CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 28 aprile 2020

NATURA CHE ANIMA! (17)












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Un petalo di Rosa [...]

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Capitolo [completo] [...]















La Natura serba delle forti e profonde sensazioni agli iniziati….

Una serenità grande succedette nel suo spirito, per cui le piccole e comuni melanconie dalle quali, come da nebbie leggere, era stato da prima occupato, svanirono. Ebbe una intimità singolare con la Terra, sentì la trasfusione della sua Anima nella grande Anima della Natura. E si sentì, condotto verso un paesaggio più vergine, più ampio, più tragico e più solitario.

Salì sulle Alpi, si stabilì a Savognino, nel Grigione.

Là, solo in faccia alle montagne, dipinse con selvaggio trasporto; e la sua grande personalità sbocciò come un fiore meraviglioso. Sui Grigioni il Segantini si trovò in presenza di un paesaggio in condizioni di suolo e di luce ben differenti da quello che aveva lasciato.




Nell’atmosfera limpidissima, nella luce vibrante e diffusa, tutte le particolarità dell’ambiente apparivano con un’evidenza incisiva; le forme si profilavano con incomparabile nettezza; sotto l’erba magra traspariva l’ossatura rocciosa, si delineavano le grandi vertebre dei monti. Nelle facettature della pietra, nelle insenature della montagna tormentata, i colori si decomponevano in mille scintillazioni. La tecnica consueta gli apparve subito impotente a rendere quell’intensità di colore, quella trasparenza di luce che i vecchi paesisti non avevano conosciuta in tutta la gloriosa potenza per cui egli si entusiasmava. Col colore puro, non infiacchito dall’impasto, poteva solo sperare di giungere a qualche risultato positivo. Una fattura minuta, che seguisse tutte le sagome e incidesse il disegno, si doveva sostituire alla pennellata larga e molle, senza di che ciò che vi era di più caratteristico nell’ambiente sarebbe andato perduto.




Così, naturalmente, il Segantini cominciò ad usare la tecnica divisionista, che l’osservazione profonda e personale della Natura gli aveva imposto come una necessità. Padrone di un mezzo meccanico che non tradiva le sue intenzioni, egli poté dipingere dei quadri organici, che furono diretta espressione del suo modo di sentire. La tecnica analitica gli secondava lo studio minutissimo, mentre lo spirito riassuntivo e la volontà sempre accesa davano alle rappresentazioni la coesione sintetica. Ottenne in questa maniera dei risultati non mai raggiunti; le sue opere riuscirono complete in ogni parte e capaci di dare, per il sapientissimo equilibrio dei particolari, una impressione poderosa di verità e di grandezza.

Nei quadri del Segantini tutto contribuisce alla espressione totale senza perdere il suo valore particolare; e mentre i quadri degli altri paesisti non sono capaci di comunicare che una sola e ben definita impressione, i paesaggi di Segantini possono essere, come gli spettacoli naturali, fonte di mille pensieri e di mille sensazioni. Perché egli studiò e dipinse con lo stesso amore il filo d’erba della prateria, e il masso del monte, e l’uomo, e l’armento; e ascoltò nel silenzio le voci delle cose mute ed inerti e tutte le energie naturali furono da lui celebrate.




L’Aratura nell’Engadina fu uno dei primi quadri che portò nelle esposizioni il senso dell’alta montagna, con l’atmosfera cristallina, le chiarità del sole, le candide delicatezze della neve sulle giogaie. In questo quadro è espressa, come in tutte le opere di Segantini, la comune
fatica degli uomini e degli animali uniti per strappare alla terra, più che altrove dura ed ingrata, gli elementi necessari alla vita. I due cavalli che conducono l’aratro, disegnati con singolare evidenza, che qualunque animalier può invidiare, hanno, nello sforzo consapevole, una espressione quasi umana, e pare che dei due uomini che li guidano abbiano lo stesso pensiero e l’identica volontà.

Questa comunione amorosa commuoveva l’animo del pittore che ebbe a scrivere parole degne di un grande poeta lirico:




‘Io voglio che gli uomini amino gli animali buoni a cui tolgono e latte e carni e pelli; e dipingo le Due Madri, ed il buon cavallo sotto all’aratro che lavora coll’uomo e per l’uomo, ed il riposo dopo il lavoro, e dappertutto dipinsi i buoni animali cogli occhi pieni di dolcezza. Essi che danno tutto agli uomini, e la loro forza, e i loro figli, e le loro carni e le loro pelli, sono dagli uomini battuti e maltrattati. Con tutto ciò, in generale, gli uomini amano più gli animali che i loro simili’.

