IL GRASSO LEGNAIUOLO

IL GRASSO LEGNAIUOLO
& UN MONDO PERDUTO

venerdì 28 novembre 2025

ATTENTI AL LUPO! (ovvero, una Ragione in più per difenderlo dai predatori)

 








IL FALSO PROGRESSO (& una segnalazione)







FAVOLE PER BAMBINI

 

 

 

Perché le persone hanno paura dei lupi?

 

Tradizionalmente, gli atteggiamenti nei confronti dei lupi sono contrastanti. Da un lato, c’è il fascino per questo predatore tornato nei Paesi Bassi (come nel resto d’Europa…) dopo una lunga assenza, dall’altro, inquietudine e paura. Questa breve parentesi non si concentra sulla paura di danneggiare il bestiame o gli animali domestici, ma sull’ansia emotiva e psicologica che le persone provano al pensiero di un lupo nel loro habitat.

 

Questa paura non viene banalizzata in questo articolo, ma presa sul serio come parte del rapporto uomo-lupo.

 

Da dove nasce questa paura e quanto è reale il pericolo rappresentato dai lupi?

 

In questo articolo, scoprirete di più sul contesto storico e psicologico della paura dei lupi, farete confronti con altri animali e discuterete di episodi accaduti nei Paesi Bassi (& non solo…).




Radici culturali della paura del lupo: la paura dei lupi è stata alimentata per secoli da miti, fiabe e racconti. Nelle fiabe popolari classiche come Cappuccetto Rosso, il lupo è raffigurato come una creatura sanguinaria e inaffidabile che attacca gli umani. Tali storie hanno profondamente radicato l’immagine del ‘lupo cattivo’ nella nostra memoria culturale. Il professore di folklore Theo Meder sostiene che “il lupo non si è mai liberato dalla sua cattiva immagine”.

 

Generazioni sono cresciute con l’idea che i lupi siano pericolosi, un fenomeno chiamato ‘sindrome di ‘Cappuccetto Rosso’: una paura dei lupi ispirata alle fiabe. Tuttavia, la misura in cui le fiabe effettivamente plasmano le nostre paure attuali rimane discutibile. Il sociologo Maarten Jacobs vede la sindrome di ‘Cappuccetto Rosso’ principalmente come una metafora e mette in guardia dal liquidare troppo facilmente le paure della vita reale come paure da fiaba.

 

La paura dei lupi può avere anche altre radici. I lupi furono sterminati nei Paesi Bassi 150 anni fa, proprio perché si avvicinavano troppo agli esseri umani e al bestiame. A quel tempo, la paura era probabilmente razionale: c’erano danni al bestiame e occasionali pericoli per le persone, in periodi di malattie come la rabbia. Queste esperienze storiche, tramandate oralmente, hanno contribuito a creare un’immagine profondamente radicata del lupo come minaccia.




Confrontando le emozioni e le storie con i fatti, colpisce il fatto che il rischio che un lupo faccia del male a un essere umano sia estremamente basso. I lupi sani e selvatici generalmente evitano le persone. Sono naturalmente timidi ed evitano i confronti con gli umani. I lupi che non vengono provocati o nutriti non rappresentano una minaccia per gli esseri umani, sottolineano gli esperti.

 

Questo è in linea anche con le esperienze nei paesi vicini: in molte parti d’Europa, esseri umani e lupi hanno convissuto fianco a fianco per anni senza incidenti significativi. Gli scienziati sottolineano che i rari attacchi documentati in tutto il mondo sono stati quasi sempre legati a circostanze eccezionali, come lupi affetti da rabbia, in cattività o animali che avevano perso la loro naturale timidezza a causa dell’intervento umano. 

(Werker  Groep  Wolf  Nederland)

 

 


 


L’UOMO DEI LUPI


 

 

 Per capire i lupi bisogna vivere e comportarsi come loro. E per poterlo fare è necessario guadagnarsi il loro rispetto. Da queste semplici considerazioni ha preso il via l’avventura dello zoologo tedesco Werner Freund che nel 1972 ha creato una riserva per i lupi nella foresta di Merzig, nel sud-ovest della Germania. Ma non si è fermato qui: ha infatti deciso di vivere da lupo tra i lupi, condividendo con loro ogni momento della vita, caccia e pasto compresi.

