IL FALSO PROGRESSO (& una segnalazione)
FAVOLE
PER BAMBINI
Perché le
persone hanno paura dei lupi?
Tradizionalmente,
gli atteggiamenti nei confronti dei lupi sono contrastanti. Da un lato, c’è il
fascino per questo predatore tornato nei Paesi Bassi (come nel resto d’Europa…)
dopo una lunga assenza, dall’altro, inquietudine e paura. Questa breve parentesi non si concentra sulla paura di
danneggiare il bestiame o gli animali domestici, ma sull’ansia emotiva e
psicologica che le persone provano al pensiero di un lupo nel loro habitat.
Questa
paura non viene banalizzata in questo articolo, ma presa sul serio come parte
del rapporto uomo-lupo.
Da dove nasce questa paura e quanto è reale il pericolo rappresentato
dai lupi?
In questo
articolo, scoprirete di più sul contesto storico e psicologico della paura dei
lupi, farete confronti con altri animali e discuterete di episodi accaduti nei
Paesi Bassi (& non solo…).
Radici culturali della paura del lupo: la paura dei lupi è stata alimentata per secoli da miti, fiabe e racconti. Nelle fiabe popolari classiche come Cappuccetto Rosso, il lupo è raffigurato come una creatura sanguinaria e inaffidabile che attacca gli umani. Tali storie hanno profondamente radicato l’immagine del ‘lupo cattivo’ nella nostra memoria culturale. Il professore di folklore Theo Meder sostiene che “il lupo non si è mai liberato dalla sua cattiva immagine”.
Generazioni
sono cresciute con l’idea che i lupi siano pericolosi, un fenomeno chiamato ‘sindrome
di ‘Cappuccetto Rosso’: una paura dei lupi ispirata alle fiabe. Tuttavia, la
misura in cui le fiabe effettivamente plasmano le nostre paure attuali rimane
discutibile. Il sociologo Maarten Jacobs vede la sindrome di ‘Cappuccetto Rosso’
principalmente come una metafora e mette in guardia dal liquidare troppo
facilmente le paure della vita reale come paure da fiaba.
La paura dei
lupi può avere anche altre radici. I lupi furono sterminati nei Paesi Bassi 150
anni fa, proprio perché si avvicinavano troppo agli esseri umani e al bestiame.
A quel tempo, la paura era probabilmente razionale: c’erano danni al bestiame e
occasionali pericoli per le persone, in periodi di malattie come la rabbia. Queste
esperienze storiche, tramandate oralmente, hanno contribuito a creare un’immagine
profondamente radicata del lupo come minaccia.
Confrontando le emozioni e le storie con i fatti, colpisce il fatto che il rischio che un lupo faccia del male a un essere umano sia estremamente basso. I lupi sani e selvatici generalmente evitano le persone. Sono naturalmente timidi ed evitano i confronti con gli umani. I lupi che non vengono provocati o nutriti non rappresentano una minaccia per gli esseri umani, sottolineano gli esperti.
Questo è in linea anche con le esperienze nei paesi vicini: in molte parti d’Europa, esseri umani e lupi hanno convissuto fianco a fianco per anni senza incidenti significativi. Gli scienziati sottolineano che i rari attacchi documentati in tutto il mondo sono stati quasi sempre legati a circostanze eccezionali, come lupi affetti da rabbia, in cattività o animali che avevano perso la loro naturale timidezza a causa dell’intervento umano.
L’UOMO
DEI LUPI
All’interno
del gruppo si comporta come un maschio dominante, il che gli è valso il ruolo
di capobranco riconosciuto da tutti i membri. E come ogni leader che si
rispetti, quando si tratta di mangiare è il primo a cibarsi della preda, strappando
la carne cruda con i denti per ricordare la sua autorità, per poi lanciarla
agli altri lupi che se ne ciberanno seguendo la gerarchia del branco.
