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Giuliana Facciatonda (6/1)
Prosegue con:
Giuliano l'altra faccia della medaglia (8)
Esiste un
altro modo di offendere la Carità, cui nessun autore ha dedicato mai i suoi
scritti, e di cui altrettanto pochi si preoccupano, e questo è la censura non
di intere professioni, mestieri o condizioni, ma di intere nazioni; e così ci
diffamiamo scambievolmente con epiteti obbrobriosi e, con logica priva di
carità, osservando la tendenza di alcuni concludiamo che sia un’abitudine di
tutti.
San Paolo
che chiama bugiardi i Cretesi, lo fa solo indirettamente e citando il loro
stesso Poeta. In un certo senso è un pensiero altrettanto sanguinario quanto
quello di Nerone lo fu in un altro. Poiché con una parola sola noi feriamo
mille, e con un colpo assassiniamo l’onore di una nazione (medesimo ‘onore’ vilipeso ed offeso nella patria, mi perdoni
l’autore, di Giuliana Facciatonda, la qual dimora, per il breve appunto…, in
ogni nazione accompagnata da Monopodio suo eterno protettore…).
È una
manifestazione non meno assoluta di pazzia denigrare i Tempi (circa modi & tempi e le improprie evoluzioni, così come interviene l’autore del blog in Dialogo meditativo
con l’Autore citato, oppure, in ugual medesima scena del ‘crimine’ Rinconetto
che a comando del suo padrone inveisce e con intenzionale premeditato atto
abdica il proprio timore all’intimidazione: batte ed assesta a comando il ‘colpo’
detto veicolato dal Timone al timore dell’intimidazione, ‘colpo’ non certo
composto da Ragione ed Intelletto, ma come lo stile appreso alla scuola o
bottega del suo padrone, il quale interviene sulla e contrario alla Ragion
detta, attenta il prossimo incutendo timore…, Rinconetto qual fedele servo del
proprio padrone…)
inveendo contro di essi, di quanto lo sia il pensare che si possano richiamare
gli uomini alla Ragione con uno scatto
d’ira (Rinconetto è un sol scatto d’ira giacché
specchio del suo padrone, odia per difettevole natura Ragione ed Intelletto
accompagnare una Verità più prospera e matura comporre Dialogo… Strofa e Rima…)…
Democrito
il quale credette di riportare alla bontà i tempi col riso (come il curatore pretende per i più diligenti ed intelligenti
rispetto il povero Rincoletto), non mi sembra affetto d’ipocondria meno
profonda di quella di Eraclito, il quale si doleva di essi.
Non mi
melanconizza lo spettacolo della moltitudine negli umori che le sono propri (come Rincoletto ne dimostra uno dei tanti aspetti che
intercorre fra pubblico e privato, ovvero quando in privato si vogliono
nascondere i pubblici vizi privandoli delle semplici virtù abdicate ad altre
moderne virtù in questa sede poche accette…), nei suoi eccessi di follia e di
demenza, intendo dire, ben comprendendo che la saggezza non si profana dandola
al mondo (per questo Rincoletto si affanna e batte ‘colpo’
a comando, diligente comando del suo padrone), e che è privilegio di pochi esser
virtuosi (e al contrario, sembrerebbe diritto di
tutti, essere dei sani retti imbecilli).
Coloro che
si adoperano per abolire il vizio distruggono pure la virtù, poiché i contrari,
pur distruggendosi a vicenda, rappresentano la Vita l’uno dell’altro: il Bene
avversare il Male.
Così la
virtù (una volta abolito il vizio) è un’idea; l’universalità del peccato,
inoltre, non menoma la bontà; poiché quando il vizio dilaga fra i più, la virtù
acquista in eccellenza in quanti la conservano ed, essendo andata persa in
taluni, moltiplica la sua bontà in altri che ne rimangono immuni, e si mantiene
intera nella generale inondazione (di cui il povero
Rincoletto ne manifesta l’impeto ‘degli e negli’ impropri elementi e metodi
adottati…).
