CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 31 maggio 2022

THE SUN SETS IN THE EAST

 






















Precedenti capitoli: 


Seri 









& non 


Prosegue con una 


elevata condizione 


Spirituale

 


 





 

 

“Corpi gettati in un sacco nero o accatastati l’uno sull’altro come se fossero immondizia. Continuano a emergere nuove atrocità commesse dalle truppe del Cremlino a Mariupol, la città ormai sotto il controllo dei russi. Il consigliere del sindaco della città, Petro Andriushenko, lancia una nuova agghiacciante accusa:

 

‘Nei locali del Schyryi Kum, supermarket sul viale Svobody, i russi hanno creato una discarica di corpi dei caduti ucraini riemersi dalle tombe quando hanno cercato di aggiustare le condotte d'acqua e anche cadaveri esumati. Li stanno accumulando come se fossero immondizia’,

 

scrive Andriushenko, postando anche una foto diffusa dal canale Telegram Mariupol Now, a testimonianza di quanto descrive”.

 

 


 

 

In my rear view mirror

the sun is going down

Sinking behind bridges in the road

And I think of all the good things

That we have left undone

And I suffer premonitions

Confirm suspicions

Of the holocaust to come

 

Nel mio specchietto retrovisore

il sole sta tramontando

Sprofondando dietro i ponti sulla strada

E io penso a tutte le cose buone

Che abbiamo lasciato incomplete

E io soffro di premonizioni,

Confermo i sospetti,

dell’olocausto in arrivo




The wire that holds the cork

That keeps the anger in

Gives way

And suddenly it’s day again

The sun is in the east

Even though the day is done

Two suns in the sunset

Could be the human race is run

 

Il fil di ferro che ferma il tappo

Che tiene dentro la rabbia

Cede

E improvvisamente è ancora giorno

Il sole è a est

anche se il giorno è finito

Due soli al tramonto

Forse la razza umana è estinta




Like the moment when the brakes lock

And you slide towards the big truck

You stretch the frozen moments with your fear

And you’ll never hear their voices

And you’ll never see their faces

You have no recourse to the law anymore

 

Come quando i freni si bloccano

E tu scivoli contro l’autotreno

Tendi i gelidi momenti con la tua paura

E non sentirai mai più le loro voci

E non vedrai mai più le loro facce

Non hai più ricorsi alla legge




And as the windshield melts

My tears evaporate

Leaving only charcoal to defend

Finally I understand

The feelings of the few

Ashes and diamonds

Foe and friend

We were all equal

in the end

 

E mentre il parabrezza si scioglie

Le mie lacrime evaporano

Lasciando solo carbone a difendere

Alla fine capisco

Quello che pochi sentono

Cenere e diamanti,

Nemico e amico,

Tutti eravamo uguali

alla fine.




“…E ora le previsioni del tempo.

 

Domani sarà nuvoloso con acquazzoni sparsi che si propagano da est… Con una massima attesa di 4000 gradi Celsius”

(R. Waters)








venerdì 27 maggio 2022

ULTERIORI CONSIDERAZIONI











Precedenti capitoli: 


Circa brevi e più 


'serie' Riflessioni 


Prosegue con...: 









una pedalata 


(poco Seria lungo 











ugual Via....) 








Leggendo in maniera distratta, o meglio distrattamente, circa le locali Grandi Notizie del giorno, mi imbatto in una paradossale condizione meditativa conferita tanto dalla notizia quanto l’icona che al meglio o al peggio, seppur non volendo la evidenzia, tratta nel contesto ben impaginato donde ricavata cotal strana Visione filosofica circa la vita d’ognuno e la propria ed altrui ricchezza universalmente distribuita in cui si specchia.

 

In bella mostra con tanto di casa magnificamente ammobiliata la qual ‘campeggia’ in bella evidenza nella cornice della Grande Notizia e l’invisibile prospettiva conferita…

 

Il precedente post  introduceva così la sua modesta discreta ‘critica’, la qual ‘critica’ monitorata in tutti quei luoghi ove l’edilizia prospera a dispetto della Natura e la sua tutela, non risulta gradita, anche e soprattutto ad un piccolo giornalino locale, il quale come tale non tenuto ad approfondire, semmai asservire il ‘padroncino’ e il suo ed altrui ‘locale’, ove l’edilizia come un certo turismo di facciata, vive e prospera nel costante beneficio al soldo del ‘piano edilizio’ ed ogni Legge che meglio lo ‘asserve’, anche in ‘difetto’ del proprio interesse (in conflitto con il tutelato e più volte nominato ‘paesaggio’ e il suo incompreso patrimonio derivato) in nome dello Stato che l’ha adeguata al presunto congiunto fabbisogno Economico.

 

Ma sappiamo che ogni ‘difetto’ di Legge nasce e prospera al di fuori e ben al di sotto di ciò che assomma la risultante dell’interesse economico sottratta al bisogno del Diritto d’ognuno di partecipare al Bene comune della Natura. Natura intesa in ambito sia sociale che economico, quindi valorizzarla e mai privarla della caratteristica propria la quale sempre più rara per ogni ambiente montano, creando ogni dissesto ed ulteriore intervento di cui lo Stato deve farsi carico, in difetto d’ogni maggiore tutela.



 

‘Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale, per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello globale’.

