CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

venerdì 15 agosto 2025

MONDO SOTTERRANEO













Precedenti Fari  


Prosegue con il: 


Capitolo completo  


& il suicidio della 


moderna società






 

La combinazione fra arte e natura è realizzata interamente dall’arte quando lo stesso marmo viene riprodotto con la pittura; paesaggi, case, vascelli su mari tempestosi, figure umane e intere scene vi compaiono fra meandri minerali imitati dalla stessa mano. Una bella serie di imitazioni del genere si può vedere nella chiesa di campagna di Appending, in Baviera, i cui altari sono rivestiti da finti marmi dipinti su legno. L’insieme proviene dallo studio degli Zellnes, padre e figlio, specializzati in Gemalten Marmorierungen nelle quali il genio barocco prosegue il suo gioco dì fantasia, su di un supporto ancora più povero che non gli fornisce alcuno spunto.

 

In questo periodo sono in voga certe pietre prodigiose, in cui si crede di scorgere un riflesso del mondo circostante. Le ritroviamo nella maggior parte delle Kunstkammern in cui venivano accumulate opere d’arte, strumenti scientifici, oggetti esotici e ogni sorta di curiosità naturali, e in particolare in una delle più celebri di tali raccolte, quella del castello di Ambras in Tirolo, culla del collezionismo absburgico. Ancora nel 1687 un viaggiatore osservava nella quattordicesima galleria

 

‘pietre che rappresentano alberi, frutti, conchiglie, animali, e che sono opere pure della Natura’.




Non si tratta unicamente di paesaggi: fra quelle sinuosità sfumate si delineano anche esseri animati ed oggetti.

 

Ad Athanasius Kircher, gesuita tedesco trapiantato a Roma e visionario-studioso dalle ambizioni sconfinate, dobbiamo il compendio più completo di queste dottrine. L’opera, che risale al 1664, attinge a numerose fonti ma le rinnova in una sintesi che è parte di un’ampia cosmogonia. Il suo Mondo Sotterraneo è grandioso e fiabesco: mari di fuoco e d’acqua, comunicanti fra di loro attraverso i canali e i fiumi che alimentano gli oceani e i vulcani della superficie terrestre, ne traversano le distese.

 

Con le sue cavità e le sue arterie, lo spaccato del globo terrestre evoca un organismo animale; in quelle caverne abitano uomini e demoni, fiere e draghi, mentre minerali e metalli vi nascono spontaneamente assumendo spesso aspetti inquietanti. La natura è un geometra, un ottico che segue tutti i progressi della prospettiva, ed è anche un pittore. Essa pensa e agisce come l’uomo, o meglio è soggetta all’azione delle stesse potenze superiori. La prima parte del libro VIII, dedicata alla Mineralogia, contiene un’ampia trattazione delle forme, delle figure e delle immagini che la Natura disegna nelle pietre e nelle gemme, e inoltre delle loro origini e cause.




L’autore procede metodicamente. Dapprima egli divide le pietre in base ai soggetti: figure geometriche e tutte le lettere dell’alfabeto; visioni celesti - asteroidi e stelle, falce di luna e sole; mondo terrestre - paesaggi, vegetazione, città; esseri viventi - uccelli, quadrupedi, uomini; immagini religiose - Cristo, la Vergine col Bambino, la Madonna di Loreto, san Giovanni Battista, san Gerolamo. Quindi ne spiega la formazione in quattro modi:

 

l. Cause fortuite;

 

2. Disposizioni del terreno che funge da matrice e attitudine delle forme e degli umori alla pietrificazione;

 

3. Magnetismo che agglomera forme consimili;

 

4. Volontà divine e angeliche.




Piante e pietre nascono dallo stesso suolo, e in esso le loro sostanze si mescolano dando luogo a una contaminazione. Il muschio vegetale penetra nei minerali e si trasforma in erbe e in frutti pietrificati, mentre nei cristalli e nei marmi germogliano degli arboscelli. Certe pietre a forma di animale sono fossili, ma in terreni e materiali atti ad accoglierle nascono anche immagini perfette, come sotto l’azione delle correnti magnetiche che provocano la galvanoplastica.

 

Allo stesso modo si formano nell’interno di certe pietre le immagini sacre; oggetti di culto, crocefissi abbandonati sul suolo durante lavori di sterro s'imprimono in esso con l'andar del tempo, com’è avvenuto per l’iscrizione INRI di Tivoli. Stretta fra due lastre di marmo sepolte sotto terra, la figura finisce col penetrare profondamente nella loro sostanza.

