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....Della ‘storia religiosa’, che li porta ad una raffigurazione e
conferisce loro una prodigiosa potenza sugli Spiriti…
Cerchiamo di rappresentarlo e di riconoscerlo nella sua univoca
caratteristica ‘numinosa’…
…Ulteriormente si potrebbe forse dimostrare che le nozioni delle
‘Anime’ non ebbero alcun bisogno, per giungere a maturazione, di quei processi
di cui ci parlano gli ‘animisti’. D’altra parte deve esser stato certamente un
momento profondamente incisivo – ben più incisivo della scoperta del primo
strumento o dell’invenzione del fuoco – quello in cui i morti non vennero più
considerati come superflui, e semplicemente dimenticati, ma considerati come
elemento ‘inquietante’. Approfondendo questo pensiero bisogna innanzi tutto
rendersi bene chiara la situazione fondamentale: allora si sentirà, con
l’agitarsi dell’‘inquietante’, che all’animo umano si è aperta una porta di un
orizzonte completamente nuovo, di cui l’- ‘inquietante’ stesso non è che un
primo e ‘antico’ aspetto. Ma la genesi della raffigurazione concettuale degli
‘Spiriti’ non è affatto la cosa più importante al riguardo, che deve
individuarsi piuttosto nel momento qualitativamente sentimentale, a essa
corrispondente. E non sta nel fatto che gli ‘Spiriti’ sono più sottili e meno
visibili della ‘materia’ del corpo, o del tutto invisibili o evanescenti come
aria. Spesso sono tutto questo e spesso non sono Nulla di tutto questo, e più
spesso lo sono e non lo sono in pari tempo (potremmo dire ed attestare mondi
simmetrici ed alieni alla dimensione della materia comunemente detta e
quantificata).
L’essenza dell’‘Anima’ non va affatto ricercata nella sua
raffigurazione fantastica o concettuale, ma innanzi tutto e sopra tutto nel
fatto che è un ‘fantasma’ e nel fatto che suscita l’‘orrore’ che abbiamo sopra
descritto. Ma anche qui il ‘fantasma’ non riceve affatto una spiegazione basata
su sentimenti ‘naturali’. Né si riesce a spiegare l’ulteriore sviluppo mediante
il quale questi ‘qualcosa’, sempre di per sé paventati e temuti, assursero ad
una natura che li fece oggetto d’‘orrore’ e d’amore, e li rese capaci di
specificarsi in eroi, in dèmoni, in santi, in dèi.
Il ‘potere’ può avere stadi preparatori naturali…
Scoprire un potere nelle piante, nelle pietre, negli oggetti naturali,
e appropriarsene mediante il loro possesso; mangiare il cuore, la pelle di un
animale o di un uomo, per assorbirne la potenza e la forza, non è affatto religione,
ma scienza…
Anche la nostra medicina adotta simili procedimenti…
Se la potenza di una ghiandola di vitello è efficace contro il gozzo e
il cretinismo, nessuno può sapere quale virtù curativa si potrebbe rinvenire
nel cervello del rospo. Tutto dipende qui dall’esperienza. E la nostra medicina
si distingue da quella dello ‘stregone’ solo in quanto è più esatta e padrona
del metodo sperimentale.
Nell’atrio della religione si collocò la ‘potenza’ e fu assorbita nei
‘riti di comunione’ e nei ‘sacramenti, solo quando incluse in sé l’idea della
‘magia’ e del ‘magico’, del ‘soprannaturale’, in breve, ancora una volta,
l’idea ‘del totalmente diverso’.
Vulcani, picchi montani, luna, sole, nuvole, ed altri eventi naturali
sono dai semplici e dai primitivi considerati ‘viventi’, e non in base ad una
‘ingenua teoria dell’animazione universale’ o al ‘panteismo’, ma in base al
medesimo criterio che noi stessi applichiamo quando al di fuori del nostro io
vivente, l’unica cosa che ci risulta direttamente vivente, riconosciamo un
altro vivente al di fuori di noi, vale a dire se e nella misura in cui
scopriamo in lui moto e azione. Se questo sia giusto o meno, è semplicemente
questione di osservazione più o meno accurata. In base a tale criterio quegli
oggetti o quei fenomeni naturali possono divenire viventi agli occhi
dell’osservatore ingenuo.