 

Queste sono le parole utilizzate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 12 marzo scorso al Teatro comunale di Belluno durante la commemorazione delle 3 vittime venete della tempesta Vaia. Aggiungeva inoltre:

 

‘Vi invito quindi a cercare vie nuove, a studiare soluzioni diverse dal passato per prevenire e contenere i disastri ambientali. Vanno respinte decisamente tentazioni dirette a riproporre soluzioni già ampiamente sperimentate in passato con esito negativo, talvolta premessa per futuri disastri’.

 

Uno degli elementi caratterizzanti il cambiamento climatico è l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi. L’Agenzia Europea dell’Ambiente nel report n. 15 “Change adaptation and disaster risk reduction in Europe”, pubblicato nel 2017, ha stimato che, nel periodo dal 1980 al 2015, le perdite economiche per i 33 paesi europei causate dai cosiddetti ‘extreme-weather and climate-related events’ ammontano a circa 433 miliardi di euro.

 

Le maggior perdite economiche sono quindi causate da alluvioni e tempeste di vento mentre le ondate di calore sono quelle che determinano una maggior perdita in termini di vite umane essendo un fenomeno molto più esteso territorialmente rispetto agli altri e andando a colpire la popolazione più vulnerabile, vale a dire gli anziani.

 

Nel passato siamo stati molti bravi a creare nuovi boschi, e il rimboschimento ha svolto un ruolo importante per la difesa idrogeologica e per l’occupazione; poi spesso questi boschi non li abbiamo curati a dovere. Adesso non c’è bisogno di ricostituire artificialmente la foresta, ci sarà bisogno di curarla quando verrà, per esaltarne le funzioni, applicando con sapienza i principi della selvicoltura e della gestione adattativa; coscienti che in un mondo che cambia così rapidamente, sia negli aspetti ambientali che in quelli socio-economici, sarà sempre di più necessario far precedere i piani operativi da riflessioni su come debbano svilupparsi le relazioni fra uomo e natura: riflessioni che aiutino a definire nuove idee, a valutare idee precedenti, a stabilire ponti fra discipline diverse, a interpretare le mutevoli relazioni fra risorse naturali e società.

 

Tutto questo è bene che lo si dica qui: siamo in una Accademia, in un luogo che affonda le sue metaforiche radici proprio in un bosco, quello sacro dedicato all’eroe greco Achademos: là fu impressa una svolta decisiva al pensiero occidentale; qui, recentemente, si è parlato di unità del sapere e dei contributi che il pensiero alto, filosofico, può dare alla scienza e alle sue applicazioni. Non dimentichiamoci di questi riferimenti quando definiamo le nostre azioni per l’ambiente e la foresta del futuro.

 

La continua evoluzione delle condizioni generali del clima, unita ai profondi cambiamenti socio-economici delle montagne italiane, sono sempre più spesso elementi scatenanti di eventi di grande intensità. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome apprezza gli sforzi, sebbene ancora non sufficienti di fronte alle condizioni di criticità, per gli interventi a sostegno del ripristino dei dissesti e dei danni anche ingenti causati da eventi sempre più violenti (vento, ecc.).

 

…Si sottolinea comunque come occorra fare una riflessione più generale che impone un passaggio sostanziale da interventi di carattere emergenziale a una politica della prevenzione. Anche per ciò che riguarda la prevenzione per gli incendi boschivi è necessario introdurre elementi di prevenzione. In tal senso il nuovo Testo Unico Forestale, mediante l’introduzione di concetti quali: la “gestione attiva forestale”, i “terreni abbandonati e silenti”, le forme di sostituzione per la gestione per la prevenzione e il contenimento dei rischi e di gestione associata delle proprietà private e pubbliche per superare la criticità della frammentazione, mira al superamento delle maggiori criticità del sistema forestale italiano costituite dall’eccessiva frammentazione della proprietà e la difficoltà conseguente di una gestione sostenibile. Si ritiene fondamentale, al fine di garantire la salvaguardia delle foreste nonché di promuovere la gestione attiva e razionale del patrimonio forestale nazionale e garantire la sua multifunzionalità, stimolare la predisposizione di tutti gli strumenti necessari a promuovere e tutelare l’economia forestale.

 

In un paese in cui la superficie forestale è concentrata soprattutto nel territorio montano, di per sé fragile, il bosco può costituire un importante fattore economico se valorizzato attraverso le politiche di filiera, nonché attraverso il sostegno delle attività agro-silvo-pastorali e il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e dei terreni abbandonati, sostenendo lo sviluppo di forme di gestione associata delle proprietà forestali pubbliche e private. La regione Toscana ha avviato in questo senso alcune importanti iniziative che vanno nella logica dell’introduzione della cultura della prevenzione in particolar modo dagli incendi boschivi. I Piani specifici di prevenzione, le Comunità di Bosco, l’esperienza della Foresta Modello delle Montagne Fiorentine e le azioni partecipate come le Fire Wise Communities, costituiscono strumenti operativi per affrontare il tema della prevenzione, oltre che per divulgare e sostenere l’approccio partecipato alla gestione attiva coinvolgendo le Comunità locali, senza le quali non è possibile parlare di gestione attiva e sostenibile della risorsa bosco.

