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Nell’anno 1646 un dotto gesuita pubblicò un libro, Ars Magna Lucis et Umbræ in Mundo, in
cui racconta un episodio in cui si indicava che un suo ordine si era servito di una mongolfiera per intimidire alcuni barbari
ignoranti. La seguente dimostrazione, se riferita da un moderno missionario,
sarebbe accolta come ovvia; perché, allora, dovremmo seriamente mettere in
discussione la storia, dal momento che descrive un risultato del tutto
possibile all’epoca, supponendo che fossero disponibili i materiali necessari?
E anche
supponendo che il rapporto sia fittizio, è comunque una descrizione scientifica
di una mongolfiera praticabile, presentata e
accreditata da un dotto studioso e abile matematico più di un secolo prima che
la mongolfiera fosse esposta pubblicamente dagli
illustri francesi.
Lui scrive:
‘So che
molti dei nostri martiri sono stati salvati dai pericoli dei barbari grazie a
tali invenzioni. Alcuni furono destinati alle prigione, e mentre continuavano a
ignorare qualsiasi mezzo per rendersi liberi, qualcuno, più astuto degli altri,
inventò una macchina straordinaria, e poi minacciò i barbari, che se non
avessero liberato i loro compagni, li avrebbero consegnati a funeste
apocalittiche visioni accompagnate da straordinari presagi, così da poter
sperimentare concreta e altresì visibile rabbia degli Dèi.
I barbari
risero della minaccia.
Quindi gli
innominati martiri costruirono un drago di carta volatile e leggera, e vi
racchiusero una miscela di zolfo, pece, e cera, che avevano preparato in modo
così artistico che loro stessi ne rimasero stupiti, e una volta accesa, avrebbe
illuminato la macchina volante per mostrare ai posteri non men dei pagani la
conseguente Elevata spirituale Idea alzarsi in volo a dispetto del volgare
linguaggio dei barbari:
La
rabbia di Dio.
Formatosi il telaio e preparate le solfuree alchemiche miscele, apposero al drago alato una lunga coda, e affidarono la macchina al cielo, la quale, favorita dal vento, si levò in alto verso le nuvole.
Lo
spettacolo del drago così brillantemente illuminato fu superiore all’aspettativa
tanté ne costruirono uno successivo dalla strana forma - alata anch’essa – d’un
Lupo.
I barbari, ammirando
(o maledicendo, dipende molto dai punti
cardinal-magnetici) a reti congiunte dalla detta parabola, l’insolita
visione alata concretizzarsi sino alle vette del cielo, preannunziare funesto
presagio di morte e sventura, furono colpiti dal più grande stupore, e,
ricordandosi l’ira minacciosa della Divinità e le parole di Santo Giuliano,
temettero di espiare il castigo che aveva loro pronosticato. Perciò, senza
indugio, spalancarono le porte, lasciarono che i loro prigionieri uscissero in
pace e godessero della libertà della più miracolosa Selva.
Nel frattempo, però, il fuoco si impadronì della macchina volante che si incendiò, e con un’esplosione, che fu interpretata come un ennesimo funesto presagio, il quale avrebbe mietuto l’ira del Dio, videro comparire anche un Lupo, il quale li terrorizzò definitivamente capitolando la resa incondizionata e la conseguente liberazione del Sacrificio di Madre Natura a cui si votarono per divina mano.
I barbari pregarono il Lupo affinché risparmiasse loro la vita e in cambio gli promisero la divinità dell’intera Selva’.
Forse il lettore permetterà un altro aneddoto, non solo per il suo valore scientifico, ma perché ci piace paragonare l’atteggiamento delle persone nei confronti della navigazione aerea nei secoli bui, ed ogni pia parabola a cui questa s’accompagna con il permesso, come leggeremo, di Pietro occupato - come il Tempo impone - alla rete contesa di ugual medesima unificata Visione; con il conseguente atteggiamento del ventunesimo secolo.
In due
storie di Jef le Ministre e De Colonia,
della città di Lione, si riporta il seguente resoconto:
‘Verso la
fine del regno di Carlo Magno, locali genti che vivevano vicino al monte Pilato
in Svizzera, sapendo con quali mezzi presunti stregoni viaggiassero nell’aria,
decisero di tentare l’esperimento e costrinsero alcuni poveri a salire in strani
aerostati.