Il sentimento dell’amor materno, - il più naturale e il più forte dei sentimenti, - era pel Segantini una continua fonte di inspirazione. Ed egli dipinse a più riprese gli esseri umani con la familiarità di cui animati dalla Natura dal Ritorno dal bosco di cui nel patrio suolo natio ancora non si aveva, all’epoca come nell’odierna, la vera percezione tesoro e ricchezza, e che il grande pittore ci possa aiutare in questa inestimabile ricchezza che sappia preservarci da ogni male terreno nel poter al meglio valorizzare i frutti della nostra ed altrui Terra…




I disastri cagionati dalle inondazioni in gran parte dell’Italia superiore, sono a mal titolo imputati alla inclemenza della natura; si debbono invece attribuire alla ignavia nostra per l’abbandono nel quale presso di noi giacciono le discipline forestali ed idrotecniche, voglio dire dello sboscamento delle alte montagne e della insufficiente manutenzione degli argini esistenti. Né per questo la natura è esente dal prendervi parte. Il movimento della progressione dei ghiacciai è fermato dalla fusione che si opera alla loro base, nelle vallate, ma non è fermato che in parte per questa causa.

I ghiacciai invadono, ed allora la loro invasione è irresistibile e tutto distruggono quanto incontrano sul loro passaggio; l’usurpazione del ghiacciaio è incontestabilmente dimostrata dai documenti storici e dalle traccia irrecusabili dell’opera loro di distruzione; estesi pascoli sono ricoperti, immense foreste di alberi secolari sono devastate, e finalmente delle capanne isolate e dei gruppi di abitazioni, altre volte situati a grande distanza da quelle masse di ghiaccio, sono distrutte.




Comunque avvenga il fatto del regresso o dell’avanzarsi dei ghiacciai è chiaro che fondendosi la massa di ghiaccio alla sua base vediamo le regioni sottostanti irrigate da una quantità d’acqua variabile. Per fissare le idee circa la immensa quantità d’acqua proveniente dai ghiacciai, dirò solo come i i signori Dollfus e Desor fecero esperienze in proposito al ghiacciaio dell’Aar nel 1844 e nel 1845, e ne dedussero che da esso scaturirono in 14 giorni di osservazione circa 800,000 metri cubi di acqua al giorno.

L’immenso ghiacciaio di Grindelwald somministra un volume di acqua a questo assai superiore; aggiungiamo a questo la enorme quantità di acqua che la pioggia ci fornisce e potremo facilmente comprendere la necessità di dividere queste masse non solo, ma dì custodirle, mediante buoni lavori idraulici, nei loro letti. Né ciò basterebbe, e per riparare ai danni, o meglio, diminuire il pericolo della sommersione, è indispensabile ricorrere a quelle misure che la provvida natura ci ha essa stessa indicate, curare cioè le foreste, vegliare alla loro conservazione ed al rinnovamento delle zone minacciate. Certamente non si potranno prevenire interamente, principalmente in montagna, le grandi inondazioni, ma quanto dico ora per le Alpi si può estendere alla maggior parte degli Appennini, i quali presentano ovunque per natura delle rocce costituenti minore resistenza alla forza corrosiva delle acque, sicché i pericoli minacciati dagli sboscamenti vi sono anzi più gravi e più imminenti.




Non credo certamente di errare asserendo essere il Po la vita del vasto piano dell’Italia superiore; ne è prova la ricchezza dell’agricoltura nella Lombardia, la quale richiede per se sola 45,000,000 di metri cubi d’acqua al giorno, 500 per minuto secondo! Come tutti i fiumi che convogliano le loro acque nella pianura, il Po fu da tempi antichissimi arginato, e fu nel suo bacino idrografico che il genio di Leonardo da Vinci si manifestò all’Europa intera. Attualmente da Cremona al mare il gran fiume è arginato assai validamente; eppure le sue inondazioni sono frequenti e la rottura degli argini laterali ha minacciate delle provincie intere. Non converrebbe fiancheggiare queste arginature di grandi piantagioni, sicché in un corso determinato di anni si stabilisse naturalmente un largo alveamento al fiume?

Questi problemi dovrebbero essere studiati a fondo dal governo, dalle Provincie, dai comuni e dagli uomini pratici della materia, le loro risoluzioni recherebbero conseguenze oltremodo benefiche;  donde togliendo le cagioni essenziali delle inondazioni verrebbe aumentata la ricchezza e la estensione delle terre produttive e quindi la ricchezza del paese.

Conviene ancora osservare come vi sia una connessione evidente fra le piogge e le foreste.




Citerò soltanto il fatto che il Becquerel acquisì alla scienza, che cioè, durante le forti piogge non cadono attraverso il fogliame di un bosco che i 3/5 dell’acqua che cadrebbe senza le piantagioni sul nudo suolo. Questa osservazione importantissima, frutto di lunghi studi, può dare una misura sensibile della utilità generale delle foreste.

Senza ricercare fuori paese gli esempi che mi occorrono per provare il misero stato in cui si trova la silvicoltura, mi atterrò a quel tanto che qua e là ho raccolto e che mi parve consentaneo al mio modo di vedere.

