CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

martedì 12 luglio 2022

IL PENSIERO...











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....circa la naturalezza 


Prosegue con il...: 


(Pensiero) vivente



  

 

 

 

La pratica della corruzione e della dissoluzione o rimozione della Verità non una prassi consolidata solo in Russia, ma ampiamente diffusa con radici ben salde anche in Italia, ed oltremodo con taluni personaggi politici addirittura in complice sintonia e affinità di intenti da qui fino alla grande Casa Russia con Villa!  

 

Non meno della prassi (ben consolidata in taluni luoghi) dell’intimidazione verso tutti coloro che operano al di fuori di determinati corrotti meccanismi, sia dell’‘industria anarchica’ privata quanto pubblica in reciproco rapporto di lecita-dipendenza ed intesa sorretta da madre corruzione.

 

Sia in tutti quei livelli ove i rapporti fra stato e mafia continuano a prosperare (pur le contrarie apparenze) per un principio simmetrico ad un determinato ‘fine’ scritto in un illecito conseguimento di un insano obiettivo economico (soprattutto in tempi pandemici) non tanto ‘comunitario’, bensì ‘improprio interesse di stato’.

 

Oggi peggio di allora, emerge con nitore l’incapacità (se non peggio) della classe dirigente di questo paese di creare le condizioni perché si possa vivere secondo le regole comunemente accettate del mondo occidentale, del quale dichiariamo di voler far parte…

 

(…e per tali regole si intendono comprese tutte quelle facenti parte la tutela e salvaguardia della Natura, la quale seppur apparentemente salvaguardata, in realtà continuamente predata proprio per il fine e principio dell’antico rinnovato patto, o ‘affare’ di stato, e la mafia legalizzata, e per ‘mafia’ intendo non solo l’aspetto che al meglio o al peggio la contraddistingue con il suo ‘stile’ di vita, ma anche la ‘simmetrica’ con medesime prospettive ‘legalizzate’ in tutte quelle finalità di intenti con i quali viene non solo sottoscritta la falsa ragione della corrotta economia, altresì elevata ai livelli più alti dei vari interessi economici coinvolti, e rendendo di fatto impossibile il conseguimento del rispetto delle regole nei cosiddetti ‘giochi di reciproca copertura’; ma oltre modo, come ho potuto verificare di persona, coloro che operano in tal senso nella tutela e rispetto della Natura ingiustamente perseguitati…).

 

Ciò vuol dire che, seppur la lotta alla mafia in diligente monitorata costante opera di salvaguardia, eppure il ‘controllore non controllato’ cela una deviata corruzione ai fini dello stato (così come in Russia e non solo).

 

In questa difficile epoca di intenti la Natura rinnova il suo Pensiero nell’Ideale sacrificato all’altare della corrotta economia, sicché fondare e edificare una corretta e sana Filosofia rimane l’Opera migliore per sottoscrivere il patto per sempre violato fra l’uomo e la Natura donde deriva un più elevato Principio di Vita….


N.B. Si sconsiglia la lettura per taluni edificatori di una e più improprie forme di Natura... 


(Giuliano)




Questo capitolo sviluppa l’idea che tutti gli esseri viventi, e non solo gli umani, pensano, e ne esplora un’altra a essa strettamente correlata, quella secondo cui tutti i pensieri sono vivi.

 

Questo capitolo riguarda ‘il pensiero vivente’.

 

Cosa significa pensare?

 

Cosa significa essere vivi?

 

Perché queste due domande sono correlate e in che modo il nostro approccio a esse, specialmente se pensate nei termini delle sfide poste dal relazionarsi con altri generi di esseri, cambia la nostra comprensione della relazionalità e dell’“umano”?




Se i pensieri sono vivi e se ciò che vive pensa, allora forse il mondo vivente è incantato. Quello che intendo è che il mondo oltre l’umano non è un mondo privo di significato che solo gli esseri umani renderebbero significante. Piuttosto, le ‘intenzioni-significati’ [mean-ings] – le relazioni tra mezzi e fini, le aspirazioni, gli scopi, il telos, gli intenti [intentions], le funzioni e la significanza – emergono in un mondo di pensieri viventi oltre l’umano, attraverso modalità che non si esauriscono completamente nei nostri tentativi troppo umani di definirle e controllarle.

 

Più precisamente, le Foreste (e le Selve intorno ad Ávila) sono animate. Ovvero, queste Foreste ospitano altri loci emergenti di intenzioni-significati che non ruotano necessariamente intorno agli umani e che non provengono da essi.

 

È qui che voglio arrivare quando sostengo che le foreste pensano.