 

Il cambiamento di uso del suolo è, a livello globale, una delle più importanti attività antropiche che influenzano processi biologici, conservazione della biodiversità ed erogazione dei servizi ecosistemici. In Italia in questi ultimi decenni le dinamiche sociali ed economiche stanno determinando una profonda trasformazione dei paesaggi culturali che l’attività dell’uomo aveva modellato nei secoli precedenti. Questa trasformazione avviene contemporaneamente al cambiamento climatico creando effetti sinergici che, secondo gli scenari proposti dall’IPCC, andranno ad aumentare in modo esponenziale nel prossimo secolo. In questi scenari i disturbi (in primo luogo incendi, tempeste e pullulazioni di insetti), pur essendo fenomeni naturali con i quali le foreste hanno convissuto per milioni di anni, possono provocare problemi alla conservazione del patrimonio forestale e alla erogazione dei servizi ecosistemici richiesti.

 

È quindi indispensabile prendere atto del ruolo ecologico dei disturbi anche nella gestione delle risorse naturali e delle foreste e, nello stesso tempo, valutare con attenzione resistenza e resilienza delle foreste ai disturbi naturali applicando una smart-climate forestry. Gli incendi in Piemonte nell’ottobre 2017 e la tempesta Vaia nell’ottobre 2018 sono degli esempi significativi e rappresentano degli importanti casi-studio sia per la ricerca e sia per gestione preventiva (mitigazione) e ricostituzione post-disturbo.

 

(Accademia dei Georgofili)




Non un caso che abbia scelto questi appunti tratti dalla famosa Accademia ubicata in una nota via di Firenze intitolata alla stessa e di cui oggetto di un attentato da parte della mafia e i suoi ‘introvabili’ mandanti, giacché lo Stato è spesso in conflitto con se medesimo e con talune Leggi di cui promuove, da una parte la tutela, e dall’altra incentiva l’esatto contrario, in un pensiero dislessico al pari di un insano accanimento terapeutico con taluni ambienti montani ove l’incentivo edilizio promulgato e concesso sembra favorire la morte precoce di ogni forma di Natura salvaguardata e tutelata, verso un  più redditizio investimento per ogni evento sportivo con annessi impianti e nuovi piani edilizi urbanistici confacenti.  

 

Sappiamo bene, oltre i sempre e più onerosi interventi di dissesti idrogeologici, anche il mantenimento di ciò che impropriamente edificato, e di cui non si provvede alla necessaria conversione, con tutti gli operatori del settore turistico i quali beneficiano di sempre maggiori e più onerosi stanziamenti economici, ed oltremodo incapaci di affrontare con adeguata competenza ambientale (con tutte le sue inattese e improvvise ‘trasformazioni’ climatiche) un ambito specifico - e non più interpretativo - di cui non solo il turista abbisogna, in nome della Natura vissuta nella reale dimensione sociale nonché sportiva che non sia una impropria funivia o un sempre più elevato ‘residence’ d’alta quota.

 

Tutte queste strutture sempre più onerose per i loro proprietari, rimangono piccoli ‘satelliti’ di cemento inseriti in panorami sempre maggiormente mortificati e mai valorizzati secondo criteri di più elevata specifica competenza turistico-economica (promossa anche nelle varie Università italiane con formazione professionale e conseguente laurea), nella costante incapacità di saper intendere rapportare e adeguare i fabbisogni turistici con più seria e duratura capacità imprenditoriale compatibile con la breve o prolungata ‘vacanza’ (divenuta una nuova o antica scelta) in nome e per conto della sempre più ‘morta natura’ e di tutti i perduti valori di cui maestra.




Tutte queste fratture e discrepanze emergono sempre maggiori in taluni ‘ecosistemi montani’ ove regna una linea di confine fra colui che intende e percepisce la Natura come un bene momentaneo, e colui che invece, tende a conviverci ogni giorno dell’anno. L’intendimento e la comprensione circa ugual bene si dissolvono e disgregano appena si tendono a riconfermare e giammai superare, soglie di ‘tutela interpretativa’ circa la salvaguardia e lo sfruttamento della Natura.

 

Il Parco non più visto come un Bene da cui prospera l’intero Ecosistema compreso l’umano, semmai e al contrario, un limite imposto a tutti coloro i quali interpretano il limite di tutela e i fondamenti che questo ‘riserva’ alla ricchezza nella lunga durata, rispetto ai presunti ‘brevi benefici’ di cui si illudono i locali e non solo addetti al settore turistico.  

 

L’illusione dell’economia a dispetto della Natura ha generato mostri ben visibili i quali sopravvivono a totale carico dello Stato. Ma non solo l’illusione di una economia del tutto virtuale, ma altresì anche il contesto umano che in simmetrica ‘decrescita’ generazionale si tende ad edificare, il quale completamente estraneo al proprio Ecosistema occupato, assente ed incapace di coglierne e viverne come un Tempo irrimediabilmente perso, sia la bellezza che la sana capacità edificante e rigenerante con tutti i simmetrici benefici pedagogici che da Lei derivano. Si tende ad abdicare se non del tutto privare dell’antico legame, sostituito con tutti quei artifizi di cui, e non solo l’edilizia, si accompagna non più nel Sentiero della Vita, ma al contrario, nell’interesse fagocitato dal fattore economico in cui e per cui la Natura interpretata, o peggio, corrisposta alla totale mancanza di salvaguardia nell’interesse dello Stato.