 

Ma tutte queste cause occasionali divengono feconde soltanto grazie alla provvidenza divina, che determina nella Natura un così gran numero di effetti prodigiosi: la genesi delle immagini nelle pietre è frutto delle medesime forze che presiedono alla nascita delle nuove stelle nel cielo e dei mostri sulla terra. Il libro fornisce inoltre istruzioni di carattere chimico. Le figure devono essere dipinte su carta, mescolando al colore del vetriolo e altri liquidi corrosivi; se messa fra due tavolette di marmo accuratamente levigate, la pittura ne compenetra la sostanza in capo a due o tre mesi.




Si può anche dipingere direttamente su di una superficie di marmo bianco con ammoniaca e acido nitrico sapientemente mescolati ad altri elementi, e allora tutto il materiale solido accoglierà l’impronta del disegno. Parecchie pietre figurate erano con tutta probabilità dei falsi. Il testo è illustrato da esempi conservati nei musei (soprattutto nel museo Aldrovandi: uno solo appartiene alla raccolta Kircher) e provenienti da varie parti del mondo, dalla Terrasanta al Cile.

 

Ora le figure vi emergono confusamente in mezzo a chiazze e asperità, ora vi si stagliano con nettezza; in certi casi l’illustratore ha inserito l’immagine voluta alterandone appena i tratti.

 

Le origini di tali visioni vanno ricercate nell’antichità classica. Nei suoi libri sulle gemme e sulle pietre, ‘la massima follia degli uomini’, Plinio descrive una quantità di fenomeni analoghi. Un blocco di marmo di Paro, staccandosi dalla roccia lungo gli spigoli, lasciò vedere improvvisamente un’immagine di Sileno (XXXVI, IV).




…Nei dintorni di Munda in Spagna, là dove Cesare aveva sconfitto il giovane Pompeo, si possono vedere pietre palma te, vale a dire pietre che una volta spezzate presentano il contorno del palmo della mano (XXXVI, XXIX). Le pietre asteriti contengono immagini del sole e della luna (XXXVII, XLVII), e infine le venature di un’agata appartenente a Pirro ‘rappresentavano naturalmente, e senza intervento di arte un gruppo mitologico: Apollo con la lira, le nove Muse e persino gli attributi particolari di ognuna di esse (XXXVII, 111).

 

Altre meraviglie del genere vengono enumerate da Salino (230 c.); nelle agate di prima qualità, le venature disegnano varie creazioni della natura: le agate provenienti dall’India raffigurano ora foreste, ora animali. Nel Trattato dei Fiumi dello pseudo-Piutarco, apocrifo databile a un periodo anteriore al 227, sono citati gli autoglifi, in cui è raffigurata la Madre degli dèi, ifiladelfi che rappresentano figure umane (quando se ne pronuncia il nome si staccano da quanto li circonda e si accostano gli uni agli altri), i cristalli attorti in forme umane. Di tali descrizioni sono indicate le fonti: il Trattato delle Piante di Ctesifonte, il Trattato delle Pietre di Aristobulo, i Racconti Tragici o Traci di Trasillo di Mèndes… 

(]urgis Baltrusaitis)

 

 


 

 

ALLA RICERCA DEL REGNO… 

 

 

La spedizione dell’HMS Challenger fu la prima spedizione organizzata e finanziata per uno scopo scientifico specifico: esaminare i fondali marini profondi e rispondere a domande approfondite sull’ambiente oceanico. Wyville-Thomson avrebbe raccolto i dati risultanti nei Rapporti Challenger in 50 volumi, inaugurando l’era dell’oceanografia descrittiva. Sperava di confutare la teoria azoica, recentemente proposta, che postulava l'esistenza di una ‘zona morta’ al di sotto dei 550 metri in tutti gli oceani del mondo, e di dimostrare le scoperte di Darwin.

 

La nave della marina militare ristrutturata era dotata di laboratori e sale di lavoro all’avanguardia, delle più recenti apparecchiature scientifiche e di un sistema telegrafico con cui inviare i risultati a casa.




 Sheerness, 22 novembre 1872

 

Abbiamo due battelli a vapore a bordo e circa 30 miglia di linea d’altura e linea di dragaggio; le altre sei barche le prenderemo quando entreremo nel fiume la prossima settimana. Tutti i membri del personale scientifico sono a bordo e sono stati impegnati durante la settimana a stivare la loro attrezzatura. Ci sono alcune migliaia di piccole bottiglie ermetiche e piccole scatole delle dimensioni di scatole di San Valentino, imballate in contenitori di ferro per conservare campioni, insetti, farfalle, muschi, piante ecc. C’è una sala fotografica sul ponte principale, anche una sala dissezione per sezionare orsi, balene, ecc.

 

                                             Joseph Matkin Challenger 





Gli obiettivi scientifici dello Challenger, stabiliti dalla Royal Society, erano:

 

Studiare le condizioni fisiche delle profondità marine nei grandi bacini oceanici (fino alle vicinanze della Grande Barriera di Ghiaccio Meridionale) in relazione a profondità, temperatura, circolazione, gravità specifica e penetrazione della luce.