Quando l’assistente di Freud disse che lui ci attendeva in casa, provai la stessa inspiegabile sensazione di vittoria. Lui aveva scritto ovunque che non accettava colloqui privati, era ormai ragionevolmente stufo di subirsi le domande dai soliti visitatori, viveva una vita molto riservata mantenendo tutti a distanza senza offrire grandi opportunità a nessuno, mentre adesso aveva addirittura deciso di riceverci in casa, dove si trovava il suo ‘regno’ di ‘Uomo-lupo’. Ma la cosa più entusiasmante era che nessuno di noi gliel’aveva chiesto (anche se lo desideravamo tanto), né tanto meno avevamo pagato un euro per godere di questo privilegio.
Anche
quando Shaun Ellis accettò di farmi entrare con lui nella recinzione dei lupi e
mi permise di interagire con loro, fu per me una grande emozione. I suoi lupi
furono più esuberanti di quanto avessi immaginato e percepii da subito un
grande pericolo nell’aria, anche lui si era irrigidito e quindi ebbi molta
paura, non riuscendo a godermi fino in fondo quell’irripetibile esperienza. Ma
in fondo me lo potevo aspettare che prima o poi Shaun mi avrebbe concesso quel
privilegio, ci eravamo già incontrati parecchie volte, eravamo quasi coetanei,
lui era stato a casa mia a conoscere i miei cani e sentivamo di avere parecchie
cose in comune.
Invece questo atteggiamento di Werner Freund ci sbalordì tutti, lui era un uomo di ottant’anni, ex militare tutto d’un pezzo, introverso e poco predisposto a facili entusiasmi. Ma io credo profondamente che vivendo con gli animali s’impara a parlare con il cuore, specialmente se per animali s’intende quelli selvatici o di forte carattere. Con loro s’impara a non barare, non è possibile convincerli con quei discorsi sdolcinati come ci siamo ormai abituati a sentire in televisione ogni giorno.
Loro se ne
fregano dei nostri falsi complimenti!
Con un
animale VERO, o si è profondamente
autentici o è un fallimento assicurato.
Quando porto a casa un cane già adulto di 3/4 anni, ormai inavvicinabile guardiano che non vuole saperne di fare amicizia con nessuno, non servirebbe a nulla cercare di convincerlo con le belle parole, né tanto meno conquistarlo con prelibati bocconcini di carne. Spesso è contrariato per aver lasciato il suo vecchio territorio e non mangia nulla per giorni, la presenza di altri cani lo rende nervoso e si dimostra ostinato contro chiunque. Sarà solo un adeguato comportamento assunto nel susseguirsi delle giornate a fargli cambiare idea e trasformarlo in un animale più disponibile. Innanzitutto dovrà capire che potrà nuovamente fidarsi di qualcuno.
Quindi
posso immaginare come Werner Freund possa bearsi della sua vecchiaia fra
ricordi di oltre 70 lupi allevati con le sue mani, una vita trascorsa in
compagnia di un Orso e decine di viaggi fatti nei posti più dimenticati del
mondo. Chissà quante sofferenze, spaventi, dolori, sconfitte ma anche grandi
emozioni che solo gli animali possono offrire a chi ha scelto di dedicargli la
vita.
Sarà
perché non parlano e quindi non ci possono deludere, ma il rapporto che a volte
s’instaura fra un uomo ed il suo animale, non ha rivali fra le persone e chi
non riesce a cogliere queste magiche sfumature, perde un’importante
sfaccettatura della vita.
La
semplicità di Werner Freund è disarmante, credo che vivere con gli
animali gli abbia insegnato a non farsi mai troppe domande ed imparare quanto
loro decidono di insegnarti ogni giorno.
Noi siamo
uomini e quindi abituati a chiederci mille perché, a voler trovare una
spiegazione su ogni cosa, capire ogni atteggiamento che possa soddisfare la
nostra necessità di certezza, sempre messa in bilico dai continui dubbi che ci
pone la mente. Se ad esempio noi abbiamo un amico da più di vent’anni e lo
stesso commette una grave mancanza nei nostri confronti, né rimaniamo subito
irreversibilmente delusi e siamo disposti a cancellare in un attimo tutto
quanto di buono c’era stato fino al giorno prima.
