CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

mercoledì 1 luglio 2020

DUE CANI (lungo la strada)

















































Precedenti capitoli per chi...:

Transita in velocipede... 

Prosegue con il...:

Dialogo... (2)  &

Alla morte di don Chisciotte (con il capitolo... quasi completo) (3)













Alla morte di don Chisciotte…

…il paese cominciava a svegliarsi e non si sentiva né una voce, né un rumore di passi, né gli zoccoli dei cavalli sulla pietra, né il ravvicinato zampettare delle capre, come sfilacciato.

Niente!

Solo i galli…

…Rimase in vita… se può dirsi vita, solo qualche cane, li vedono li additano, li indicano, li odono parlare, solo qualche cane può ancor testimoniare la Novella della vita a voi narrata…:




Scipione mio, quante te ne potrei raccontare, di ciò che vidi in quella compagnia di comici e buffoni (di corte...) ed in altre due nelle quali entrai più tardi (sì Scipione, perché i poeti erano esclusi dal teatro regio dei Regnanti, un teatro dove questi buffoni sono soliti inscenare le secolari meschine rappresentazioni..., ed il popolo o la nutrita corte assistere ai loro spettacoli, volente o nolente applaude a vuote o colme mani, certo quando non sono occupati in ben altre faccende. Certo quando non sono occupati nel letame del loro misero reame...).

Poi sì…

A metà mattina si sentono le campane… per i futuri remoti passati e presenti abbruscati o ancor da abbruscare *




[ * Essendosi fatto un palco grande, & ben fabricato per l’effetto che si fece in la piazza maggiore di Valladolid, appresso la casa del Concistoro, & acconcia la stanza dove haveano da stare le persone Regali in la detta Casa, & altri Palchi, & stanze per li Conseglieri, Tribunali, Cavalieri, & altre persone di quella Corte, & Cancellaria della detta Terra, & di molti altri luochi del Regno, che qui concorsero, di maniera, che tutta la piazza, finestre, tetti, e strade stavano piene di gente per vedere l’atto. In quello mezzo uscirno di Palazzo innanzi le dieci hore la Serenissima Prencipessa, donna Giovanna Governatrice di questi Regni, & Don Carlo Prencipe di Spagna, accompagnati dall’Arcivescovo di S. Giacopo, il Contestabile d’Almirante di Castiglia, il Marchese d’Astorga, il Conte Miranda, il Marchese di Denica, il Mastro di Montesa, il Marchese Sarria, il Maggiordomo maggiore della Prencipessa, Don Garzia di Toledo, il Mastro di creanza del Prencipe, il Conte di Osorno, il Conte di Nieva, il Conte di Modica, il Conte di Saldagna, il Conte di Zibadeo, il Conte di Andrada, & molti altri Cavallieri, oltre quelli delle case di sue Altezze. Venivano innanzi a sue Altezze due balestrieri di mazza, & duoi d’arme con l’insegne reali, & il...




Conte di Bondia con lo stocco, & innanzi che sue Altezze arrivassero nella piazza stavano in suoi palchi, & stanze, l’Arcivescovo di Siviglia Inquisitor generale, & quelli del Consiglio della santa Inquisitione, & con esso il Vescovo di Ciuidad Roderigo, & il Conseglio Real, l’Inquisitori, & il Vescovo di Valentia, come ordinario, & con essi il Vescovo di Ories & tutti gli altri Consegli. Et poi che arrivorno sue Altezze, venne la processione delli prigioni penitenti, con il Clero, & Croce coperta di tela nera, & con la Bandiera del santo Officio, tutti ordinatamente per una confratella, ò valle, che si fece dalla Casa della Inquisitione fino al palco della piazza, perché li penitenti caminassero per mezzo con li famigliari della Inquisitione, & non l’impedissero la quantità delle genti ch’erano per le strade. Arrivati tutti al Palco, si assettarono, & subito predicò il Maestro fra Melchior Cano, il Vescovo che fu di Canaria, dell’Ordine di santo Domenico, & fece una predica molto dotta, prudente, & solenne, come in tal tempo, & luoco si ricercava. Finita la predica, l’Arcivescovo di Siviglia andò dove stavano sue Altezze, & li fece giurare sopra una Croce, & un Messale, sopra che posero sue reali mani in questo modo. 