 

È verso l’analisi di tali pensieri che ora si rivolgerà quest’antropologia oltre l’umano. Se i pensieri esistono oltre l’umano, allora noi umani non siamo gli unici ‘Sé’ in questo mondo. In breve, non siamo l’unico genere di noi. L’animismo, l’incantamento di questi loci altro-che-umani, è più di una credenza, di una pratica incarnata o di una cartina al tornasole per le nostre critiche alle rappresentazioni meccanicistiche occidentali della natura, sebbene sia anche tutte queste cose. Quindi, non dovremmo solo chiederci come alcuni umani giungano a rappresentare altri esseri o entità in quanto animati; dobbiamo anche valutare, in modo più ampio, cosa c’è in loro che li rende animati*.




[*Ricordate l’esilio di chi smarrito?


Ricordate le leggi contrarie ad ogni Natura così taciuta?

 

Ricordate gli inganni per cui la ‘materia’ uccide Dio?

 

Ricordate le urla mentre veniva condotto schernito ed umiliato al patibolo, Teschio e specchio di immondo creato?

 

Il Teschio illumina il volto impaurito di chi pensa la condanna inflitta, dimenticata e taciuta, per una diversa ‘religione’ pregata e… venduta! Sogni che vi appartengono, sogni della crosta infiammare l’ora notturna in quanto non v’è moneta che potrà comprare il paradiso smarrito anche se sognate un diverso Dio! Non v’è prete o religione che potrà perdonare l’offesa per ogni Elemento così condannato.

 

Quando attraverso i boschi dell’umile Creato, nato da una Spirale d’un Sogno perseguitato, l’immagine invade l’èstasi di chi giammai consumò peccato, solo Verità annunciata da uno Spirito prigioniero di un diverso Dio. Solo il miracolo pregato di appartenere al Principio di un Primo apparente ‘Nulla’… Dio perseguitato. Estasi nell’invisibile dimensione da loro giammai compresa, ma linfa di vita restituita nell’elemento di cui privarono e privano la vita.

 

Chi fu l’eretico nella bestemmia detta?




Non certo chi predicò un diverso ‘verbo’ al tempio della ‘materia’, nell’apparente ‘errore’ di una eretica vita vissuta… dettò principio invisibile alla loro preghiera. Fu perseguitato, come colui che incarnato,  braccato per la Parola non conforme alla legge cui il popolo domina e fa’ ‘libero mercato’ in nome del ‘verbo’ interpretato. Perì con il fuoco nel sudore e tormento d’un Tempo nato, consumato al calore di un Inferno quale vita vissuta assente allo Spazio dimensione evoluta, Spirale di un dolore quale martirio d’un corpo alla Terra nato agnello del loro peccato.

 

‘Anima mundi’ vittima del loro ‘creato’...]




L’animismo runa, quindi, è un modo di prestare attenzione ai pensieri viventi in un mondo che amplifica e rivela importanti proprietà della vita e del pensiero. È una forma di pensiero sul mondo che trae origine da un’interazione intima e localizzata in un luogo specifico con dei ‘pensieri-nel-mondo’, attraverso modalità che rendono visibili alcuni dei loro attributi distintivi. Prestare attenzione a queste interazioni con i pensieri viventi del mondo può aiutarci a pensare diversamente l’antropologia. Può aiutarci a immaginare una serie di strumenti concettuali per analizzare i modi in cui le nostre vite vengono modellate dalla vita che conduciamo in un mondo che si estende oltre l’umano.

 

Un lignaggio di segni può potenzialmente estendersi nel futuro in quanto abito emergente, nella misura in cui ogni ‘istanziazione’ interpreterà quella precedente in un modo che potrà a sua volta essere interpretato da un’‘istanziazione’ futura. Tutto ciò è valido anche per un organismo biologico, la cui progenie può o meno sopravvivere nel futuro, e per questo libro, le cui idee possono o meno essere riprese dal pensiero di un futuro lettore.

 

Tale processo è ciò che costituisce la vita.




Ovvero, ogni vita, sia essa umana, biologica o forse, un giorno, anche inorganica, mostrerà spontaneamente questa dinamica incarnata [embodied], localizzata, rappresentazionale e predittiva del futuro, che coglie, amplifica e fa proliferare in una futura ‘istanziazione’ di se stessa la tendenza ad assumere abiti. In altri termini, si può dire che all’interno del lignaggio di questi ‘loci’ che si estendono potenzialmente nel futuro, ogni entità che costituisce un locus del ‘riguardare qualcosa’ [aboutness] può essere considerata viva. L’origine della vita – ogni vita, ovunque nell’universo – costituisce necessariamente anche l’origine della semiosi e del Sé.

 

Costituisce anche le origini del Pensiero.