È preferito il ‘monolocale’, il ‘residence’ ben inserito all’interno della tutelata selva, e il ‘fuori pista’ per ogni salita e conseguente discesa a beneficio della Natura, logicamente il saper sfruttarne o deturparne la sua bellezza rientra in un contesto ‘edile’ di efficienza, oppure ed ancor meglio di ‘crescita’, se la crescita economica la possiamo o dobbiamo misurare secondo cotal ‘edile’ ed antica e non certo artigianale ‘alternativa’.


 Quindi la ‘critica’ il ‘dissenso’ la ‘tutela’, in certi luoghi o contesti socio-economici, non graditi, e se manifestati accolgono ugual sfavore di un non lontano impero zarista, il quale seppur contrastato nella propria antica visione di conquista per la medesima interpretazione d’una simmetrica convergenza, circa l’umana natura privata di qualsivoglia rispetto per il Diritto alla vita assommata al libero arbitrio della propria terra; ‘edificando’, di conseguenza, uguali gradi di intolleranza nella invariata propria ed altrui prospettiva bellica assommata ad ogni mancanza di tutela, fondando la legge del più forte circa ogni forma di impropria conquista adottata. 


Quindi parlare di ‘mafia’ significa soprattutto saperla rapportare nei termini che più gli si addicono nelle alterne e più moderne fasi storiche, in cui riesce a mimetizzarsi con l’ambiente circostante, assumendo prospettive sempre nuove di crescita e prospera efficienza in ogni ambiente ove posta la solida condizione mafiosa, la quale la possiamo e dobbiamo evidenziare anche nei gradi superiori della basso mano-valenza per come sempre si è contraddistinta ed appropriata del nome ‘mafia’; giacché come tale il ‘fenomeno mafioso’ è da evidenziare non solo dove sempre lo pensiamo ubicato, ma altresì considerare il ‘fenomeno’ in tutte quelle ‘prospettive’ socio-economiche ove tende, nei gradi di incontrastato potere, a consolidare il proprio principio, potremmo dire universalizzato, il quale come tale e per sua natura, prevarica le Ragioni e i Diritti vilipesi d’ognuno.




Quindi ‘mafia’ non solo e non più il ‘padrino’, il ‘ricercato’, i lunghi processi e gli inattesi risvolti, ma ‘mafia’ quale costante ‘stato sociale’ il quale tende, oltre che prevaricare, anche a consolidare il proprio apparente benessere scritto nella presunta legalità economica simmetrica e convergente alla - seppur contrastata - illegalità ‘mafiosa’; dacché i gradi della ‘mafia’ conseguenti alla propria evoluzione più o meno inviolata, molti e non del tutto ben dedotti e  specificati, evidenziati come misurati nella propria fallace ‘darwiniana’ natura di presunta ‘crescita’ nella più costante e veloce ‘dislessica decrescita’.

 

Soprattutto nei ‘gradi’ più elevati i quali ‘capaci’ congiuntamente di apportare quell’insano malessere cosiddetto ‘mafioso’, scritto non solo nel costante degrado della ‘natura’, ma anche e soprattutto la ‘natura sociale’ la quale come tale essendo da lei derivata, non può ‘cogitare’ circa il proprio stato o più naturale condizione di cui privata e a cui suo malgrado destinata; quindi incapace di comprendere i simmetrici ‘gradi’ a cui suo malgrado costretta, nel beneficio, almeno così vien detto e ripetuto, del più noto ‘pil’ economico, il quale congiuntamente fornisce il bene del quale il più basso mafioso gode, ovvero il legalizzato capitale accumulato e quindi riciclato da ogni insano e più duraturo pericolo di ingerenza interpretativa.

 

Quindi interpretare i gradi della ‘mafia’ Spa associata, consolidata nel potere politico da cui lo Stato con la conseguente capacità di ‘tutela’, o al contrario, di totale assenza scritta nella finalità del benessere della pace economica d’ognuno, ci conferisce l’‘equazione’ o la ‘summa’ del valore a cui il ‘fenomeno’ contrastato si misura in ogni argomento del giorno.




Ovvero, se come detto l’atteggiamento di aggressione verso l’inerme debba essere considerato un fenomeno non solo di degrado sociale ma altresì ‘criminale’,  simmetrico al mafioso, allora ogni argomento adottato circa la ‘pax’ con il grande zar debba risolversi come un grande fenomeno ‘mafioso’ con le sue varianti scritte nei più alti gradi del benessere economico di ogni Stato, il quale adottando la ‘pax’ mafiosa, in pratica disarma l’aggredito secondo uguali medesimi principi di mafia, instaurando un passivo Stato di apparente tolleranza, ed ove il ‘mafioso’ così legalizzato può adottare le leggi che più gli si addicono, circa le finalità a cui aspira al di fuori di ogni sana Legge in cui, in verità e per il vero, ogni Stato di Diritto fondato e consolidato.  

 

Quindi saper ben intendere e riconoscere ogni livello in cui la ‘mafia’ consolidata, la quale ‘mafia’ non più e non solo il fenomeno con cui celebrata la strage che fu e per sempre rinnovata nell’ambito sociale di ogni giorno in cui legalizzata e dedotta l’unanime ‘pax’, e il cui ‘messaggino’ o ‘pizzino’ assumono toni di storico degrado di epica ‘biblica’ consistenza, conferendo margine incontrastato ad ugual paura in cui si misura ogni guerra fra lo Stato di Diritto e l’insana duratura dittatura.  

