Precedenti capitoli...:
Circa la Natura del Nachzehrer...
Prosegue in...:
Punte di Freccia (2)
Prosegue ancora con:
'Bad Wolf' ovvero: affari di legna & coca (3)
Dal
diario della morte a quello della Vita una semplice Preghiera dedicata a tutti
coloro che lottano contro la morte, possa questa mia portare sollievo a tutti
coloro che rimembrando i colori delle Stagioni - passate presenti e future -
possano e per sempre parteciparvi ancora come un eterno Sogno mai smarrito
principio di Vita.
Questa
mia vuol essere una Preghiera richiamando al mondo chi seppe pregare la Vita,
augurandomi che la Pace come predica ogni buon Apostolo della Natura possa
prosperare in questa Terra afflitta.
Una
Preghiera dedicata alla Vita, e a tutti coloro che soffrono della stessa
ricordando loro che i suoi colori sono troppi belli limpidi e sereni per pregare
un altro Dio senza fondo neppure un abisso ricordarne il nome, di non
precipitarvi al suo invisibile cospetto senza neppure il sollievo d’una
rinascita dopo la morte così come Eterna la Stagione della Vita; mai in quello
giacché la tentazione sarebbe favorevole, semmai comprendere le Ragioni che hanno
consumato il vero Paradiso Creato.
Una
Preghiera per tutte le genti affinché possano ancor camminare e pregare la
Natura, e con essa la Vita, ammirarne i colori goderne la carezza non meno del
suo sorriso come questa bella Poesia diario d’una Eterna Via dedicata a tutti
coloro che sanno leggerne e coglierne il vero senso della Parola non scritta ma
sopra ogni Albero fiorito dipinta.
Non
vuol essere inutile retorica semmai meditare e pregare lungo ugual medesimo
cammino di questo difficile impervio Sentiero che Lei Madre Natura, e chi al
meglio la predica, possano concederci una benedizione e un augurio, affinché
dopo la triste malattia possiamo riscoprirla ancor più bella di prima, giacché
non Lei causa del nostro dolore e tormento, semmai un principio a Lei caro
composto di reciproco amore e rispetto e reciproco intendimento di sana Democrazia
vilipeso, giacché proprio Lei può insegnarci il vero principio cui destinare
una Vita Eterna. Così come Colui che tanto bella la creò non men del Poeta
Filosofo che ne immortalò l’eterno suo sorriso.
Speculazione:
Possiamo forse crederlo ma in realtà noi non viviamo una Vita quieta
e libera come quella di Adamo, ma siamo avviluppati in una rete invisibile di (presunti)
ragionamenti. Il nostro progresso è solo quello che ci porta da uno di questi
ragionamenti all’altro, e soltanto a rari intervalli intuiamo che non si tratta
affatto di progresso. Se potessimo almeno per un momento lasciar cadere questo
gioco marginale per limitarci a stupire senza induzioni e deduzioni!
Musica delle
Sfere:
Certi suoni sembrano riverberare lungo il piano e poi poggiare
nuovamente a terra come polvere: tali il Rumore, il Litigio, il Gergo
scomposto. Ma sono quelli che salgono al cielo e che io afferro dalle cime dei
colli e dei campanili nella loro ascesa, parti più sottili ed elevate dei
primi, sono vera musica delle Sfere – musica limpida – a cui non si mescola
lamento.
I galli cantano una melodia di cui non ci stanchiamo mai. Vi son
taluni che provano diletto nel canto degli uccelli o nello zirlio dei grilli –
o addirittura nel glacidio delle rane. Suoni deboli come questi riescono ad
essere percepiti al di sopra dei lamenti, e dei gemiti e del batter di denti
che non santificano il nostro Sabba. Il lamento della Terra è, dopo tutto, un
suono assai debole, e infinitamente minore, per volume, ai suoi fruscii di
gioia e sussurri di felicità; sicché possiamo aspettarci che il prossimo
aerostato si sollevi al di sopra del limite esterno dei suoni discordi per
entrare nella regione della melodia pura. Il lamento non è
mai stato veramente sonoro.