 

Determinare la composizione chimica dell’acqua di mare a varie profondità, dalla superficie al fondo, la materia organica in soluzione e le particelle in sospensione.

 

Accertare la natura fisica e chimica dei depositi di acque profonde e le fonti di tali depositi.

 

Studiare la distribuzione della vita organica a diverse profondità e sui fondali marini profondi.

 

Dal dicembre 1872 al maggio 1876, il Challenger percorse quasi 115.000 km (69.000 miglia), toccando tutti gli oceani tranne l’Artico. Un set di dati standard fu raccolto in ciascuna delle 360 stazioni lungo la rotta. Campioni e dati furono accuratamente restituiti in Scozia per analisi sistematiche e documentazione.

 

Le tre tecniche di base disponibili per il loro studio scientifico erano il sondaggio, il dragaggio e la lettura della temperatura. Prelevarono anche campioni d’acqua utilizzando diverse bottiglie di campionamento e avevano a bordo un idrometro per misurare la salinità dell'acqua di mare analizzandone la densità.


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lunedì 11 agosto 2025

I FARI DEGLI "ILLUMINATI"

 








Precedenti 'osservazioni'  


procedere da un Lago 


ad un mare...  









Prosegue ancora: 


Forme d'arte in Natura  


& La sala degli specchi...  


& il mondo sotterraneo







Pensiamo Meditiamo Scriviamo… silenti in questo grande mare, in questo Oceano intasato di plastica e catrame, in questo vasto primordiale sentimento da dove, come vermi siamo protesi verso la Luce, e poi, quasi come un miracolo, verso la deriva evolutiva dalla parte opposta; ogni tanto ascoltiamo l’antico suono del ‘radiolare’ preferito poggiato sul fondale marino, quando l’immagine annebbia la vista e la pupilla non ancora abituata deve udire il primordiale suono dell’onda infrangersi sulla realtà della vita che nasce e nascerà ancora. 

 

Udiamo il suono del Progresso che, con occhio sensibile ci scruta studia ed enumera, classifica e ripone su un diverso naufragio ove ogni Terra in assenza del suo Ammiraglio preferito non ha voce in capitolo, ed ove questa Vita sarà sacrificata giudicata e riposta in un diverso stadio evolutivo, la misura di questo quando lo vediamo che lancia fontane d’oro in senso opposto di marcia, ci fa comprendere non solo il pericolo, ma anche come ugual Tempo consumato e distribuito.




Il dio del distributore uno e trino, ci affumicherà come il tempo della Creazione impone il dominio, per noi poveri vermi non ci sarà rinascita o un solo radiolare per ogni onda libera o da sconfiggere ancora!  

 

Vorremmo essere in un diverso Universo, Infinito, ove poter spaziare senza comando o telecomandato conferito da uno strano dio che, così ha sentenziato  suggerito a conferma del suo imparziale Giudizio divino, dobbiamo servire l’uomo non ancora nato e neppure affogato, solo proteso al suo Comandamento preferito mentre si diletta a fondare l’Universo bituminoso; noi poveri vermi rinati ad un diverso utilizzo e riciclo per come la vita di un Primo primordiale dio, attendiamo il suo lento procedere evolversi e navigare, senza il quale, in verità e per il vero, almeno così sentenzia il dio d’Abramo… Lincoln compreso, evolvere verso il paradiso, verso il futuro paradiso promesso e procedere senza peccato alcuno all’Eden, il suo residence privato con vista su Miralago.




Questo strano traffico marittimo di Anime in costante Viaggio più o meno divino, creano le premesse dello Spirito del Secolo, d’ogni Secolo, quando fu solcato per il dominio; poi in rara virtù della scoperta che il principio, senza pretesa e difetto alcuno nella forma di cui alla riva per la fine d’ognuno, prospettata e apostrofata con tanto di Versetto, in nome e per conto del dio appena detto; in un Secondo scoppiò come una scintilla diluita in un nebbioso vapore equamente distribuito evolvere il Big Bang del vero putiferio divenire il miracolo della Creazione; poi si impadronì del Tempo, d’ogni Tempo apostrofato entro e fuori ogni Universo conteso fra un Primo e un più breve Secondo; del Primo nostro ulcerato malfermo arbitrio non ancora approdato all’Intelletto al Pensiero e futura negata Ragione, simile ad un verme in pacifico ascolto del suo radiolare preferito, preferiamo non  nominarlo, rischieremmo l’estinzione ancor prima di essere approdati dall’Oceano a questo difficile ulcerato malfermo paesaggio.