 

(Giuliano)      












sabato 21 maggio 2022

LA RABBIA DI DIO

 









Precedenti capitoli: 


Circa voli pindarici 


Prosegue con più...: 


'serie' riflessioni

 

 

 


 

 

 

Nell’anno 1646 un dotto gesuita pubblicò un libro, Ars Magna Lucis et Umbræ in Mundo, in cui racconta un episodio in cui si indicava che un suo ordine si era servito di una mongolfiera per intimidire alcuni barbari ignoranti. La seguente dimostrazione, se riferita da un moderno missionario, sarebbe accolta come ovvia; perché, allora, dovremmo seriamente mettere in discussione la storia, dal momento che descrive un risultato del tutto possibile all’epoca, supponendo che fossero disponibili i materiali necessari?

 

E anche supponendo che il rapporto sia fittizio, è comunque una descrizione scientifica di una mongolfiera praticabile, presentata e accreditata da un dotto studioso e abile matematico più di un secolo prima che la mongolfiera fosse esposta pubblicamente dagli illustri francesi.




Lui scrive:

 

‘So che molti dei nostri martiri sono stati salvati dai pericoli dei barbari grazie a tali invenzioni. Alcuni furono destinati alle prigione, e mentre continuavano a ignorare qualsiasi mezzo per rendersi liberi, qualcuno, più astuto degli altri, inventò una macchina straordinaria, e poi minacciò i barbari, che se non avessero liberato i loro compagni, li avrebbero consegnati a funeste apocalittiche visioni accompagnate da straordinari presagi, così da poter sperimentare concreta e altresì visibile rabbia degli Dèi.

 

I barbari risero della minaccia.

 

Quindi gli innominati martiri costruirono un drago di carta volatile e leggera, e vi racchiusero una miscela di zolfo, pece, e cera, che avevano preparato in modo così artistico che loro stessi ne rimasero stupiti, e una volta accesa, avrebbe illuminato la macchina volante per mostrare ai posteri non men dei pagani la conseguente Elevata spirituale Idea alzarsi in volo a dispetto del volgare linguaggio dei barbari:

 

La rabbia di Dio.



Formatosi il telaio e preparate le solfuree alchemiche miscele, apposero al drago alato una lunga coda, e affidarono la macchina al cielo, la quale, favorita dal vento, si levò in alto verso le nuvole.

 

Lo spettacolo del drago così brillantemente illuminato fu superiore all’aspettativa tanté ne costruirono uno successivo dalla strana forma - alata anch’essa – d’un Lupo.

 

I barbari, ammirando (o maledicendo, dipende molto dai punti cardinal-magnetici) a reti congiunte dalla detta parabola, l’insolita visione alata concretizzarsi sino alle vette del cielo, preannunziare funesto presagio di morte e sventura, furono colpiti dal più grande stupore, e, ricordandosi l’ira minacciosa della Divinità e le parole di Santo Giuliano, temettero di espiare il castigo che aveva loro pronosticato. Perciò, senza indugio, spalancarono le porte, lasciarono che i loro prigionieri uscissero in pace e godessero della libertà della più miracolosa Selva.

 

Nel frattempo, però, il fuoco si impadronì della macchina volante che si incendiò, e con un’esplosione, che fu interpretata come un ennesimo funesto presagio, il quale avrebbe mietuto l’ira del Dio, videro comparire anche un Lupo, il quale li terrorizzò definitivamente capitolando la resa incondizionata e la conseguente liberazione del Sacrificio di Madre Natura a cui si votarono per divina mano.


I barbari pregarono il Lupo affinché risparmiasse loro la vita e in cambio gli promisero la divinità dell’intera Selva’.




Forse il lettore permetterà un altro aneddoto, non solo per il suo valore scientifico, ma perché ci piace paragonare l’atteggiamento delle persone nei confronti della navigazione aerea nei secoli bui, ed ogni pia parabola a cui questa s’accompagna con il permesso, come leggeremo, di Pietro occupato - come il Tempo impone - alla rete contesa di ugual medesima unificata Visione; con il conseguente atteggiamento del ventunesimo secolo.

 

In due storie di Jef le Ministre e De Colonia, della città di Lione, si riporta il seguente resoconto:

 

‘Verso la fine del regno di Carlo Magno, locali genti che vivevano vicino al monte Pilato in Svizzera, sapendo con quali mezzi presunti stregoni viaggiassero nell’aria, decisero di tentare l’esperimento e costrinsero alcuni poveri a salire in strani aerostati.




Questi furono avvistati nella città di Lione, dove furono immediatamente portati in prigione, per i quali la folla unanimemente ne pretende(va) la morte come stregoni. I giudici li condannarono al rogo; ma il vescovo Agobardo sospese l’esecuzione, e li mandò a chiamare nel suo palazzo, per interrogarli.

 

Coloro risposero:

 

“Noi siamo povera gente di Spirito e con Lui voliamo alto nei cieli per predicare et annunziare pace in Terra così come insegna nostra Madre Natura”.

 

Il vescovo udita l’accorata predica accordò loro (ufficialmente) il permesso pontificio di aderire alla nuova o più antica Chiesa; e altresì, giacché persona illuminata anch’essa, da ugual medesima Sacra Torre (senza controllo alcuno) legiferò e permise, con Bolla d’accompagno ‘Lupus in fabula’, ogni volo proibito annunziato dalla stolta plebe che ne chiede - oggi come ieri - la prematura morte al rogo (e con loro anche tutte le fiere bestie, siano queste di cielo terra o mare… le preferite, ci sembra il caso di rimembrarlo, circa i congiunti Atti della medesima Storia, furono le alate…), qual punizione di un dio senza divinità alcuna, seppur da tutti loro pregato in nome della ricchezza bramata qual sol auspicio della fortuna rubata a Madre Natura, come poc’innanzi detta.  