Ma tutto questo non conduce ancora al ‘mito’ e alla ‘religione’. In
quanto semplicemente viventi, i monti, il sole, la luna, non sono ancora ‘Dèi’.
E non divengono tali neppure quando l’uomo si rivolge a essi per chieder loro
qualcosa che desidera. Poiché il domandare non è ancora il pregare, e l’attesa
fiduciosa non è necessariamente religiosa. Divengono divini solo quando siano
investiti dalla categoria del ‘numinoso’.
Ed il ‘numinoso’ fa la sua apparizione solo quando l’uomo cerca, in
primo luogo, di esercitare un’azione su quegli oggetti mediante un mezzo
‘numinoso’, vale a dire la ‘magia’, e quando, in secondo luogo, il loro stesso
modo sia considerato come ‘numinosa’, vale a dire come ‘magico’. Non già in
quanto ‘pensati come animati’ ma perché ‘sentiti come numinosi’ gli oggetti
naturali entrano nell’atrio della religione per divenire poi, come ‘deità’
naturali, oggetti di religione.
…Gli esempi sin qui fatti rientrano in quella che possiamo chiamare
‘pre-religione’. Ma non sono tali nel senso che attraverso di essi si possa
giungere alla religione e la sua possibilità reale: piuttosto appaiono
possibili e spiegabili in virtù di un elemento fondamentalmente religioso, vale
a dire come primi moti del sentimento del ‘numinoso’. Ma questo è un elemento
primordiale della nostra vita psichica, che deve essere colto nella sua
specifica autenticità, non suscettibile di chiarificazione mediante altri
elementi: come tutti gli elementi primordiali della vita psichica esso fa la
sua apparizione a un dato momento nello sviluppo della spiritualità umana.
Può emergere solo quando determinate condizioni siano in atto, ossia lo
studio preciso dell’organismo corporeo e delle altre forze spirituali, una
determinata maturità della capacità di stimolo e di spontaneità dell’essere
senziente, la sua attitudine a reagire alle impressioni interne ed esterne. Si
tratta però di condizioni, non di cause o di elementi.
Questo non significa affatto relegare, la realtà stessa nell’ambito del
mistero e del soprannaturale, ma affermare di essa soltanto quello che vale per
tutti gli altri coefficienti elementari e primordiali della nostra
spiritualità. Piacere o dolore, amore e odio, tutte le facoltà della percezione
sensibile, come la capacità di avvertire la luce e il suono, di registrare lo
spazio e il tempo, e inoltre tutte le più alte capacità dello Spirito, appaiono
– in base a leggi e in particolare condizioni – al momento dovuto, nel processo
di evoluzione dell’uomo. Eppure ciascuna capacità è, in se stessa, qualcosa di
nuovo, di originale, di non derivabile, di ‘spiegabile’ solamente in virtù del
riconoscimento di una zona spirituale ricca di potenzialità, soggiacente al
loro sviluppo e realizzante in esse la propria essenza sempre più copiosamente
nella misura in cui si attuano le condizioni della formazione organica e
cerebrale.
E questo vale anche per il sentimento ‘numinoso’…
...La religione comincia con se stessa ed è nei suoi stadi preliminari
del ‘mitico’ e del ‘demonico’. L’antico si manifesta nelle circostanze che
stiamo per rappresentare. Si manifesta nel progressivo emergere e rafforzarsi,
soltanto in stadi graduali e successivi, dei singoli momenti del ‘numinoso’.