La razza latina ha senza dubbio di grandi belle qualità, ma non ha certamente quella della economia e della previsione nella manutenzione delle sue ricchezze forestali. Essa ha strappato colle sue mani il ricco manto di foreste che tempi addietro copriva i paesi che abita, e, non contenta di distruggere le foreste in pianura, ciò che poi non era un gran male, essa ha smantellati i versanti delle sue montagne e portato con questa imprevidenza una incalcolabile variante all’equilibrio climatologico, alla direzione del venti, alla distribuzione del calore, dell’umidità dell’aria ed al regime delle acque. È nota a tutti la parte importantissima che hanno le grandi estensioni boschive sul clima generale di un paese, e che distruggendo le foreste si distrugge assieme con esse il più potente degli agenti di cui la natura si serve per suddividere calore, umidità, elettricità, venti ed acque sulla superficie terrestre.




L’Italia fu di una rara imprevidenza nelle sue distruzioni forestali, ed invero la superficie boschiva, avuto riguardo alla estensione del paese, vi è in minima proporzione, poiché sovra una estensione di 28 milioni di ettari soli 5,30 sono coperti da boschi; questa cifra è tanto piccola che per farla accettare debbo ricorrere alla statistica. Non basta; se tutti 5 e mezzo fossero coperti da foreste, ma vere foreste, ben mantenute, con tutti i procedimenti che può fornire la silvicoltura attuale, la cosa non sarebbe tanto in deperimento, e vi sarebbe forse di che soddisfare ai bisogni interni domestici; ma ciò che ho detto essere marcato dalle statistiche non sono piuttosto, e nove volte su dieci, che vaste estensioni una volta occupate da foreste ed ora coperte da miserabili cespugli devastati dal delitto forestale e dal dente degli animali che vi si fanno pascere?

Basta per farsi un’idea di quello che sono oggidì queste estensioni marcate come foreste il considerare quello che si scorgono dalla bella Firenze. Tempi addietro, tutte quelle cime che formano lo splendido bacino in mezzo al quale sorge la città dei fiori, erano coronate da boschi alle varie essenze, di cui qualche misero tronco trovasi ancora qua e là sparso; ma oggi esse appariscono aride e nude al disopra della pianura toscana coperta di fitta e lussureggiante verdura; non sono più le cime che sono rivestite di foreste, come lo si vede in tutti gli altri paesi, ma è la pianura che è diventata la foresta di oliveti e di viti gigantesche unite agli alberi.




Questo dislocamento dell’estensione boschiva ha avuto delle conseguenze disastrose che ognuno vede e sente, ma di cui forse non molti si rendono ragione. Le brusche variazioni del clima e non solo di Firenze, quei venti violenti che fanno il vero ufficio dei nostri spazzini da via, quelle piogge torrenziali e quella umidità malsana tosto seguita da estrema siccità dell’aria, quei venti ghiacciati alternati con venti cocenti, insomma tutti quei torbidi atmosferici non sono forse in gran parte occasionati dal denudamento delle cime del bacino e dall’invasione della foresta nella pianura?

Non è dunque da stupire che lo squilibrio sia rotto, che il clima vi sia sregolato e capriccioso poiché il gran regolatore dei venti, il gran moderatore del clima, il distributore delle acque, la foresta in una parola, è scomparsa dalle cime. 

(Prosegue con il Capitolo intero...)











mercoledì 22 aprile 2020

UN MONDO APERTO (in memoria M. Eliade 22/04/986) (14)











































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Del 22 Aprile...    d'una e più Primavere silenziose (12/3)


Prosegue nel mito:






Dell'Eterno ritorno (15)


&...














...Nella cella accanto... (16)



Prosegue ancora con Arte & Natura ovvero:















Un petalo di Rosa [....]














Rendere aperto il Mondo ai livelli arcaici di cultura, la religione mantiene l’‘apertura’ verso un Mondo sovrumano, il mondo dei valori assiologici. Questi sono  ‘trascendenti’, essendo stati rivelati da Esseri divini oppure da Antenati mitici. Essi sono, di conseguenza, valori assoluti, paradigmi di tutte le attività umane.

Come si è visto, questi modelli sono mantenuti nei miti, a cui spetta soprattutto risvegliare e conservare la coscienza di un altro mondo, di un aldilà, mondo divino, o mondo degli Antenati. Questo ‘altro mondo’  rappresenta un piano sovrumano, ‘trascendente’, quello delle realtà assolute.




Nell’esperienze del Sacro, nell’incontro con una realtà sovrumana, nasce l’idea che qualcosa esiste realmente, che esistono dei valori assoluti, capaci di guidare l’uomo e di dare un significato all’esistenza umana. Attraverso l’esperienza del Sacro, dunque, si mettono in luce le idee di realtà, di verità, di significato, che saranno ulteriormente elaborate e sistematizzate dalle speculazioni metafisiche.