Perché, per decreti Apostolici, & sacri Canoni è ordinato, che li Re giurino di favorire la santa fede Catholica, & religion Christiana, per tanto conforme a questo, vostre Altezze giurano per Dio, per santa Maria, per li santi Evangeli, & per il segno della Croce, dove han posto sue Reali mani, che daranno tutto il favor necessario al santo Offitio dell’Inquisitione, & a suoi ministri contra li heretici, & apostati, & contra tutti quelli che li favoriranno, & defenderanno, & contra qual si vogliano persone, che directe, o indirecte impediranno le cose di questo santo Officio, & che astrengeranno tutti suoi Suditi, & naturali, ad obedire, & osservare le constitutioni, & lettere Apostolice, date, & promulgate in difensione di nostra santa fè catholica contra li heretici, & contra quelli che li crederanno, recettaranno, favoriranno, & E difenderanno, sue Altezze risposero. Cosi giuramo; & l’Arcivescovo li disse, & per questo nostro Signore prosperi per molti anni le Real persone, & stati di vostre Altezze. Finito di giurare sue Altezze, uno delli Relatori, che li stavano disse alli circonstanti, se giuravano il medesimo quanto fosse il loro, & tutti risposero, che si: Et allhora cominciarono a leggere le sentenze delli detti condennati, che sono gli infrascritti. ]



Non raro, prima della morte del Don e di chi lo ha così ben creato: Cavaliere senza scudi e denaro grotta o solido immobile riparo che non sia un bosco una selva o un cortile per cani rifugiati, inciampati e precipitati nella fosca irrealtà specchio d’una più profonda verità negata e sepolta; assistere all’esercizio, o meglio che dico, all’artifizio del potere non meno quello della Legge… per nome e conto di  accreditati Dotti & Saccenti… innominati Ignoranti…:

Nel periodo di cui parliamo Valladolid era un paese importante che sarebbe giunto ad essere corte e capitale del Regno, contava numerosi conventi e chiese che all’epoca di cui narriamo era sempre indice di prosperità. Nella prosperosa Valladolid si calcola vi fossero circa quarantacinquemila abitanti e un migliaio di palazzi. I Cervantes giunsero a Valladolid seguendo colui che fungeva da capo della casa, ma le cose non andarono bene, la concorrenza del mestiere di chirurgo salassatore era molta, e il denaro di Maria de Cervantes, ottenuto nella maniera che si sa, non era sufficiente a soddisfare tutte le necessità.




Fu questo il cammino attraverso cui Rodrigo cadde nelle mani degli usurai di stato, costoro, uomini senza scrupoli, non esitarono a mandare il padre del romanziere in galera per non aver pagato debiti contratti con dubbi personaggi… Il chirurgo tentò di difendersi, ma a nulla valsero le attestazioni di indulgenza predisposte dai suoi avvocati per evitargli le sbarre e scongiurare il pignoramento…

Conosciamo la lista dei beni pignorati ed a leggerla suscita compassione: sono gli averi di una famiglia povera: in tutta la casa - dai numerosi sopralluoghi - non si trovano che un caminetto, vecchie sedie, e due panche…

Quando si consultano le cronache dell’epoca si ha l’impressione che i membri della società passassero la vita a farsi causa gli uni contro gli altri, a mandarsi in carcere, a sfuggire la giustizia ( se regnava giustizia…), a nascondersi dai suoi ufficiali, ad eludere la fame come la sfortuna, e a disputare miseria, onore e morte.

Per rendere il ‘quadro storico’ ancor più reale e degno della tavola che adorna suddetti commensali, aggiungiamo anche brevi fugaci ‘antipasti’ consumati prima e dopo i banchetti a danno dei ‘protestati  protestanti’, giacché rileviamo là ove regna sana democrazia non men del diritto ogni avversa protesta vien consumata e successivamente dovutamente ‘abbruscata’…:



 Il Dottor Agostino de Cazaglia, capellano, & prædicatore di Sua Maesta, habitatore di Valladolid, degradato, & abbrusciato in persona per Lutherano, mastro, & prædicatore della detta setta di Luthero, con confiscation de beni. Francesco de Vivero, prete suo fratello, habitator di Valladolid, degradato, & abbrusciato in persona per Lutherano, & mastro della detta setta, con confiscatione de beni. Donna Beatrice de Vivero, monaca, sorella delli sopradetti abrusciata in persona per lutherana, e maestra della detta Setta con confiscation de beni. Donna Leonora de Vivero, madre delli sopradetti morta, habitatrice che fu in Valladolid, condennata sua memoria, & fama abrusciata in statua per lutherana, con confiscation de beni, & comandossi, che fosse rovinata la sua casa, perche in essa si ragunavano alcune persone à predicare, & insegnare la detta Setta pestifera di Luthero, & che nel suolo di essa fosse posta una colonna, o marmo, à perpetua memoria, con lettere, che dichiarino, perche fu rovinata. Il mastro Alons Perez, prete, habitator di Palentia degradato, & abrusciato per lutherano con confiscation de beni. Il Baccillieri Antonio de Herezzuolo, habitator de Toro abbrusciato in persona per lutherano pertinace, con confiscation de beni. Christophoro di Ocampo, habitator di Zamora, abbrusciato in persona per lutherano, con confiscation de beni. Il licentiato Francesco di Errera, nativo di Pegnaranda, abbrusciato in persona per lutherano, con confiscation de beni. Gionan Garsia argentiero, habitator di Valladolid, abbrusciato in persona per lutherano, con confiscation de beni. Christophoro di Padiglia, habitator di Zamora, abbrusciato in persona per lutherano, dogmatizator, & come Heresiarcha della detta Setta, con confiscation de beni.  




Alla morte di cotal sogno per taluni… incubo per altri…

la casa si riempì d’un grande silenzio, che solo i sei agnelli rimasti nel recinto si azzardarono a rompere, e date le circostanze avevano dimenticato di riportarli dalle madri, e loro belavano, tristi e affamati guardati a vista dai fidi cani…:

Ogni mattina, come spuntava l’alba, trovavo seduto, al piede di un melograno, dei tanti che c’erano nell’orto, un giovanotto, studente all’apparenza, vestito di baietta, non tanto nera né tanto pelosa da non parere grigia e rasata.

…S’affannava a scrivere in un certo scartafaccio, e di tanto in tanto si percuoteva la fronte col palmo della mano e si mordeva le unghie, restando a guardar fisso il cielo; altre volte restava tanto immerso nei suoi pensieri, che non moveva né piede né mano e non batteva ciglio, tant’era il rapimento in cui cadeva.




Una volta m’accostai a lui senza che s’accorgesse di me; lo sentii borbottare tra i denti, e dopo un pezzo sbottò in un gran grido dicendo: ‘Vivaddio è l’ottava più bella che abbia fatto in tutta la mia vita!’. E scrivendo in tutta fretta nel suo scartafaccio, si mostrava soddisfatto…

Il che mi fece capire che quel disgraziato era un (vero) poeta.

Gli feci le mie solite moine per dimostrargli la mia mansuetudine; mi stesi a terra ai suoi piedi, ed egli, rassicurato, s’immerse di nuovo nei suoi pensieri, e tornò a grattarsi la testa, a cadere in estasi e a scrivere poi quel che aveva pensato.

Mentre era così occupato, entrò nell’orto un altro giovanotto, garbato e ben vestito, con certe carte in mano, nelle quali di tanto in tanto leggeva. Giunse dov’era il primo, e gli domandò:

‘Avete finito il primo atto e anche lo scatto....?’.




‘L’ho finito or ora’,

rispose il poeta,

‘nel modo migliore che immaginar si possa’.

‘E come?’,

…domandò il secondo.

‘Così’,

rispose il primo:


‘Entra Sua Santità il papa in abito pontificale, con dodici cardinali tutti vestiti di violetto, perché quando accadde il fatto che costituisce l’intreccio della mia commedia, era il tempo della mutatio capparum, nel quale i cardinali non vestono di rosso ma di violetto; e perciò bisogna a ogni modo rispettare la situazione, che questi miei cardinali entrino in scena con i mantelli paonazzi. E questo è un particolare della massima importanza per la mia commedia, e di certo qui gli altri avrebbero sbagliato, poiché ad ogni passo commettono mille errori ed improprietà. Ma io in questo non ho potuto sbagliare, perché mi son letto tutto il cerimoniale romano, solamente per imbroccarla a proposito di questi vestiti’. 













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