Questi furono avvistati nella città di Lione, dove furono immediatamente portati in prigione, per i quali la folla unanimemente ne pretende(va) la morte come stregoni. I giudici li condannarono al rogo; ma il vescovo Agobardo sospese l’esecuzione, e li mandò a chiamare nel suo palazzo, per interrogarli.
Coloro risposero:
“Noi siamo povera gente di Spirito e
con Lui voliamo alto nei cieli per predicare et annunziare pace in Terra così
come insegna nostra Madre Natura”.
Il vescovo
udita l’accorata predica accordò loro (ufficialmente) il permesso pontificio di
aderire alla nuova o più antica Chiesa; e altresì, giacché persona illuminata
anch’essa, da ugual medesima Sacra Torre (senza
controllo alcuno) legiferò e permise, con Bolla d’accompagno ‘Lupus in fabula’, ogni volo proibito
annunziato dalla stolta plebe che ne chiede - oggi come ieri - la prematura
morte al rogo (e con loro anche tutte le
fiere bestie, siano queste di cielo terra o mare… le preferite, ci sembra il
caso di rimembrarlo, circa i congiunti Atti della medesima Storia, furono le
alate…), qual punizione di un dio senza divinità alcuna, seppur da tutti
loro pregato in nome della ricchezza bramata qual sol auspicio della fortuna
rubata a Madre Natura, come poc’innanzi detta.
Furono chiamati i Lupi di Lizzola, dal primo fondatore dell’ordine, i quali si narra ancora, seppur alcuni dicono sia solo leggenda, erano soliti riunirsi vicino - ma non lontano - da una antica miniera abbondonata, a loro si associò anche il più noto Lupo di Gandellino. Del quale ne rimembriamo le ‘archiviate’ gesta (per essere più precisi: decorsi i termini di archiviazione per ciò di cui imputato…).
1806-1806. Il sacerdote Giovanni Filippi di Gandellino ricorda che
nel 1805 la Valle Seriana fu notevolmente infestata da due lupi e altre bestie
nocive. Un neonato venne rapito dalla culla, altre persone adulte, due delle
quali perite e altre rese quasi inabili al lavoro dalle ferite, furono le
disgraziate vittime delle stragi di tali animali feroci. Il religioso, pratico
di caccia alleato con feroci malviventi, si mise a fabbricare a proprie spese
alcune piccole capanne alle falde dei monti e nei luoghi più frequentati da
queste bestie feroci, dove, collocando alcuni archibugi nottetempo e mediante
un certo ordigno diretto sotterraneamente e senza alcun pericolo de’
passeggeri... nel 1806 rimasero estinti da se stessi, senza andar fallito
neppure un colpo, cinque grossi lupi. I lupi vennero uccisi nell’ultimo
trimestre del 1806 e il Filippi, che per provarne la cattura ha conservato le
mascelle (del loro dire vantandosi pubblicamente per mezzo di agnelli... come
grassi corrotti putti) si vantò pubblicamente di averne estirpato ragione e
sentimento, privando loro di ogni sussistenza... e alimento... I lupi, almeno
due di loro, così si narra e si narrerà ancora, tornarono sugli stessi luoghi
per rimembrare alle italiche genti il potere della Natura ferita dalle corrotte
gesta di cotal meschino piccolo paese...
Da tal disordine di cose circa il procedere della storia fu nominato
e edificato l’Ordine monastico dei Lupi (di Lizzola).
Ma hora riprendiamo l’aereo Sentiero….
Uno dei primi uomini a realizzare un modello aereo come un pallone di fuoco fu il celebre brasiliano Bartholomeo-Lourenco de Gusmao, che ai suoi tempi era soprannominato ‘l’uomo volante’, e del quale si narra abbia fatto un notevole esperimento di locomozione aerea a Lisbona. Il seguente resoconto si trova in un manoscritto di Ferreira:
“Gusmao fece il suo esperimento l’8 agosto 1709, nella corte del Palazzo
delle Indie, davanti a sua maestà e ad un pubblico numeroso e illustre, con un
globo che si sollevò dolcemente all’altezza della sala degli Ambasciatori, poi
discese allo stesso modo. Era sostenuto da alcuni materiali che bruciavano e
che lo stesso inventore aveva acceso”.
Tutti i
dettagli di questa descrizione, che è stata scritta una generazione o più prima
dell’esperimento di Montgolfier, suggerisce una
primordiale Idea volante di mongolfiera. Ma una nota stampata nel 1774 e citata da Cavallo spiega che i globi dovevano essere stati
trasportati dal gaz.
