Precedenti capitoli:
Prosegue con:
La Bibbia
giudaico-cristiana ci mostra un Padre Creatore maschile, sorgente di ogni vita.
Ma molte delle più antiche storie di creazione conosciute parlano di una Grande
Madre: una divinità femminile che dà e mantiene la vita, la Dea degli animali, delle piante e degli umani, delle acque,
della terra e del cielo.
Un’antica
preghiera sumera esalta la gloriosa Nana come la ‘Signora Potente, la Creatrice’.
Un’altra antica tavoletta si riferisce alla dea Nammu come alla ‘Madre che
diede vita al Cielo e alla Terra’. In Egitto, la creazione della vita veniva
attribuita a Nut, Hathor, o Iside, di cui è scritto: ‘All'inizio c’era Iside,
la più Antica di tutto ciò che è Antico. Era la Dea da cui scaturì tutto ciò
che diviene’. In Africa troviamo leggende su Mawu, un altro nome per la Madre Creatrice.
E nella terra di Canaan, come scrive lo studioso biblico Raphael Patai, Ashera
o Ishtar era la ‘Progenitrice degli Dei’.
Tutto
questo sta a indicare che il culto delle divinità femminili era parte
integrante delle nostre più antiche tradizioni sacre. E in verità non è
improbabile che all’alba della civiltà, quando per la prima volta l’uomo iniziò
a porsi gli interrogativi universali (Da
dove veniamo prima di nascere? Dove andiamo dopo morti?), dovette rilevare
quello che è il più miracoloso di tutti gli eventi: il fatto cioè che la vita
umana scaturisce dal corpo della donna. Dovette quindi essere del tutto logico,
per i nostri antenati, immaginare all’inizio la terra come una Grande Madre, una Dea della Natura e della Spiritualità,
fonte divina di ogni nascita, di ogni morte e di ogni rinascita.
Questa conclusione logica, di fatto, è comprovata dalle testimonianze archeologiche, dalle innumerevoli statuette femminili primitive, oggi riportate alla luce in luoghi sparsi su tutta l’Asia Minore e l’Europa. Dalle statuette della cosiddetta Venere Paleolitica che datano a più di ventimila anni fa.
La
stessa idea dell’indole ‘dell’uomo’ come un individuo accentratore, avido,
brutale ‘assassino per natura’, per molto tempo ha dato forma a quel che ci è
stato insegnato sulla fase successiva della cultura umana: il Neolitico o età
agreste. L’idea convenzionale, ancora ampiamente coltivata a livello di
insegnamento universitario, è che l’invenzione umana più importante - lo
sviluppo della tecnologia per acclimatare le piante - abbia segnato anche l’inizio
della dominazione maschile, della guerra e della schiavitù.
In questa
ottica, con l’invenzione dell’agricoltura ‘da parte dell’uomo’ - e quindi con
la possibilità di tenere in piedi la civiltà grazie a un rifornimento regolare
e addirittura eccedente di cibo – sopraggiunse non solo il predominio maschile,
ma anche la guerra e una struttura sociale gerarchica generalizzata. Ma ancora
una volta i dati non convalidano l’idea convenzionale della civiltà come storia
della dominazione sempre più strutturata ‘dell’uomo’ tanto sulla natura quanto
sugli altri esseri umani.
Tanto per cominciare, oggi gli antropologi ritengono, in linea generale, che l’acclimatazione delle piante sia stata probabilmente invenzione delle donne. Infatti, uno degli aspetti più affascinanti dell’attuale recupero della nostra perduta eredità è l’immenso contributo dato dalle donne alla civiltà. Se guardiamo da vicino i nuovi dati di cui oggi disponiamo a proposito delle prime società agresti o neolitiche, in realtà vediamo che tutte le tecnologie fondamentali sulle quali è basata la civiltà si svilupparono in società che non erano a dominazione maschile e non erano guerriere.
In
contrasto con ciò che ci è stato insegnato sul Neolitico ovvero sulle prime
civiltà agresti come società a dominazione maschile, estremamente violente,
queste furono invece generalmente pacifiche, dedite a vasti commerci con i
vicini, e non ricorrevano all’uccisione o al saccheggio per procurarsi
ricchezza.
Grazie a
scavi archeologici condotti in maniera assai più scientifica e ampia, ora
sappiamo anche che in queste società estremamente creative le donne ricoprivano
posizioni sociali importanti in qualità di sacerdotesse, artigiane e membri
anziani di clan matrilinei. Si trattava inoltre di società egualitarie dove,
come scrive Mellaart, non compaiono segni di importanti differenze di status
basate sul sesso. Ciò non significa che queste società neolitiche
rappresentassero realtà utopiche ideali. Ma, a differenza delle nostre società,
non erano guerriere.
Non erano
società dove le donne fossero subordinate agli uomini. E non vedevano la terra
come oggetto di sfruttamento e di dominazione dal momento che il mondo era
considerato come una Grande Madre: un’entità viva
che nelle sue manifestazioni temporali e spirituali crea e nutre tutte le forme
di vita. La coscienza di questa unità essenziale di tutto quanto ha vita, nei tempi moderni, si è mantenuta in molte culture
tribali che venerano la terra come la Madre. È illuminante il fatto che queste
culture spesso siano state descritte dagli antropologi come ‘primitive’.
Altrettanto illuminante è il fatto che spesso in queste culture le donne, per
tradizione, occupino posizioni pubbliche chiave come sciamane o vecchie sagge,
o come capi di clan matrilinei.
