Precedenti capitoli:
Il fascismo al potere (9/10)
Preghiera nel Bosco (42)
Prosegue in:
Dal 'politico' ispirato (12) & (44) &
Rime taciute alla parabola del Tempo (45)
Posai i miei
pensieri su questa terrazza con una incantevole vista.
Posai le mie mani
sulla fioriera che la bella cameriera annaffia ogni mattina, mostrandomi le sue
alte cime come due frutti succosi ed un nobile di dietro… come fosse la sella
di un puledro.
Lei lo sa, io sono
uomo colto e potente… la politica è il mio mestiere.
Lei lo sa, ho molte
conoscenze; lei, invece, solo la fame da saziare, quella ingorda, abbonda in
ogni stagione ed in ogni mese nella sua verde e prospera natura.
Lei solo la fame
deve saziare quella ingorda della nostra natura, conosce ogni astuzia nel bosco
della vita assieme all’arte di ingannare la gente, conosce il frutto proibito di sedurre una
contadina, illusa nel sogno di far un po’ di fortuna per una fame che spesso
tortura.
Io sono l’astuto
uomo di corte, politico di natura. Qual natura io qui non dico perché in lei io
prego l’antico crocefisso, ricordo di un lontano antenato quando a lui il
chiodo fu dato per macellarla come un agnello nel nome di un popolo ‘eletto’.
Or non ci
dilunghiamo su questo mito strano, perché io con la parola mi vesto e quando
l’adopero ogni essere seduco e incanto; c’è chi rimane stupito della mia
cultura e chi estasiato della statura, anche se non ha compreso un fico del mio
discorso greco e latino… perché il popolo è eterno contadino, ma di fronte a me
fanno tutti l’inchino ed ognuno rimane stupito dell’arguto e saccente nonché
dotto… mio sapere.
Favello in latino
greco… e aramaico antico…, e quando si presenta l’occasione nella sala
dell’albergo che domina la vallata mi trattengo con l’inglese arguto e il
tedesco risoluto. Certo, non si vede, ma sono diplomatico di mestiere. Ogni
affare è diletto perché servo del mio ricco signore e per sempre mio padrone,
certo finché un nuovo intrigo non costringono il suo o il mio castigo. Dopo la
pace sarà celebrata, un’alleanza stipulata, un nuovo matrimonio coronerà la
speranza del popolo che partecipa alla comune mensa… nel ruolo che meglio alberga
il suo destino, donato non certo da noi… ma dal nostro comune Dio.
Parteciperà al
nostro umile banchetto, noi alla tavola, lui nella cantina a misurare la
distanza cui bisogna tenere il volgo, e a condire ogni portata con il miglior
vino perché il sangue del suo martirio è il nostro piatto preferito. Siamo
uomini di corte e di regno (nonché arguto ingegno) e di astuto tradimento,
l’intrigo è l’arte antica del politico, la religione detta le umili ore, il
tempo governa il nostro paradiso…
Giochiamo con la
parola, perché quando vien detta, nessuno, nemmeno il dotto interlocutore del
ricco e ben condito discorso, la intende nella giusta sua natura, forse perché
inganniamo proprio quella. Per noi è solo un inutile contorno, fra un piatto di
cacciagione ed un buon dolce; è una piacevole vista talvolta annebbiata fin dal
primo mattino, colpa del buon vino.
La incorniciamo in
tanti ricchi quadri commissionati e pagati dagli stessi viandanti, compaiono a
frotte o in umili vesti, mentre ornano la pecunia del nostro mondo antico
foderato tutto nel lusso del nobile palazzo antico; numerato come vuole e
comanda la sorte sopra ogni portone, abbiamo composto anche il motto segreto
araldo di ogni fiero discorso; cosìcché il gregge che prega e lavora abbia
timore del nostro buon nome, vi abbiamo inciso anche un crocefisso per
ricordare a tutti il martirio antico, nella cappella dove ogni mattino
preghiamo il nostro buon Dio.