Furono chiamati i Lupi di Lizzola, dal primo fondatore dell’ordine, i quali si narra ancora, seppur alcuni dicono sia solo leggenda, erano soliti  riunirsi vicino - ma non lontano - da una antica miniera abbondonata, a loro si associò anche il più noto Lupo di Gandellino. Del quale ne rimembriamo le ‘archiviate’ gesta (per essere più precisi: decorsi i termini di archiviazione per ciò di cui  imputato…).


1806-1806. Il sacerdote Giovanni Filippi di Gandellino ricorda che nel 1805 la Valle Seriana fu notevolmente infestata da due lupi e altre bestie nocive. Un neonato venne rapito dalla culla, altre persone adulte, due delle quali perite e altre rese quasi inabili al lavoro dalle ferite, furono le disgraziate vittime delle stragi di tali animali feroci. Il religioso, pratico di caccia alleato con feroci malviventi, si mise a fabbricare a proprie spese alcune piccole capanne alle falde dei monti e nei luoghi più frequentati da queste bestie feroci, dove, collocando alcuni archibugi nottetempo e mediante un certo ordigno diretto sotterraneamente e senza alcun pericolo de’ passeggeri... nel 1806 rimasero estinti da se stessi, senza andar fallito neppure un colpo, cinque grossi lupi. I lupi vennero uccisi nell’ultimo trimestre del 1806 e il Filippi, che per provarne la cattura ha conservato le mascelle (del loro dire vantandosi pubblicamente per mezzo di agnelli... come grassi corrotti putti) si vantò pubblicamente di averne estirpato ragione e sentimento, privando loro di ogni sussistenza... e alimento... I lupi, almeno due di loro, così si narra e si narrerà ancora, tornarono sugli stessi luoghi per rimembrare alle italiche genti il potere della Natura ferita dalle corrotte gesta di cotal meschino piccolo paese...

 

Da tal disordine di cose circa il procedere della storia fu nominato e edificato l’Ordine monastico dei Lupi (di Lizzola).

 

Ma hora riprendiamo l’aereo Sentiero…. 




Uno dei primi uomini a realizzare un modello aereo come un pallone di fuoco fu il celebre brasiliano Bartholomeo-Lourenco de Gusmao, che ai suoi tempi era soprannominato ‘l’uomo volante’, e del quale si narra abbia fatto un notevole esperimento di locomozione aerea a Lisbona. Il seguente resoconto si trova in un manoscritto di Ferreira:

 

Gusmao fece il suo esperimento l’8 agosto 1709, nella corte del Palazzo delle Indie, davanti a sua maestà e ad un pubblico numeroso e illustre, con un globo che si sollevò dolcemente all’altezza della sala degli Ambasciatori, poi discese allo stesso modo. Era sostenuto da alcuni materiali che bruciavano e che lo stesso inventore aveva acceso”.

 

Tutti i dettagli di questa descrizione, che è stata scritta una generazione o più prima dell’esperimento di Montgolfier, suggerisce una primordiale Idea volante di mongolfiera. Ma una nota stampata nel 1774 e citata da Cavallo spiega che i globi dovevano essere stati trasportati dal gaz.




È certo che all’inizio del 1709 Gusmao fece domanda al re per un brevetto e un diritto esclusivo su alcune di queste invenzioni, desiderando un’ingiunzione e una severa sanzione contro tutte le indebite infrazioni. L’applicazione presenta una macchina in grado di viaggiare nell’aria più velocemente che sulla terraferma o sul mare, in grado di trasportare messaggi (& associati messaggini) di cinque o seicento miglia al giorno alle truppe (dal sud al nord e dal nord al sud d’una Italia disunita e ancora da proclamare a Reti unificate per il beneficio di Cavallo il quale sembra avergli rubato il copyright…), o ai paesi più lontani, e persino adeguata per esplorare le regioni intorno ai Poli.

 

Di cui si narrano la vera nascita del Polo con tutte le sue gesta, unito in nome e per conto di Cavallo e dei futuri Fratelli d’Italia congiunti alla Libera Padania (in disaccordo come ben dimenticando ricordiamo, ad un diverso e più nobile Impero... ma hora dalla Sicilia alla Lombarda Veneta unito e congiunto per il bene della Patria!).

 

Piuttosto un moderno promotore Señor Gusmao seppur non volendo ‘associato’ suo malgrado a Cavallo.




Il Re in risposta emise il seguente decreto:

 

“Acconsentito al consiglio, ordino compartecipazione e non più dolore e morte contro il trasgressore. E per incoraggiare il supplicante ad applicarsi con zelo a migliorare la macchina la quale in grado di produrre gli effetti da lui menzionati, affinché si possa perlustrare ed osservare la grande selva, e quindi, bonificare dall’Ordine degli umiliati o uomini Lupi, e taluni indiani; gli si conceda tanto a Gusmao quanto al detto Cavallo le prime cattedre di cavalieri nella mia università di Coimbra, e il primo posto vacante nel mio collegio di Barcellona, ​​con la pensione annua di 600.000 reis a vita.