Da vermi quali siamo vi narriamo questo grande mare, e l’uomo che oltre a dominare il Tempo e la Geografia che ne deriva e deriverà ancora, procede alla dovuta necessaria Conquista per ogni retta parallela e meridiana con l’ago della bussola che indica la vera e duratura ricchezza; ogni verme nato dalla sua  Terra che aspira al magnetismo o alla corrente di un diverso Oceano, e non solo del più noto Golfo con vista, fu sradicato, non solo con l’‘amo’: Parola di un dio pescatore anche lui perito su di un monte, in sua vece fu fondato un diverso porto, una diversa Architettura, senza risparmiare a nessuno la necessaria Croce in suo perenne ricordo ravvivandone la pregata Memoria in difetto di predica, infatti si predica ancora il dovuto Verbo pur non comprendendone la Grammatica che compone questo ed ogni Sentimento verso la Luce della Vita infondere il Suo Principio.

 

Ma lo abbiamo detto all’inizio del Verbo quando ci siamo incamminati o incarnati per questa desolata riva, l’uomo scorto èra in ginocchio recitava una strana delirante commedia simile ad una preghiera; noi che lo osserviamo essendo vermi senza Pensiero Parola e Idea, a mala pena possiamo permetterci di aspirare all’‘amo’ della sua pacifica dottrina, correremo il rischio che Moby in alto secolare mare li conduca ad una inattesa inaspettata crociera …o deriva opposta!    




C’è un traffico incontenibile con ogni sorta di morte spacciata per viva che prega e ci illumina l’inarticolata e non sviluppata pupilla circa la sua dottrina, là dove si pratica l’alchimia della sana e più corretta scienza economica, la quale promette la sana e corretta rotta evolutiva, si dilettano infatti, alla pesca di Anime da trapassare e fondare nuova e più duratura vita; Anime da raccogliere in questo vasto mare e da riportare alla deriva opposta in nome del progresso.

 

Noi quali vermi, per di più non pensanti e nulla facenti, non comprendiamo ove seminata e fondato il suo Principio inerente la Luce, ed ove, in verità e per lo vero, le Anime vengano inabissate e affogate nelle più profonde tenebre. Sappiamo da un libero radiolare che questa strana vita fonderà il Principio, almeno così è scritto!     



      

Ragion per cui privati di ugual Ragione, costantemente formuliamo nuove ipotesi su questa strana evoluzione, nuove e più estreme urgenti promesse con noi stessi e l’inganno che questa nuova arte evolutiva prospetta; complice il Tempo a cui vi dedichiamo, lento comporre l’artefizio in uso al ‘progresso’, il quale consente una nuova prospettiva circa la materia di cui poco o nulla comprendono in merito all’ipotesi di una nuova e contraffatta Natura, eccetto il dominio che al meglio la classifica giudica e ancor meglio medita… 

 

I due tempi non coincidono quando osserviamo medesimo paesaggio privato dell’umano… arretrare verso un antico passo che lento diviene mulattiera e da lì procediamo verso una impervia difficile via, con solo la speranza che l’antica Via ci assista in questo antico calvario, e che il ponte che abbiamo attraversato ci conduca verso la Cima di un antico Tempo ritrovato… 




…Eppur in moto opposto questa antica Terra si muove procede e gira, e come sovente mi succede, qual innominato Eretico, proseguo a ritroso e contromano rispetto al Tempo dato…, per solo rimembrare tutti i dismessi benefici con cui gravitata e nutrita un Anima antica e il suo Universo, circa altrettante invisibili orbite con cui formulava presagi e certezze di una remota dottrina.

 

Certamente a detta di qualche affermato ‘analista’ suddetto procedere camminare e opporsi al secolar tempo narrato e conservato negli archivi della nostra Memoria, nei geni di cui beneficiamo, a dispetto di nuovi e infruttuosi miti in uso al progresso, potrebbe divenire calvario, giacché il tempo vissuto, per sua ed altrui corrotta natura derivata dall’abbraccio con la materia, procede paradossalmente veloce e all’opposto nel senso comune del ‘Viaggio’ da cui, in verità e per il vero, proveniamo, per questa ed ogni futura e trascorsa esistenza rammentata.




Gli Elementi e i composti formano la materia dopo la curva sul ponte al di sopra sull’Oceano accennato e superato…, il caldo indescrivibile e guardiamo in alto verso la Cima dell’Olimpo con sopra un Teschio e la parabola che compone il Tempo da cui fuggiti per ricomporre il passo, l’invisibile passo a cui apparteniamo; la Luce, superato l’abisso della notte, compone vecchi indescrivibili Ricordi: si confonde e sposa per poi risplendere attraverso l’oro delle foglie, forse solo per risaltarne le forme e ricordarci come la Linfa a cui aspiriamo - l’Idea - e con lei il Pensiero possa essere ispirato.