Il valore apodittico del mito è riconfermato periodicamente dai rituali. Il ricordo e la riattualizzazione dell’avvenimento primordiale aiutano l’uomo ‘primitivo’ a distinguere e a conservare il reale. In virtù della ripetizione continua di un gesto paradigmatico, qualche cosa si rivela come fissa e durevole nel flusso universale. Con la ripetizione periodica di ciò che è stato fatto in ilio tempore, si impone la certezza che qualche cosa esiste in modo assoluto. Questo ‘qualchecosa’ è ‘Sacro’, cioè sovrumano e sovramondano, ma accessibile all’esperienza umana.




La realtà si svela e si lascia costruire partendo da un livello trascendente, ma da un trascendente suscettibile di essere vissuto ritualmente e che finisce per fare parte integrante della vita umana. Questo mondo  trascendente degli Dei, degli Eroi e degli Antenati mitici è accessibile perché l’uomo arcaico non accetta l’irreversibilità del Tempo. L’abbiamo constatato spesso: il rituale abolisce il Tempo profano, cronologico, e ricupera il Tempo sacro del mito.

Si ridiventa contemporanei delle gesta che gli Dei hanno compiuto in ilio tempore. La rivolta contro l’irreversibilità del Tempo aiuta l’uomo a costruire la realtà e, d’altra parte, lo libera dal peso del Tempo morto, gli dà la certezza che è in grado di abolire il passato, di ricominciare la sua vita e di ricreare il suo Mondo. L’imitazione dei gesti paradigmatici degli Dei, degli Eroi e degli Antenati mitici non si traduce in una  eterna ripetizione della stessa cosa, in un’immobilità culturale completa.




L’etnologia non conosce neppure un popolo che non abbia cambiato nel corso del tempo, che non abbia avuto una storia. A prima vista, l’uomo delle società arcaiche non fa che ripetere indefinitamente lo stesso gesto archetipico. In realtà, egli conquista infaticabilmente il mondo, lo organizza, trasforma il paesaggio naturale in ambiente culturale. In virtù del modello esemplare rivelato dal mito cosmogonico, l’uomo diviene, a sua volta, creatore. Mentre sembrerebbero destinati a paralizzare l’iniziativa umana, presentandosi come modelli intangibili, i miti in realtà spingono l’uomo a creare, aprono continuamente nuove prospettive al suo spirito inventivo.

Grandezza e decadenza dei miti garantiscono all’uomo che ciò che si accinge a fare è già stato fatto (ed anche se compiuto non esattamente secondo le antiche regole del Sacro), lo aiuta a scacciare i dubbi che potrebbe concepire sul risultato della sua iniziativa. Perché esitare davanti a una spedizione marittima (se può correggere l’errore passato?), dal momento che l’Eroe mitico l’ha già compiuta in un tempo favoloso (e divenire ancora Eroe)? Non si deve fare altro che seguire il suo esempio. Allo stesso modo: perché aver paura di stanziarsi in un territorio sconosciuto e selvaggio, dal momento che si sa ciò che si deve fare (anche se ciò non sempre vero per chi si astiene dalla sacralità qui esplicitata e rinnovata nella sua infinita funzione)? Basta, molto semplicemente, ripetere il rituale cosmogonico, e il territorio sconosciuto (= il ‘Caos’) si trasforma in Cosmo, diventa un’imago mundi, un’abitazione ritualmente legittimata.




L’esistenza di un modello esemplare non ostacola affatto il processo creativo: il modello mitico può avere applicazioni illimitate. L’uomo delle società in cui il mito è cosa vivente, vive in un mondo aperto, anche se  cifrato e misterioso. Il Mondo parla all’uomo e, per comprendere questo linguaggio, basta conoscere i miti e decifrare i simboli.

Attraverso i miti e i simboli della Luna l’uomo coglie la misteriosa connessione fra temporalità, nascita, morte e risurrezione, sessualità, fertilità, pioggia, vegetazione e così via.

Il Mondo non è più una massa opaca di oggetti arbitrariamente gettati assieme, ma un Cosmo vivente, articolato e significativo. In ultima analisi, il Mondo si rivela come linguaggio. Parla all’uomo con il proprio modo d’essere, con le sue strutture e i suoi ritmi. L’esistenza del Mondo è il risultato di un atto divino di creazione, le sue strutture e i suoi ritmi sono il prodotto degli avvenimenti che sono accaduti agli inizi del Tempo.




La Luna ha la sua storia mitica, ma l’hanno anche il Sole e le Acque, le piante e gli animali.