(R.Eisler)
Quindi la Grande Madre come tale, e come al meglio ed al peggio la conosciamo, la qual Donna e i suoi figli, futuri (mariti ed amanti) (i quali, gli appartenenti a quest’ultima categoria certamente l’amano e adorano più del genere derivato a cui lei purtroppo legata e congiunta suo malgrado…) ‘esseri umani’, i quali un tempo l’amavano qual indispensabile generatrice nonché futura sposa, venerandola come una Dèa per la sua impareggiabile bellezza, alternare e dispensare i propri frutti e colori accompagnati da ire dolori e capricci, nelle alterne Stagioni di cui costantemente beneficia (o dovrebbe) e patisce l’(umano) sposo (a Lei legato suo malgrado).
Il quale
come tale la vuol dominare e sottomettere.
Il quale
come tale la vuole amare come un figlio (sgradito)
o futuro marito (tradito).
(La psicologica che ne scaturisce apparentemente confusa, anche se dalla ‘gerarchia olimpica’ nasceranno tutte quelle considerazioni circa una remota ‘analisi umana’ dettata da una mitologica condizione dell’Essere ed appartenere alla Terra; giacché tutte le divinità, infatti, nessuna esclusa, rappresentano un ‘prometeico’ intento di predare il segreto inviolato degli Dèi per donarlo agli uomini… Da ciò che ne scaturirà dipenderà ogni ruolo ‘conflittuale’ dal quale il vasto regno - e non solo psicologico - ne indagherà ogni rapporto abdicato all’uomo, non più divino, ma come tale ‘umano’ assoggettato ad ogni forma di peccato, decaduto dalla prima condizione dello Spirito inviolato, come può o poteva Essere la Natura donde e da cui nato; abdicato all’atto o istinto incarnato della materia. La prima mantiene inalterato la segreta impronta del proprio ed altrui Dio suggellato con la Divinità nel continuo ‘atto o Genio creativo’, e essendo scritto in ogni suo Elemento (qual Genio appena detto) tende a celarsi, o come disquisivano gli antichi Filosofi nascondersi; ovvero la Natura ama nascondersi e giammai rivelarsi, divenendo immagine - o specchio riflesso - di una più elevata Idea d’una Dèa dall’umano adorata; con alterni Elementi gravitati in altrettante divinità. Il secondo destinato ad un ruolo, seppur presumiamo ‘elevato’ in quanto predisposto dal genio dell’Intelletto suddiviso in altrettante divine superiori facoltà e capacità di articolato pensiero e parola, eppure paradossalmente subalterno, avendo perso la primitiva immacolata purezza immagine del Dio; il quale ‘uomo’ a Lui come Prometeo si è ribellato volendo donare ogni inviolato antico ‘segreto’ ai suoi figli per dominare, o peggio, ricreare la propria condizione persa in procedimento inverso da umana a divina, alterando, o ancor peggio, violando irrimediabilmente ogni antica divinità della quale vuole usurparne il regno. E seppure la Genesi per bocca di ugual Dio impone una precisa successione del Dominio a cui l’uomo sembra destinato, in verità e per il vero, in cotal volontà sembra aver voluto alterarne il vero precetto, non avendo ben compreso il limite a cui assoggettato, così come fu per Prometeo.
Solo il Figlio di medesimo (e più evoluto, almeno così dicono…) Dio compiendo identico passo, si è ribellato alla segreta Genesi creatrice dispensata dal ‘comandamento’ del Padre, come alla Legge che da ogni Tempio ne governa il Verbo. La sua e nostra Grande Madre, Immacolata nella propria Natura, nell’atto che ne contraddistingue la nascita, così come la prematura morte per umano intelletto sancito dal Verbo o Legge di Dio, nel calvario o Teschio che ne contraddistingue evidenziandone la Croce, rappresenta l’antico patto con la disconosciuta Divinità, il Dio segreto, a cui suo Figlio, in verità e per il vero, si è ricongiunto per ogni rinascita con la quale riconosciamo le Infinite Stagioni della Vita, di cui la divina sacralità (e il Sacro come nelle alterne fasi mitologiche rappresentato da Iside all’Immacolata Madonna) da cui nato costantemente violate o profanate dall’uomo, non più dio, non riuscendone a comprenderne o decifrarne, pur predandone ogni (prometeico) segreto, l’indecifrato immateriale spirituale Linguaggio; in quanto ogni segreto Miracolo (scritto nel karma della Vita e la sua continua rinascita) difficilmente riconosciuto dall’Intelletto cosiddetto umano, così ogni immateriale intento diverso dalla materia in cui caduto ogni suo peccato. L’elevata volontà sarà sancita dal superamento a cui l’uomo predestinato nel ciclo dell’intera Esistenza per ogni Elemento ‘incarnato’ sino alla lenta graduale universale evoluzione in cui risorgerà per ogni Vita violata, comprenderne il peccato terreno e riscattarne ogni colpa commessa; almeno che il Divino (o la divinità) non abbia prevalso nel Sentiero intrapreso, seppure perseguitati umiliati e derisi come ogni profeta caduto e annunziato da una Verde Cometa precipitata su questa povera Terra, sarà un Dio Straniero tutelare e vigilare l’Anima caduta su questa Terra, perenne amico e invisibile compagno dell’eterno cammino, donde l’antica Dèa o Immacolata purezza assieme veneriamo fondare il nostro e altrui immortale Spirito.)
Nessun commento:
Posta un commento