 

È il segreto del passo non fate rumore se solo potete…, quando il buon DIO CI SCRUTA E VEDE; e controluce mi sembra di scorgere il profilo di un Dio che ci ordina di proseguire giacché la morte, anche se ha colto un suo frutto prezioso, mi impone di procedere sicuro e spedito in onore del cantico di cui vanno fieri questi Pensieri che hor hora ripeto meco ai miei due confratelli, quali umili creature specchio della Natura che pregata osservata e rimirata… contraccambia e li ammira più di pria…




Pensieri Preghiere e antiche parole sconnesse non ancor perseguitate Rime e Poesie nel loro Tempo che ci scruta spia e perseguita ancora; condivise fra la morte e la vita, fra una lacrima che sgorga come rugiada da una foglia e la luce che in alto impone la Rima, la preghiera, l’antica dottrina.

 

Non importa!

 

Mi dice l’occhio che mi scruta specchio di un dio che mi accompagna e implora Preghiera per ogni offesa subita!

 

Non importa ci sono io se sei debole aggrappati alla mia felicità sarò bastone della vecchiaia! La gioia così ci accompagna ed illumina sono appena arrivato all’anno di Nostro Signore quando in mille e duecento superammo ugual ponte poveri scalzi e ignudi come vermi…; partimmo e la Terra da lontano osserviamo ancora, ripariamoci in questo antico abbandonato Eremo e meditiamo in silenzio il Tempo dall’Infinito donde proveniamo, siamo profili di foglie verdi d’estate e volti smunti quando l’Autunno attende il nostro segreto, l’Inverno ci ricondurrà al segreto passo e Universo da dove proveniamo.




E quando arriverà in tutta la magnifica magnificenza della sua bellezza ti annunciamo che la rugiada bagnerà e sgorgherà come una lacrima antica, non siamo morti, siamo tutti qui con te a sconfiggere la morte che ancor ci perseguita…

 

E anche se il Paradiso muteranno in Inferno, anche se la promessa del rogo terreno ci soffocherà e tormenterà per l’intera esistenza, non importa! La gioia del buon dio donde provengo allieterà il tuo difficile presagio…

 

 Per cui non seguitemi su questo terreno calvario…!


 

 

IL FARO




 

Il marinaio, nello svolgimento delle sue attività quotidiane, è esposto a innumerevoli pericoli. In mezzo all’oceano, per la maggior parte, non deve temerli particolarmente, perché ha ampio spazio in mare per manovrare la sua nave, e in caso di fitta nebbia può rallentare finché questo temuto nemico non si solleva o si disperde.

 

Ma nelle affollate acque costiere la sua posizione è spesso precaria, poiché può essere minacciato da secche o scogli nascosti, che lasciano pochi o nessun indizio sulla loro ubicazione e che possono essere attraversati con apparente sicurezza.

 

Se la nave procede a tentoni per ignoranza, viene fermata con un tonfo mentre affonda il muso nella sabbia risucchiante e scorge un ‘verme’, o rabbrividisce raschiando i denti rocciosi, forse per essere stretta come in una morsa, o per essere colpita e spezzata così spaventosamente che, quando finalmente si libera e scivola in acque profonde, non può che affondare immediatamente.




Qui, se la nebbia oscura la scena, la nave rischia di essere trascinata verso una distruzione certa dalle correnti e da altre forze naturali, poiché il capitano è condannato a un'impotenza totale, come quella di un cieco in una strada trafficata.

 

Non sorprende, quindi, che il Capitano, mentre si avvicina o si aggira lungo una costa tortuosa, scruti avidamente le acque alla ricerca di un’occhiata al varano di guardia, che, come sa dai suoi calcoli e dalla carta, dovrebbe apparire in vista per guidarlo lungo la rotta. Il segnale di pericolo può essere di molti tipi: un barlume nebuloso, simile a una stella, lanciato da una boa che danza sulle onde, la sfera luminosa di una nave faro che ondeggia su e giù e oscilla ritmicamente avanti e indietro, una luce fissa, o raggi abbaglianti simili a raggi che ruotano nel cielo.




Se la vista è impossibile a causa della nebbia, deve affidarsi al suo orecchio per la misurazione. Il rintocco di una campana, lo stridio di un fischio, il suono profondo di una sirena o il brusco scoppio di un esplosivo. Quando percepisce uno o l’altro di questi avvertimenti, si sente più a suo agio e prosegue per la sua strada, con occhi e orecchie ben tese per avvertire del pericolo successivo.

 

Il Faro è la più grande benedizione che sia mai stata concessa alla navigazione. Rende l’avanzamento notturno in mare sicuro e semplice come nella luminosità del sole di mezzogiorno. Senza questi Fari, la circolazione sicura delle navi di notte o in caso di nebbia lungo le affollate rotte dei piroscafi che costeggiano le coste frastagliate dei cinque continenti sarebbe impossibile.