Ogni oggetto cosmico ha una ‘storia’. Ciò vuol dire che è capace di ‘parlare’ all’uomo. E, poiché parla di se stesso, in primo luogo della sua origine, dell’avvenimento primordiale, in seguito al quale è venuto ad esistenza, l’oggetto diventa reale e significativo. Non è più uno sconosciuto, un oggetto opaco, insondabile e sprovvisto di significato, in breve, irreale, ma partecipa dello stesso Mondo dell’uomo.

Una tale compartecipazione rende il Mondo non solamente familiare e intelligibile, ma anche trasparente. Attraverso gli oggetti di questo Mondo si colgono le vestigia degli Esseri e delle potenze di un altro mondo. Per questa ragione dicevamo più sopra che per l’uomo arcaico il Mondo è nello stesso tempo aperto e misterioso. Parlando di se stesso, il Mondo rinvia ai suoi autori e protettori, e racconta la sua storia. L’uomo non si trova in un mondo incerto e opaco e, d’altra parte, decifrando il linguaggio del Mondo, è messo a confronto col mistero.




La Natura infatti svela e traveste nello stesso tempo il  soprannaturale, e in ciò consiste, per l’uomo arcaico, il mistero fondamentale e irriducibile del Mondo. I miti rivelano tutto ciò che è accaduto, dalla cosmogonia fino alla fondazione delle istituzioni socio-culturali, ma queste rivelazioni non costituiscono una  conoscenza nel senso stretto del termine, non esauriscono assolutamente il mistero delle realtà cosmiche e umane. E ciò perché l’uomo, apprendendone il mito d’origine, giunge a padroneggiare diverse realtà cosmiche (il fuoco, i raccolti, i serpenti, ecc.), ma non a trasformarle in oggetti dì conoscenza; queste realtà continuano a conservare la loro condizione ontologica originaria.

In un mondo simile, l’uomo non si sente rinchiuso nel suo modo d’esistenza; anch’egli è aperto, comunica con il Mondo, perché utilizza lo stesso linguaggio: il simbolo. Se il Mondo gli parla attraverso i suoi astri, le sue piante e i suoi animali, i suoi fiumi e i suoi monti, le sue stagioni e le sue notti, l’uomo gli risponde con i suoi sogni e la sua vita immaginativa, con i suoi Antenati oppure i suoi totem — ad un tempo Natura, sovra-natura ed esseri umani, — con la sua capacità di morire e risuscitare ritualmente nelle cerimonie di iniziazione (né più, né meno della Luna e della vegetazione), con il suo potere di incarnare uno spirito mettendosi una maschera...




Se il Mondo è trasparente per l’uomo arcaico, anche questo si sente guardato e compreso dal Mondo. La selvaggina lo guarda e lo comprende (spesso l’animale si lascia curare perché sa che l’uomo gli vuole bene), come pure la roccia, o l’albero, o il fiume. Ciascuno ha la sua storia da raccontargli, un consiglio da dargli. Pur sapendosi essere umano e accettandosi come tale, l’uomo delle società arcaiche sa anche di essere qualche cosa di più.

E, per esempio, sa che il suo Antenato è stato un animale, oppure che può morire e ritornare alla vita (iniziazione, trance sciamanica), e che può influenzarci. Nelle culture più complesse, l’uomo sa che i suoi respiri sono Venti, che le sue ossa sono simili a montagne, che un fuoco brucia nel suo stomaco, che il suo ombelico può diventare un ‘Centro del Mondo’. Non bisogna immaginare che questa apertura verso il Mondo si traduca in una concezione bucolica dell’esistenza. I miti dei primitivi e i rituali che ne dipendono non ci rivelano un’Arcadia arcaica.




Il mondo vegetale e animale gli parla della sua origine, cioè, in ultima analisi, il paleocoltivatore (arcaico)  comprende questo linguaggio e scopre un significato religioso per tutto ciò che lo circonda e per tutto ciò che fa. Ma questo lo obbliga ad accettare la crudeltà, l’uccisione come una parte integrante del suo modo d’essere. Certamente, la crudeltà, la tortura, l’uccisione non sono comportamenti specifici ed esclusivi dei primitivi. Li si incontra lungo tutta la Storia, talvolta con un parossismo sconosciuto alle società arcaiche.

La differenza consiste soprattutto nel fatto che, per i  primitivi, questa condotta violenta ha un valore religioso ed è ricalcata su modelli sovrumani. Questa concezione si è protratta a lungo nella Storia; gli stermini in massa di un Gengis Khan, per esempio, trovavano ancora una giustificazione religiosa. Il mito non è, in se stesso, una garanzia di bontà e di moralità. La sua funzione consiste nel rivelare dei modelli e nel fornire così un significato al Mondo e all’esistenza umana.




Anche il suo ruolo nella costituzione dell’uomo è immenso. In virtù del mito, lo abbiamo detto, le idee di realtà, di valore, di trascendenza vengono lentamente alla luce. In virtù del mito, il Mondo si lascia cogliere come Cosmo perfettamente articolato, intelligibile e significativo. Raccontando come le cose sono state fatte, i miti svelano per chi e perché sono state fatte e in quale circostanza. Tutte queste rivelazioni impegnano più o meno direttamente l’uomo, perché costituiscono una Storia Sacra.