Risorsa:
Gli uomini mi insinuano nell’orecchio tutte le loro belle teorie e
plausibili soluzioni dell’Universo, eppure non v’è mai scampo, ed io ritorno al
mio Oceano senza sponde né isole, e continuo a cercare un fondo che possa
reggere un’ancora: che il mare non abbia a travolgermi.
Il Disgelo:
Ho visto il Sole gentile tergere le lacrime della terra, le sue
lacrime di gioia, che scorrevano solo più rapide. Avrei voluto stendermi lungo
il ciglio della strada e sciogliermi e gocciolare con la neve in disgelo,
affinché corpo ed anima fusi nella corrente, anch’io potessi scorrere nei pori
della Natura.
Vivere e Morire:
Considerate che differenza vi sia tra vivere e morire. Morire non
significa cominciare a morire e continuare poi: non è una condizione di durata
ma di transitorietà, mentre vivere è una condizione di durata e non significa
soltanto esser nati. Non v’è durata nella morte. Essa è un fenomeno transitorio.
La Natura non presenta niente allo stato di morte.
Il grande Dio:
Il grande Dio è peraltro calmissimo. Com’è dunque superflua ogni
eccitazione nelle sue creature! Egli presta uguale ascolto alle preghiere del
credente e dell’ateo. Gli stati d’animo dell’uomo dovrebbero spiegarsi alla
Natura. Il Sole splende positivamente. Le rapide rivoluzioni dei nostri tempi e
della nostra generazione hanno assunto un’importanza decisamente esagerata. A
me interessano poco dacché non sono in armonia con i più lunghi periodi
naturali. Il presente, in ogni aspetto in cui possa venir offerto ad un
pubblico ridottissimo, è sempre scadente. Iddio non ha simpatia per i movimenti
popolari.
La musica:
La musica è il suono della circolazione nelle vene della Natura. È il
flusso che scioglie la Natura. Gli uomini danzano a questo suono, i vetri
risuonano e vibrano, ed i campi sembrano ondulare. L’orecchio sano la sente
sempre, vicina o lontana.
Ecco una
domanda:
Ecco una domanda che può provare la giovinezza di una persona:
‘Conosci il mattino? Ti senti affine a quella stagione della Natura? Esci
presto scostando le rugiade? Se il Sole sorge sul tuo sonno, se non odi il
mattutino canto del gallo, se non assisti ai rossori di Aurora, se non
riconosci Venere la stella del mattino, allora che rapporto hai con la saggezza
e la purezza? Allora ti sei ricordato del tuo Creatore nei giorni della tua
giovinezza! Le tue imposte sono rimaste chiuse fino a mezzogiorno! Ti sei
alzato con un tremendo mal di testa! Vedi di cantare al mattino, come fanno gli
uccelli.
Viaggi:
Le oche sono appena volate via, facendo un gran baccano e svegliando
chi sta a letto. Probabilmente si poseranno nel grande fiume. Chissà se si
aspettavano di trovare il lago sgelato? Credo che condividerei volentieri la
differenza di ogni creatura per beneficiare della loro gioia ed esperienza. Il
passero cantore ed il passeggero passero volpino non mi hanno recato alcun
messaggio quest’anno? Vanno a condurre delle vite eroiche? Sono così piccini;
secondo sono i loro destini a dover essere grandi. Ho prestato orecchio a ciò
che questo minuscolo viaggiatore ha da dire, mentre se ne svolazza così da un
albero all’altro? L’arrivo del passero volpino non è qualcosa di più serio e
significativo di quanto ho sognato? Potrò perdonarmi se lo lascerò andare per
la sua strada prima d’averlo apprezzato? Dio non creò questo mondo per gioco;
no, e neppure con indifferenza. Tutti questi passeri migratori recano messaggi
che riguardano la mia vita. Non colgo i frutti della loro stagione. Io amo gli
uccelli e gli animali perché essi sono mitologicamente in buona fede. L’uomo
non lo è. Vedo ed odo che il passero cinguetta e svolazza e canta coerentemente
al grande disegno dell’Universo; vedo che l’uomo non comunica con lui, non
capisce il suo linguaggio, perché non è tutt’uno con la Natura. Io mi
rimprovero perché ho guardato con indifferenza il passaggio degli uccelli: li
ho giudicati non migliori di me.