Tutto questo nel mondo animale non esiste, due lupi di uno stesso branco possono anche ferirsi gravemente in uno scontro motivato dalla necessità di ristabilire la gerarchia, oppure per il cibo o in caso di calore delle femmine, ma spesso dal giorno dopo tutto continua come nulla fosse accaduto. Quante volte ho visto i miei cani a mordersi per poi leccarsi a vicenda le ferite già il giorno seguente e continuare ad essere più amici di prima! Ogni giorno, nel mondo animale si presenta una novità causata dall’esigenza di quel momento e magari dopo un attimo sarà già variata anche quella; in quel mondo, a noi ancora molto sconosciuto, non esiste (fortunatamente) la nostra angosciante necessità di avere sempre risposte su quanto accadrà in futuro. Loro vivono il presente ed in questo avrebbero molto da insegnarci come affrontare la nostra esistenza.
Parlare con
Werner Freund si ha la sensazione che lui viva un po’ come un animale,
senza porsi troppe domande, ma sperimentando in diretta ogni attimo della sua
vita. Più di una volta le sue ingenue risposte ai miei quesiti mi lasciarono
spiazzato e facendomi sentire come uno stupido. Ad esempio gli chiesi perché i
lupi artici presentavano un muso più affusolato di altri, lui mi guardò
stranito e capii subito cosa stava pensando:
“Ma
perché costui si crea tutti questi problemi? Chi se ne frega perché hanno il
muso più affusolato di altri, ognuno ha quello che la natura ha pensato di
fornirgli!”.
Ascoltandolo nei suoi discorsi mi venne facile immaginare tutte le volte che aveva sperimentato qualcosa di nuovo con i suoi lupi, magari sperando che fosse giusto e capendo che invece non funzionava, solo dopo aver preso solenni morsicate. Questa è la strada di chi vuole capire a fondo gli animali, cercare di imparare da loro a conoscerli meglio, senza mai volerli adattare alle nostre assurde pretese. Oggi vanno di gran moda gli Educatori Cinofili, ovvero coloro che dovrebbero “educare” il cane a comportarsi secondo le più svariate esigenze del padrone.
Qualcuno
sostiene che viene anche fatto un lavoro sul padrone, ma in realtà il risultato
non cambia in quanto il fine ultimo è sempre quello di riuscire a gestire un
animale che il proprietario ha deciso arbitrariamente di costringere a fare una
vita alle sue dipendenze. È ormai diventato normale acquistare un cane da
pastore, da slitta, da corsa, da caccia, etc. solo perché piace esteticamente e
poi volerlo adattare ad un’amorfa vita da appartamento. È ovvio che prima o poi
la Natura si ribellerà e nasceranno delle difficoltà di gestione, sarà proprio
in quel momento che vorranno intervenire come "educatori" coloro che
si sono autonominati gli "strizzacervelli" dei cani.
Ma come si può pensare di voler “educare” un cane a negare la
propria indole naturale?
Nessun animale è fatto per vivere in un appartamento ed essere
condotto a passeggio legato come un “galeotto”, obbedire ai comandi, non
curarsi degli altri animali che incontra, vivere senza riprodursi, etc. Quindi
chi sarebbe realmente da educare?
Il cane, il padrone o lo stesso educatore cinofilo che dovrebbe convincersi della sua attività poco utile e contro Natura?
Il cane non
ha nulla da imparare da nessuno, vive benissimo così com’è, semmai siamo noi a
dover “educarci” a rispettare la sua indole di animale. Il cane dovrebbe
sedersi solo quando ne ha voglia lui e non quando lo decide il padrone,
coricarsi quando è stanco e non perché gli viene imposto. Questo significa
voler realmente bene al nostro amico a 4 zampe e per far questo non servono
figure professionali che si intromettano fra il cane ed il suo padrone.