Insomma, i miti ricordano continuamente che fatti grandiosi sono avvenuti sulla terra e che questo passato glorioso è in parte recuperabile. L’imitazione dei gesti paradigmatici ha anche un aspetto positivo: il mito forza l’uomo a trascendere i suoi limiti, lo obbliga a situarsi accanto agli Dei e agli Eroi mitici per poter compiere i loro atti. Direttamente o indirettamente il mito opera un’elevazione dell’uomo.




Si vede ancor più chiaramente ciò, se si tiene conto che, nelle società arcaiche, là recitazione delle tradizioni mitologiche resta la prerogativa di pochi individui. In certe società i recitatori sono presi fra gli sciamani e i medicine-men, oppure fra i membri delle confraternite segrete. Ad ogni modo, colui che recita i miti ha dovuto dare prova della sua vocazione e ha dovuto essere istruito da vecchi maestri.

Il soggetto si distingue sempre sia per la sua capacità mnemonica, sia per la immaginazione e il talento letterario. La recitazione non è necessariamente stereotipa. Talvolta le varianti si allontanano sensibilmente dal prototipo. Senza dubbio, le inchieste fatte ai nostri giorni dagli etnologi e dai folkloristi non possono pretendere di svelare il processo della creazione mitologica. Si sono potute registrare le varianti di un mito oppure di un tema folkloristico, ma non si è potuto registrare l’invenzione di un nuovo mito. Si tratta sempre di modifiche più o meno sensibili di un testo preesistente.




Ciò nonostante, queste ricerche hanno messo in luce il ruolo degli individui creatori nell’elaborazione e nella trasmissione dei miti. Molto probabilmente questo ruolo era ancor più importante nel passato, quando la  creatività poetica, come si direbbe oggi, era connessa e dipendente da un’esperienza estatica. Possiamo intuire le  fonti d’ispirazione di una tale personalità creatrice all’interno di una società arcaica: sono  crisi, incontri, rivelazioni, in breve, esperienze religiose privilegiate, accompagnate e arricchite da una miriade di immagini e di scenari particolarmente vivi e drammatici.

Sono gli specialisti dell’èstasi, coloro che hanno familiarità con universi fantastici, che nutrono, accrescono ed elaborano i motivi mitologici tradizionali. In fin dei conti, una creatività sul piano dell’immaginazione religiosa rinnova la materia mitologica tradizionale.




Appare da ciò che il ruolo delle personalità creatrici ha dovuto essere più grande di quello che si suppone. I vari specialisti del Sacro, dagli sciamani fino ai bardi, hanno finito per imporre nelle rispettive collettività almeno alcune delle loro visioni e immagini. Certamente, i successi di tali visioni dipenderanno dagli schemi già esistenti: una visione che contrastasse radicalmente con le immagini e gli scenari tradizionali rischiava di non essere facilmente accettata. Ma si riconosce il ruolo dei medicine-men, degli sciamani e dei vecchi maestri nella vita religiosa delle società arcaiche. Sono tutti individui differentemente specializzati nelle esperienze estatiche.

I rapporti tra gli schemi tradizionali e le valorizzazioni individuali innovatrici non sono rigidi: sotto la spinta di una forte personalità religiosa il canovaccio tradizionale finisce per modificarsi. In una parola, le esperienze religiose privilegiate, quando sono comunicate per mezzo di uno scenario fantastico impressionante, riescono a imporre a tutta la comunità modelli o fonti di ispirazione.

Nelle società arcaiche, come ovunque altrove, la cultura si costituisce e si rinnova grazie alle esperienze creatrici di alcuni individui. Ma, poiché la cultura arcaica gravita attorno ai miti, e poiché questi sono continuamente reinterpretati e approfonditi dagli specialisti del sacro, la società nel suo insieme è trascinata verso i valori e i significati scoperti e portati innanzi da questi pochi individui. In questo senso, il mito aiuta l’uomo a superare i propri limiti e condizionamenti, lo incita a elevarsi fino ai più grandi.












martedì 21 aprile 2020

22 APRILE (il Dialogo prosegue) (12)






































Precedenti capitoli:

Cambiamenti climatici in Montagna (10/1)

Prosegue nel giorni (& capitoli) successivi...:

Di una Primavera silenziosa... (13)













Il nostro pianeta vivente, la Madre Terra, è un delicato sistema vivente di relazioni complesse, di ecosistemi, animali, piante, insetti e altre forme di vita che si sono evolute all’unisono e interagiscono in una miriade di modi. Mentre questa straordinaria ricchezza di diversità biologica è un indicatore della salute del nostro pianeta, la perdita di biodiversità è un punto di riferimento dell'attuale debolezza dell'umanità per capire che siamo una parte inestricabile della natura.