 

All’interno del gruppo si comporta come un maschio dominante, il che gli è valso il ruolo di capobranco riconosciuto da tutti i membri. E come ogni leader che si rispetti, quando si tratta di mangiare è il primo a cibarsi della preda, strappando la carne cruda con i denti per ricordare la sua autorità, per poi lanciarla agli altri lupi che se ne ciberanno seguendo la gerarchia del branco.




Quando l’assistente di Freud disse che lui ci attendeva in casa, provai la stessa inspiegabile sensazione di vittoria. Lui aveva scritto ovunque che non accettava colloqui privati, era ormai ragionevolmente stufo di subirsi le domande dai soliti visitatori, viveva una vita molto riservata mantenendo tutti a distanza senza offrire grandi opportunità a nessuno, mentre adesso aveva addirittura deciso di riceverci in casa, dove si trovava il suo ‘regno’ di ‘Uomo-lupo’. Ma la cosa più entusiasmante era che nessuno di noi gliel’aveva chiesto (anche se lo desideravamo tanto), né tanto meno avevamo pagato un euro per godere di questo privilegio.

 

Anche quando Shaun Ellis accettò di farmi entrare con lui nella recinzione dei lupi e mi permise di interagire con loro, fu per me una grande emozione. I suoi lupi furono più esuberanti di quanto avessi immaginato e percepii da subito un grande pericolo nell’aria, anche lui si era irrigidito e quindi ebbi molta paura, non riuscendo a godermi fino in fondo quell’irripetibile esperienza. Ma in fondo me lo potevo aspettare che prima o poi Shaun mi avrebbe concesso quel privilegio, ci eravamo già incontrati parecchie volte, eravamo quasi coetanei, lui era stato a casa mia a conoscere i miei cani e sentivamo di avere parecchie cose in comune.




Invece questo atteggiamento di Werner Freund ci sbalordì tutti, lui era un uomo di ottant’anni, ex militare tutto d’un pezzo, introverso e poco predisposto a facili entusiasmi. Ma io credo profondamente che vivendo con gli animali s’impara a parlare con il cuore, specialmente se per animali s’intende quelli selvatici o di forte carattere. Con loro s’impara a non barare, non è possibile convincerli con quei discorsi sdolcinati come ci siamo ormai abituati a sentire in televisione ogni giorno.

 

Loro se ne fregano dei nostri falsi complimenti!

 

Con un animale VERO, o si è profondamente autentici o è un fallimento assicurato.





Quando porto a casa un cane già adulto di 3/4 anni, ormai inavvicinabile guardiano che non vuole saperne di fare amicizia con nessuno, non servirebbe a nulla cercare di convincerlo con le belle parole, né tanto meno conquistarlo con prelibati bocconcini di carne. Spesso è contrariato per aver lasciato il suo vecchio territorio e non mangia nulla per giorni, la presenza di altri cani lo rende nervoso e si dimostra ostinato contro chiunque. Sarà solo un adeguato comportamento assunto nel susseguirsi delle giornate a fargli cambiare idea e trasformarlo in un animale più disponibile. Innanzitutto dovrà capire che potrà nuovamente fidarsi di qualcuno.

 

Quindi posso immaginare come Werner Freund possa bearsi della sua vecchiaia fra ricordi di oltre 70 lupi allevati con le sue mani, una vita trascorsa in compagnia di un Orso e decine di viaggi fatti nei posti più dimenticati del mondo. Chissà quante sofferenze, spaventi, dolori, sconfitte ma anche grandi emozioni che solo gli animali possono offrire a chi ha scelto di dedicargli la vita.

 

Sarà perché non parlano e quindi non ci possono deludere, ma il rapporto che a volte s’instaura fra un uomo ed il suo animale, non ha rivali fra le persone e chi non riesce a cogliere queste magiche sfumature, perde un’importante sfaccettatura della vita.




 Werner mi guardò e mi fece cenno di sedermi su una poltrona vicino alla sua, davanti a me si dispose Paolo, pronto a tradurre ogni cosa, alla sua destra si sedette Fabio ed alla sua sinistra mia figlia Sofia, che avrebbe dovuto fare filmati migliori, ma anche per lei l’emozione giocò la sua parte. Werner si rivolse subito a Paolo e gli disse di tradurmi che mi aveva voluto in casa per rispondermi con calma a tutto quanto volevo ancora sapere sui suoi lupi. Magari mi avesse avvisato prima! Io mi sarei preparato tutte le domande, mentre in quel momento mi sentivo di aver quasi dimenticato tutto.