Il messaggio che trapela dagli atteggiamenti di Werner Freund è molto chiaro: desidera essere lasciato in pace ad occuparsi dei suoi lupi, per quel po' di anni che la vita vorrà ancora regalargli. Lui vuole semplicemente vivere da “Uomo-lupo” e non da “star” della tv ed è per questo che mi è piaciuto molto, Werner non ha la necessità di diventare più famoso di quanto lo sia già per i suoi fan, né di guadagnare di più di quanto sarà il suo mensile di militare in congedo, le gratificazioni che gli danno i suoi lupi sono più che sufficienti a farlo sentire un uomo privilegiato e non necessita di altro. Ed io credo che sia giusto rispettare questa sua aspirazione, viceversa non sarebbe un VERO “Uomo lupo!”.
PAURA
DELL’ERETICO LUPO
La paura
dei lupi è alimentata e talvolta amplificata da meccanismi psicologici. Un
concetto chiave in questo caso è l’euristica dell’affetto. Si tratta di una
scorciatoia mentale in cui le persone considerano emozioni forti (come paura o
disgusto) nella loro valutazione di un rischio, anziché considerare semplicemente
la probabilità effettiva. In parole povere, se l’idea
di un lupo ci spaventa, sovrastimiamo automaticamente il pericolo oltre quanto
le statistiche giustifichino. Gli psicologi Paul Slovic e colleghi
hanno dimostrato che il senso di terrore che circonda un potenziale evento, per
quanto improbabile, può aumentare significativamente la percezione del rischio.
Nel caso dei lupi, ciò significa che immagini spaventose (ad esempio, un lupo
che attacca) dominano il nostro pensiero, portandoci a sopravvalutare la
probabilità di uno scontro e a ignorare i benefici o i fatti neutri.
Oltre a
questo modo emotivo di pensare ai lupi, anche il conflitto interiore può
influenzare le nostre opinioni. Questo conflitto (dissonanza
cognitiva) sorge quando qualcuno ha due pensieri contraddittori, o
quando nuove informazioni si scontrano con ciò in cui già crede.
Supponiamo che qualcuno sappia razionalmente che “i lupi sono diffidenti nei confronti degli umani e non rappresentano un pericolo”, eppure provi comunque paura al pensiero di incontrarne uno, questo conflitto tra conoscenza (‘Non devo avere paura’) ed emozione (‘Ho paura’) crea dissonanza; le persone spesso risolvono questo problema inconsciamente modificando le proprie convinzioni o cercando giustificazioni. In questo esempio, qualcuno potrebbe decidere che “gli esperti probabilmente lo stanno sottovalutando, i lupi sono più pericolosi di quanto dicano”, allineando così i propri sentimenti di paura con una nuova convinzione (‘la mia paura è giustificata’).
Può
verificarsi anche il contrario: un appassionato di fauna selvatica che prova una
certa paura potrebbe reprimerla o minimizzarla per mantenere un’immagine di sé
coerente (‘Non ho paura, sono a favore della natura’), osserviamo tali processi
psicologici nell’attuale dibattito sui lupi. Talvolta le posizioni diventano
più nettamente definite quando le persone si trovano di fronte a informazioni
che contraddicono i loro sentimenti, contribuendo alla polarizzazione.
Jacobs sottolinea che la paura dei lupi viene talvolta utilizzata strumentalmente nelle discussioni.
Sostenitori
e oppositori dei lupi si accusano a vicenda: ad esempio, i critici dei lupi ne
enfatizzano i pericoli per giustificarne l’abbattimento, mentre i sostenitori
ne liquidano la paura per invocarne la protezione. Questo rende difficile
stabilire in che misura la paura espressa sia sempre una reale percezione del
rischio o in parte un artificio retorico in un dibattito polarizzato. In ogni
caso, è chiaro che le emozioni giocano un ruolo significativo. Grant
Spickelmier dell’International Wolf Center osserva che le persone tendono a
reagire in modo molto emotivo ai lupi, sia positivamente che negativamente, e
che valori e sentimenti spesso hanno più peso dei dati oggettivi nel processo
decisionale. Una conseguenza di questa carica emotiva è che la fiducia nelle
autorità diventa cruciale.