 

È naturale, quindi, che le varie nazioni del mondo si sforzino strenuamente di illuminare le proprie coste in modo così adeguato che la nave possa procedere di notte in modo sicuro e confortevole come un uomo può camminare lungo una strada cittadina illuminata.




Da dove venne l’idea di illuminare la costa con fari luminosi?

 

È impossibile dirlo.

 

Sono stati tramandati alla civiltà moderna attraverso la notte dei tempi. Il primo faro autentico fu il Sigeo, sull’Ellesponto, che senza dubbio precede il famoso Faro di Alessandria. Quest’ultimo era un’imponente torre quadrata, alta 120 metri, ed era considerata una delle Sette Meraviglie del Mondo. Fu costruito intorno al 331 a.C. La luce di segnalazione veniva emessa da un enorme fuoco di legna, mantenuto acceso ininterrottamente sulla sommità durante la notte; si dice che l’illuminazione fosse visibile per una distanza di quaranta miglia, ma le conoscenze moderne mettono in discussione questa portata.

 

Il progetto preciso di questa meravigliosa torre è sconosciuto, ma doveva essere una struttura imponente, visto che si calcola che sia costata l’equivalente in valuta moderna di oltre 200.000 sterline, ovvero 1.000.000 di dollari.




Per milleseicento anni guidò i navigatori tra le acque da cui ergeva la sua cresta fumante, e poi scomparve. Come, nessuno lo sa, anche se si suppone che sia stata rasa al suolo da un terremoto; ma, sebbene sia stata spazzata via dalla vista, il suo ricordo è stato preservato, e le nazioni francese, italiana e spagnola usano il suo nome in relazione.3 con il faro, che in Francia si chiama phare; negli altri due paesi menzionati, Faro.

 

I Romani, durante la conquista della Gallia e della Britannia, portarono con sé il Faro e in Inghilterra si trovano numerosi resti dei loro sforzi in questa direzione, in particolare il faro di Dover.




Con ogni probabilità, tuttavia, il faro nella sua forma più primitiva è antico almeno quanto i primi libri della Bibbia. Indubbiamente, nacque dall’abitudine di guidare il barcaiolo in arrivo verso casa sua per mezzo di un falò ardente, acceso in un punto ben visibile nelle vicinanze. Una guida del genere è un espediente del tutto ovvio, che ancora oggi viene praticato da alcune tribù selvagge.

 

Quando i Fenici commerciavano in stagno con gli antichi Britanni della Cornovaglia, le loro imbarcazioni solcavano incessantemente le acque agitate che lambivano le coste occidentali della Spagna, dove, per garantire una navigazione più sicura ai loro marinai, eressero senza dubbio fari su promontori prominenti.

 

Il Faro più antico del mondo, che in alcuni ambienti è ritenuto di origine fenicia, è quello di La Coruña, poche miglia a nord di Capo Finisterre. Altri sostengono che fu costruito durante il regno dell'imperatore romano Traiano. Nel 1634 fu ricostruito ed è ancora esistente.








domenica 10 agosto 2025

giovedì 7 agosto 2025

IL MALE

 








Diagnosi Precedenti... 


affinché i lavori proseguano 


Io, il Re! Affermo la Natura 


intera Essere viva....  


Il Re Proclama... 
















(si prega prendere visione 


del bando....)        









Prosegue ancora con l'invenzione 


dell'Animatografo






Così, il Re, si trovò pietosamente invischiato in difficoltà di ogni genere, lui, l’idealista recluso, salvatore di Wagner e fondatore del grande Impero tedesco!

 

Ed era in un clima di continue umiliazioni che i ‘castelli da sogno’ stavano per essere completati. Riedel rimase in carica, ma il Gabinetto era caduto completamente in disgrazia con il Re. Ricordando il l’autosufficienza e l’indipendenza di Ludovico II si può ben immaginare dove un simile stato di cose debba inevitabilmente portare.




Tra il Gabinetto e il Re ne seguì ora una lotta amara che durò un anno intero. Due scene da questo doloroso conflitto sarà sufficiente dare qualche idea della tragedia che attendeva il Re. La seguente conversazione ha avuto luogo tra il Segretario di Gabinetto e uno dei ministri:

 

‘Non vedi come il Re sta rovinando il capitale lasciatogli in eredità dai suoi antenati? Se continua ancora così ancora per molto, presto non ci sarà più niente ne è rimasto, né per lui né per la Baviera. Questo è ciò che deriva dal suo pensiero di poter decidere tutto da solo. Deve prima o poi aprire gli occhi sulla sua vera natura posizione di Re di un paese costituzionale e di i suoi doveri verso l’Impero. Rispettosamente ma con molta enfasi dovremo fargli capire che non può più andare avanti così. E questo deve essere fatto in un modo che non gli lasci dubbi su le nostre intenzioni: che questa non sia né una finzione né una falsa necessità ma severa realtà. Né i nostri contemporanei né la storia potrà rimproverarci di aver semplicemente assecondato i capricci reali, trascurando il nostro dovere alla nazione’.