 

La semplicità di Werner Freund è disarmante, credo che vivere con gli animali gli abbia insegnato a non farsi mai troppe domande ed imparare quanto loro decidono di insegnarti ogni giorno.

 

Noi siamo uomini e quindi abituati a chiederci mille perché, a voler trovare una spiegazione su ogni cosa, capire ogni atteggiamento che possa soddisfare la nostra necessità di certezza, sempre messa in bilico dai continui dubbi che ci pone la mente. Se ad esempio noi abbiamo un amico da più di vent’anni e lo stesso commette una grave mancanza nei nostri confronti, né rimaniamo subito irreversibilmente delusi e siamo disposti a cancellare in un attimo tutto quanto di buono c’era stato fino al giorno prima.




Tutto questo nel mondo animale non esiste, due lupi di uno stesso branco possono anche ferirsi gravemente in uno scontro motivato dalla necessità di ristabilire la gerarchia, oppure per il cibo o in caso di calore delle femmine, ma spesso dal giorno dopo tutto continua come nulla fosse accaduto. Quante volte ho visto i miei cani a mordersi per poi leccarsi a vicenda le ferite già il giorno seguente e continuare ad essere più amici di prima! Ogni giorno, nel mondo animale si presenta una novità causata dall’esigenza di quel momento e magari dopo un attimo sarà già variata anche quella; in quel mondo, a noi ancora molto sconosciuto, non esiste (fortunatamente) la nostra angosciante necessità di avere sempre risposte su quanto accadrà in futuro. Loro vivono il presente ed in questo avrebbero molto da insegnarci come affrontare la nostra esistenza.

 

Parlare con Werner Freund si ha la sensazione che lui viva un po’ come un animale, senza porsi troppe domande, ma sperimentando in diretta ogni attimo della sua vita. Più di una volta le sue ingenue risposte ai miei quesiti mi lasciarono spiazzato e facendomi sentire come uno stupido. Ad esempio gli chiesi perché i lupi artici presentavano un muso più affusolato di altri, lui mi guardò stranito e capii subito cosa stava pensando:

 

“Ma perché costui si crea tutti questi problemi? Chi se ne frega perché hanno il muso più affusolato di altri, ognuno ha quello che la natura ha pensato di fornirgli!”.




Ascoltandolo nei suoi discorsi mi venne facile immaginare tutte le volte che aveva sperimentato qualcosa di nuovo con i suoi lupi, magari sperando che fosse giusto e capendo che invece non funzionava, solo dopo aver preso solenni morsicate. Questa è la strada di chi vuole capire a fondo gli animali, cercare di imparare da loro a conoscerli meglio, senza mai volerli adattare alle nostre assurde pretese. Oggi vanno di gran moda gli Educatori Cinofili, ovvero coloro che dovrebbero “educare” il cane a comportarsi secondo le più svariate esigenze del padrone.

 

Qualcuno sostiene che viene anche fatto un lavoro sul padrone, ma in realtà il risultato non cambia in quanto il fine ultimo è sempre quello di riuscire a gestire un animale che il proprietario ha deciso arbitrariamente di costringere a fare una vita alle sue dipendenze. È ormai diventato normale acquistare un cane da pastore, da slitta, da corsa, da caccia, etc. solo perché piace esteticamente e poi volerlo adattare ad un’amorfa vita da appartamento. È ovvio che prima o poi la Natura si ribellerà e nasceranno delle difficoltà di gestione, sarà proprio in quel momento che vorranno intervenire come "educatori" coloro che si sono autonominati gli "strizzacervelli" dei cani.

 

Ma come si può pensare di voler “educare” un cane a negare la propria indole naturale?

 

Nessun animale è fatto per vivere in un appartamento ed essere condotto a passeggio legato come un “galeotto”, obbedire ai comandi, non curarsi degli altri animali che incontra, vivere senza riprodursi, etc. Quindi chi sarebbe realmente da educare?




Il cane, il padrone o lo stesso educatore cinofilo che dovrebbe convincersi della sua attività poco utile e contro Natura?

 

Il cane non ha nulla da imparare da nessuno, vive benissimo così com’è, semmai siamo noi a dover “educarci” a rispettare la sua indole di animale. Il cane dovrebbe sedersi solo quando ne ha voglia lui e non quando lo decide il padrone, coricarsi quando è stanco e non perché gli viene imposto. Questo significa voler realmente bene al nostro amico a 4 zampe e per far questo non servono figure professionali che si intromettano fra il cane ed il suo padrone.

