CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

venerdì 9 settembre 2016

VEGIO CH' E' TOLTO L' ORDENE E LO BENE (27)

































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i frutti degli altri (26)

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Vegio che arde qui il grande fuogo (28)












....Gli ultimi capitoli dell'Acerba, furono scritti in carcere, dal 17 luglio
al 15 settembre.
La visita del Duca all'Inquisitore, seguita subito dal processo sommario
e dall'immediata esecuzione, troncò ad un tempo il poema e ... la vita!
Vennero confiscati i beni che Cecco possedeva in Firenze, Macerata ed
Ascoli, e sulla loro vendita l'Inquisitore Accursio riscosse (al nero.......
... i frutti degli altri...).. la parte che gli spettava per l'infamia arreca-
ta, e furono otto lire di fiorini piccoli.
Cecco era povero, ed aveva speso i suoi risparmi comprandosi, con
giovanile entusiasmo, libri di astrologia, senza distinguere i veri dai fal-
si. Gli erano stati sequestrati per la sentenza del 1324. Sospeso anche
lo stipendio del Duca, non so di che potesse vivere se non del pane in
carcere.  Forse la pietà d'un carceriere indulgente gli permise di scrive-
re, e al testo del poema copiato di nascosto furono aggiunti gli ultimi
 canti.




Gli emanuensi, gli addetti alla copiatura, a giudicare dallo strazio che
fecero del testo, erano ignorantissimi, né l'autore aveva mezzi di sti-
pendiarne dei buoni.
Più tardi, la fama del martire, la leggenda ch'egli fosse mago e profe-
ta, la curiosità di decifrare un libro vietato e lo stesso pericolo di pos-
sederlo ne diffusero le copie, ma chi trascrisse s'avvide che l'opera
era stata appena abbozzata dall'autore, deturpata dalla ignoranza dei
copisti resi più inetti dalla paura nonché dal sotterfugio ed anche del-
l'inganno, e si credette lecito, o si trovò costretto a rifare a modo suo,
nel suo vernacolo, secondo la sua cultura.
E quegli arbitrii ed errori si leggono in codici miniati e costosi, e ciò
dimostra ad un tempo la devozione dei posteri e la loro ignoranza.




Cecco nacque in Ascoli, era giovane quando nel 1324 al 1326, leg-
geva in Bologna come addetto alla facoltà di medicina. Il 16 dicem-
bre 1324 Lamberto da Cingoli, dell'Ordine dei Predicatori, viste al-
cune lezioni del commento alla Sfera del Sacrobosco e udite forse
le delazioni degli studenti sui discorsi coi quali il maestro s'intratte-
neva con loro 'in fine lectionis', sentenziava che Cecco aveva parlato
male e disordinatamente della fede cattolica, e gli imponeva la peni-
tenza della confessione generale entro 15 giorni, e di recitare ogni
giorno trenta paternostri e altrettante avemmarie, digiunare ogni
sabato per un anno, ascoltare ogni domenica la predica nella chie-
sa dei frati predicatori o minori.
Gli sequestrò, inoltre, tutti i libri di astrologia grandi e piccoli e li
consegnò a maestro Alberto bolognese, volle che non potesse mai
leggere astrologia in Bologna né in pubblico né in privato, lo privò
di ogni incarico ed onore della cattedra fino ad un termine di suo
arbitrio e lo condannò a 70 libbre di Bologna da pagarsi entro la
prossima Pasqua.




Il 30 luglio 1326 entrava in Firenze Carlo duca di Calabria, primo-
genito di Re Roberto, la cui figliola Giovanna, che fu poi regina di
Napoli, aveva circa due anni.
Cecco nominato medico di corte, fu più volte richiesto de' suoi
pronostici sulla bambina, e i cronisti del tempo dicono aver egli
predetto che sarebbe stata 'proclive a libidine'.
L'anonima 'Cronaca fiorentina' alla rubrica 435 dice senz'altro che
fu il Duca che 'fece ardere maestro Cecco d'Ascoli'. 'Uno maestro
Cecco d'Ascoli, che fu sottilissimo uomo in astrologia, e dicesi che
disse e dicea contro alla fede, ma mai non lo confessò.
Ma pure il fece ardere per alcuna cosa che in un suo libro scrisse
delle cose che ...; ma dicesi che la cagione perché fu arso, fu che
disse che Madonna Giovanna, figliola dello Duca, era nata in pun-
to di dovere essere di lussuria disordinata. Di che parve questo
essere sdegno al Duca, perché non avrebbe voluto fosse morto un
tanto uomo per un libro.




E molti vogliono dire che era nimico di quello frate Minore Inqui-
sitore e Arcivescovo di Cosenza, perché i frati Minori erano molto
suoi nemici.
Di che il fece ardere il dì 16 settembre 1327. E di questo mese a
dì 30 morì il maestro Dino, medico di Fisica e lo più eccellente dot-
tore d'Italia'.
Comunque... dal 17 luglio del 1327 si rivide il processo di Bologna;
il Duca lasciò fare, poi sollecitò, e in due mesi era consumato il de-
litto, mai a nessuno del popolo dovesse sospettare la libidine della
detta figliola....
Le altre accuse sono le seguenti: d'aver dato a leggere in Firenze il
commento alla Sfera già condannato; d'aver creduto nell'astrologia
giudiziaria senza ritenerla contraria alla santa fede; d'aver predetto
nel 1327 la venuta incoronazione e morte del Bavaro; d'aver comu-
nicato tale profezia ad un anonimo fiorentino del quale lo stesso im-
putato ignorava il nome, e che doveva quindi essere una spia; d'a-
ver detto allo stesso anonimo delatore ch'egli credeva nella negro-
manzia; d'avergli indicato il suo commento all'Alcabizio.
E altre miserie e meschinità.... che risparmio al cortese lettore...




Nella condanna si accenna solo al commento alla Sfera ed all'Acer-
ba, non ad altre opere in cui l'Inquisitore aveva pure scoperto 'cose
infeste, orribili, sciocche, contrarie alla salute umana, eretiche, ne-
miche alla verità cattolica'.
Ormai all'autenticità di quello sproloquio non so chi presti fede e si
riaccenderanno le dispute.
Nessuno se ne spaventi!
Separato il potere esecutivo laico dal potere giuridico ecclesiastico,
le pene contro gli eretici enumerate nel Codice di Diritto Canonico
di Pio X (Pio...Pio.... ricordate...) di santa memoria sono puramen-
te spirituali, quindi più persuasive, come quelle che giustamente e-
scludono il colpevole dai benefici della comunione delle anime, dall-
esercizio del culto esterno e dei diritti religiosi dei credenti.




Le bolle di Giovanni XXII appartengono ormai ad un passato lontano
Se taluno vorrà esercitare i suoi sillogismi su questo increscioso
argomento, ricordi che Cecco era giovane, impulsivo, inesperto, e
si fidava troppo degli alunni....
La vecchia abitudine di avventar giudizi sopra un autore senza averne
letto e compreso le opere ed esaminate le fonti ha fatto scrivere mol-
te cose o inutili od errate dai biografi, i quali hanno parlato male l'uno
dell'altro e molti insieme di Cecco.
Ora è bene sapere che non è strana la dottrina sull'amore esposta
nell'Acerba ma conforme agli insegnamenti di Platone e di Aristotele
e del dolce stil nuovo. Anzi forse la sua più grande Eresia era lo spro-
no, che esercitava nei lettori quanto nei suoi alunni, di badare ai fat-
ti, al contegno delle persone, alla loro moralità..., piuttosto che alle
apparenze......
(Prosegue.....)











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