 

‘E se il Re continuasse a rifiutarsi di lasciarsi convincere?’




‘Ci sono modi e mezzi per raggiungere il nostro scopo. In nel caso in cui non fosse convinto, il Re dovrebbe essere trattato come un bambino. Misure estreme e sicure, come l’abdicazione forzata e la sua messa sotto tutela presto gli apriranno gli occhi’.

 

‘Ma questo potrebbe essere fatto solo da qualcuno che non ha affetto per lui, che è completamente fuori dalla simpatia con i suoi progetti architettonici e chi va anche così al punto da considerarlo anormale’.

 

‘Se questo è tutto, potrei citare i nomi di molti che sono pronti ad arrivare a tanto nell'interesse del paese’.

 

Qui la conversazione finì.




L’altra scena si è svolta a Neuschwanstein, quando il quartiermastro Hesselschwerdt stava discutendo la situazione con il Re e disse:

 

‘Vostra Maestà sa quanto devoto sia il popolo a il loro Re e che apprezzano quei castelli che sono già finiti: anche che il paese sta iniziando per vedere il valore di tutto ciò che hai fatto per Wagner. Tanto più la Maestà vostra deve essere estremamente attenta ora di non fare nulla di imprudente che potrebbe causare un’inversione di tendenza nel paese, perché ci sono ci sono già un sacco di voci in giro. Ci sono, si dice, certe persone che desiderano farlo sapere che Vostra Maestà è – mi scusi l’espressione – pazzo!’

 

Il Re sorride cupamente.

 

Non è minimamente arrabbiato.




Come Hesselschwerdt si aspettava, eppure tradisce una certa perplessità e malcelata inquietudine mentre risponde:

 

‘Chi potrebbero essere queste persone? Non riesco a immaginare che tali le persone esistono o esisteranno mai’.

 

‘Non è stato ancora deciso nulla di definitivo, ma fra alcuni giorni potrebbe accadere... Tutto quello che volevo fare era per avvertire Vostra Maestà di non soccombere a nessuna nuova tentazione’.

 

(Il Re aveva appena parlato di i suoi ultimi progetti per un castello a Falkenstein.)




‘Il mio unico desiderio è che il mio popolo si renda conto che tutto ciò che ho fatto non è stato per la mia glorificazione: che ho mirato ad educare il mio popolo ad amare il bello e lasciare tesori imperituri dietro di me per la glorificazione del mio Paese’.

 

A questo punto il Re interruppe la conversazione, rimanendo stranamente in silenzio per tutto il resto della serata.

 

Ma Ludwig non lavora in vista del turismo del futuro.

 

Orchestra la sua prima sinfonia.

 

Non sta più in sé per la gioia della composizione e dal proprio io sente sgorgare una tale abbondanza di temi, che non esita a sovraccaricare il suo testo. Così, fa scavare la grotta di Venusberg, dove, su un lago interno, dondola la navicella di Lohengrin.

 

Non è forse il suo primo desiderio, la sua rivelazione iniziale?




Certo, deve persino arrivare armato di tutto punto, cavaliere di lontani paesi. E mentre i suoi lacchè accendono fiaccole colorate dietro le stalattiti, la leggenda si avvera: Lohengrin dall’elmo d’argento avanza, in piedi sulla sua barca, cantando a mezza voce un indistinto epitalamio.

 

Linderhof, nome privo di bellezza alle orecchie del re. Un giorno ne inventa un altro: Meicost Ettal. Ci si perde in congetture. Ettal lo si poteva spiegare, perché era il nome di un convento vicino. Ma Meicost restava indecifrabile. Tuttavia, il re sembrava felice della sua scoperta. Una volta confidò:

 

‘Le persone sono così stupide da non riuscire a capire questo chiaro simbolo?’

 

Meicost Ettal è un anagramma e, con la matita in mano, rivela ai ciechi un segreto così ben nascosto: cambiate l’ordine delle lettere e leggerete L’état c’est moi (lo Stato sono io).




Meicost Ettal, prima scena della grande festa che ha inizio. La grande festa della mente.

 

Delle menti. L’unico vero teatro del mondo, la corte, trasportata nell’inverno di una valle bavarese. Il passato più sontuoso dell’Occidente è ora in suo potere.