Prima del
sorgere del sole:
Prima del sorgere del sole, mentre spingevo la barca per scivolar via
da questa costa rocciosa, il tarabusino – il Genio della riva, zampettava mogio
lungo il bordo del Fiume, o scandagliava in cerca del cibo, sempre tenendoci
d’occhio, malgrado il tono dismesso del suo lavoro, oppure correva sopra le
pietre bagnate come un cercatore di relitti avvolto nel proprio impermeabile, a
caccia di resti di lumache e di bivalvi. Ed ora ecco che se ne va, con volo
sbilenco, incerto dove posarsi, finché un palmo di rana chiara tra gli ontani
non invita i suoi piedi; ma il nostro regolare accostarci lo costringe a
cercarsi un altro rifugio. È un uccello dell’antica scuola di Talete che indubbiamente
crede nella priorità dell’acqua sopra gli altri elementi; è la reliquia di
un’età crepuscolare e antidiluviana che tuttavia abita ancora questi
scintillanti fiumi. Vi è un che di venerando in questa malinconica e
contemplativa razza di uccelli, la quale potrebbe aver calcato la Terra
quand’essa era ancora in un limaccioso stato di imperfezione. Forse anche le
loro orme sono tuttora visibili sulle rocce. Il tarabusino indugia ancora nelle
nostre vivide estati, sopportando coraggiosamente il suo destino senza nessuna
simpatia da parte dell’uomo, come se attendesse un qualche secondo evento di
cui l’uomo non ha alcuna certezza. E uno si domanda se, grazie al suo paziente
studio presso le rocce ed i promontori sabbiosi, non abbia già carpito alla Natura
di ogni suo segreto. Che ricca esperienza deve aver accumulato, stando ritto su
una zampa sola e contemplando così a lungo, col suo occhio opaco, il sole e la
pioggia, la luna e le stelle! Chissà cosa potrebbe raccontare di pozze
stagnanti e di giunchi e di umide foschie notturne! Varrebbe la pena guardare
da vicino in quell’occhio che è stato aperto e vigile a tali orari ed in luoghi
solitari, in quel suo opaco occhio giallo verdastro. La mia stessa anima, io
credo, dev’essere di un invisibile brillante color verde.
Laggiù
Laggiù nella valletta, gli arbusti s’afflosciano sotto il loro e le
rosse bacche dell’ontano contrastano col bianco terreno. Qui si notano le
impronte di una miriade di piedi che si sono già avventurati fuori. Il Sole si
leva superbo su questa valletta come sulle valli della Senna o del Tevere, ed
in essa sembra abitare un valore puro e autosufficiente che quelle non hanno
mai conosciuto; un valore che non conobbe mai sconfitta o paura. Qui regnano la
semplicità e la purezza di un’èra primitiva e una salute e una speranza
lontanissime dalle città e dai villaggi. Completamente soli, nel cuore della
Foresta, mentre il vento scuote la neve dagli alberi e dietro di noi lasciamo
le uniche impronte umane, scopriamo che le nostre riflessioni sono di una
varietà più ricca di quella che offre la vita delle città. La cincia capinera e
il picchio muratore sono una compagnia più stimolante di quella dei filosofi e
statisti, dai quali ultimi torneremo come a compagni più rozzi e volgari.
