CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

domenica 6 ottobre 2024

IL RACCONTO DELLA DOMENICA, ovvero, GOGOL L'INTELLETTUALE LETTO DA GOOGLE (l'id...)

 









Da precedenti anellati scritti...   


Prosegue con in racconto...: 


completo







Adesso io vedo tutto come se l’avessi sul palmo della mano. Ma prima – io non capisco – prima ogni cosa era come annebbiata. E ciò deriva, penso, dal fatto che la gente si immagina che il cervello umano risieda nella testa; no, niente affatto: esso viene trasportato, dal vento, dalle lande del Caspio. 

 


 

3 OTTOBRE Oggi è accaduto un fatto straordinario.

 

Stamani mi sono alzato piuttosto tardi, e quando Mavra mi ha portato le scarpe pulite le ho chiesto l’ora. Appena ho sentito che le dieci erano suonate ormai da un pezzo, sono corso a vestirmi. Io, lo confesso, non ci sarei andato proprio per nulla al ministero, sapendo già che grinta acida mi avrebbe fatto il nostro caposezione.

 

È ormai un bel pezzo che mi va dicendo:

 

– Ma cosa ti succede, carissimo, che hai sempre la testa a soqquadro?




Certe volte ti agiti come un ossesso, oppure ingarbugli talmente una pratica che, poi, nemmeno il demonio ci si raccapezza; incominci una intestazione con la minuscola, non metti né data né protocollo.

 

– Brutta cicogna! È certamente geloso perché sto nell’ufficio del direttore, e tempero le penne a sua eccellenza. Insomma non ci sarei andato proprio per nulla, al ministero, se non fosse stato per la speranza di trovarci il cassiere e, chissà, di riuscire a strappare a quel giudeo sia pure un piccolo anticipo sullo stipendio. È dei buoni, anche lui! Ti desse mai qualcosa sui denari del mese!

 

Accidenti, verrà prima il giudizio universale!

 

Prega, schianta magari, trovati magari con l’acqua fino alla gola – niente ti dà, quel satanasso brizzolato.




E, a casa, la cuoca lo piglia a ceffoni sul muso: lo sanno tutti.

 

Io non capisco che vantaggio ci sia a far l’impiegato in un ministero: non ci sono risorse di nessun genere. Ecco: nelle amministrazioni governatoriali, municipali, all’erario, è tutta un’altra cosa; là dai un’occhiata, e vedi magari un tale, rincantucciato in fondo a un cantone, che scribacchia; indosso ha un vestituccio da far schifo, un grugno che ti viene da sputare a vederlo, e guarda poi che villa si affitta per l’estate!

 

Mica c’è da arrischiarsi a portargli una tazzina di porcellana con gli orli dorati!

 

– Questo, – dice, – è un regalo che va bene per un medico; – a lui devi portare una pariglia di trottatori, o un calesse, o una pelliccia di castoro da trecento rubli. A vederlo ti sembra un agnellino, parla con tutta delicatezza:

 

– Usatemi la cortesia di prestarmi il temperino per appuntar la pennuccia,




– e poi ti ripulisce così che, a un postulante, lascia soltanto la camicia indosso. È vero che il nostro è, in compenso, un impiego più nobile; c’è dovunque una pulizia che, in una amministrazione governatoriale, non la vedrai finché campi; i tavoli sono di mogano, e i direttori danno il voi...

 

Sì, lo confesso, se non fosse per la nobiltà dell’impiego, io il ministero lo avrei abbandonato da un pezzo. Mi sono infilato il ferraiuolo vecchio, e ho preso l’ombrello perché veniva giù una pioggerella fitta fitta. Per le strade non c’era anima viva; mi è avvenuto di incontrare soltanto delle popolane, che si riparavano con le gonne arrovesciate, dei mercanti russi sotto gli ombrelli, e dei fattorini.




Di gente rispettabile non ho visto altri che un mio pari: un impiegato. È stato a un crocevia. Quando l’ho scorto mi sono detto subito:

 

‘Ehé! No, bello mio, tu non stai andando affatto al ministero: tu stai seguendo quella che ti trotta davanti, e le guardi le gambe e il bel di dietro’.

 

Che bestiacce questi miei pari, gli impiegati!

 

Perdio, non sono da meno di nessun ufficiale: basta che ne capiti una col cappellino, e ci si agganciano subito. Mentre pensavo a questo, ho veduto una carrozza che si avvicinava al negozio davanti al quale stavo passando. L’ho riconosciuta immediatamente: era la carrozza del nostro direttore.

