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Ammazzare il Tempo (finalismo & meccanicismo) (17)
La finalità, dice dunque Bergson, ‘assimila il lavoro della natura a
quello di un operaio che procede, anch’egli, per assemplaggio di parti in vista
della realizzazione del modello’.
A cui aggiunge che anche il meccanicismo, a suo modo, lo fa, la qual
cosa è forse possibile, ma il finalismo di Aristotele non lo fa. E’ vero che il concetto di causa finale è
stato ispirato ad Aristotele dall’esempio dell’attività artistica, artigianale
o operaia, ma non è vero che il meccanicismo debba rimproverare al finalismo il
suo carattere antropomorfico.
Abbiamo insistito su questo punto parlando di Aristotele: è l’arte che
imita la natura e non il contrario. Ciò che colpisce Aristotele nel
raffrontarle, è proprio il fatto che, a differenza dell’arte, la natura non
calcola, non riflette, non sceglie. Ecco perché, quando nulla interviene a
disturbarla, essa non sbaglia.
Ed è anche la ragione per cui, mossa dall’interno verso un fine che
essa ignora ma che resta in sé, la natura non fa nulla invano.
Essa non fa né prototipi né prove, ma riesce al primo colpo o fallisce
definitivamente. Niente a che vedere col lavoro umano artigianale, guidato
dall’intelligenza, perché ciò che lo caratterizza è la possibilità di
sbagliarsi.
La natura non lavora ‘come l’operaio, assemblando delle parti’ ma
producendo dei corpi unici la cui esistenza implica quella di ciò che chiamiamo
le loro parti.
Essa non fa piante o animali con degli organi, ma fa degli organi
producendo animali e piante. E vuole le parti in relazione alla sua volontà del
tutto; come il Dio di Tommaso d’Aquino, la natura non vuole questo in vista di
quello, ma vuole che questo sia in vista di quello.
E’ significativo che il pensiero senta lo stesso bisogno di sfuggire
all’antropomorfismo parlando della natura e parlando di Dio.
Aristotele ha spesso insistito sul fatto che l’uomo lavori in vista di
fini intenzionali con dei materiali presi a prestito dalla natura, mentre la
natura produce essa stessa i suoi materiali.
L’uomo si è fabbricato delle ali per volare, non è stato capace di
farsi spuntare ali come quelle degli uccelli, ed è del resto la ragione per
cui, munito di ali fabbricate, egli vola così male.
L’uomo non ha scoperto il segreto per costruirsi delle abitazioni
naturali, simili alle scaglie dorsali e ventrali delle tartarughe, ma ha
progressivamente imparato a costruirne; questo è tutto ciò che dice Aristotele.
Se la natura facesse spuntare delle case, la sua opera sarebbe simile a
quella degli architetti, ma la natura non è un architetto e il suo lavoro non
assomiglia a quello di un architetto; la sua opera è una creazione naturale e
essa stessa non è che un agente analogo all’intelligenza che dirige le
operazioni dell’uomo verso i fini che essa concepisce.
L’importanza attribuita da Aristotele al fatto che la natura e l’arte
procedono entrambe per gradi, che implicano l’esistenza di un fine, giustifica
sicuramente in parte il rimprovero che Bergson gli muove di sostenere una
nozione antropomorfica del finalismo.
Non si potrà negare che Aristotele abbia concepito l’una per analogia
con l’altra, ma è questa l’occasione per ribadire che l’uomo fa parte della
natura, di cui rappresenta questo caso unico, di una natura che si conosce
direttamente dal di dentro, cioè attraverso l’uomo che è natura.
Tutto avviene come se, nel produrre l’uomo dotato di ragione, la natura
continuasse, sotto forma di produzione artigianale il lavoro ch’essa svolgeva
fino allora fisiologicamente. E’ cattivo antropomorfismo ragionare come se le
due finalità operassero nello stesso modo, come se la natura creasse un occhio
nello stesso modo in cui un ottico costruisce un telescopio, ma è forse
antropomorfismo legittimo pensare che due serie di operazioni di struttura
analoga, e conducenti a risultati comparabili, siano in ultima analisi della
stessa natura.
L’artigiano umano continua l’oerazione della natura, e talvolta la
completa, attraverso mezzi completamente diversi (ed, aggiungo io, per gradi
procedurali differenziati…).
Lo stesso Bergson non era del resto forse così lontano dal finalismo di
Aristotele come pensava…..
(E. Gilson, Biofilosofia da Aristotele a Darwin e ritorno....)
(Prosegue....)
(E. Gilson, Biofilosofia da Aristotele a Darwin e ritorno....)
(Prosegue....)
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