La biodiversità svolge un ruolo fondamentale nel sostenere la vita così come la conosciamo. Nonostante gli sforzi in corso, la biodiversità si sta deteriorando in tutto il mondo a tassi senza precedenti nella storia umana. Si stima che circa un milione di specie animali e vegetali siano ora minacciate di estinzione. Questo declino continuerà o peggiorerà con gli attuali modelli economici, sociali e ambientali.

Non si può sottolineare abbastanza l’urgente necessità di un cambiamento trasformativo per prevenire il collasso. La sopravvivenza umana è direttamente legata alla nostra relazione con il mondo naturale. Tuttavia, ci comportiamo come se fossimo separati dalla natura. Le informazioni scientifiche e le argomentazioni etiche da sole non determineranno una trasformazione nel rapporto della società con la biodiversità. Da qui la necessità di un profondo spostamento dei valori della società nelle nostre relazioni con il mondo naturale.




1.  Prende atto della relazione del segretario generale su Harmony with Nature;

2. Invita gli Stati membri a prendere in considerazione studi esistenti e, se il caso,  risultati e raccomandazioni delle relazioni del Segretario generale su Harmony with Nature; della relazione di sintesi degli esperti sul primo dialogo virtuale dell’Assemblea generale sull’armonia con la natura, affrontando la giurisprudenza della Terra con dialoghi interattivi dell’Assemblea sull’armonia con la natura nella promozione dell’integrazione equilibrata delle dimensioni economica, sociale e ambientale di sviluppo sostenibile attraverso l’armonia con la natura;

3. Chiede al presidente dell’Assemblea generale di convocare la…sessione dell’Assemblea, un dialogo interattivo, che si terrà in  incontri plenari da convocare durante la commemorazione di Madre Terra Giornata internazionale il 22 aprile 2020, con la partecipazione degli Stati membri, le Nazioni Unite, sistema di esperti indipendenti e altre parti interessate, per discutere e confrontare iniziative regionali, nazionali e locali nell’ultimo decennio, comprese azioni e trasformazioni di legge, politica ed educazione alla giurisprudenza terrestre, ove applicabile, oltre a discutere il rapporto tra armonia con la natura e protezione della diversità biologica e ispirare i cittadini e le società a riconsiderare come interagire con il mondo naturale nel contesto dello sviluppo sostenibile;

4. Incoraggia gli esperti di Harmony with Nature ad effettuare uno studio sull’evoluzione negli ultimi dieci anni, con iniziative locali regionali e nazionali sulla protezione di Madre Terra, e a seconda dei casi, da prendere in considerazione dal segretario generale nella sua relazione sull’attuazione della presente risoluzione;

5. Decide di continuare a osservare la Giornata internazionale della Madre Terra ogni anno il 22 aprile, chiede al Segretario generale di fornire sostegno continuo e incoraggia degli Stati membri ad osservare la giornata internazionale a livello nazionale;

6. Prende atto con apprezzamento dell’accordo tra il governo dello Stato Plurinazionale… e il Dipartimento degli Affari economici e sociali del segretariato, ed invita gli Stati membri a contribuire alle attività destinate in relazione con Harmony with Nature nell’ambito del fondo fiduciario del forum politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile, mirando, tra l’altro, alla partecipazione di esperti indipendenti nei dialoghi interattivi dell’Assemblea generale sull’armonia con la natura, e invita le parti interessate a contribuire alle attività destinate con ‘Armonia con la natura’;




7. Chiede al Segretario Generale di continuare a utilizzare il sito Web su Harmony with Nature, gestito dalla Divisione per gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Dipartimento degli Affari economici e sociali, per raccogliere informazioni e contributi su idee e attività per promuovere un approccio olistico allo sviluppo sostenibile in armonia con la natura e per favorire l’integrazione della scienza interdisciplinare e lavoro, comprese le storie di successo sull’uso delle conoscenze tradizionali e su quelle esistenti legislazione nazionale;

8. Chiede approcci olistici e integrati allo sviluppo sostenibile, nelle sue tre dimensioni, che guiderà l’umanità a vivere in armonia con la natura e condurre a sforzi per ripristinare la salute e l’integrità degli ecosistemi terrestri;

9. Invita gli Stati, a seconda dei casi:

(a) Costruire ulteriormente una rete di conoscenza al fine di far avanzare una concettualizzazione dello sviluppo sostenibile nelle sue tre dimensioni da identificare con approcci diversi che riflettono i valori e le azioni volte a vivere in armonia con la natura, basandosi sulle informazioni scientifiche attuali per raggiungere sviluppo sostenibile e facilitare il sostegno e il riconoscimento delle interconnessioni fondamentali tra l’umanità e la natura;