 

‘Lui, però, non può aver nulla da fare in un negozio’,

 

…ho pensato:

 

‘Deve essere, certo, la figlia’.




Mi sono addossato al muro. Il lacchè ha aperto lo sportello e lei, come un uccellino, è frullata giù dalla carrozza. Che sguardi lanciava a destra e a sinistra, come le brillavano gli occhi e le sopracciglia...

 

Dio, Dio mio, sono perduto, sono completamente perduto!

 

Ma perché doveva uscirsene proprio con un tempo così piovoso! Va’ a dire, poi, che le donne non vanno matte per tutti quei cencini! Lei non mi ha riconosciuto; del resto, io cercavo di rimbacuccarmi più che potevo, perché il mio ferraiuolo era tutto sporco, eppoi di taglio antiquato. Adesso i ferraiuoli si portano con i baveri lunghi, e i miei sono corti, uno sovrapposto all’altro; e il panno non è affatto decatizzato.




La cagnetta di lei, che non aveva fatto a tempo a infilarsi nel negozio, era rimasta in strada. Io la conosco questa cagnetta. Si chiama Madgie. Non era neppure un minuto che stavo lì, quando a un tratto sento una vocina sottile:

 

‘Buongiorno, Madgie!’

 

‘O questa! Chi parla?’

 

Giro attorno lo sguardo, e vedo due signore che camminano sotto l’ombrello: una è anzianotta, l’altra è giovane; ma erano ormai passate; e io sento di nuovo, lì vicino:

 

‘Vergogna, Madgie!’

 

‘Che diavoleria è questa!’

 

Vedo Madgie che si sta annusando con un altro cagnolo che seguiva le dame.




‘Ehé!’, mi sono detto: ‘Basta: sarei per caso ubriaco? Però questa, a dir vero, è una cosa che mi capita molto di rado’.

 

‘No, Fidèle, hai torto a pensarlo’,

 

…diceva Madgie, e lo vidi io stesso che lo diceva Madgie.

 

‘Sono stata, àu, àu! sono stata, àu, àu, àu! molto malata!’

 

‘Ah, tu, cagnaccia! Vedi un po’!’




Confesso che rimasi molto sorpreso nel sentirla parlare come una persona; ma dopo, a conti fatti, ho smesso di stupirmene.

 

Effettivamente a questo mondo è già accaduta una infinità di casi del genere.




Si dice che in Inghilterra sia uscito fuori dall’acqua un pesce che ha pronunciato due parole in una lingua così bizzarra, che da tre anni gli scienziati si stanno rompendo il capo per scoprire quale sia, e a tutt’oggi non hanno ancora scoperto un bel nulla.

 

Ho letto pure, sulle gazzette, di due vacche che sono entrate in una bottega e hanno chiesto una libbra di tè. Ma, lo confesso, mi sono stupito molto più quando ho sentito dire da Madgie:

 

‘Io ti ho scritto, Fidèle; si vede che Polkan non ti ha portato la lettera!’

 

‘Accidenti! In vita mia non ho mai sentito che i cani potessero scrivere. Scrivere correttamente è cosa che può fare soltanto un nobile. Sì, è vero, si trova della gente che scribacchia qualcosuccia, anche fra i contabili di negozio, e perfino fra i contadini; ma il loro modo di scrivere è per lo più meccanico: non ci sono né virgole né punti; non c’è stile’.




La cosa mi ha stupito!

 

Confesso che, da un po’ di tempo a questa parte, ho preso a sentire e vedere, certe volte, cose mai viste né udite da nessuno.

 

‘Ecco, ora vado’, ho detto dentro di me, ‘dietro questo cagnolo, e saprò chi è, e cosa pensa’.

 

Ho aperto l’ombrello, e mi sono incamminato dietro le due dame. Esse sono entrate in via dei Piselli, hanno voltato in via dei Borghesi, di lì in via Stipettai, infine sul ponte Kokuskin, e si sono fermate dinanzi a un grande edificio.




‘Lo conosco questo palazzo’,

 

…mi sono detto.

 

‘È il palazzo Zverkov’.

 

…Che torre di Babele!

 

Quanta gente vi abita; quante cuoche, quanti forestieri! E quanta gente par nostra…

 

Gli impiegati!

 

Come i cani: uno a ridosso dell’altro. Anch’io ci ho un amico lì, che suona bene la tromba. Le dame sono entrate in un appartamento del quinto piano.

 

‘Bene’, ho pensato:

 

‘Ora non ci vado, ma prendo nota, e non mancherò di approfittarne alla prima occasione’.


(& il racconto completo)







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