 

Il ‘brevetto’ ci sembra abbastanza liberale, eppure Gusmao non riprese mai i suoi esperimenti aerei. Fu accusato di magia dallo stesso Cavallo e nella faida o processo che ne conseguì, di Gusmao il pioniere si perse ogni traccia o Memoria storica.




Il primo pallone a vuoto fu proposto dal padre gesuita, Francis Lana (di Merano), e descritto nel suo libro Podromo dell’Arte Maestra Brecia, apparso nel 1670.

 

Pur non essendo un progetto pratico come quello di Gusmao, fu molto ingegnoso e segna una fase interessante nell’evoluzione dell’Idea fondamentale di aeronave, o ‘pallone aerostico volante’ come veniva chiamata dall’inventore, che poi coniò la parola ormai in comune utilizzo ad ugual indirizzo con l’introduzione del gaz presso la sede comunale.

 

Lana propose di usare quattro sfere di rame ciascuna di 25 piedi di diametro e 1/225 di pollice di spessore di parete, abbastanza ben esaurite d’aria successivamente riempite di gaz, per dare una forza ascensionale che calcolò in 1.200 libbre aggregate per le quattro sfere. Da questi sospendeva i passeggeri sparsi per ogni residenza pubblica e privata (con annessa Casa del Popolo proletario) in una barca munita di albero per salpare e spingere la nave in condizioni di tempo & vento favorevole; sia questo in salita quando nella rapida e ingloriosa discesa di futuro gigante, seppur, nostro malgrado, vien narrato da taluni innominati ma attendibili testimoni oculari, da gaz sponsorizzata, per ogni fiera di paese accorsa allo spettacolo.

 

Avendo calcolato la galleggiabilità della aerea residenza (da gaz S.p.a. sponsorizzata) al di sopra d’ogni Albero della morta Selva, secondo leggi fisiche ben note, e non vedendo alcuna possibile obiezione al ‘comune’ progetto (in questa sede è bene ricordare che non si parla di progetto edilizio, giacché rimembriamo agli sventurati lettori d’un tempo non ancor del tutto edificato, che ci troviamo ai primordi della tutelata Selva da magnifico amore di patria, seppure come sopra detto, attentata dal nascente Ordine monastico dei famigerati Uomini Lupi appena fondato senza alcun fondamento che non sia l’elevato Spirito aereonautico…).




Negli ultimi anni, o più recenti, subito dopo l’approdo all’Isola Promessa - o Nuova America - da parte di Colombo in contesa anche lui con Amerigo, si sono rinnovati e alternati inventori che hanno scrupoli meno delicati sull’imbarazzante Provvidenza.

 

Ovvero il progetto di Lana con miglioramenti.

 

Fu proposto di sostituire la vela con un’elica a motore e di garantire lo scafo contro il collasso a causa della prodigiosa pressione dell’aria esterna satura (di gaz & ass.) - una tonnellata per piede quadrato - mediante ampi rinforzi interni. Anche negli ultimi dodici mesi questo schema è stato sobriamente sostenuto da diverse riviste tecniche e dall’autore di un elaborato libro ispirato da Leonardo sulla guerra aerea. Per un matematico questo è divertente, quando non troppo patetico, poiché si può rigorosamente provare che nessun pallone a vuoto del materiale odierno, qualunque sia il suo design, può eventualmente resistere allo schiacciamento se reso abbastanza leggero da galleggiare.




Nel 1887 Walter Wellman descrisse sull’Associated Press un pallone a vuoto in acciaio di 144 piedi di diametro e 654 piedi di lunghezza in cui un medico di Chicago propose di trasportare passeggeri al Polo Nord (hora non è del tutto chiaro se questi stessi passeggeri provenissero dal Polo suddetto o di ritorno recuperati da tormenta e nefaste bufera di gaz nato, ben al di sopra della Stratosfera, il giornalista è piuttosto confuso nel proprio elemento espositivo al pari del già nominato Lana…), a un collaudo incredibile, se gli avessero fornito $ 130.000 per coprire le spese di costruzione.

 

Ecco un’opportunità davvero eccellente’, scrisse Wellman, nelle sue epiche Memorie, ‘per tutti coloro che vorrebbero guadagnare fama facendo parte del gruppo che metterà piede su quel gelido ignis fatuus di molte nazioni e due secoli di storia aeronautica al servizio della guerra’.

 

Due decenni dopo il signor Wellman organizzò, secondo le proprie idee, una spedizione aerea al Polo Nord; ma non preferì più partire da Chicago in mongolfiera con un partito di azionisti, bensì con i devoti discepoli di Mastro Leonardo, con i suoi affiliati discepoli, abbandonato nel ‘vuoto’ carichi preziosi d’ugual umano ingegno.

 

Si può aggiungere che l’inventore del grande pallone a vuoto in acciaio, dopo aver organizzato la Trump-Continental Aërial Navigation Company, e non aver raccolto tutti i $ 130.000, chiese aiuto al governo nazionale. La richiesta di suddetta società fu successivamente promossa dall’Impero dello zar Vladimiro (primo).




