CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

venerdì 6 agosto 2021

GLI IMPIEGATI DELLA COMPAGNIA (6)

 




















Precedenti capitoli:


Cina-Tibet (1)


[Documenti & Fotografie] (2)


La grande repressione (& lottizzazione) (3)


Scritti di un monaco (4)


La grande ruota di alluminio (5)


Prosegue con...:


Rubarono tutta la frutta dagli alberi


... e la portarono via! (7)


Prosegue più o meno...:


Negli stessi anni (8/9)











Il direttore della grande Compagnia Commerciale, spintosi fino a lì su un piroscafo che pareva un’enorme scatola di sardine sormontata da una specie di rimessa dal tetto piatto, trovò la stazione in buon ordine e Makola tranquillo e solerte come al solito.

 

Il direttore fece mettere la croce sulla tomba del primo agente e assegnò il posto a Kayerts. Carlier fu nominato suo subalterno. Il direttore era un uomo SPIETATO ED EFFICIENTE che a volte si abbandonava, ma quasi impercettibilmente, a un umorismo arcigno. Fece un discorso a Kayerts e Carlier sottolineando i lati promettenti della loro stazione. Il mercato più vicino era a circa trecento miglia. Per loro era un’occasione eccezionale di distinguersi e di guadagnare provvigioni sugli affari.

 

Quell’incarico era una fortuna per dei principianti. Kayerts fu commosso fin quasi alle lacrime dalla gentilezza del direttore. Rispose che avrebbe cercato, facendo del suo meglio, di giustificare la fiducia lusinghiera eccetera eccetera. Kayerts era stato nell’Amministrazione del Telegrafi e sapeva esprimersi correttamente.

 

Carlier, già sottufficiale di cavalleria in un esercito tutelato da ogni rischio da diverse Potenze europee, fu meno impressionato. Se c’erano guadagni da fare, tanto meglio!

 

E facendo scorrere uno sguardo stizzito sul fiume, sulle foreste, le impenetrabili boscaglie che parevano tagliar fuori la stazione dal resto del mondo, mormorò tra i denti:

 

– Si vedrà, molto presto.

 

Il giorno dopo, scaricate alcune balle di cotone e qualche cassa di provviste sulla riva, la scatola di sardine a vapore salpò per non far ritorno per altri sei mesi.

 

In coperta il direttore si toccò il berretto per salutare i due agenti che stavano in piedi sulla sponda agitando i cappelli e, rivolgendosi a un vecchio impiegato della Compagnia che rientrava alla direzione, disse:

 

– Guardi quei due imbecilli. Devono essere matti in patria per mandarmi campioni simili. Ho detto a quei due di piantare un orto, di fabbricare nuovi magazzini e staccionate e costruire un pontile. Scommetto che non faranno niente! Non sapranno da che parte cominciare. Sono sempre stato dell’avviso che una stazione su questo fiume fosse inutile, e quei due sono proprio adatti alla stazione!

 

– Ci si faranno le ossa, lì,

 

disse il veterano con un placido sorriso.

 

– Ad ogni modo, me li son levati di torno per sei mesi, ribatté il direttore.  

 

I due uomini stettero a osservare il vapore che girava la curva, poi, salendo sottobraccio il pendio della sponda, tornarono alla stazione.

 

Erano in quel vasto, tenebroso paese da pochissimo tempo, e, fino allora, sempre in mezzo ad altri bianchi, sotto l’occhio e la guida dei superiori. E ora, per quanto insensibili al sottile influsso dell’ambiente circostante, si sentirono molto soli, lasciati così all’improvviso ad affrontare la terra desolata; una terra desolata resa più strana, più incomprensibile dai misteriosi indizi della vita rigogliosa che conteneva.

 

Erano di quegli uomini insignificanti e inetti la cui esistenza è resa possibile soltanto DALLA PERFETTA ORGANIZZAZIONE DI FOLLE CIVILIZZATE.

 

Pochi uomini si rendono conto che la loro vita, l’essenza stessa del loro carattere, delle loro capacità e della loro audacia sono soltanto l’espressione della loro fede nella sicurezza dell’ambiente.

 

Il coraggio, la calma, la fiducia; le emozioni e i princìpi; ogni pensiero grande e insignificante non appartengono all’individuo, ma alla folla: alla folla che crede ciecamente nella forza irresistibile delle proprie istituzioni e della propria morale, nel potere della sua polizia e delle sue opinioni.

 

Ma il contatto con la pura, assoluta barbarie, con la natura e con l’uomo primitivi, porta un turbamento subitaneo e profondo nel cuore. Alla sensazione d’essere gli unici della propria specie, alla chiara percezione della solitudine dei propri pensieri, delle proprie sensazioni; alla negazione dell’abituale, che è sicuro, si aggiunge l’affermazione dell’insolito, che è pericoloso; un presentimento di cose vaghe, incontrollabili e repellenti, la cui sgradevole intrusione eccita la fantasia e mette alla prova i nervi inciviliti tanto del folle quanto del savio.

 

Kayerts e Carlier camminavano sottobraccio stringendosi l’un all’altro come fanno i bambini al buio; e avevano la stessa sensazione, non del tutto spiacevole, di pericolo che sembra quasi immaginario.

 

Chiacchieravano continuamente, in tono familiare.

 

 – Il nostro scalo è in una bella posizione,

 

disse l’uno.

 

L’altro assentì con entusiasmo, dilungandosi loquacemente sulle bellezze del posto.  

 

Poi passarono accanto alla tomba.

 

 – Povero diavolo!

 

disse Kayerts.

 

 – E’ morto di febbre, vero?

 

mormorò Carlier, fermandosi di botto.

 

 – Mah! ribatté Kayerts, con indignazione.

 

– Mi hanno detto che si esponeva imprudentemente al sole!

 

Dicono tutti che il clima locale non sia peggiore di quello che abbiamo in patria, a patto di tenersi lontano dal sole. Capito, Carlier?

 

Qui sono io il capo, e le ordino di non esporsi al sole!

 

 Assumeva la posizione di comando in tono scherzoso, ma l’intenzione era seria.  L’idea che forse avrebbe dovuto seppellire Carlier e restar solo gli dava un brivido dentro.

 

Sentì improvvisamente che qui, nel centro dell’Africa, questo Carlier era più prezioso di quanto potesse essere un fratello in qualunque altro luogo. Carlier, entrando nello spirito della faccenda, fece un saluto militare e rispose in tono allegro:

 

– I suoi ordini saranno eseguiti, capo!

 

Poi scoppiò a ridere, dette una manata sulle spalle di Kayerts e gridò:

 

 – Faremo in modo che la vita scorra tranquilla qui!

 

Ce ne staremo belli comodi a ricevere l’avorio che porteranno quei selvaggi. Dopotutto questo paese ha i suoi lati buoni!

 

Risero forte tutt’e due, mentre Carlier pensava:  

 

– Quel povero Kayerts, è così grasso e così poco sano! Sarebbe un bel guaio se dovessi seppellirlo qui.  E’ un uomo che rispetto…

 

Prima di arrivare alla veranda della loro casa già si davano del ‘vecchio mio’.   


(Prosegue)








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