Quando stringo le
mani accompagnate al mio sorriso rivolto agli ospiti esultanti, a loro può sembrare
un invito: un sole caldo in un cielo limpido che promette ricchezza e fortuna,
chi la mano stringe con ugual cortesia e stesso inchino, mai di certo potrà
leggere il vero pensiero dell’uomo di Dio, pregato come dicevo… ogni mattino.
Mai potrà capire quale arguzia e inganno si cela nel bosco di tal natura, quale
finezza accompagnano il saporito piatto della
politica nominata diplomazia.
Il diletto
dell’arte mia mi vien mangiando ogni delizia che la serva mi porge mostrandomi
il suo frutto proibito fra un inchino ed un buon bicchiere di vino, io disdegno
e la spio con l’astuzia del mio fiuto: uccel di bosco alla vista di ogni
commensale per questa fiera cavalcata… di ogni ricca e saporita portata. Ad
ognuna l’ho violentata e goduto, e aperto il suo nobile di dietro come al pollo
che mi offre saporito cotto allo spiedo di un antico martirio, se prova qualche
incertezza nominata trascuratezza nel non averlo ben condito, vi poso il burro
del mio candido sorriso, e affondo il verbo del mio segreto piacere.
Lei mi guarda e mi
fa di nuovo l’inchino mostrandomi il latte del bosco suo rigoglioso: seni
promettenti e vesti trasparenti; quando si piega per raccogliere il tovagliolo
della sua missione tutto lascia godere come la miglior vista della vallata dove
ora bruca l’erba come la pecora servita; disapprovo il gesto e schifato chiedo
altro vino, l’ho posseduta per tutto il banchetto certo parlando sempre di Dio.
Alla fine del dolce, quasi pentita ed avvilita, si inchina a lavare la macchia
della mia fatica, nel gesto compiuto di questa strana natura un sussulto ha
scosso il modesto ed umile appetito e di bianco ho condito il prezioso abito
del mio disgusto. Quasi schifato ho continuato il dotto dovere, la dialettica è
il mio mestiere, lei si inginocchia e strofina l’eterna fatica, nulla si vede
di ciò che non deve esser detto.
Finito il servizio
provo pena per quella serva, l’ospite mio invece, intimorito dal dotto
discorso, ha gradito la risoluta fermezza nel cacciare ogni servo al compito
destinato da Dio, venerato e pregato ogni mattino assieme alla madre sua,
nominata Madonna, nella cappella che orna la ricca dimora rifugio da ogni
peccato… per questo immondo e lurido Creato….
Sono uomo di Dio,
banchiere della sua Divina Parola, nonché custode del Sacro Regno. Quando
inganno la natura lo faccio con il sorriso, quando preparo una guerra lo faccio
con un bicchiere di vino, lo divoro con l’agnello, sono io il lupo nel folto
del bosco. Lo perseguitiamo per insegnare al popolo chi è il Diavolo in codesto
reame, e con lui anche l’uomo che forse l’ha nutrito, Diavolo o Bandito, qui
tutto l’esercito schiero per debellare il male.
Tutto il popolo
rassicuro quando osservo il panorama da questa grande loggia; la povera serva
lo sa, per questo si aggrazia ogni mattina per non essere da meno della
giumenta cui godo il latte della vita. Affinché ogni mia voglia desiderio e
credo, si possano deliziare e soddisfare così come Dio intende volere e piacere accompagnati all’istinto
appagato, nel nome del peccato da me e per sempre perseguitato.
Sono anche Giudice,
e quando condanno il pover’uomo sulla forca, quello che cercò la sua sposa in
un’anima prigioniera della stessa sventura, e di lei si impossessò liberandola
dalla tortura…, recito la mia preghiera affinché Dio allontani codesta malsana
e deviata natura. Io lo giudicai reo di assassinio nei confronti di un
contadino a cui aveva rubato il quotidiano peccato: moglie sposata o bestia
accudita non fa differenza nell’arcana mia scienza, per la legge è serva di Dio
e anche del villano nominato nella sentenza, mai di certo il cuore suo batteva
per un Trovatore in cerca di una diletta.
