor (o Nabonide) re di Babilonia, da parte del profeta Isaia, e quella contro Et-Baal II re di Tiro, da parte di Ezechiele.
Il primo
autore cristiano al quale si deve l’identificazione chiara del diavolo con
Lucifero nella Chiesa di lingua greca è Origene. Nei suoi scritti egli unisce
la satira di Isaia contro il re di Babilonia (ls 14,1 2- 1 3) con quella di
Ezechiele contro il principe di Tiro, (Ez 28, 1-19) e fa dei due personaggi uno
solo: Lucifero, l’angelo decaduto:
‘Riteniamo perciò che tali parole siano dette da un angelo cui era toccato l’ufficio di provvedere alla gente di Tiro e di prendersi cura anche delle loro anime; “Si vede chiaramente anche in questo passo che è caduto dal cielo colui che prima era Lucifero e sorgeva al mattino. Se infatti, come alcuni credono, egli era natura di tenebre, come avrebbe potuto esser detto Lucifero... Così anche questo una volta era luce, prima che prevaricasse e cadesse in questo luogo e la sua gloria si tramutasse in polvere, ciò che è proprio degli empi - come dice anche il profeta - per cui fu chiamato anche principe di questo mondo, cioè di questa dimora terrena. Infatti egli esercita il dominio su quanti hanno seguito la sua malvagità, poiché tutto questo mondo (per mondo qui indico la terra) è in potere del maligno, cioè di questo apostata”. Che costui sia apostata dice anche il Signore in Giobbe: “Prenderai con l’amo il dragone apostata”: è certo che per dragone s’intende il diavolo” Is’.
Nell’AT la ‘stella del mattino’, che una tradizione riteneva essere stata la prima creazione di Dio (Sal 110,3), è un titolo adoperato per simboleggiare lo splendore morale di ‘Simone, figlio di Onia, sommo sacerdote’, paragonato alla ‘stella del mattino in mezzo alle nubi’ (Sir 50, 1-6).
Il nome
Lucifero quale ‘portatore di luce’, fu nei primi secoli cristiani un titolo di
Gesù, e nel NT la ‘stella del mattino’ è una delle immagini del Signore, che
nel libro dell’Apocalisse Gesù applica a se stesso: ‘lo, Gesù sono la radice e
la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino’ (Ap 22, 16; 2,28).
Nell’Exultet,
il gioioso canto della notte pasquale, la liturgia latina celebra Cristo quale Lucifer
matutinus... Lucifer qui nescit occasum (Lo trovi acceso la stella
del mattino, quella stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio).
Al primo incontro con gli scribi, Gesù era stato ritenuto da costoro un bestemmiatore e pertanto meritevole della pena di morte. Gesù inoltre aveva aggravato la sua situazione trasgredendo pubblicamente in una sinagoga il comandamento più importante, quello del riposo in giorno di Sabato; ora sia i pii farisei, sia i dissoluti erodiani, decidono di ammazzarlo (‘i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire’, Mc 3,6) quindi Gesù deve fuggire dalla Giudea e salire in Galilea.
Di fronte
al completo rifiuto delle autorità religiose (scribi), spirituali (farisei) e
civili (erodiani), Gesù decide di rompere con l’istituzione religiosa d’Israele
e di costituire un nuovo popolo capace di essere fedele alle promesse di Dio.
Come il vecchio Israele era composto dalle dodici tribù, così il nuovo
costituito da Gesù viene rappresentato idealmente dai dodici, che Gesù chiamò a
sé: ‘Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e
perché avessero il potere di scacciare i demòni’ (Mc 3, 1 3- 15).
La rottura con l’istituzione religiosa viene considerata una follia da parte del clan familiare di Gesù, che decide di andare a catturare il loro parente ritenuto ormai completamente fuori di testa: ‘Entrò in una casa e si radunò di nuovo una folla, così che non potevano neppure mangiare il pane. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a catturarlo; poiché dicevano: ‘È fuori di sé!’ (Mc 3, 20-21).
Per
descrivere l’azione dei parenti di Gesù, l’evangelista adopera il verbo
catturare, lo stesso usato per l’imprigionamento di Giovanni Battista da parte
di Erode e per la cattura di Gesù da parte delle autorità religiose Marco
descrive i familiari di Gesù come coloro che si tengono fuori:
‘Giunsero
sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a
lui era seduta la folla, e gli dissero: “Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le
tue sorelle stanno fuori e ti cercano” ’. (Mc 3,31-32).
I parenti si escludono dalla cerchia del Messia e per questo arrivano a pensare che Gesù sia fuori di senno. Quanti stanno fuori non possono percepire la realtà di Gesù, riservata a quelli che stanno assieme a lui:
‘A voi è
stato dato il mistero del regno di Dio, a quelli che sono fuori invece tutto
viene detto con parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì,
ma non comprendano’ (Mc 4, 11- 12).
