CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

mercoledì 5 ottobre 2022

L'UOMO VENUTO DAL FREDDO (5)

 













Precedenti capitoli: 


Circa la Putzi di Putzin (4) 


Prosegue con il capitolo 


completo [6]


& La caccia [7]






 

 

C’è chi, in questi lugubri Tempi, tanto della sperduta Fede (e non solo per la Natura o Vergine Madonna), quanto dell’altrettanta smarrita abdicata Ragione (e non solo di un falso Stato di ciò che per l’appunto mai nato), dei “vivi” o presunti tali (non ancora e del tutto morenti in quanto sempre sconnessamente connessi…), affannarsi per propria ed ‘altrui’ votata sventura circa la dovuta sopravvivenza, combattere ugual ghiaccio e gelo, comprese le oscure antiche ‘tenebre’ che ne conseguono.

 

Sono huomini venuti dal Freddo!

 

Freddo inteso e conferito - in qual identico medesimo tempo - in cui il Sentiero condiviso, fra l’uomo e l’orango, sia da un buon surgelatore quanto dal deceduto ghiacciaio.

 

L’età evolutiva imprime i dovuti gradi al “negativo” di medesimo intento regredito al clima condiviso e percepito.




Quindi “opposti” (come il nuovo incompreso linguaggio delle perdute parole della Natura, così come intercettate dal povero Berti…), in moto (& mai appiedati) contrario e divergente, con tutto ciò che ne consegue (comprese le già citate Tenebre fra ghiacci e ponti di abissi attraversati..) per ugual Sentiero ove osservati; giacché ciò che noi oggi celebriamo è quantunque un primo naufrago, non più del Tempo simmetricamente transitato (anche in zona pedonale), bensì dell’huomo stesso detto “civilizzato”.

 

Quindi e quantunque uomini venuti dal Freddo!




 Aspetto un tale che dovrebbe passare, questa sera’

 

…proseguì Leamas

 

‘è importantissimo che ce la faccia. Gli uomini di Mundt gli danno la caccia’.

 

‘Ci sono ancora dei punti dove si può scavalcare il Muro’

 

osservò il poliziotto giovane.

 

‘Quello non è tipo da scavalcare il Muro. Tenterà di farla al posto di controllo. Ha dei documenti, sempre che siano validi ed è in bicicletta’.

 

Un’unica lampada era accesa nella baracca, una lampada da tavolo col paralume verde, ma il bagliore dei riflettori invadeva il locale come un chiaro di luna artificiale.

 

Era notte, ormai.

 

Leamas, andò ad accostarsi alla vetrata, e aspettò.




Vedeva davanti a sé la strada; a destra e a sinistra del Muro, un brutto e sudicio ammasso di scorie e di filo spinato che una fila di fiochi lampioni giallastri illuminava appena, come un fondale nella scena di un Lager. A est e a ovest del Muro, c’era la parte non ricostruita di Berlino, un mondo di rovine.

 

‘Accidenti a quella donna’

 

…pensò Leamas

 

‘e accidenti a quello scemo di Karl che ha mentito sul suo conto. Ha mentito per omissione, come fanno gli agenti segreti, in ogni parte del mondo. Vengono istruiti sul modo di barare con gli altri, di confondere le loro tracce e, alla fine, barano anche coi loro compagni’. 

 

‘Guardi, guardi, Herr Thomas!’

 

…susurrò il giovane poliziotto.

 

‘C’è un uomo con la bicicletta’.

 

(J. le Carré)




Taluni appiedati o in bicicletto, i più fortunati motorizzati e mi dicono ben surriscaldati!

 

Con diverso gruppo genetico seppur uguali, purtroppo questo vostro Paese, il quale naviga nella nuova polar disavventura, fra ghiacci e tenebre con improvvise ‘virate’ nelle estreme latitudini destre, in alto o in basso ben osservati come rimembrati, circa la perenne impresa condivisa, animano il novello esploratore Matteo; ed anche lui come dico e dicevo, huomo o gorilla venuto dal Freddo estremo.   

 

Infatti, lor Nobili Signori (soli e/o accompagnati), se vi prendete cura nel censire e mappare il segreto “codice genetico” di codesto avventuriero esposto ai medesimi rigori del gelo (come del secondo Tempo), vi accorgereste che assomiglia ad un più che raro Orango, anche lui venuto o sceso dal Nord, giacché mi dicono che i Lupi - per ovvi motivi lo abbiano evitato -; e mai sia detto Nord Padano (divorato come grattugiato), ma ossia quel grande Nord ove ogni huomo (iperboreo come disse il noto filosofo maestro del fuoco come padrone del prometeico segreto) ibernato per propria sventura, essendo tale nelle gelide steppe siberiane.




Giacché il noto “processo evolutivo” dato dalla “summa” della politica genetica unita alla perenne altolocata promossa Idiozia, procedendo verso l’inhumano, o schiere di esseri non più tali, ibernati come un Tempo il quale pensavamo (se ancor ci è permesso!) sorpassato, e rilevato nelle gelide steppe siberiane, ove l’umanità intera sepolta e mal conservata come una sol mummia nella gelida fossa comune senza più Storia né Memoria.