 

Le forme di vita – sia umane che non umane –, in quanto intrinsecamente semiotiche, mostrano ciò che Peirce chiama ‘intelligenza ‘scientifica’. Con ‘scientifica’ non intende un’intelligenza umana, cosciente o persino razionale, ma semplicemente un’intelligenza ‘capace di apprendere attraverso l’esperienza’ (Peirce). I Sé, al contrario dei fiocchi di neve, possono apprendere attraverso l’esperienza, che è un altro modo per dire che attraverso il processo semiotico descritto possono crescere. E questo, a sua volta, è un altro modo per dire che i Sé pensano. Tale pensare non deve necessariamente aver luogo nella scala temporale che sciovinisticamente chiamiamo tempo reale (si veda Dennett, 2000). Non è necessario, dunque, che accada nella vita di un singolo organismo confinato nei limiti della sua pelle.

 

Anche i lignaggi biologici pensano.




Anche loro, nel corso delle generazioni, possono crescere apprendendo il mondo che li circonda attraverso l’esperienza, dimostrando così di possedere ugualmente ‘un’intelligenza ‘scientifica’.

 

In sintesi, visto che la vita è semiotica e la semiosi è viva, ha senso trattare sia le vite che i pensieri come ‘pensieri viventi’. Una profonda comprensione della stretta relazione tra vita, sé e pensiero è essenziale per l’antropologia oltre l’umano che sto sviluppando*.




[*…Ed io che attraverso il bosco della vita ho udito la Rima dettata da chi privato della vita, donarmi Poesia e nell’èstasi quale pazzia condannata scorgere verità dimenticata e barattata.

 

Raccolgo le voci e la sublime bellezza di chi recita questa Preghiera.

 

Raccolgo certezza antica giammai Eretica giacché narra la vita. Con il perdono ringrazierò il vento, urla e vibra lungo ogni foglia, per dire, attraverso ogni ramo Parola udita dall’Anima mia, che in verità ciechi all’invisibile Prima bellezza per sempre inquisita punita e smarrita. È l’oro della sua e mia mattina all’alba della vita!

 

No!

 

Non fu’ errore, ma certezza di una diversa Dimensione pregata evoluta fino all’Eresia di chi preferì una diversa via. Chi mai prigioniero dell’istinto cella di un corpo nato dalla ‘materia’, ma bellezza del Creato giammai ammirato e scorto per codesta Invisibile Sentiero pregato…




Straniero quanto da lui desiderato ed assente ad ogni peccato, mutato nell’ingegno figlio di un diverso disegno creato. La verità sempre inquisita figlia di una coscienza scritta nella Spirale di uno Spirito primo alla ‘materia’ su cui costruire l’araldo di una guerra ragione della misera ed ‘umana’ natura…

 

Narrai, all’inizio dello scritto, il motivo, cagione della volontà di ripercorrere tale via (tale Viaggio, tale testimonianza), risiedere nella Verità perseguitata di lasciare manifesta ed indubbia, per quanto certa testimonianza. Perché, anche se apostrofata negli accenti della poesia cui sazio la dottrina dettata dal Sentiero della vita, questa (per ‘miracolo di Natura’, cui l’aguzzino crea Tempo avverso, materia serva della Storia… così nuovamente vissuta) divenire Rima (non datemene colpa), in quanto linfa, perché così la sintesi alla luce nell’onda creata dalla notte nata, la Verità spira vento quale elemento incarnato avversa agli aguzzini paladini del Feudo attraversato.

 

‘Composti’ contrari soffocano ogni equilibrio evoluto, giacché l’ingegno giammai perso o smarrito, da chi sa riporre giusta e saggia ragione sull’opera compiuta. In verità, il Sentiero, colpa del big-bang della ‘materia’, tradotto in ‘regione’ d’eterno tormento divenuto tortura, motivo della Spirale descritta e così evoluta nel torbido inferno ove reclamano ogni  retta natura smarrita e persa…




Solo bruciata al rogo di una diversa creanza.


Solo inquisita alla Spirale di una visibile dottrina.


Ogni Stagione della vita perita al crocevia di una in-voluta dottrina.


Ogni elemento figlio della sua prima natura braccato e condannato alla vista di chi cieco per sua evoluta e dicono compiuta… natura.


Ragione della loro ‘materia’.


…Giacché la guerra edifica e governa l’evoluzione su cui misurare l’indubbio dominio figlia di nessun Dio. La guerra di chi non evoluto ai principi del libero arbitrio conosce la volontà del dominio come manifestazione del proprio ingegno in misura di chi pensa avverso.


Chi pensa nemico.




Chi pensa custode di dèmoni e diavoli troppo antichi per esser qui solo descritti o immaginati, in quanto l’operosità di secolare ed infame memoria palesa la vera e ortodossa cultura figlia di nessuna natura dalla Spirale cresciuta.