L’atteggiamento
della famiglia che ritiene Gesù fuori di testa trova conferma nello scetticismo
degli abitanti di Nazaret, per i quali Gesù ‘era motivo di scandalo’ (Mc 6,3),
e nel vangelo di Giovanni, dove si afferma che:
‘neppure i
suoi fratelli credevano in lui’ (Gv 7,5).
L’incomprensione e l’ostilità dei familiari, nonché lo scetticismo dei propri compaesani, causano a Gesù l’amara constatazione che ‘un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua’ (Mc 6,4).
Il
tentativo da parte della madre e dei fratelli di Gesù di catturarlo, terminerà
con la rottura di Gesù con la sua famiglia: ‘chi è mia madre ? chi sono i miei
fratelli?’ (Mc 3,33).
Ma ciò che
da parte dei familiari viene ritenuto una pazzia verrà giudicato una
possessione demoniaca da parte degli scribi.
3,22 ‘E gli
scribi, quelli ·che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: “Ha Beelzebùl, e per
mezzo del capo dei demòni scaccia i demòni” ’.
Il distacco di Gesù dall’istituzione religiosa provoca allarme a Gerusalemme, sede del tempio. Il caso di Gesù non è quello di un profeta isolato che facilmente può essere tenuto sotto controllo, ma di un pericoloso fenomeno di massa che attira folle considerevoli (Mc 3, 7-8, l).
Contro Gesù
scende in campo direttamente il Sinedrio, inviando una delegazione ufficiale
composta dai suoi membri più autorevoli, gli scribi di Gerusalemme. Costoro
scendono da Gerusalemme non per accertare dei fatti e verificare le accuse, ma
per emettere una sentenza tesa a screditare definitivamente Gesù, che
denunciano come stregone e quindi passibile della pena di morte (Dt 18 ,1 0-
14).
Infatti gli scribi, non potendo negare la straordinarietà dei segni compiuti da Gesù, decidono di disconoscere l’opera di Dio nelle sue azioni. Non potendo misconoscere l’attività liberatoria di Gesù, che tutti ormai toccano con mano, non resta loro che infamare la sua persona e così squalificare il suo operato.
La
diffamazione contro Gesù è stata curata nei minimi particolari. Tra le
centinaia di demòni nei quali il popolo credeva, gli scribi scelgono il più
popolare e nello stesso tempo il più temuto dalla gente: Beelzebùl, nome che
nella letteratura giudaica non viene mai attribuito al satana.
Beelzebùl è
una forma dispregiativa di Baal Zebub. Questo nome, composto da Baal [Signore],
e Zebub [mosche] (‘Signore delle mosche’), è quello di una divinità filistea
protettrice delle malattie, delle quali le mosche erano veicolo. Le mosche, che
s’affollavano sia sulle carogne, sia sugli animali sacrificati a Dio nel tempio
di Gerusalemme, erano infatti considerate dei demòni.
Poiché a questa divinità pagana si rivolgevano anche gli israeliti per ottenere la guarigione, i farisei deformarono il suo nome in Zebul, che significa letame (‘Signore del letame dei cani’). Mentre Baal-Zebub proteggeva dalle mosche, Baal-Zebul, il ‘Signore del letame dei cani’, le attirava, essendo il letamaio luogo impuro per eccellenza, dimora delle mosche.
La scelta
del nome del demònio da parte degli scribi è intenzionale. Essi invitano il
popolo a stare alla larga da Gesù perché, anche se apparentemente libera e
guarisce le persone, in realtà lui opera in virtù di un demònio che, quale ‘Signore
del letame’, è causa prima delle infezioni e delle malattie. Pertanto non è
vero che Gesù libera le persone, anzi le rende ancora più vittime del demònio,
in quanto i suoi poteri gli vengono dal ‘capo dei demòni’.
L’argomentazione degli scribi poggia sulla credenza popolare, ancora diffusa nei primi tempi del cristianesimo, che le infermità fossero causate dai demòni, i quali provocano le malattie per poi guarire l’individuo e farsi da questo adorare come suoi salvatori, ‘mettendo fine alla malattia della quale essi stessi sono la causa’.
Mentre gli
scribi che diffamano Gesù non hanno osato affrontarlo apertamente, Gesù li
convoca, dimostrando la propria superiorità nei loro confronti e l’assurdità
della loro denuncia: ‘se i satani si mettono in guerra tra di loro, vuoi dire
che il potere del satana è finito’.
È questa la
prima volta che nel vangelo di Marco il termine satana appare in bocca a Gesù
assieme al riferimento a un regno che è la sfera di dominio del satana.
In analogia e in contrapposizione con quanto Gesù ha insegnato sul regno di Dio, possono essere comprese le caratteristiche del regno del satana. Se condizione di ammissione al regno di Dio sono la conversione, la scelta degli ultimi, e la rinuncia all’accumulo delle ricchezze, al regno del satana appartengono coloro che nella società, civile e religiosa, dominano gli altri e spadroneggiano attraverso le leve del potere e il fascino del denaro, o, aggiungiamo noi poveri frati minori, con altri mezzi più moderni affini al pensiero di Satana, affinché ogni abominio possa trionfare in motivo e sragione del male!
(A.
Maggi)