 

Quindi ed ancora dico e dicevo (meco), cotal Orango geneticamente accertato, parente stretto di un diverso branco incrociato con un Orso (assai raro).

 

La “summa” dei due fattori (si suol dire appunto DUE PER UNO IN OFFERTA),  conformano e fondano la nuova natura del sepolto ramo evolutivo di cui, il noto Orango italiano, imparentato, quantunque rilevato nell’odierna Stagione morta a cui la Natura esposta ed in estremo pericolo.




E noi poveri resti humani, morti su profondi (hora solo corrotti) ghiacci carotati, senza ghiaccio né aperitivo, ove  scorrea un letto di Fiume (dato in appalto alla Putzi del regime), ed hora deviato al fabbisogno intero al PIL della nuova vena creativa ad uso interno dell’Orango, qual vero e solo nettare di Madre Terra; ci troviamo disidratati e abbandonati come mummie antiche, noi che come lei fuggiamo l’Orango della terra, il vero uomo venuto dal freddo.

 

Noi poveri resti di ciò che un Tempo, o in qual medesimo contrattempo, interpretati come sagge mummie non più ritrovate, solo sepolte  nelle fosse comuni di ugual Fiume, anche lui, come cogitavo, più morto che vivo (ad uso esclusivo del più che sponsorizzato Orango venuto dal freddo).




Solo l’Orango Matteo, potrà, dopo averlo prosciugato, resuscitarlo e chiedere conto della “summa” del danno subito, e si badi bene, mai arrecato!


Quante mummie, e un solo branco venuto dal freddo, matureranno e forgeranno la nuova èra del ferro, per ogni fossa comune ove sepolta la superiore Ragione! 

 

C’è differenza fra un Orango (di stato) ed una morta mummia sepolta per ovvie ragion di medesimo Stato…

 

(Giuliano)




Spesso gli sventurati alpinisti che spariscono in un buco di ghiaccio tornano in superficie dopo molti anni e non di rado i corpi sono preservati dal gelo.

 

Si dice che i ghiacciai, prima o poi, restituiscano le loro vittime.

 

È successo ai combattenti italiani e austriaci della Guerra Bianca ed è successo anche a Ötzi, l’ormai famoso montanaro morto e congelato sul Similaun 3200 anni prima di Cristo.

 

La mummia è tornata alla luce con i suoi attrezzi e i suoi vestiti il 19 settembre 1991 sulle Alpi Venoste, confermando che i cacciatori del tempo erano capaci di salire a tremila metri e anche di attraversare tratti di ghiacciaio. La mummia del Similaun racconta lo stato evolutivo della società alpina di cinquemila anni fa, con comunità già radicate in fondo alle valli, uomini tecnicamente in grado di sopravvivere all’inverno e donne abituate a crescere i figli tra i rigori del gelo.




Le prime comunità consideravano l’animale domestico una semplice riserva di carne, ma grazie ai mutamenti biologici favoriti dal processo di domesticazione, e con l’apprendimento delle tecniche casearie e di filatura, i pastori avevano già acquisito i principi fondamentali dell’allevamento per produrre il latte e la lana. Intanto i cacciatori come Ötzi esploravano i terreni d’alta montagna e si spostavano agevolmente attraverso valichi e crinali, ampliando i territori.

 

L’uomo del Similaun ha aperto nuovi orizzonti alla ricerca storico-antropologica. Le informazioni di Ötzi hanno fugato molti pregiudizi sui cosiddetti ‘uomini primitivi’, perché l’uomo dei ghiacci appare inaspettatamente ‘moderno’.





Quel piccolo montanaro scomparso sopra i tremila metri è simile a noi, con il suo berretto di pelliccia, i reumatismi, il fumo nero nei polmoni e i denti consumati dallo stress. Inoltre, secondo gli storici del clima, la riapparizione della mummia dimostra senza ombra di dubbio che i ghiacciai delle Alpi orientali non sono mai arretrati come oggi, da almeno cinque millenni a questa parte. Se il ghiaccio si fosse ritirato sotto il livello attuale la mummia sarebbe emersa e l’avremmo persa. Studi ancora più recenti hanno svelato la morte violenta dell’esploratore, probabilmente ucciso da un compagno o da un nemico incontrato sul cammino.

 

In ogni caso la longevità di Ötzi impallidisce di fronte al successivo ritrovamento del 2016, quando i minatori del Klondike, di solito abituati a cercare pepite d’oro, hanno dissotterrato dal permafrost due animali dell’era glaciale perfettamente conservati: un cucciolo di caribù e un cucciolo di lupo mummificati con tanto di pelliccia, strati di pelle e tessuto muscolare.

 

L’esame al radiocarbonio ha indicato un’età di quasi cinquantamila anni, rendendo plausibile che i due animali vivessero nella tundra dello Yukon insieme ad alcune specie estinte tra cui i mammut. È incredibile che nel terzo millennio dopo Cristo, grazie all’eccezionale potere conservativo del ghiaccio, ci si possa confrontare con dei mammiferi del Paleolitico medio, quando sul pianeta viveva ancora l’Uomo di Neanderthal.

 

(E. Camanni)


(& il Post quasi al completo...)







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