CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

mercoledì 4 maggio 2022

LA PIANTA DELLA SAGGEZZA

 










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la Pianta della Saggezza 


(seconda parte) 


(& il capitolo completo)








& LA VERDE COMETA  


del 9 maggio







Un Artista, che nell’osservare la bellezza della Natura contemplata e meditata nel suo ambiente ‘originale’, e riprodotta negli ‘schizzi e appunti’ da Lei ispirati, potesse dipingerne un quadro nel suo ambiente, trarrebbe sicuramente più piacere e comprensione dall’impresa del ‘fotografo professionista’, il quale pur esperto e padrone nell’arte della tecnica quale nuovo esempio di riproducibilità frammentata nel breve secondo dell’esposizione ad ugual luce fotosintetica, la quale evolve la pianta così come la tecnica che la coglie nella propria ed altrui Bellezza donata nell’attimo di un respiro restituito; talvolta - o troppo spesso - non ne conosce la Natura (della muta invisibile spirituale preghiera) seppur ritratta eppure velata, tanto nelle comuni seppur divergenti linee evolutive coincidere nella Bellezza esposta e ritratta qual ‘tecnica’ di crescita. 

 

Sia della foglia il ramo e la pianta e l’‘artifizio’ che ne immortala l’ultimo o il primo millesimo di secondo di vita proiettandolo all’Infinito di una simmetrica esposizione, quale manifestazione evolutiva data alla tecnica dell’uomo, assommata ovviamente, a molte altre con le quali evolve la propria natura in ciò cui posto l’‘artefizio’ del nuovo ‘magico-oculo’ evolvendolo o disgregandolo - o meglio dissociandolo - dal soggetto osservato, con magistrale ‘tecnica riproduttiva’ a ciò cui l’Uno ispirato e da cui evoluto - e quindi - non tanto regredito ma ricomposto nella graduale lenta contemplazione a cui l’Arte e ugual ingegno aspirano per compiere ugual Opera e Dio.

 

Al contrario dissolvendo ugual Arte Natura e Bellezza in un processo disgregativo (posto al negativo) con l’essenza ritratta della quale, pur cogliendone l’impareggiabile Frammento sinonimo della Prosa in cui posta la Vita e l’alterna Parola del suo Libro scritto in ogni Stagione da cui la lenta e graduale evoluzione verso sempre una maggiore perfezione compartecipata dallo ‘specchio’ dell’uomo; però irrimediabilmente disgiunto da una più profonda Conoscenza e capacità altrettanto creativa la quale lo univa in ugual medesimo e simmetrico ‘atto’ di crescita.

 

La ‘teatralità umana’ posta nella lettura interpretativa dell’Opera contemplata, e seppur impareggiabile specchio di ciò cui osservato, alternare ‘costumi scene e attori’ posti sul vasto palcoscenico da Lei ispirato (come fu nel Principio della più saggia e retta interpretazione), oppure e al contrario,   irrimediabilmente disgiunto nella volontà del singolo ‘frammentato atto’, qual volontà di potenza di indebito dominio e pura ingerenza evolutiva, nonché nuova capacità, e dicono, più elevata volontà creativa, riscrivendo l’intera Opera replicata per ogni anamorfica  Frammentata ‘scena’ di ugual Storia, di cui il sipario di Madre Natura contemplato da parte della folta schiera di genti, o spettatori transitati o approdati per stessa Via o Vita replicata (dal Gange sino alla più nota taverna di Trastevere vicino alla cupola ove scolpita la morta natura posta non lontano dalla più famosa rinomata ricca Scala per ugual volontà della inespressa come giammai dedotta Cima seppur sempre conquistata e replicata…), ha concesso loro l’onore della Parola per acclamarlo nelle dovute ‘Stagioni liriche’, o al contrario, criticarlo per ciò da cui nasce disgiunto ‘specchio’ (e non solo psicologico) in cui lo spettatore non si riconosce nell’Opera osservata qual ‘ultima comparsa’ (…proprio come in questo stesso preciso momento…), pretendendone l’amletica - o ancor peggio - profetica interpretazione assoluta con conseguente dominio dell’intera Scena, dal Primo all’Ultimo Secondo dedotto dalla presunta Conoscenza dell’Arte della più nota Compagnia della Natura, subordinandola alla impareggiabile sceneggiatura di una nuova fors’anche aliena seppur magistrale Arte Regia, o regia!

 

Prima di crocifiggerla si curarono di preservarne la Coscienza racchiusa in un umile catino, poi la replicarono in onor della fama e ricchezza del botteghino replicato con magistrale Arte interpretativa nella cura della dovuta e rinnovata ugual Coscienza priva di qualsivoglia Dio!              

 

Confermando l’ugual volontà espressiva o inespressiva della Cima nella differenza posta qual non gradito esempio appena sgorgato più sù, dalla Cima o rigo qual Sentiero appena osservato scendere giù da basso come un Fiume in piena senza più acqua e vita, giacché come l’occhio artificiale del nuovo Dio comprende (o vorrebbe!) ordina e subordina l’Arte della scrittura (come l’antica della pittura alla nova edilizia litica) poste in ugual medesima differenza fra un antico foglio di papiro e la nuova algoritmica frequenza dalla più retta parabola della mancata (o meglio rimossa) Conoscenza priva di Coscienza alcuna; indebitamente distribuirne la replicata Opera in assenza - o disgregata - del vero Dio che l’ha pensata per tramite dell’antica subordinata (morta seppur sempre pregata) Natura, hora et per semper controllata mortificata e posta al rogo dell’antico rinnovato martirio al servizio di un più gettonato giubilo senza gaudio alcuno.