Musa o intelligenza
che ispira la sua strana sostanza, rima accompagnata alla strofa della vita, io
giudico dove dimora la donna e la bestia accudita dal servo custode e pecunia
della terra asservita alla dura fatica.
Mi han raccontato,
testimoni timorati della parola di Dio, che la portò in una casa dove con lei
divideva l’amore, e quando il marito tradito li colse con il frutto proibito
dell’ansano et immondo peccato, il reo bandito lo scannò come un agnello
imprecando e maledicendo Dio. Io che sono Giudice per conto e in nome di Dio,
su una forca lo appesi come la mela del giardino proibito. Lei, poi, la promisi
sposa e serva del Dio custode di codesto giardino, recitare le eterne preghiere
nel circolo ristretto di un albero dove mai più le sarà consentito di
assaporare il frutto della vita se in lei vuol scontare la vergogna e la colpa,
altrimenti sarò costretto ad purgare il giovane suo corpo dal Demonio che
ancora la divora.
Questo misero
capitolo della vita ogni tanto mi divora, così quando posso prego con la mia
serva iniziandola al frutto del peccato punito nel ricordo del martirio nel
quale io fui Giudice di Dio!
Quando in separata
sede cavalco e governo l’intero Creato le stringo bene i fianchi per farla
meglio godere, le alzo la veste fin dove lei ha custodito il suo bel nido, poi
come ogni cacciatore affondo la lancia nel profondo del ventre per spargere il
seme della mia natura. Lei soffre e scalcia come fosse divorata o pentita di
questa vita così mal nutrita. Poi spalanca il bosco suo ad un lupo, un
assassino ben vestito cacciatore del Regno di Dio; così comanda e recita il
versetto, ogni bestia fu da lui creata per soddisfare l’istinto della vita, ed
ora l’agnello o la pecora che qui io sacrifico…, un urlo di godimento porterà
all’altare del Dio così ben servito.
Ora però non
perdiamoci in codesta sconcia natura, il politico del Regno è un uomo più che
degno perché porta la parola di Dio ben scolpita nel gesto e nell’esempio. Come
ho già detto, così è scritto nel Libro, questo il verbo e il miracolo scolpito
assieme all’araldo del mio buon nome, ben visibile nella grande Cattedrale da
me costruita rifugio di ogni anima dove il pastore è eterno custode.
Ognuno sia punito
per il peccato commesso e l’adulterio è tradimento che conosce ugual punizione
di Dio: povertà di un gesto dettato dall’istinto come i due amanti da me
giudicati e trattati come lupi assatanati. Lui è sepolto senza una tomba, lei
dimora nel Regno Sovrano di Dio senza memoria né storia, solo l’eterna
preghiera per chiedere perdono del suo peccato.
Lui è concime della
terra, sia nutrimento per le bestie affinché la sua anima e le ossa siano di
quelle!
Lei ha scoperto la
sola legge del Creato, perché all’inganno confuso per amore si è abbandonata
senza alcun timore. Che viva e si nutra nel ricordo e nel rimpianto della sua
terra, quando da donna era poco più di una bestia, e il lavoro conosceva come
sola ricchezza e preghiera.
Senza legge e
disciplina, la mia parola, dopo questa cavalcata mattutina, non sarebbe il
fertile seme della terra.
Il Creato è il mio
regno.
Il concime è la
strofa o la rima… di un Diavolo… nominato Eretico, da me sempre braccato e
seppellito là dove la terra chiede il suo nutrimento e l’eterno sacrificio.
A me non resta che
raccoglierne la ricchezza.
A me non resta che
governare la fertile Terra.