 

Il messaggio che trapela dagli atteggiamenti di Werner Freund è molto chiaro: desidera essere lasciato in pace ad occuparsi dei suoi lupi, per quel po' di anni che la vita vorrà ancora regalargli. Lui vuole semplicemente vivere da “Uomo-lupo” e non da “star” della tv ed è per questo che mi è piaciuto molto, Werner non ha la necessità di diventare più famoso di quanto lo sia già per i suoi fan, né di guadagnare di più di quanto sarà il suo mensile di militare in congedo, le gratificazioni che gli danno i suoi lupi sono più che sufficienti a farlo sentire un uomo privilegiato e non necessita di altro. Ed io credo che sia giusto rispettare questa sua aspirazione, viceversa non sarebbe un VERO “Uomo lupo!”. 

(E. M. Romano)

 


 

 


PAURA DELL’ERETICO LUPO

 

 

 

La paura dei lupi è alimentata e talvolta amplificata da meccanismi psicologici. Un concetto chiave in questo caso è l’euristica dell’affetto. Si tratta di una scorciatoia mentale in cui le persone considerano emozioni forti (come paura o disgusto) nella loro valutazione di un rischio, anziché considerare semplicemente la probabilità effettiva. In parole povere, se l’idea di un lupo ci spaventa, sovrastimiamo automaticamente il pericolo oltre quanto le statistiche giustifichino. Gli psicologi Paul Slovic e colleghi hanno dimostrato che il senso di terrore che circonda un potenziale evento, per quanto improbabile, può aumentare significativamente la percezione del rischio. Nel caso dei lupi, ciò significa che immagini spaventose (ad esempio, un lupo che attacca) dominano il nostro pensiero, portandoci a sopravvalutare la probabilità di uno scontro e a ignorare i benefici o i fatti neutri.

 

Oltre a questo modo emotivo di pensare ai lupi, anche il conflitto interiore può influenzare le nostre opinioni. Questo conflitto (dissonanza cognitiva) sorge quando qualcuno ha due pensieri contraddittori, o quando nuove informazioni si scontrano con ciò in cui già crede.




Supponiamo che qualcuno sappia razionalmente che “i lupi sono diffidenti nei confronti degli umani e non rappresentano un pericolo”, eppure provi comunque paura al pensiero di incontrarne uno, questo conflitto tra conoscenza (‘Non devo avere paura’) ed emozione (‘Ho paura’) crea dissonanza; le persone spesso risolvono questo problema inconsciamente modificando le proprie convinzioni o cercando giustificazioni. In questo esempio, qualcuno potrebbe decidere che “gli esperti probabilmente lo stanno sottovalutando, i lupi sono più pericolosi di quanto dicano”, allineando così i propri sentimenti di paura con una nuova convinzione (‘la mia paura è giustificata’).

 

Può verificarsi anche il contrario: un appassionato di fauna selvatica che prova una certa paura potrebbe reprimerla o minimizzarla per mantenere un’immagine di sé coerente (‘Non ho paura, sono a favore della natura’), osserviamo tali processi psicologici nell’attuale dibattito sui lupi. Talvolta le posizioni diventano più nettamente definite quando le persone si trovano di fronte a informazioni che contraddicono i loro sentimenti, contribuendo alla polarizzazione.




Jacobs sottolinea che la paura dei lupi viene talvolta utilizzata strumentalmente nelle discussioni.

 

Sostenitori e oppositori dei lupi si accusano a vicenda: ad esempio, i critici dei lupi ne enfatizzano i pericoli per giustificarne l’abbattimento, mentre i sostenitori ne liquidano la paura per invocarne la protezione. Questo rende difficile stabilire in che misura la paura espressa sia sempre una reale percezione del rischio o in parte un artificio retorico in un dibattito polarizzato. In ogni caso, è chiaro che le emozioni giocano un ruolo significativo. Grant Spickelmier dell’International Wolf Center osserva che le persone tendono a reagire in modo molto emotivo ai lupi, sia positivamente che negativamente, e che valori e sentimenti spesso hanno più peso dei dati oggettivi nel processo decisionale. Una conseguenza di questa carica emotiva è che la fiducia nelle autorità diventa cruciale.

