CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

lunedì 21 novembre 2022

LO STATO DI CORRUZIONE (15)











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L'osso che canta (13/12) 








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& Devo parlare anche su...







L’abisso dell’aria che circonda la stratosfera entra in unione con la terra in superficie e con le sue acque, così da essere causa apparente della loro ascesa alla vita. Prima le riscalda, e subito fa ombra, trattenendo il calore dei raggi del sole nel suo stesso corpo, ma proteggendone la forza con le sue nuvole. Riscalda e raffredda allo stesso tempo, con traffico di balsamo e gelo; sì che le bianche ghirlande sono ritirate dal campo del contadino svizzero al bagliore della roccia libica.

 

Dà la propria forza al mare; forma e riempie ogni cellula della sua schiuma; sostiene i precipizi, e disegna le valli delle sue onde; dà il bagliore al loro movimento sotto la notte, e il fuoco bianco alle loro pianure al sorgere del sole; alza la voce lungo le rocce, porta sopra di loro lo spruzzo degli uccelli, matite attraverso di loro le fossette di sabbie inesplorate. Ne raccoglie una parte nel cavo della sua mano: tinge, con ciò, le colline di azzurro scuro, e i loro ghiacciai di rosa morente; intarsi con quello, per zaffiro, la cupola in cui deve incastonare la nuvola; ne forma le greggi celesti: le divide, le numera, le custodisce, le porta sul suo seno, le chiama ai loro viaggi, le attende per il loro riposo; ne nutre i ruscelli che non cessano e con essi sparge la rugiada che cessa.



Fila e tesse il loro vello in un arazzo selvaggio, lo squarcia e rinnova; e svolazza e fiammeggia, e sussurra, tra i fili d’oro, fremendoli con un plettro di fuoco strano che li attraversa avanti e indietro, e in essi è racchiuso come la vita.

 

Ne raccoglie una parte nel cavo della sua mano: tinge, con ciò, le colline di azzurro scuro, e i loro ghiacciai di rosa morente; intarsi con quello, per zaffiro, la cupola in cui deve incastonare la nuvola; ne forma le greggi celesti: le divide, le numera, le custodisce, le porta sul suo seno, le chiama ai loro viaggi, le attende per il loro riposo; ne nutre i ruscelli che non cessano e con essi sparge la rugiada che cessa.

 

Entra nella superficie della Terra, la soggioga e cade insieme ad essa in polvere feconda, dalla quale si può plasmare carne; si unisce, in rugiada, alla sostanza dell’adamante, e diventa la foglia verde del terreno arido; entra nelle forme separate della Terra che ha temperato, comanda il flusso e riflusso della corrente della loro vita, riempie le loro membra con la sua stessa leggerezza, misura la loro esistenza con il suo impulso interiore, modella sulle loro labbra le parole con cui si l’Anima può essere conosciuta da un altro; è per loro l'udito dell'orecchio e il battito del cuore; e, trapassando, li lascia alla pace che non sente e non si muove più.

 

Questa era l’Athena delle più grandi nei tempi antichi.




E di fronte al tempio di questo Spirito del respiro, e del sangue vitale, dell’uomo e della bestia, stava, sul Monte della Giustizia, e vicino all’abisso che era infestato dalla dea Vendicatori, un altare a un Dio sconosciuto, — proclamato finalmente loro, come colui che, invero, ha dato a tutti gli uomini la vita e il respiro e tutte le cose; e pioggia dal cielo, riempiendo i loro cuori di pioggia dal cielo, riempiendo i loro cuori di cibo e gioia; un Dio che aveva fatto di un solo sangue tutte le nazioni degli uomini che abitano sulla faccia di tutta la terra, e aveva determinato i tempi della loro sorte e i confini della loro dimora.

 

Noi stessi, afflitti qui nei nostri giorni angusti, sappiamo forse meno di loro, in effetti, di che tipo di spirito siamo, o che tipo di spirito adoriamo ignorantemente.

 

Abbiamo davvero desiderato il desiderio di tutte le nazioni?

 

E il Maestro che volevamo sembrare, e il Messaggero in cui credevamo di dilettarci, confermeranno, quando verrà al suo tempio, o non troverà in mezzo ad esso, le tavole pesanti d’oro come pane e i sedili che si comprano con il prezzo della colomba?




O anche la nostra stessa Terra deve essere lasciata dal suo Spirito adirato, lasciata tra quelle, dove il sole vanamente dolce e la follia appassionata della tempesta, si consumano nei luoghi silenziosi della conoscenza che è passata, e delle lingue che sono cessate?

 

Questo solo noi possiamo discernere con certezza; questo, ogni vera luce della scienza, ogni potere misericordiosamente concesso, ogni pensiero saggiamente ristretto, ci insegnano di giorno in giorno più chiaramente che nei cieli di sopra e nella terra di sotto c’è una presenza continua e onnipotente di aiuto, e di pace, per tutti gli uomini che sanno di vivere e ricordano che muoiono. 

