CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 27 marzo 2014

LA DIVISA NERA (Lo Straniero) (5)

















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La divisa nera (6)













                                 LA DIVISA NERA
 (l’immagine in primo piano riflessa nel mondo della materia)                                              

                                     (Lo Straniero)       

    
       
                                  
                         

Da tempo l’amico Arrigo insisteva perché si facesse insieme un viaggio nella repubblica di Belora, di là della grande Cortina, dove la catena dei Kunzi (Ganzi e Bulli) ha le sue vette più alte.
Come tutti sanno, su queste montagne, per un fenomeno non ancora spiegato, la neve, anziché bianca come da noi, è di colore nero. Sciare sulla neve nera, diceva Arrigo, doveva essere una esperienza elettrizzante che nessun uomo colto, umanista o poeta che sia aveva ancora provato, essendo la Belora un paese fuori di mano e di difficile accesso.
Ma lui, attraverso chissà quali maneggi, era riuscito ad ottenere il visto diplomatico per entrambi; Arrigo è un uomo abile e intraprendente. Si partì in aereo, con due grosse valigie e due paia di sci. Di scalo in scalo, atterrammo infine all’aeroporto di Seorca vicino a Amor, la capitale della divisa nera,… scusatemi neve nera….




Ivi giunti, prendemmo alloggio all’Eskurus Hotel, stabilimento di impianto sontuoso ma ormai degradato. All’inizio del secolo i monti della Belora erano prediletti dalla aristocrazia dell’Europa colta e raffinata orientale ed occidentale. Mutato regime e ivi annesso e compreso principio ed ideale politico (ogni quindici giorni…), gli apprestamenti per gli ozi e gli svaghi dei ricchi erano stati confiscati dallo Stato, con le conseguenze del caso.
Restavano i fregi, i tappeti, i tendaggi, i mobili intarsiati, i ruderi; ma i bagni in condizioni pietose, le lenzuola di lino piene di toppe e di buchi; e di notte era un continuo andirivieni di topi… di fogna…. Si constatò subito la difficoltà di intendersi. Il beloro è un idioma a sé, con influssi slavi, ungheresi, brostici e perfino arabi. Pochi gli abitanti che conoscessero l’inglese o il tedesco, nessuno il francese.
Ma in pochi giorni Arrigo riuscì a farsi una certa infarinatura. Da Seorca bisognava raggiungere in treno il villaggio di Paralif e di qui in macchina risalire la lunga valle dello Smir o Valle Nera. Evitando il treno, prendemmo a nolo una macchina di fabbricazione locale, e partimmo. La gente, vedendoci, non sembrava affatto incuriosita.




Percorrendo l’antica e famosa Valle Nera, incontrammo dapprima numerosi paesini che parevano abbandonati perché non si vedeva anima viva. Più avanti cessò ogni traccia umana, eccezion fatta per la strada, stranamente larga e asfaltata. Cominciarono i boschi, la pendenza si accentuò, le curve si fecero più frequenti e più strette.
Non ci eravamo imbattuti finora in altre vetture finché ci fu dato di superare una macchina gialla, tipo giardinetta. A bordo scorsi soltanto il guidatore, che mi parve uomo d’età, coi baffi spioventi, singolarmente curvo; mi stupì che non si voltasse a guardarci.
Dopo circa tre chilometri, un’altra macchina ci comparve dinanzi; anch’essa gialla e procedeva lentamente nella stessa nostra direzione. La superammo senza fatica; c’era a bordo il solo guidatore, un uomo d’età, coi baffi spioventi e la schiena curva.
Possibile che fosse la stessa vettura di prima?
E come aveva fatto a superarci senza che noi la vedessimo? Forse per una scorciatoia il cui imbocco ci era sfuggito?




La cosa era strana e complessivamente sgradevole.
Arrigo però rise delle mie inquietudini….
Di che cosa avevo paura?
A parte l’impossibilità che le due macchine fossero la stessa, era assurdo pensare fosse stato disposto un servizio di polizia per controllarci.
Egli rise, dopo un’altra decina di chilometri, ci trovammo dinanzi, per la terza volta, una giardinetta di colore giallo che saliva a bassa andatura (piccola portatile… rivestimenti in nero….). Confesso di avere avuto un brivido nel constatare che la targa era la stessa di prima: Pass 65 A conn. 1.
Da scartare l’ipotesi di una scorciatoia; nell’ultimo tratto non esistevano deviazioni. Allora una ‘macchina’ fantasma (con interni neri…)? Oppure la polizia segreta aveva sub-appaltato il lavoro a qualche terrorista? Oppure la stessa, a scopo di intimidazione, sguinzagliava a controllare gli Stranieri varie macchine del medesimo tipo, colore e targa, guidate da autisti gemelli che si assomigliano come gocce d’acqua? Anche il terzo conducente infatti era un uomo d’età, coi baffi e con la schiena curva come quella… di Andreotto… un famoso crociato… ma questa è un'altra storia….




Una sensazione di allarme e disagio ci avvelenò quindi l’ultima parte dell’interminabile viaggio perché la macchina gialla (e nera) ci tagliava e controllava la via…
Mehraklya, la nostra meta, con nostro grande stupore si rivelò non già un paesetto di montagna, bensì una città moderna di stampo industriale. Si seppe poi che il governo le aveva dato un grande impulso per lo sfruttamento delle vicine miniere. Essa ci apparve sul tramonto, usciti dalla Valle (anch’essa) Nera, nell’ultima concavità di un ennesima valle… come un miraggio. Intorno si levavano gli erti pendii di maestose montagne completamente nere per la neve che le copriva, quello che a noi ci fece altrettanto impressione furono taluni cartelloni pubblicitari issati come urla inneggianti con motti alla maniera del Grande Fratello….

(Prosegue...)


















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