È certo che all’inizio del 1709 Gusmao fece domanda al re per un brevetto e un diritto esclusivo su alcune di queste invenzioni, desiderando un’ingiunzione e una severa sanzione contro tutte le indebite infrazioni. L’applicazione presenta una macchina in grado di viaggiare nell’aria più velocemente che sulla terraferma o sul mare, in grado di trasportare messaggi (& associati messaggini) di cinque o seicento miglia al giorno alle truppe (dal sud al nord e dal nord al sud d’una Italia disunita e ancora da proclamare a Reti unificate per il beneficio di Cavallo il quale sembra avergli rubato il copyright…), o ai paesi più lontani, e persino adeguata per esplorare le regioni intorno ai Poli.
Di cui si
narrano la vera nascita del Polo con tutte le sue gesta, unito in nome e per
conto di Cavallo e dei futuri
Fratelli d’Italia congiunti alla Libera Padania (in disaccordo come ben dimenticando ricordiamo, ad un diverso e più
nobile Impero... ma hora dalla Sicilia alla Lombarda Veneta unito e congiunto
per il bene della Patria!).
Piuttosto
un moderno promotore Señor Gusmao seppur
non volendo ‘associato’ suo malgrado a Cavallo.
Il Re in risposta emise il seguente decreto:
“Acconsentito
al consiglio, ordino compartecipazione e non più dolore e morte contro il
trasgressore. E per incoraggiare il supplicante ad applicarsi con zelo a
migliorare la macchina la quale in grado di produrre gli effetti da lui
menzionati, affinché si possa perlustrare ed osservare la grande selva, e
quindi, bonificare dall’Ordine degli umiliati o uomini Lupi, e taluni indiani; gli
si conceda tanto a Gusmao quanto al
detto Cavallo le prime cattedre di
cavalieri nella mia università di Coimbra, e il primo posto vacante nel mio
collegio di Barcellona, con la pensione annua di
600.000 reis a vita”.
Il ‘brevetto’
ci sembra abbastanza liberale, eppure Gusmao
non riprese mai i suoi esperimenti aerei. Fu accusato di magia dallo stesso Cavallo e nella faida o processo che ne
conseguì, di Gusmao il pioniere si
perse ogni traccia o Memoria storica.
Il primo pallone a vuoto fu proposto dal padre gesuita, Francis Lana (di Merano), e descritto nel suo libro Podromo dell’Arte Maestra Brecia, apparso nel 1670.
Pur non
essendo un progetto pratico come quello di Gusmao,
fu molto ingegnoso e segna una fase interessante nell’evoluzione dell’Idea
fondamentale di aeronave, o ‘pallone aerostico volante’ come veniva chiamata
dall’inventore, che poi coniò la parola ormai in comune utilizzo ad ugual
indirizzo con l’introduzione del gaz presso la sede comunale.
Lana propose di usare quattro sfere di rame ciascuna
di 25 piedi di diametro e 1/225 di pollice di spessore di parete, abbastanza
ben esaurite d’aria successivamente riempite di gaz, per dare una forza
ascensionale che calcolò in 1.200 libbre aggregate per le quattro sfere. Da
questi sospendeva i passeggeri sparsi per ogni residenza pubblica e privata (con annessa Casa del Popolo proletario)
in una barca munita di albero per salpare e spingere la nave in condizioni di
tempo & vento favorevole; sia questo in salita quando nella rapida e
ingloriosa discesa di futuro gigante, seppur, nostro malgrado, vien narrato da
taluni innominati ma attendibili testimoni oculari, da gaz sponsorizzata, per
ogni fiera di paese accorsa allo spettacolo.
Avendo
calcolato la galleggiabilità della aerea residenza (da gaz S.p.a. sponsorizzata) al di sopra d’ogni Albero della morta
Selva, secondo leggi fisiche ben note, e non vedendo alcuna possibile obiezione
al ‘comune’ progetto (in questa sede è
bene ricordare che non si parla di progetto edilizio, giacché rimembriamo agli
sventurati lettori d’un tempo non ancor del tutto edificato, che ci troviamo ai
primordi della tutelata Selva da magnifico amore di patria, seppure come sopra
detto, attentata dal nascente Ordine monastico dei famigerati Uomini Lupi
appena fondato senza alcun fondamento che non sia l’elevato Spirito
aereonautico…).
