CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

venerdì 16 settembre 2016

L'AUTUNNO (23)































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...Studia per ogni bestemmia detta con la complicità divenuta preghiera.
Ridevi così all’invisibile strofa mentre lo spirito acquista nuova vista sì che la tua rima concime di vita, mentre contrasta lo spirito dell’invisibile stagione non ancora venuta, rinasce e narra la storia a te per sempre celata (e giammai riconosciuta) per ogni violenza compiuta…
Ecco il mistero di questa immonda eresia: tu cerchi il calore della vita all’albero della tua ultima venuta, io vago nel freddo senza Tempo dell’opera taciuta e la vista coglie lo spirito (prigioniero) della vita in ogni opera che tu pensi compiuta… perché scritto nella materia della tua visibile (e Seconda) natura…




Rimase immobile nel ricordo racchiuso nel sogno della linfa specchio di una foglia, lui che fu privato ed ingannato della vita ora con una corda è trascinato lungo la via, lui che non voleva morire e donava solo memoria, ora su un  fuoco dovrà patire il rogo per tutte le vite di troppe eresie all’ombra di uno stretto cortile che conta l’ora della fine.
Lui che indicò il pensiero ad ogni illustre o stolto forestiero, lui che indicò la via quando il caldo soffocava l’ora e il sudore di un ricordo antico scendeva goccia a goccia da un viso d’improvviso impietrito, come una paura raccolta da una fuga agitata, un frutto, ricordo di un sogno interrotto: stanchezza che sa’ di paura taciuta poi   una sete agitata, un attimo di salvezza ed il pensiero torna vivo nell’invisibile frescura di un ombra scura…: il viandante risorge alla sua nuova natura… Solo un incubo raccolto da una fatica dura, Prima anima racchiusa nello specchio di un lenta tortura prigioniera di una Seconda natura…




Lui che parlava come una rima racchiusa all’ombra della sua poesia, ora tagliano e deturpano ogni suo frammento, immobile ed eterno nell’apparenza di un tronco di legno non ancora sepolto al fuoco dell’architettura nominata vita, lui come un fante in questa guerra ora è trascinato via… a miglior vita…
Mi ricordo di loro in questo momento senza Tempo, in questo grande albergo, ma sono solo uno Straniero come una foglia al vento di un lungo inverno coperto di neve, chi mi vede ha la strana visione o forse solo illusione, ma per taluni è assoluta certezza, di un pazzo vicino ad un bosco, immobile come una preghiera del Tempo privato della parola.




Immobile e coperto di neve in questo specchio di Tempo riflesso nell’ora nominata Autunno, calendario di una antica litania che vorrebbe essere vita,  certezza costretta ed ancorata ad un lento patimento all’urlo ingordo di una bufera che spazza e cancella ogni cosa perché così è la storia, lasciando solo cenere al vento perché lo scheletro anche privato di ogni foglia è troppo bello esposto a quel tormento, ed ugual viandante al fresco di un primaverile ricordo rimembra il sogno al suo cospetto divenire silenzioso rispetto.




Mira la stessa via ed il pensiero muta in preghiera fors’anche invisibile eresia: un poeta ad ugual vista divenne profeta, un viandante mutò la sua seconda natura, un boia seppellì la sua corda, un soldato depose la sua spada e contemplò di nuovo la vita, un prigioniero mi narrò l’intera sua via quando il ramo spezzò la cima della corda che lo teneva stretto alla soffocata vita, una donna cercò l’amore scoprendo la foglia della sua ugual natura, un bambino trovò il seme dell’intera sua esistenza divenne nuovo profeta, un affamato mi accarezzò un ramo e io appagai la fame della sua venuta, un prete bigotto, invece, lo spezzò per farne un bastone, poi accese un fuoco con decisione: dalla fiamma di quel ricordo divenne cacciatore e ad una strega fanciulla senza più onore rubò la segreta natura mentre quella gridava nella violenza taciuta del suo dolore… foglia caduta…




Anch’io feci la stessa sua fine e lo scheletro della prematura sepoltura non allieta neppure la vista dell’ingorda natura, strada nuda che all’ombra del mio ricordo ora non matura più il sogno, ed il volgo muta la sua Prima Natura racchiusa nella visibile materia che trasuda invisibile onda: un traliccio color acciaio dove un mare agita e smuove ogni ricordo… nella falsa certezza nominata parola… rima di un falso progresso in nome del mio patimento, morire a stento foglia bruciata all’onda del vento… 
Ora l’Inverno della prematura fine della Natura si avvia al convento della Storia, sempre la stessa, certo più brutta e volgare della semplice e povera foglia, ma grazie a quella ogni pensiero compie la sua lenta evoluzione e all’ombra del fumo della falsa dottrina ogni morte si avvicina. Un frammento di neve mi sussurra nella pagina della sua nuova venuta una strofa una rima, simmetria della vita, mi narra la strana avventura entro la carne nominata vita perché....

(Prosegue...)









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