Ma ora non
divaghiamo in codesti tristi ricordi…, bella cameriera, perché dopo averti
insegnato il segreto del peccato e spalancato le porte del vizio l’inferno non
ti ho raccontato o forse non ancora spiegato: brucia la pelle e fa cenere le
ossa mentre li guardo nell’ultima smorfia, poi rimane solo polvere al vento in
eterna memoria della nobile preghiera incisa nella storia….
Questo il segreto
componimento quando nella terra coltivo il mio seme.
Quando nel bosco
bracco l’uomo ed il lupo con lui cresciuto.
Quando inseguo ogni
preda con la bava alla bocca e l’istinto di uomo fedele al suo Dio.
Non mi bastava
possederla e montarla come una bestia, voglio provare a farla godere…. fino a
vederla soffrire e morire prigioniera e sazia del suo ingordo appetito. Perché
io so ed insegno che ogni donna è come un Diavolo mal nutrito e con lei celebro
il mio paradiso: gioco strano e perverso (che non sia né visto né udito):
affrontare il demonio dal male partorito e poi braccarlo fino a sentirla godere
nella grotta del suo segreto piacere; di lei farò cenere, dopo averla inondata
del mio seme.
Per questo le
stringo il collo come si è soliti con il pollo, per poi spennarlo e dividerlo
alla mensa della mia legge perché nulla ha da pretendere… dal suo gregge. Ma il
peccato punisce e confisca, privando dell’amore ogni essere, privando del
piacere ogni semina, privando della terra ogni… uomo e donna, privando del
raccolto abbrutiti dal duro lavoro con solo l’ignoranza da nutrire nella Chiesa
dove predico e… recito… un Sermone nuovo.
Confisco ogni loro
avere… se solo li vedo godere; confisco e punisco privando del dono della vita,
dopo che l’ho così posseduta ed anche nutrita; perché dopo racconterò i
patimenti e gli stenti che riserva Dio a chi dimora nella bestemmia, a chi
dimora nella lussuria padrona di ogni peccato mai condannato.
A chi dimora
nell’Eresia, a chi dimora… nell’ingordigia della carne, a chi pretende
ricchezza, a chi desidera la donna di un altro fedele di codesta nobile Legge,
perché son io il pastore del gregge, io la legge, io la voce e verità di Dio…
Nel pulpito ora
dimora il Verbo della mia sacra dottrina, visione d’amore per il Cristo che un
giorno fu crocefisso in cima al Teschio della Storia, conflitto apocalittico e
mai capito nel quale io sono Scudiere di Dio: per Lui combatto e uccido, non è
inganno o martirio quello che concedo, non è timore, non è perversione o
potere, è l’apocalisse del mio dotto sapere che si sposa con la sola e vera
fede a cui riservo il… Principio della Maestà della sua Divina Parola.
La poveretta certo
non intende e comprende questo strano conflitto: non sa di essere un Diavolo
solo ben fornito, non sa che quei frutti, quelle forme, quella pelle delicata è
un peccato che striscia in uno strano giardino, timorato dalla parola di un…
Secondo Dio…
Non poteva sapere
la poveretta, che il Principio di ogni male incarnato è nel suo bosco incantato
quale frutto del primo peccato, e passa dalla sua bocca da quando quell’uomo le
ha donato il principio della parola.
Così aveva imparato ogni mattina nel Divino Creato, bere il latte della sacra dottrina come fosse una bambina, e mentre lo faceva quel retto uomo la stringeva forte alla gola quasi a soffocarla… nella strana preghiera. Quando il latte sgorgava nella sua terra, l’uomo godeva fino all’ultima goccia, per poi di nuovo....
Così aveva imparato ogni mattina nel Divino Creato, bere il latte della sacra dottrina come fosse una bambina, e mentre lo faceva quel retto uomo la stringeva forte alla gola quasi a soffocarla… nella strana preghiera. Quando il latte sgorgava nella sua terra, l’uomo godeva fino all’ultima goccia, per poi di nuovo....
(Prosegue...)
Nessun commento:
Posta un commento