Negli ultimi anni, o più recenti, subito dopo l’approdo all’Isola Promessa - o Nuova America - da parte di Colombo in contesa anche lui con Amerigo, si sono rinnovati e alternati inventori che hanno scrupoli meno delicati sull’imbarazzante Provvidenza.
Ovvero il
progetto di Lana con miglioramenti.
Fu proposto
di sostituire la vela con un’elica a motore e di garantire lo scafo contro il
collasso a causa della prodigiosa pressione dell’aria esterna satura (di gaz & ass.) - una tonnellata per
piede quadrato - mediante ampi rinforzi interni. Anche negli ultimi dodici mesi
questo schema è stato sobriamente sostenuto da diverse riviste tecniche e dall’autore
di un elaborato libro ispirato da Leonardo
sulla guerra aerea. Per un matematico questo è divertente, quando non
troppo patetico, poiché si può rigorosamente provare che nessun pallone a vuoto
del materiale odierno, qualunque sia il suo design,
può eventualmente resistere allo schiacciamento se reso abbastanza leggero da
galleggiare.
Nel 1887 Walter Wellman descrisse sull’Associated Press un pallone a vuoto in acciaio di 144 piedi di diametro e 654 piedi di lunghezza in cui un medico di Chicago propose di trasportare passeggeri al Polo Nord (hora non è del tutto chiaro se questi stessi passeggeri provenissero dal Polo suddetto o di ritorno recuperati da tormenta e nefaste bufera di gaz nato, ben al di sopra della Stratosfera, il giornalista è piuttosto confuso nel proprio elemento espositivo al pari del già nominato Lana…), a un collaudo incredibile, se gli avessero fornito $ 130.000 per coprire le spese di costruzione.
‘Ecco un’opportunità davvero eccellente’,
scrisse Wellman, nelle sue epiche
Memorie, ‘per tutti coloro che vorrebbero
guadagnare fama facendo parte del gruppo che metterà piede su quel gelido ignis
fatuus di molte nazioni e due secoli di storia aeronautica al servizio della
guerra’.
Due decenni
dopo il signor Wellman organizzò,
secondo le proprie idee, una spedizione aerea al Polo Nord; ma non preferì più
partire da Chicago in mongolfiera con un partito di azionisti, bensì con i
devoti discepoli di Mastro Leonardo, con i suoi affiliati discepoli, abbandonato
nel ‘vuoto’ carichi preziosi d’ugual umano ingegno.
Si può
aggiungere che l’inventore del grande pallone a vuoto in acciaio, dopo aver
organizzato la Trump-Continental
Aërial Navigation Company, e non aver raccolto tutti i $ 130.000,
chiese aiuto al governo nazionale. La richiesta di suddetta società fu successivamente
promossa dall’Impero dello zar Vladimiro (primo).
Ecco una situazione interessante; un medico ignorante di meccanica, con i piani per un mastodontico e impossibile pallone, che chiede aiuto a un Congresso, estremamente schivo degli aeronavi, anche se consigliato dai suoi più abili consiglieri militari italiani padani e del mai tramontato impero zarista. Ma in questo caso c’era una lobby incapace. Il conto, infatti, di questo pallone gonfiato e fisicamente impossibile passò effettivamente alla Casa, e fu infine sconfitto solo dal tempestivo sforzo di alcuni scienziati che, con facile calcolo, dimostrarono l’assurdità dell’invenzione incentivata solo dal Gaz. Poiché il lettore potrebbe voler vedere una prova matematica dell’impossibilità di un pallone gonfiato (& i suoi associati), e poiché tali progetti sorgono frequentemente, l’argomento è fornito da prove documentali alla sede dello stesso Congresso.
Per ultimo
ci sembra doveroso documentare, così come il rammentare - o meglio - rinnovarne
la Memoria persa del nostro amato Cavallo,
il più fedele discepolo di Gaz (&
ass.) e i suoi irrinunciabili frutti per la riuscita d’ogni morte in vita
al di sopra d’ogni Cima edificata.
