venerdì 23 marzo 2012
UN DIVERSO PUNTO DI VISTA (2)
Precedente capitolo:
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Il vero peccato, forse il peccato contro lo Spirito Santo, per il quale non esiste
remissione, è il peccato di 'eresia', cioè il fatto di pensare autonomamente.
Si è già sentito dire qui, nella Spagna, che essere liberale, vale a dire 'eretico',
è peggio che essere assassino, ladro o adultero.
Il peccato più grave è non obbedire alla Chiesa, la cui infallibilità ci difende dal-
la ragione. E perché ci deve scandalizzare l'infallibilità di un uomo, del Papa?
Che differenza esiste tra l'infallibilità di un libro: la Bibbia, di una società: la
Chiesa, di un solo uomo?
Cambia per questo la difficoltà razionale e sostanziale?
E non essendo dunque più razionale l'infallibilità di un libro o di una società ris-
petto a quella di un solo uomo, bisognava affermare questo supremo scandalo
per il razionalismo.
E' il vitale che si afferma, e per affermarsi crea - servendosi del razionale, suo
nemico - tutta una costruzione dogmatica, e la Chiesa la difende contro il razio-
nalismo, contro il protestantesimo e contro il modernismo.
Difende la vita.
Contrastò Galileo, e fece bene, giacché la sua scoperta, inizialmente, e sin quando
non fu armonizzata nell'economia delle conoscenze umane, tendeva ad infrangere
la credenza antropocentrica secondo la quale l'universo è stato creato per l'uomo;
si oppose a Darwin, e fece bene, giacché il darwinismo tende a infrangere la nostra
credenza che l'uomo è un animale singolare, creato espressamente per essere reso
eterno. E infine Pio IX, il primo pontefice creato e dichiarato infallibile, dichiarò
la propria irreconciliabilità con la cosiddetta civiltà moderna.
E fece bene.
Loisy, l'ex abate cattolico, scrisse:
Dico semplicemente che la Chiesa e la teologia non hanno favorito il progresso
scientifico, e che piuttosto l'hanno ostacolato, per quanto era in loro potere, in
particolari situazioni decisive; dico, soprattutto, che l'insegnamento cattolico non
si è associato né adattato a tale movimento. La teologia si è comportata, e tutto-
ra si comporta, come se possedesse in se stessa una scienza della Natura e una
scienza della Storia con una filosofia generale intorno ad esse risultante dalla loro
conoscenza scientifica. Si direbbe che il campo di applicazione della teologia e
quello della scienza, distinti in via di principio e anche per definizione del Concilio
Vaticano, non debbano esserlo nella pratica. Tutto, più o meno, si svolge come
se la teologia non avesse niente da apprendere dalla scienza moderna, naturale
o storica, e come se avesse attitudine o diritto di esercitare autonomamente un
controllo diretto e assoluto su tutto il lavoro dello spirito umano.
E così deve essere, e così avviene nella lotta contro il modernismo di cui Loisy
fu dottore e condottiero.
La lotta recente contro il modernismo kantiano e fideista è una lotta per la vita.
Può forse la vita, la vita che insegue la certezza della sopravvivenza, tollerare che
un tale Loisy, sacerdote cattolico, affermi che la resurrezione del Salvatore non è
un fatto di natura storica dimostrabile e dimostrato dalla sola testimonianza della
storia?
Leggete, d'altra parte, nell'eccellente opera di E. Le Roy, 'Dogme et Critique', la
sua esposizione del dogma centrale, quello della resurrezione di Gesù, e ditemi se
resta qualcos'altro di valido su cui fondare la nostra speranza.
Non si accorgono che qui è in gioco non tanto la vita immortale del Cristo, ridot-
ta forse a una sopravvivenza nella coscienza collettiva cristiana, quanto la garanzia
della nostra resurrezione personale, sia in anima che in corpo?
Questa nuova apologetica psicologica fa appello al miracolo morale, e noi, come
gli ebrei, chiediamo dei segni, qualcosa che si possa afferrare con tutte le potenze
dell'anima e con tutti i sensi del corpo. E se possibile, con le mani e i piedi e la boc-
ca.
Ma ahimè, non li otteniamo; la ragione attacca, e la fede, che senza di essa vacilla,
deve scendere a patti......E così nascono le tragiche contraddizioni e le lacera-
zioni della coscienza......
(M. De Unamuno, Del sentimento tragico della vita)
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