 

Jacobs e altri ricercatori citano la fiducia nella gestione della fauna selvatica come un fattore: coloro che confidano che il governo o il dipartimento forestale terranno il lupo sotto controllo sono spesso meno timorosi. Al contrario, la sfiducia o gli incidenti aumentano la paura: le persone si sentono insicure e pensano che “la situazione stia sfuggendo di mano”. Una comunicazione e un’educazione trasparenti sono quindi cruciali.




L’informazione, ad esempio nelle scuole o attraverso le organizzazioni naturalistiche, può aiutare a correggere idee sbagliate. Spickelmier sottolinea l’importanza dell'educazione come mezzo per contrastare le idee sbagliate. La storia della donna morsa vicino a Den Treek nel 2025 lo dimostra: rimase straordinariamente calma durante lo scontro, in parte perché aveva ricevuto informazioni sui lupi dalla scuola di suo figlio. La conoscenza può ridurre la paura irrazionale, sebbene le emozioni forti non scompaiano dall'oggi al domani.

 

Le persone sono naturalmente inclini a temere pericoli sconosciuti e il lupo è un fenomeno nuovo (o riscoperto) per molti olandesi. Questa paura è in parte radicata in immagini culturali secolari ed è attualmente rafforzata da meccanismi psicologici e incidenti che ricevono notevole attenzione mediatica. Allo stesso tempo, dati scientifici ed esperienze provenienti da altri paesi dimostrano che i rischi posti dai lupi per l’uomo sono estremamente ridotti rispetto ai rischi quotidiani posti da altri animali o attività (ed inoltre, aggiungo, anche per i problemi inerenti agli ‘allevatori’, i danni dei lupi sono irrilevanti rispetto, ad esempio, ‘umani cinghiali’, e come tali, divenuti fiere ambulanti su più elevati Altari…).    

 

Un lupo selvatico sano eviterà i confronti con gli esseri umani, i recenti episodi di morsi, sebbene allarmanti, sono eccezioni e spesso il risultato di circostanze insolite (ad esempio, assuefazione o atteggiamento difensivo dei cuccioli); per un dibattito pubblico equilibrato, è importante prendere sul serio la paura, ma anche tenere a mente i fatti. Un tono neutrale e informativo, come quello di istituti di ricerca autorevoli, aiuta in questo.





Ciò significa niente allarmismo o drammatizzazione, ma una spiegazione fattuale di ciò che è accaduto, del perché i lupi normalmente non attaccano le persone e di cosa si può fare per ridurre ulteriormente i rischi. Questo articolo ha cercato di trovare questo equilibrio discutendo sia le cause della paura sia fornendo il contesto fattuale.

 

Lo stile e il tono delle informazioni sul lupo devono essere chiari e accessibili, senza ricorrere a semplificazioni. Come abbiamo visto, la narrativa sul lupo non è netta e netta. Da un lato, le persone devono sapere che un incontro con un lupo è altamente improbabile e generalmente innocuo – un messaggio che può essere rassicurante, se ben motivato. Dall'altro, l'incertezza residua (per quanto minima) merita di essere riconosciuta: il rischio zero non esiste e il rispetto per gli animali selvatici rimane essenziale.

 

Questo significa: mantenere le distanze, non attirare o nutrire mai i lupi e sostenere misure per prevenire comportamenti problematici nei lupi. Comprendendo le paure e affrontandole con informazioni concrete, possiamo evitare che il dibattito sul lupo sia dominato da idee sbagliate o estremismi.

 

La paura del lupo è umana e comprensibile, ma con conoscenza, empatia e politiche ponderate, la coesistenza con questo predatore è del tutto possibile. In definitiva, l’esperienza in paesi con una storia molto più antica di lupi dimostra che esseri umani e lupi possono coesistere perfettamente, a patto che siamo disposti a ridimensionare le nostre emozioni e a dare spazio a questa specie in via di ritorno. La neutralità e la sfumatura nei resoconti, come previsto dalle informazioni oggettive fornite da istituti di ricerca e emittenti pubbliche, contribuiscono a mantenere e rafforzare il sostegno alla coesistenza. 

(Werker Groep  Wolf  Nederland)

 

 


 


CIO’ CHE CONSIGLIAMO AGLI AMANTI DELLA NATURA (e un approccio  al suo vero aspetto a dispetto d’una conversione inerente un presunto falso delirante progresso…)

 

 

Le Aree Protette rappresentano un microcosmo straordinario dove la natura trova la sua massima espressione.