Il quale sopraggiunge con edificante fortuna subito dopo il più sfortunato dottor Black, il famoso chimico e Filosofo naturale di Edimburgo, che concepì l’Idea, ormai del tutto sorpassata, circa un sottile vaso di luce riempito con elementi naturali, il quale per sua antica Natura, dovrebbe essere in grado di fluttuare e salire nell’atmosfera, diciamo arrampicarsi nell’Aria, e potremmo con ugual medesima Ragione sostenere e convalidare, crescere e elevarsi, con simmetriche Idee che abdicate ai suoi amici ed espresse con impareggiabile successo nelle sue lezioni un anno o due dopo la pubblicazione della pubblicazione di Cavendish, fondarono purtroppo la sua perenne sfortuna. Per questo si accontentò di mantenere semplicemente in vita la propria invenzione, seppur antica e remota, evidentemente praticabile, lasciando, come dovrebbe fare un professore universitario, lo sviluppo o il mantenimento dell’invasata Idea scientifica a protettori dell’ambito spazio aereo di nuovo conquistato e in qual Tempo inviolato, ma hora di nuovo ricalcolato.
Cavallo fu, in verità e per il vero, il Conquistatore
per eccellenza, uomo senza scrupoli al di sopra della misere e strette vie a
cui la vita terrena ci destina, si cementò nel vero sano e duraturo progresso
dello Spazio aereo nel nuovo Secolo violato e proibito, pur mantenendosi
costantemente uomo di pura fede ortodossa ben distante dall’invasate se non del
tutto antiquate Idee di Black.
Filosofo italiano residente in Inghilterra (per ovvi motivi fiscali), che realizzò i primi, seppur invisibili palloncini a idrogeno. In una nota presentata alla Royal Society di Londra, il 20 giugno 1782, racconta esperimenti che sembrano dargli tutto il merito di aver inventato i palloncini tranne il successo su scala pratica. Sperimentò bolle di sapone di Gaz (& ass.) liquefatto che si alzarono magnificamente nell’aria circostante, un esperimento che è stato ripetuto in tutto il mondo in ogni laboratorio chimico, soprattutto Zeppelin gli fu debitore per la medesima Idea adottata con maggiore e incisivo successo su scala mondiale.
Realizzò
con i suoi discepoli, una varietà di bolle di gomma e di vernice sposate con il
più pacifico idrogeno; ma abbastanza curiosamente queste non si alzarono da
nessuna superficie, sebbene sia noto che tali bolle possono essere fatte
galleggiare profumatamente. La sua fortuna accrebbe seppur taciuta, con il Gaz
liquido (& ass) allo stato puro. Gonfiò
con un procedimento alchemico, a tutt’oggi segreto, la pelle d’oro
accuratamente preparata, e sebbene i palloncini d’oro, sia grandi che piccoli,
siano ora un bene commerciabile risultano invisibili alla vista: pur elevandosi
in volo e nel cielo d’ognuno spariscono anche alla più nota Parabola. Alla fine,
per ovviare alla diplomatica natura del problema, costruì palloncini di
pacifica carta che cercò di far galleggiare usando però sempre ugual formula
alchemica di polvere d’oro di Gaz (&
ass.), ma senza il successo sperato, anche se un anno dopo i fratelli Montgolfier fecero sorgere
facilmente sacchetti di carta con aria calda e il professor Charles salì su un grande pallone di seta gonfiato con
idrogeno.
La causa degli interessanti fallimenti di Cavallo si rivela nel resoconto di uno dei suoi esperimenti pionieristici. Nella sua Storia e pratica dell’aerostazione, racconta di aver costruito, di carta cinese fine, un pallone cilindrico con estremità coniche corte e una galleggiabilità calcolata di venticinque grani (importati e successivamente deportati dall’ex Ucraina), quando adeguatamente gonfiato con idrogeno, la quale, per, fu adottata con maggior successo da suoi discepoli americani.
Questa Borsa,
accuratamente sgonfiata d’aria per compressione tra le mani, era sospesa sopra
una grande bottiglia collegata ad essa da un tubo di vetro, e fornita di
materiali per generare idrogeno; in questo caso una miscela di acido solforico
diluito e limatura di ferro. Quando l’idrogeno si stava evolvendo abbastanza
rapidamente, ci si aspettava di vedere il sacco di carta espandersi e riempirsi
con velocità proporzionata; ma con sua sorpresa rimase perfettamente piatto
così come la Borsa, mentre la stanza si riempì dell’odore forte e sgradevole
dell’‘aria infiammabile e del tutto contaminata’.
(Ispirato dalla Rabbia di Dio)
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