Jacobs e altri ricercatori
citano la fiducia nella gestione della fauna selvatica come un fattore: coloro
che confidano che il governo o il dipartimento forestale terranno il lupo sotto
controllo sono spesso meno timorosi. Al contrario, la sfiducia o gli incidenti
aumentano la paura: le persone si sentono insicure e pensano che “la situazione
stia sfuggendo di mano”. Una comunicazione e un’educazione trasparenti sono
quindi cruciali.
L’informazione, ad esempio nelle scuole o attraverso le organizzazioni naturalistiche, può aiutare a correggere idee sbagliate. Spickelmier sottolinea l’importanza dell'educazione come mezzo per contrastare le idee sbagliate. La storia della donna morsa vicino a Den Treek nel 2025 lo dimostra: rimase straordinariamente calma durante lo scontro, in parte perché aveva ricevuto informazioni sui lupi dalla scuola di suo figlio. La conoscenza può ridurre la paura irrazionale, sebbene le emozioni forti non scompaiano dall'oggi al domani.
Le persone
sono naturalmente inclini a temere pericoli sconosciuti e il lupo è un fenomeno
nuovo (o riscoperto) per molti olandesi. Questa paura è in parte radicata in
immagini culturali secolari ed è attualmente rafforzata da meccanismi
psicologici e incidenti che ricevono notevole attenzione mediatica. Allo stesso
tempo, dati scientifici ed esperienze provenienti da altri paesi dimostrano che
i rischi posti dai lupi per l’uomo sono estremamente ridotti rispetto ai rischi
quotidiani posti da altri animali o attività (ed
inoltre, aggiungo, anche per i problemi inerenti agli ‘allevatori’, i danni dei
lupi sono irrilevanti rispetto, ad esempio, ‘umani cinghiali’, e come tali,
divenuti fiere ambulanti su più elevati Altari…).
Un
lupo selvatico sano eviterà i confronti con gli esseri umani, i recenti episodi
di morsi, sebbene allarmanti, sono eccezioni e spesso il risultato di
circostanze insolite (ad esempio, assuefazione o atteggiamento difensivo dei
cuccioli); per un dibattito pubblico equilibrato, è importante prendere sul
serio la paura, ma anche tenere a mente i fatti. Un tono neutrale e
informativo, come quello di istituti di ricerca autorevoli, aiuta in questo.
Ciò significa niente allarmismo o drammatizzazione, ma una spiegazione fattuale di ciò che è accaduto, del perché i lupi normalmente non attaccano le persone e di cosa si può fare per ridurre ulteriormente i rischi. Questo articolo ha cercato di trovare questo equilibrio discutendo sia le cause della paura sia fornendo il contesto fattuale.
Lo stile e
il tono delle informazioni sul lupo devono essere chiari e accessibili, senza
ricorrere a semplificazioni. Come abbiamo visto, la narrativa sul lupo non è
netta e netta. Da un lato, le persone devono sapere che un incontro con un lupo
è altamente improbabile e generalmente innocuo – un messaggio che può essere
rassicurante, se ben motivato. Dall'altro, l'incertezza residua (per quanto minima)
merita di essere riconosciuta: il rischio zero non esiste e il rispetto per gli
animali selvatici rimane essenziale.
Questo
significa: mantenere le distanze, non attirare o nutrire mai i lupi e sostenere
misure per prevenire comportamenti problematici nei lupi. Comprendendo le paure
e affrontandole con informazioni concrete, possiamo evitare che il dibattito
sul lupo sia dominato da idee sbagliate o estremismi.
La paura del lupo è umana e comprensibile, ma con conoscenza, empatia e politiche ponderate, la coesistenza con questo predatore è del tutto possibile. In definitiva, l’esperienza in paesi con una storia molto più antica di lupi dimostra che esseri umani e lupi possono coesistere perfettamente, a patto che siamo disposti a ridimensionare le nostre emozioni e a dare spazio a questa specie in via di ritorno. La neutralità e la sfumatura nei resoconti, come previsto dalle informazioni oggettive fornite da istituti di ricerca e emittenti pubbliche, contribuiscono a mantenere e rafforzare il sostegno alla coesistenza.