Con la guerra fummo e siamo taciuti, potenti nelle armature e nelle giostre astute. Nella guerra si riconoscono ‘evoluti’, nella ‘guerra’ per ogni via costruiscono la certezza di una vita esente da una diversa Rima. La guerra motivo movimento e dominio di chi in errore servo del proprio Dio, uccide ignaro della Parola taciuta in ogni miracolo inquisito. La guerra edificherà l’economia della materia evoluta, come il fuoco nato da un gas scomposto al principio della vita, costruirà la certezza per ogni vita cui la Natura affida il compito dell’eterna lotta. Per questo fummo anche Eretici perseguitati, tal motivo esula dal nostro Principio. Tal istinto esula dal nostro Dio… Il Bene ragione e comunione con ogni elemento nel quale la vita, non per nostro arbitrio, espressione di un conflitto a cui abdichiamo diverso Principio, lo Spirito prigioniero e subordinato al male incarnato… Questo sì, fu  un nostro peccato…

Preghiamo la perfezione di un Primo Creato!]   




I Sé, dunque, sono pensieri e le modalità attraverso cui tali Sé si relazionano l’uno con l’altro derivano dalla loro natura costitutivamente semiotica e dalle particolari logiche associative che questa implica. Esaminare la logica attraverso cui i sé si relazionano in questa ecologia dei sé ci spinge a ripensare la relazionalità – probabilmente la preoccupazione fondamentale della nostra disciplina e la sua principale analitica (Strathern, 1995).

 

Se i Sé sono pensieri e la logica attraverso cui interagiscono è semiotica, allora la relazione è rappresentazione. Detto altrimenti, la logica che struttura le relazioni tra i Sé è la stessa di quella che struttura le relazioni tra i segni. Questa, di per sé, non è un’idea nuova. Anche se a volte non lo ammettiamo esplicitamente, nelle nostre teorie sociali e culturali tendiamo già a pensare la relazionalità in termini di rappresentazione. Ma lo facciamo in base ai nostri assunti sul funzionamento della rappresentazione simbolica umana. Come le parole che esistono nelle convenzionali configurazioni relazionali che costituiscono il linguaggio, i ‘relata’ che costituiscono una cultura o una società – si tratti di idee, di ruoli o di istituzioni – non precedono le mutue relazioni costitutive che tali ‘relata’ intrattengono tra loro, in un sistema che, in virtù di questo fatto, finisce necessariamente per mostrare una certa chiusura.




Anche i concetti relazionali ‘post-umani’, come gli ‘attanti’ di Bruno Latour, le reti nella teoria dell’attore-rete e ‘l’intra-azione costitutiva’ di Haraway, prendono le mosse dagli assunti sulla relazionalità derivanti dalle particolari proprietà relazionali che troviamo nel linguaggio umano. In effetti, in alcune versioni della teoria ‘attore-rete’, le reti relazionali che collegano gli esseri umani e le entità non umane vengono esplicitamente descritte come affini al linguaggio.

 

Tuttavia, come mostrato in precedenza, la rappresentazione è qualcosa di più ampio e differente da quello che ci aspettiamo, dato che il nostro modo di pensarla è stato colonizzato dal linguaggio. Estendere la relazionalità linguistica ai ‘non umani’ proietta narcisisticamente l’umano su ciò che si trova al di là di esso. Insieme al linguaggio, inoltre, sopraggiunge una miriade di assunti sulla sistematicità, il contesto e la differenza, che derivano da alcune proprietà distintive della referenza simbolica umana e che non sono necessariamente rilevanti per come i pensieri viventi entrano in relazione da un punto di vista più generale. Nel frattempo, vengono occultate altre proprietà che potrebbero consentire una maggiore comprensione della relazionalità. La mia idea, in breve, è che un’antropologia oltre l’umano possa ripensare la relazionalità vedendola come semiotica, ma non sempre e necessariamente affine al linguaggio [languagelike].

 

…Non vi è alcuna differenza intrinseca tra le associazioni dei pensieri viventi che costituiscono il Sé vivente, pensante e conoscente e quelle attraverso cui i diversi Sé possono relazionarsi e formare così delle associazioni. Inoltre, visto che i Sé sono loci di pensieri viventi – tappe effimere ed emergenti in un processo dinamico – non c’è nessun sé unitario. Non si può mai “essere” una sola cosa: “[…] una persona non è un individuo nel senso pieno del termine. I suoi pensieri sono ciò che egli va ‘dicendo a se stesso’, ovvero ciò che va dicendo a quell’altro se stesso che sta appunto venendo alla vita nel flusso del tempo” (Peirce).


(Prosegue....)









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