Ecco una situazione interessante; un medico ignorante di meccanica, con i piani per un mastodontico e impossibile pallone, che chiede aiuto a un Congresso, estremamente schivo degli aeronavi, anche se consigliato dai suoi più abili consiglieri militari italiani padani e del mai tramontato impero zarista. Ma in questo caso c’era una lobby incapace. Il conto, infatti, di questo pallone gonfiato e fisicamente impossibile passò effettivamente alla Casa, e fu infine sconfitto solo dal tempestivo sforzo di alcuni scienziati che, con facile calcolo, dimostrarono l’assurdità dell’invenzione incentivata solo dal Gaz. Poiché il lettore potrebbe voler vedere una prova matematica dell’impossibilità di un pallone gonfiato (& i suoi associati), e poiché tali progetti sorgono frequentemente, l’argomento è fornito da prove documentali alla sede dello stesso Congresso.

 

Per ultimo ci sembra doveroso documentare, così come il rammentare - o meglio - rinnovarne la Memoria persa del nostro amato Cavallo, il più fedele discepolo di Gaz (& ass.) e i suoi irrinunciabili frutti per la riuscita d’ogni morte in vita al di sopra d’ogni Cima edificata.




Il quale sopraggiunge con edificante fortuna subito dopo il più sfortunato dottor Black, il famoso chimico e Filosofo naturale di Edimburgo, che concepì l’Idea, ormai del tutto sorpassata, circa un sottile vaso di luce riempito con elementi naturali, il quale per sua antica Natura, dovrebbe essere in grado di fluttuare e salire nell’atmosfera, diciamo arrampicarsi nell’Aria, e potremmo con ugual medesima Ragione sostenere e convalidare, crescere e elevarsi, con simmetriche Idee che abdicate ai suoi amici ed espresse con impareggiabile successo nelle sue lezioni un anno o due dopo la pubblicazione della pubblicazione di Cavendish, fondarono purtroppo la sua perenne sfortuna. Per questo si accontentò di mantenere semplicemente in vita la propria invenzione, seppur antica e remota, evidentemente praticabile, lasciando, come dovrebbe fare un professore universitario, lo sviluppo o il mantenimento dell’invasata Idea scientifica a protettori dell’ambito spazio aereo di nuovo conquistato e in qual Tempo inviolato, ma hora di nuovo ricalcolato.

 

Cavallo fu, in verità e per il vero, il Conquistatore per eccellenza, uomo senza scrupoli al di sopra della misere e strette vie a cui la vita terrena ci destina, si cementò nel vero sano e duraturo progresso dello Spazio aereo nel nuovo Secolo violato e proibito, pur mantenendosi costantemente uomo di pura fede ortodossa ben distante dall’invasate se non del tutto antiquate Idee di Black.




Filosofo italiano residente in Inghilterra (per ovvi motivi fiscali), che realizzò i primi, seppur invisibili palloncini a idrogeno. In una nota presentata alla Royal Society di Londra, il 20 giugno 1782, racconta esperimenti che sembrano dargli tutto il merito di aver inventato i palloncini tranne il successo su scala pratica. Sperimentò bolle di sapone di Gaz (& ass.) liquefatto che si alzarono magnificamente nell’aria circostante, un esperimento che è stato ripetuto in tutto il mondo in ogni laboratorio chimico, soprattutto Zeppelin gli fu debitore per la medesima Idea adottata con maggiore e incisivo successo su scala mondiale.

 

Realizzò con i suoi discepoli, una varietà di bolle di gomma e di vernice sposate con il più pacifico idrogeno; ma abbastanza curiosamente queste non si alzarono da nessuna superficie, sebbene sia noto che tali bolle possono essere fatte galleggiare profumatamente. La sua fortuna accrebbe seppur taciuta, con il Gaz liquido (& ass) allo stato puro. Gonfiò con un procedimento alchemico, a tutt’oggi segreto, la pelle d’oro accuratamente preparata, e sebbene i palloncini d’oro, sia grandi che piccoli, siano ora un bene commerciabile risultano invisibili alla vista: pur elevandosi in volo e nel cielo d’ognuno spariscono anche alla più nota Parabola. Alla fine, per ovviare alla diplomatica natura del problema, costruì palloncini di pacifica carta che cercò di far galleggiare usando però sempre ugual formula alchemica di polvere d’oro di Gaz (& ass.), ma senza il successo sperato, anche se un anno dopo i fratelli Montgolfier fecero sorgere facilmente sacchetti di carta con aria calda e il professor Charles salì su un grande pallone di seta gonfiato con idrogeno.




La causa degli interessanti fallimenti di Cavallo si rivela nel resoconto di uno dei suoi esperimenti pionieristici. Nella sua Storia e pratica dell’aerostazione, racconta di aver costruito, di carta cinese fine, un pallone cilindrico con estremità coniche corte e una galleggiabilità calcolata di venticinque grani (importati e successivamente deportati dall’ex Ucraina), quando adeguatamente gonfiato con idrogeno, la quale, per, fu adottata con maggior successo da suoi discepoli americani. 

 

Questa Borsa, accuratamente sgonfiata d’aria per compressione tra le mani, era sospesa sopra una grande bottiglia collegata ad essa da un tubo di vetro, e fornita di materiali per generare idrogeno; in questo caso una miscela di acido solforico diluito e limatura di ferro. Quando l’idrogeno si stava evolvendo abbastanza rapidamente, ci si aspettava di vedere il sacco di carta espandersi e riempirsi con velocità proporzionata; ma con sua sorpresa rimase perfettamente piatto così come la Borsa, mentre la stanza si riempì dell’odore forte e sgradevole dell’‘aria infiammabile e del tutto contaminata’.

 

(Ispirato dalla Rabbia di Dio)