 

Certamente la nuova tecnica dell’alpinista professionista che risale alla china in grado di scalarne l’ambita Vetta posta in Cima del violato Rigo del Sentiero maestro, profanandone e violandone però, il vasto tempio o olimpo di tutti gli Dèi in nome e per conto d’ogni simmetrico Elemento, che nei secoli ne hanno composta (e non certo violata) l’articolata viva Bellezza colta nelle graduali manifestazioni della Natura, esposta in movimento e monolitica nel profilo, immutabile e mutabile, austera e composta, così come varia e indefinita nelle alterne Stagioni conferire la Vita, sublimata nella secolare differenza dell’‘indigeno’ e l’immagine del suo Tempio.

 

Nel quale appare il ricomposto ritratto della sacralità pregata in nome della Dèa ricongiunta nel tratto dell’Opera (nei millenari processi di ugual crescita), non violandone l’immagine posta al ‘suo e nostro’ cospetto in tutta la propria divinità per grazia della sua Natura, così come un Fiume scorre infondere la Vita.

 

Certamente possiamo anche noi bagnarci (come ritrarlo  fotografarlo o conquistarlo, e/o intrappolarlo nella lunga prigionia per conto dell’indebita vita partecipata o meglio violentata) nello stesso Sacro Fiume, ma mai ne immortaleremo né comprenderemo la bellezza o la preghiera di chi a Lui si rivolge come un Dio o Elemento vivo, capace di giudizio e simmetrica comprensione circa il nostro Essere ed appartenere alla sua purezza rivelata e mai profanata. Possiamo parteciparne come un composto mandala o Opera d’Arte ispirata nella creazione durevole e frammentata di una vita intera o una stagione e più della stessa, solo per coglierne una singola goccia così da pregarla e preservarla dalla fine prematura d’un frammentato disgiunto presunto atto creativo rubato alla Natura intera…

 

Il quale pur vedendo con l’occhio meccanico della propria linfa evolutiva, mai saprà coglierne e interpretarne come l’immortalarne il Sacro respiro, dal primo vagito sino all’ultima foglia specchio d’una Foresta intera; e come questa (piccola goccia) parla ascolta e prega al nostro Divino Intelletto, e come la stessa (foglia) ci ispira verso il Dio creativo, il quale per sua Natura esprime e dispiega una impareggiabile Poesia data all’esposizione evolutiva d’una Prosa troppo antica per esser colta nel breve frammentato e ultimo secondo da cui il Tempo dell’uomo.

 

Le due lingue evolutive divergono e mai si comprendono, eccetto che ed in ciò di cui l’Opera Sacra di ugual primo e ultimo uomo, solo fra le strette o infinite voci della Natura d’un misero o grande convento tenta l’opposto processo da cui un frammentato respiro colto al un millesimo di secondo ne infrange e viola il grande indecifrato mistero, colto e riprodotto dall’occhio meccanico di una o più tecniche frutto dell’ingegneria data da un presunto progresso sottratto all’Arte dell’Intelletto creativo, esposto alla mutevole fragilità dell’insano corrotto progresso.

 

Ugual medesimo gesto dell’immergerci nelle sue acque, aride o tempestose, come talvolta lo sono lo specchio delle sue Cime donde nasce tanta Bellezza, Arte e Sacra Scienza, colte nella limpida inviolata purezza che contraddistingue la volontà colta nella smarrita prosa divenuta urlo delirio e sofferenza; naufragata nella più rozza necessità di lavare le umane membra e le vesti che le preservano dalla nudità dell’Elemento, dello ‘sporco’ con cui solitamente la civiltà pone distinguo sottratto da ogni forma di Dialogo con ciò che per sua povera o inferiore Natura ritenuto privo di Pensiero e Parola.

 

Questa stessa differenza circa la violata sacralità, così come l’Arte della vita, dipinta o fotografata, ci fa riflettere circa il senso smarrito della retta via del vero Sentiero per ogni violata Cima posta alla presunta Vetta del Sapere naufragato alto nell’Abisso; così come il saperne coglierne e ammirare ogni sua Forma, come il pregarne la rinascita d’una prematura sepoltura in nome di una falsa dottrina che impone e prevale nella capacità tecnica - ma non certo conforme alla severa disciplina - nel saperne coglierne e comprenderne - come studiarne - la perduta Bellezza.  

 

A dispetto di ogni cosa ‘colta e intrappolata’ nella tecnica per, almeno così viene detto e troppo spesso ripetuto, ammirarne senza alcuna profonda Conoscenza e Logica il simmetrico disegno posto nella falsa ottica d’una mancata prospettiva; l’icona che ne risulta, piatta e anamorfica, priva della saggia antica dottrina di cui l’Anima come lo Spirito, sapevano trarre dalla Linfa dall’Inverno alla Primavera di ugual Sentiero, ogni smarrita virtù posta nella ‘tecnica’ della retta conoscenza, che dalla Natura all’uomo per tramite e gradi, illumina e infonde (linfa) sangue e nutrimento alla vera Idea. Al vero Dio. Alla Dèa non pregata una sola mattina, ma ogni dì dell’Universo per simmetrici gradi evolutivi donde ogni Elemento il suo muto silente ‘specchio’ ha composto e (ri)compone ancora (malgrado l’occhio indiscreto della tecnica per conto del falso ‘progresso’…) la sua voce, il perduto e smarrito gene della dovuta Memoria, e con lui la Parola dalla Natura insegnata per cantarne l’abdicata saggezza.             

 

Qual ambito trofeo!

 

Dacché nasce un abisso fra la Natura e l’uomo o l’Artista più o meno evoluto, più o meno consapevole di quanto mutato a dispetto dell’ottimo ritratto premiato qual ‘scatto’ al millesimo di Secondo sottratto all’esposizione evolutiva d’una diversa posa…

 

(Giuliano)


(Prosegue....)








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