CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

giovedì 25 settembre 2014

MENTRE MORIVO (5)











































Prosegue in:

Mentre morivo (6)

    Precedenti capitoli:

    Mentre morivo (1)  (2)  (3)  (4) 




In memoria di mio padre: Grumello del Monte 12/07/1924 - 25/09/2014 













‘Non è equilibrata. Per portarla che sia in equilibrio si dovrebbe…’.
‘Tira su. Accidenti a te, tira su’.
‘Ve lo dico io, non si può portarla che sia in equilibrio se non…’.
‘Tira su! Tira su, pezzo di cretino, accidenti a te e alla tua animaccia!’…..




Lui ci si piega sopra in mezzo a noi, due delle otto mani. Sul suo viso il sangue va a ondate. Fra un’ondata e l’altra la carne è verdastra, un po’ come il verde pallido torbido e uniforme del bolo di una mucca; il viso soffocato, furioso il labbro sollevato sui denti. ‘Tira su!’ dice. ‘Tira su, pezzo di deficiente, accidenti a te!’.
Dà uno strattone, sollevandola da una parte così all’improvviso che anche noi di scatto buttiamo a sollevarla per tenerla in equilibrio prima che lui la rovesci del tutto. Per un istante fa resistenza, come di propria volontà, come se dentro di essa i quattro stecchi del suo corpo si aggrappassero, se pur morti, a una sorta di pudore, come lei stessa avrebbe tentato di nascondere una veste sporca che non fossa riuscita a impedire al proprio corpo di sporcare…




Poi la cassa si libera, sollevandosi all’improvviso come se l’emaciazione del suo corpo avesse aggiunto spinta alle assi oppure come se, vedendo che la veste stava per esserle strappata di dosso, lei all’improvviso le si slanciasse dietro in un veemente rovesciamento che si fa beffe del suo stesso desiderio e del suo stesso bisogno.
Il viso di Jewel diventa completamente verde e sento i denti nel suo respiro. La portiamo giù per l’entrata a passi strascicati, i piedi duri e incerti sul pavimento, e usciamo fuori. ‘Ferma un momento, ora’ dice Pa’, lasciandolo andare. Si volta per chiudere e girare la chiave, ma Jewel non intende aspettare. ‘Avanti’ dice con quella voce soffocata. ‘Avanti’.
Scendiamo attenti gli scalini. Proseguiamo, tenendola in equilibrio come se fosse qualcosa di infinitamente prezioso, respirando attraverso i denti per tener tappate le narici. Andiamo giù per il sentiero, verso la discesa. ‘E’ meglio aspettare’ dice Cash ‘Ve lo dico io, così non è equilibrata. C’è bisogno di un altro, per quella discesa’. ‘Allora levati di torno’ dice Jewel.




Non ha nessuna intenzione di fermarsi. Cash comincia a restare indietro, zoppicando cerca di tenere il passo, respira forte; poi viene distanziato e Jewel rimane solo a reggere tutta la parte davanti, così che, inclinandosi quando il sentiero si fa ripido, la cassa comincia a scapparmi di mano e a scivolare sull’aria verso il basso come una slitta su una neve invisibile, spazio che evacua scorrevole e che conserva il senso della sua forma.
‘Aspetta, Jewel’ dico. Ma non ha nessuna intenzione di aspettare. Sta quasi correndo, adesso, e Cash è rimasto indietro. Mi sembra che l’estremità che adesso reggo da solo non abbia alcun peso, come il fuscello che scende libero correndo sulla marea furiosa della disperazione di Jewel. Non la sto nemmeno toccando quando, girandosi, lui lascia che lo sorpassi, ondeggiando, e la ferma e con lo stesso movimento la scaraventa sul cassone del carro e si volta a guardarmi, il viso soffuso di furore e di disperazione.
‘Accidenti a te. Accidenti a te’.




Stiamo andando in paese. Dewey Dell dice che non sarà stato venduto perché è di Babbo Natale e se l’è riportato via fino a Natale. Allora sarà un'altra volta dietro la vetrina, lucente d’attesa.
Pa’ e Cash scendono giù per il sentiero, ma Jewel sta andando al fienile. ‘Jewel’ dice Pa’. Jewel non si ferma. ‘Dove stai andando?’ dice Pa’. Ma Jewel non si ferma. ‘Quel cavallo tu lo lasci qui’ dice Pa’. Jewel si ferma e guarda Pa’. Gli occhi di Jewel sembrano delle palline di vetro. ‘Quel cavallo tu lo lasci qui’ dice Pa’. ‘Andiamo tutti quanti sul carro, con la mamma, come voleva lei’….
 Ma mia madre è un pesce. Vernon l’ha visto. Lui c’era.
‘La madre di Jewel è un cavallo’ ha detto Darl.
‘Allora la mia può essere un pesce, vero, Darl?’ ho detto io.
Jewel è mio fratello.
‘Allora anche la mia dovrà essere un cavallo’ ho detto.
‘Perché?’ ha detto Darl. ‘Se Pa’ è il tuo babbo, perché la tua mamma deve essere un cavallo solo perché è un cavallo quella di Jewel?’.




‘Perché?’ ho detto io. ‘Perché, Darl?’.
Darl è mio fratello.
‘Allora la tua mamma che cos’è, Darl?’ ho detto.
‘Io non ce l’ho una mamma’ ha detto Darl. ‘Perché se ce l’avessi, è era. E se è era, non può essere è…  No?’.
‘No’ ho detto io.
‘Sicché io non sono’ ha detto Darl. ‘Sono, io?’.
‘No’ ho detto.
Io sono. Darl è mio fratello.
‘Ma tu sei, Darl’ ho detto io.
‘Lo so’ ha detto Darl. ‘E’ per questo che io non sono è. Sono è troppi da figliare per una donna’.

(Prosegue....)

















Nessun commento:

Posta un commento