(b) Promuovere l’armonia con la natura, esemplificata dalle popolazioni indigene, tra l’altro, per imparare dalle loro culture la protezione della natura e per sostenere e promuovere gli sforzi compiuti a livello locale, nazionale, regionale e globale, tenendo conto, tra l’altro, delle migliori pratiche e dei progressi compiuti nella creazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sulle comunità locali dei cambiamenti climatici e piattaforma delle popolazioni indigene;

10. riconoscere proteggere e conservare gli ecosistemi ed evitare pratiche dannose contro animali, piante, microrganismi e non viventi, perché gli ambienti contribuiscono alla convivenza dell’umanità in armonia con la natura, e invita il segretario generale ad affrontare tali questioni nel suo rapporto sul tema attuazione della presente risoluzione;

11. incoraggia tutti i paesi a sviluppare e rafforzare la qualità e quantità di dati statistici nazionali di base sulle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, e invita la comunità internazionale e gli organi competenti del Sistema delle Nazioni Unite per sostenere gli sforzi dei paesi in via di sviluppo fornendo rafforzamento delle capacità e assistenza tecnica;

12. riconosce la necessità di misure più ampie e multidimensionali di sviluppo sostenibile, per integrare il prodotto interno lordo al fine di migliorare ed informare le decisioni politiche e, a tale proposito, prende atto del lavoro in corso delle statistiche…




Aggiungiamo alla presente:


 1. - Il benessere e il fiorire della Terra vivente e delle sue innumerevoli parti organiche/inorganiche hanno un valore in sé.

2. - La ricchezza e la diversità degli ecosistemi della Terra, come pure delle forme organiche che alimentano e sostengono, contribuiscono alla realizzazione di questi valori e sono anche valori in sé.

3.- Gli umani non hanno alcun diritto di ridurre la diversità degli ecosistemi della Terra ed i loro costituenti vitali, organici ed inorganici.

4.- Il fiorire della vita e della cultura umane è compatibile con una sostanziale riduzione della popolazione umana. Il fiorire creativo della Terra e delle sue innumerevoli parti richiede come necessaria tale diminuzione.




5.- L’attuale interferenza umana con il mondo non-umano è eccessiva, e la situazione sta peggiorando rapidamente.

6.- Si devono cambiare le politiche attuali. Tale cambiamento riguarda i fondamenti dell’economia e le strutture tecnologiche e ideologiche.

7.- Il cambiamento ideologico è principalmente quello di apprezzare la qualità della vita piuttosto che aderire all’illusione di un tenore di vita sempre più alto.

8.- Coloro che sottoscrivono i punti sopra elencati prendono l’impegno di partecipare ai tentativi di implementare le necessarie modifiche.

(Arne Naess)




La Terra ha supportato la vita per 3,5 miliardi di anni e oggi è noto che la sua ospitalità si sta rapidamente deteriorando a causa dei cambiamenti ambientali globali che incidono sulla salute e sul futuro di molti abitanti della Terra.

La velocità e l’entità della perdita sono immense e dobbiamo agire con corrispondente urgenza e ampiezza, per raccogliere dati, applicare dati, fermare la distruzione e iniziare a guarire e rianimare. Il nostro futuro sarà determinato dalla nostra capacità di rispondere ai cambiamenti e la perdita di biodiversità limita gravemente la nostra capacità di ripresa umana.

Per aiutare a guarire e riparare la Terra, negli ultimi anni ci sono stati importanti progressi nella giurisprudenza della Terra, in particolare in Diritto centrato sulla Terra ed Economia ecologica che hanno favorito l’attuazione complessiva dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile

È quindi ben compreso che il benessere umano è indissolubilmente legato al benessere della Terra e che per proteggere i diritti umani, così deve essere il diritto della Terra ad un ambiente sano.

La giurisprudenza della Terra, attraverso la Legge incentrata sulla Terra e l’economia ecologica, riconosce questi stessi legami tra i diritti umani e i diritti della natura. La Legge centrata sulla Terra e l’economia ecologica sostengono che è obbligo etico e legale dell’umanità proteggere la Terra, dare voce alla Natura, riconoscere e condividere le nostre responsabilità individuali e sociali. I loro obiettivi sono il mutuo miglioramento del rapporto uomo-terra e l’equità tra le generazioni.

La Legge incentrata sulla Terra e l’economia ecologica avanzano ulteriormente del fatto che la Terra non è un oggetto da sfruttare ma un soggetto che merita protezione e rispetto e ci invita a spostare la nostra coscienza di vita a spese della Natura per una coscienza di vivere in armonia con la Natura.

…In tal modo, garantiscono inoltre che le persone di tutto il mondo abbiano le informazioni e la consapevolezza pertinenti in merito allo sviluppo sostenibile e agli stili di vita in armonia con la natura…

      (Harmony with Nature)

      (Prosegue)

(Dedicato alla Madre degli Dèi: la nostra Terra)