Posso
perciò contemplare il vizio (e non solo di Madonna
Giuliana, o di Monopodio e l’intera banda) senza suddetta satira, limitandomi ad
una semplice ammonizione o ad un rimprovero esplicitativo; poiché le nature
nobili e quelle capaci di bontà sono spinte al vizio delle invettive; laddove
gli ammonimenti le portano non meno facilmente alla virtù; e dovremmo tutti
essere gli oratori della bontà, per poter così proteggerla dalla forza del
vizio, e per sostenere la causa della verità oltraggiata.
Nessun uomo
può giustamente censurarne o condannarne un altro soprattutto quando cerca di
apportare una verità, se questa nemica del vizio coltivato e ben protetto,
allora oltre alla verità detta, nessun uomo conosce veramente non solo l’altro
ma anche cosa sia il sentimento che accomuna e consolida uno Stato assente ed
immune alla Verità detta…
Ed inoltre
nessun uomo può giudicarne un altro, poiché nessun uomo conosce se stesso, chi
abdica cotal sforzo di conoscenza in difetto con se medesimo e proteso all'insindacabile giudizio dell’altro, non pecca solo della dovuta necessaria intelligenza circa
la conoscenza detta, ma altresì, anche con se medesimo oltre nei confronti del
Principio che meglio la alimenta ed alberga, come l’Anima e lo Spirito che lo sostenta
o almeno dovrebbe; rendendolo molto più simile alla bestia, anzi mi perdoni il Rincoletto e l’intera sua bottega, offenderemo decoro
ragione e ugual medesima Intelligenza della bestia da cui deriva, per la quale
il Rincoletto nel meccanico cartesiano gesto del colpo si
avvicina alla sua più remora natura estinta…
Giacché la
Natura di cui la bestia detta, a mio modesto umile parere, assai più matura ed
evoluta, ed allora il povero Rincoletto così esperto nel nobile
mestiere nell’arte a cui dedica ore di passione, come e dove al meglio lo
dovremmo collocare qual invisibile servitore del potere?
In quale
nazione?
In quale
stato?
Ma abbiamo
detto sin da principio circa l’armonia che deve o dovrebbe intercorrere, e come
al meglio viene albergata la dotta parola compresa medesima considerazione
dell’autore, giacché possiamo annoverare l’onnipresenza di Monopodio ed il suo
fido Rincoletto nel quale il vizio può prevalere sulla Ragione,
ed oltretutto con incomodo di difettevole Ragione in difesa della Ragione (di cui Rincoletto giustificato dell’atto o al meglio del
colpo)
osservare e negare se medesima; in difetto delle virtù dette bandite dalla
Ragione stessa.
In cotal
paradossale condizione con cui si vestono le sfarzose grammatiche parole
compresa la Legge a difesa della Ragione del Rincoletto avversare il principio
su cui poggia la stessa (Ragione e Legge) che al meglio lo protegge, adottiamo
i principi di virtù umiltà e superiore Fede, anche quando quest’ultima diviene
Eresia, condannata dalla Ragione di Stato… in difetto di Virtù Verità e
Ragione…
Sicché,
citando e continuando sul Sentiero dell’Autore, tutto è esclusivamente ciò che
tutti condanniamo: egoismo.
Anche se in
pubblica aspirazione la falsa Ragione (quella del
Rincoletto per intenderci accompagnata dal suo padrone) protende alle virtù del
contrario, offrendo in verità e per il vero, anzi concedendo, la più sottile
cospirazione affine al potere, per ogni grado e ruolo ove il vizio, uno dei
tanti suoi aspetti, mantiene la propria ed altrui Ragion d’essere condizione
necessaria e sufficiente per al meglio prosperare e quindi sopravvivere…
…E far
sopravvivere masse popoli e genti privi di scrupoli nutrite ed abbeverate dal
lucroso vizio della corruzione…
Ciò non
vuol essere una diffamazione ma solo una presa di Coscienza di cui priva la
Ragione divenuta incoscienza, neppure un’ingiuria oppure una maldicenza con la
quale Monopodio si distingue nell’affermare le dubbie proprie ed altrui
ragioni, semmai un Dialogo così come nei remoti tempi persi e dismessi si
conversava con l’autore, oppure, con il Filosofo depositario della saggezza
persa, e non per questo lungo il cammino dissentire circa ugual medesima
miseria condivisa…
Ma questo
un altro capitolo, lo abdico al Rincoletto se già non lo abbia
letto…
(Dialogo con T. Browne)
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