 

Territori dove la caccia è sempre vietata e che necessitano di un livello di protezione elevato per garantire una tutela ambientale all’altezza della loro importanza. In questi ecosistemi delicati, le attività di monitoraggio, censimento e controllo faunistico non possono essere affidate al caso. Servono professionisti specializzati, operatori formati specificamente per comprendere e gestire le complessità uniche delle Aree Protette.




L’operatore faunistico è un professionista opportunamente formato, con specifiche competenze multidisciplinari per operare nelle Aree Protette. Svolge un ruolo fondamentale nel monitoraggio, controllo, cattura e tutela della fauna selvatica, nella prevenzione in materia di sanità animale e di malattie trasmesse dagli animali. È una delle figure centrali in materia di gestione di igiene delle carni di selvaggina.

 

Una professione che nulla ha a che vedere con il ‘cacciatore formato’ e che, unita alla consapevolezza del proprio ruolo sociale, lo rende una figura chiave nella gestione responsabile dell’ambiente delle Aree Protette.

 

Il bosco, una realtà che ha accompagnato il cammino dell’uomo fin dai primordi, fornendogli cibo, protezione, ristoro e che oggi costituisce un bene a cui si riconosce di svolgere sempre più funzioni utili per la collettività, contribuendo al miglioramento della qualità della vita delle persone, alla difesa del suolo, alla regimazione delle acque e alla loro qualità, alla conservazione di habitat di moltissime specie animali e vegetali e a molto altro ancora.




Il bosco, proprio a causa dei molteplici interessi che lo riguardano, è tuttavia sottoposto costantemente ad aggressioni dovute ad attività quali la cementificazione, i tagli di utilizzazione abusivi, i cambi di destinazione d’uso del suolo, gli incendi boschivi ed altre minacce di origine antropica.

 

Per garantirne la tutela, il bosco è stato oggetto di numerose norme a cominciare dalla Costituzione fino ad arrivare al più recente “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali” (T.U.F.F., ovvero il Decreto legislativo n. 34/2018), che ha cercato di riorganizzare il settore, mettendo ordine tra le svariate disposizioni che si sono susseguite nel tempo. L’operatore gestione forestale aree protette, un professionista per vigilare correttamente sulle attività che interessano i boschi, in grado di conoscerne le caratteristiche, le specie arboree principali, le tecniche di utilizzazione, le consuetudini e soprattutto le regole che lo riguardano. Un ambito professionale complesso che richiede conoscenze e competenze professionali multidisciplinari acquisibili mediante una formazione tecnico-pratica con lezioni teoriche e attività pratiche sul campo.




Una professione che si acquisisce mediante la formazione di una figura specialistica e l’aggiornamento delle necessarie competenze tecniche, nel campo selvicolturale ed ecologico, propedeutiche a quelle di natura giuridico-legale e tecnico-investigativa finalizzate al riconoscimento della configurazione dei reati, ma anche delle sanzioni amministrative, in materia di danno al bosco, abusivismo edilizio, cambio di destinazione d’uso in area boscata, ecc.

 

Un percorso formativo utile anche ai fini dell’eventuale riconoscimento di titoli di preferenza e punteggio di merito per l’accesso ai concorsi pubblici per il ruolo di Guardiaparco e Operatore Faunistico Formato. A richiesta dell’interessato, le competenze acquisite con la formazione, potranno essere riportate sul Libretto Professionale degli Operatori delle Aree Protette.

 

Il corso per Operatore Formato per le Aree Protette è il primo passo per acquisire le competenze fondamentali per operare nella valorizzazione territoriale e tutela ambientale.




Un percorso formativo di BASE per conseguire un’adeguata preparazione e competenze multidisciplinari indispensabili per:

 

Laccesso ai concorsi al ruolo e funzioni di Guardiaparco e/o Guardiaparco per i servizi ausiliari;

 

Lespletamento di attività lavorative o di collaborazione presso Enti Parco, Organizzazioni e imprese pubbliche e private delle Aree Protette;

 

La costituzione di imprese, società, associazioni o cooperative per i servizi ambientali esterni in supporto di Enti Parco, Organizzazioni e imprese pubbliche e private delle Aree Protette.


(IN FOTOGRFIA LA MADRE DEL MIO WOODY)









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