Poiché solo gradualmente esso esaurientemente il proprio contenuto. Ma
dove non ha raggiunto la completezza, i suoi primi e parziali elementi
costitutivi hanno per natura qualcosa di bizzarro, di mostruosamente
incomprensibile, spesso di grottesco. Il che è particolarmente vero per quel
momento religioso che, a quanto pare, è stato il primo a erompere dallo Spirito
umano: il terrore demonico. E gli esseri di cui si tratta qui sembrano fantasmi
prodotti da una fantasia elementare, morbosa, che soffra di una specie di mania
di persecuzione. E’ comprensibile che
numerosi studiosi si siano seriamente immaginati che la religione abbia avuto
inizio dal culto ‘demonico’ e che il diavolo sia in verità più antico di Dio.
Il fatto che sia così difficile classificare le religioni in generi e specie e
che chiunque vi si accinge dia conclusioni diverse deriva da questo rafforzarsi
progressivo e graduale dei singoli aspetti e momenti del ‘numinoso’.
Poiché quel che deve essere qui classificato non è intimamente
collegato come lo sono le differenti specie di un genere, ossia secondo il
punto di vista che può offrire una unità ‘analitica’. Si tratta piuttosto di
momenti parziali di una unità ‘sintetica’. Sarebbe come se un ‘Grosso pesce (o
una grande Balena Bianca…)’ cominciasse a farsi visibile solo in parte al di
sopra della superficie dell’acqua, e si volesse subito cercare la curva della
schiena, la punta della coda, e la testa grondante acqua, sulla base della
‘species’ e del ‘genus’, invece di mirare ad una reale comprensione
dell’apparizione, che solo è possibile collocando le singole parti di un tutto
al loro posto e nel ‘loro insieme’.
…Quando nel ‘numinoso’ permangono momenti di ‘inconcepibilità
irrazionale’, e altresì quando si manifestano più accentuati man mano che il
‘numinoso’ si rivela; poiché il ‘rivelarsi’ non significa passare
necessariamente nella sfera della intelligibilità comprensibile, qualcosa può
mostrarsi alle profondità del sentimento, può divenire familiare per la giogaia
e l’agitazione che produce. Si può ‘intendere’ profondamente senza
‘comprendere’, come accade ad esempio nella musica. E quel che nella musica è
traducibile in concetti, non è più musica.
Conoscere e comprendere concettualmente non sono la stessa cosa: anzi,
spesso sono in contrasto stridente fra loro. Per cui la misteriosa oscurità,
intraducibile in concetti, del ‘numen’ non coincide assolutamente con la sua
‘inconoscibilità’.
…E Plotino afferma…
Come
possiamo parlarne, se in nessun modo lo comprendiamo?
Ebbene,
se sfugge alla nostra conoscenza, non per questo ci sfugge totalmente. Noi lo
cogliamo in maniera tale da poter parlare di Lui (ideogrammaticamente) senza
però poterlo fare in modo adeguato. Nulla però ci è da ostacolo nel possederlo,
anche se non possiamo esprimerlo, simili in questo ai maniaci e agli invasati,
i quali sanno di ospitare in sé qualcosa di più alto, ma non ‘sanno’ che cosa
esso sia. Essi attingono da quel che li eccita e li ha trascinati fuori di sé
un’impressione dello stesso eccitante.
…Qualcosa
di simile è la nostra relazione con l’Uno…
…Se
noi ci innalziamo sino a Lui con l’aiuto del puro Spirito, noi lo sentiremo…
Sono due cose ben distinte, credere solamente in una realtà
soprasensibile o farne l’esperienza; avere delle idee intorno al Sacro o
percepirlo e sentirlo come una realtà operante che si manifesta attivamente. E’
convinzione fondamentale di tutte le religioni che anche la seconda alternativa
sia possibile, che di essa diano testimonianza non solamente l’intima voce, la
coscienza religiosa, lo Spirito sottilmente parlante nel cuore, il sentimento e
lo struggimento, ma che la si possa direttamente costatare in particolari
circostanze e in peculiari eventi, manifestata in individui e in
autorivelazioni.
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