La mia vita:
La mia vita non attenderà nessuno ma verrà maturando
irresistibilmente mentre io mi aggiro per le strade e tratto con questo e con
quello per procurarmi un sostentamento. Essa si scaverà il suo corso come il
torrente montano cui lunghe catene di monti ed altopiani non impediranno di
giungere, infine, al mare. Così corre la vita dell’uomo e raggiungerà l’acqua
del mare, se non attraverso un corso terreno, almeno tramutata in rugiada ed in
pioggia, e superando ogni barriera, mentre gli arcobaleni annunzieranno la sua
vittoria.
Il mio diario:
Il mio diario è quella parte di me che altrimenti verrebbe versata e
si sprecherebbe, barlumi del campo che mieto in realtà. Non devo vivere per
esso ma in esso per gli Dèi. Essi sono i miei corrispondenti, ai quali
quotidianamente invio questo messaggio con risposta pagata. Sono impiegato nel
loro ufficio di contabilità e a sera trasferisco i miei conti dalla nota
giornaliera al registro generale. Questo diario è come una foglia sopra la mia
testa sul Sentiero; piego il ramoscello e scrivo su di essa le mie preghiere,
poi lo lascio andare ed il ramo rimbalza e mostra al cielo il mio scritto. Come
se esso non fosse chiuso nel mio
cassetto ma fosse pubblico come ogni altra foglia della Natura. È sempre un
appunto casuale e commemora un qualche fatto accidentale, grande come il
terremoto o l’eclissi. Come le foglie secche in quel vaso, anche queste son
state raccolte in lungo e largo. Colline e vallate, campi e foreste sono stati
saccheggiati.
Talune domande:
Talune domande che la gente mi pone son come se io volessi chiedere
ad un uccello cosa farà una volta costruito il nido ed allevati i suoi
figlioletti.
La Natura:
La Natura non si affretta mai, tutti i suoi sistemi ruotano ad una
velocità costante. Il bocciolo sboccia impercettibilmente, senza fretta né
confusione, come se i brevi giorni di primavera fossero un’eternità. Tutte le
manifestazioni naturali, prese singolarmente, sembrano ad un certo momento
l’obiettivo unico cui ogni cosa si affige. Perché, dunque, l’uomo si deve
affrettare come anche la sua azione più modesta avesse in sorte l’eternità? Che
consumi interi periodi cosmici pur di completare bene anche il compito più
umile, foss’anche quello di tagliarsi le unghie. Se il sole cadente sembra
fargli fretta perché sfrutti il giorno finché dura, il canto dei grilli non
manca, subito, di rassicurarlo con una regolarità che sembra aver appreso da
sempre, insegnandogli a prender d’ora innanzi le cose con calma. Il saggio è
tranquillo, mai agitato o impaziente. Egli vive ad ogni momento esattamente nel
posto in cui si trova, così come qualche camminatore riesce a riposarsi
veramente ad ogni passo, mentre altri non riescono a rilassare i muscoli delle
gambe finché la fatica accumulata non li obblighi a fermarsi di colpo. Così
come il saggio non pretende che il Tempo lo aspetti, egli, a sua volta, non aspetta
il Tempo.
Spirito Puro:
Negli ultimi giorni sono venuto in contatto con uno Spirito puro e
incontaminato, che è come sospeso nell’atmosfera e non si adagia veramente in
alcun luogo. Taluni portano con sé l’aria e la persuasione della virtù, sebbene
essi stessi non ne siano consapevoli e siano persino lenti nel riconoscerla in
altri. È impossibile non amare costoro; eppure, la loro amabilità è, per così
dire, indipendente da loro stessi, sicché sembra di non perdere nulla quando
essi sono assenti perché quando ci sono vicini è come una presenza invisibile
che ci accompagna. La virtù che apprezziamo è altrettanto nostra che d’altri.
Noi discerniamo solo ciò che possediamo.
(H.D. Thoreau)
Nessun commento:
Posta un commento