CIO’ CHE CONSIGLIAMO AGLI AMANTI DELLA NATURA (e un approccio al suo vero aspetto a dispetto d’una conversione inerente un presunto falso delirante progresso…)
Le
Aree Protette rappresentano un microcosmo straordinario dove la natura trova la
sua massima espressione.
Territori
dove la caccia è sempre vietata e che necessitano di un livello di protezione
elevato per garantire una tutela ambientale all’altezza della loro importanza.
In questi ecosistemi delicati, le attività di monitoraggio, censimento e
controllo faunistico non possono essere affidate al caso. Servono
professionisti specializzati, operatori formati specificamente per comprendere
e gestire le complessità uniche delle Aree Protette.
L’operatore faunistico è un professionista opportunamente formato, con specifiche competenze multidisciplinari per operare nelle Aree Protette. Svolge un ruolo fondamentale nel monitoraggio, controllo, cattura e tutela della fauna selvatica, nella prevenzione in materia di sanità animale e di malattie trasmesse dagli animali. È una delle figure centrali in materia di gestione di igiene delle carni di selvaggina.
Una
professione che nulla ha a che vedere con il ‘cacciatore formato’ e che, unita
alla consapevolezza del proprio ruolo sociale, lo rende una figura chiave nella
gestione responsabile dell’ambiente delle Aree Protette.
Il
bosco, una realtà che ha accompagnato il cammino dell’uomo fin dai primordi,
fornendogli cibo, protezione, ristoro e che oggi costituisce un bene a cui si
riconosce di svolgere sempre più funzioni utili per la collettività,
contribuendo al miglioramento della qualità della vita delle persone, alla
difesa del suolo, alla regimazione delle acque e alla loro qualità, alla
conservazione di habitat di moltissime specie animali e vegetali e a molto
altro ancora.
Il bosco, proprio a causa dei molteplici interessi che lo riguardano, è tuttavia sottoposto costantemente ad aggressioni dovute ad attività quali la cementificazione, i tagli di utilizzazione abusivi, i cambi di destinazione d’uso del suolo, gli incendi boschivi ed altre minacce di origine antropica.
Per
garantirne la tutela, il bosco è stato oggetto di numerose norme a cominciare
dalla Costituzione fino ad arrivare al più recente “Testo unico in materia di
foreste e filiere forestali” (T.U.F.F., ovvero il Decreto legislativo n. 34/2018), che ha cercato di
riorganizzare il settore, mettendo ordine tra le svariate disposizioni che si
sono susseguite nel tempo. L’operatore gestione forestale aree protette, un
professionista per vigilare correttamente sulle attività che interessano i
boschi, in grado di conoscerne le caratteristiche, le specie arboree
principali, le tecniche di utilizzazione, le consuetudini e soprattutto le
regole che lo riguardano. Un ambito professionale complesso che richiede
conoscenze e competenze professionali multidisciplinari acquisibili mediante
una formazione tecnico-pratica con lezioni teoriche e attività pratiche sul
campo.
Una professione che si acquisisce mediante la formazione di una figura specialistica e l’aggiornamento delle necessarie competenze tecniche, nel campo selvicolturale ed ecologico, propedeutiche a quelle di natura giuridico-legale e tecnico-investigativa finalizzate al riconoscimento della configurazione dei reati, ma anche delle sanzioni amministrative, in materia di danno al bosco, abusivismo edilizio, cambio di destinazione d’uso in area boscata, ecc.
Un
percorso formativo utile anche ai fini dell’eventuale riconoscimento di titoli
di preferenza e punteggio di merito per l’accesso ai concorsi pubblici per il
ruolo di Guardiaparco e Operatore Faunistico Formato. A richiesta
dell’interessato, le competenze acquisite con la formazione, potranno essere
riportate sul Libretto Professionale degli Operatori delle Aree Protette.
Il
corso per Operatore Formato per le Aree Protette è il primo passo per acquisire
le competenze fondamentali per operare nella valorizzazione territoriale e
tutela ambientale.
Un percorso formativo di BASE per conseguire un’adeguata preparazione e competenze multidisciplinari indispensabili per:
(IN FOTOGRFIA LA MADRE DEL MIO WOODY)


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