(J. Ruskin)

          

E tra quelli legati al bene della vita esisteva esattamente ‘il diritto a vivere in un ambiente non inquinato (ovvero non corrotto!)’. Per dire che l’ambiente decide la qualità della nostra vita, regolando il grado di godimento possibile (alto, basso, nullo) di alcuni beni essenziali. Tra questi sicuramente l’acqua e l’aria. Ma anche la bellezza e l’armonia della natura e del sistema ecologico in cui siamo immessi partecipano di questa qualità della vita. Tutti valori, o beni immateriali, che non concorrono a formare un ‘Pil nazionale’ tradizionalmente inteso, ma che contribuiscono a generare il grado di felicità o di benessere delle persone; che definiscono il reddito effettivo di cui queste si sentono titolari nelle proprie soggettive valutazioni dei costi e benefici generati, appunto, dalle modalità di svolgimento della loro vita.

 

Sembra tutto semplice ma non lo è.




Per questo il concetto di giustizia ambientale indica una nuova linea di demarcazione tra i gruppi sociali. Non tracciata dal reddito monetario o dal potere o dal rapporto con i mezzi di produzione, bensì dalle diseguali ‘opportunità ambientali’. Una linea che divide, che crea i suoi dannati e i suoi privilegiati, scaricando sui primi costi e svantaggi che oltrepassano spesso, in termini di sostenibilità, i bassi livelli salariali e la precarietà sociale: dall’aria che uccide alla sete, dal cibo avvelenato alla ‘sottrazione del creato’, si tratti del mare o dei fiumi, delle foreste o delle terre coltivabili.

 

Alla lungimirante consapevolezza circa la centralità di una politica tesa alla sempre migliore formulazione e alla sempre migliore protezione dei diritti dell’uomo, corrisponde la loro sistematica violazione in quasi tutti i Paesi del mondo, nei rapporti tra un Paese e l’altro, tra una razza e l’altra, tra potenti e deboli, tra ricchi e poveri, tra maggioranze e minoranze, tra violenti e rassegnati. Appunto: il Paese, la razza, il potente, il ricco, la maggioranza, il violento. E correlativamente certi Paesi e certe razze, i deboli, i poveri, le minoranze, i rassegnati. Eccoli schierati gli uni davanti agli altri, gli autori e le vittime dell’ingiustizia ambientale.




E tra i potenti, ricchi, violenti emergono – non si può non sottolinearlo – i signori della criminalità organizzata (così come i loro soci in affari, ovvero i nuovi corrotti al servizio dello stato), che assommano in sé potenza, ricchezza e violenza, ovvero le risorse sociali che generano e presidiano l’ingiustizia ambientale. Nel loro caso non solo per oggettiva appartenenza di campo; ma soggettivamente, strategicamente. Si è raccontato dei rifiuti e dei traffici di veleni.

 

Ma che dire delle coste deturpate, degli sfregi al paesaggio bene comune, delle autostrade e dei grandi centri commerciali usati come immensi coperchi di sostanze tossiche, delle ‘ricostruzioni’ scellerate dopo il terremoto irpino?

 

Che dire degli amministratori locali uccisi per avere cercato di impedire la signoria mafiosa sull’ambiente: da Marcello Torre, sindaco di Pagani, fulminato nemmeno 20 giorni dopo il sisma irpino perché si capisse chi doveva obbedire la ricostruzione; a Renata Fonte, giovane assessore alla cultura punita a morte per la sua battaglia in difesa del paradiso di Porto Selvaggio sulla costa salentina; fino ad Angelo Vassallo, il ‘sindaco pescatore’ di Pollica, baluardo contro le pressioni speculative della camorra sul Cilento?




Il fatto è che non può esservi giustizia ambientale se la giustizia sociale è in sofferenza (e corrotta). Non può esservi giustizia ambientale se la legalità è una variabile dipendente e non è mai certa. Non può esservi giustizia ambientale senza informazione libera. Non può esservi giustizia ambientale senza opinione pubblica, se è vero, come sosteneva Kelsen, che ‘una democrazia senza opinione pubblica è una contraddizione in termini’. Come si vede, il percorso verso questo tipo di giustizia deve svolgersi su più strade parallele e tra loro comunicanti.

 

E non è un cammino facile. 

(N. Bobbio)

 

Ciò detto e per quello tenuto in serbo,  possa essere di maggiore ispirazione per contrastare e testimoniare, ogni tortura offerta a Madre Natura come ad ogni suo Elemento; infatti la corruzione evidenzia e mantiene il morbo nel principio della deleteria dottrina della secolare affermazione con cui altera ogni più elevato Elemento, andando ad innestarsi con termini impropri e inadeguati, violandone e sovvertendone ogni diritto come superiore dominio, nella violata vilipesa purezza del mutato Tempo;  ovvero e ancor meglio, il dominio con cui si nutre tutte le volte che si insidia come un corpo alieno o estraneo, andando a modificarne quella che per secoli è l’Arte evolutiva da cui ed anche….

 

…Quindi ringraziamo questa corrotta artificiosa aliena natura che officia (pensando o illudendosi di dominarla), oltre la Verità negata, anche l’ispirazione sottratta al merito dell’intera cogitante Natura cogitata, giacché i veleni di cui capace l’umano progresso fraintendo l’uomo della Natura evolutiva, giammai subordinato ad un alveare o peggio formicaio umano...  


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