 

Si attacchi dunque la sua slitta di gala. Manda un corriere da Monaco a Meicost Ettal perché venga preparata una cena leggera; dà ordini che lo champagne venga messo in fresco. Al diavolo ancora una volta le assurdità di Stato! Manda i suoi ministri a fare passeggiate. L’importante è che scuotano gli alberi del nuovo parco per farne cadere la neve. Il postiglione, in bicorno e divisa alla francese, precede i sei cavalli bardati con campanelli. Al gran galoppo, la slitta scivola sulla campagna. E Ludwig, chino dietro i finestrini ingrandenti della sua gabbia dorata, corre per arrivare al Trianon da cui è ossessionato. Quella sera, Sua Maestà cena con il Re Sole e Maria Antonietta.

 

…Amava le statue e ne collocava ovunque, salvo poi voltarsi dall’altra parte per non vederle.

 

Ma in un certo posto, a una certa ora, si toglieva il cappello davanti a un albero.




Amava gli specchi, gli avori, le giade, la tartaruga finemente cesellata e passava ore nel contemplarli. Non per la loro bellezza, ma per la perfezione del lavoro, la riuscita di chi li aveva lavorati. È in oggetti di questo tipo che toccava la verità delle cose, l’opposto ‘dell’inganno’. Ascoltava, osservava e accarezzava un mondo che non era più illuminato dal sole della ragione, ma dalla luna delle apparenze. Ed è forse questo altro colore della luce, questo opposto del giorno, che chiamiamo follia.

 

Da un tale uomo ci si aspetta forse che popolasse di deputati e ministri le sue sale del consiglio, ornate per un’assemblea di personaggi illustri?




Le ‘assurdità di Stato’ non meritano queste cornici dorate; meglio che il vento porti via le parole leggere dei segretari di gabinetto e dei capi di governo. Ludwig riceve questi signori tra le sue montagne, su un prato, nei pressi della casa di un guardacaccia. In qualche fresca mattina di primavera, gli ordini arrivano all’improvviso su quelle cime, un tavolo viene sistemato all’aria aperta, coperto da un tappeto di fortuna, davanti al quale sono poste sedie di paglia. Ben presto si sentono gli zoccoli dei cavalli e appare il re, seguito da cocchieri e bracchieri che calpestano le viole.

 

Smontano.

 

Il re avanza da solo, siede al tavolo in abito da viaggio, in testa un berretto scozzese con nastri. I lacchè si allineano a distanza, tenendo i cani al guinzaglio; poi il capo di gabinetto si avvicina a sua volta, in marsina e cravatta bianca, cartella in mano e cappello a cilindro sotto il braccio. Espone gli affari correnti. Sua Maestà li discute con rigore, critica o approva e sui documenti, che gli hanno presentato, appone la sua grande firma calligrafica. Il tutto viene sbrigato in pochi istanti. Poi il burocrate si inchina e torna nella capitale.




A quel punto il re si intrattiene con la sua guardia, si informa su cose relative alla foresta, sull’inverno per due terzi trascorso, su coloro che vivono qui in solitudine, e proibisce una volta di più di sparare agli animali. In quei rifugi alpestri l’idea della morte gli appare abominevole.

 

Che laggiù, nella pianura, gli uomini si distruggano e muoiano come mosche, è affar loro.

 

Ma su quelle alture, dove vagano solo pochi capripedi e mandriani, il lavoro, l’odio e la morte riempirebbero l’occhio ingenuo della natura di patetico stupore.

 

Come, così in alto, tutto torna a essere casto!

 

I lacchè, che lui rimprovera a sé stesso di maltrattare talvolta con una frusta troppo severa, che bei ragazzi orgogliosi e sani sono!




Begli amici vicini al suo cuore. Si assicura che la vettura ministeriale si sia allontanata effettivamente sulla strada che scende a valle. E allora una gioia lo esalta. Chiama il cocchiere Hornig – quello che a Monaco chiamano il cancelliere – gli dà del tu di fronte a tutti, pretende che si dia del tu anche a lui e vuole che sull’erba, subito, si giochi all’anello o a mosca-cieca. Vuole che si beva: e spuntano delle bottiglie.

 

Che si stia allegri: e i volti si animano.

 

Tra questi semplici, egli è un semplice. L’umiltà si insinua in lui come i profumi di questa mattina insolita, perché di solito non si alza fino al tramonto. Ride, gioca con questi ragazzi intimiditi e zozzi; batte loro sulla spalla, accarezza le loro mani inabili alla dolcezza. E all’improvviso si ferma di colpo, si asciuga il sudore che gli imperla la fronte.

 

‘Io, il re! È possibile…?’.




Ritornato alla sua statura regale, si spaventa di sé stesso, cambia volto e torna a cavallo seguito da quel branco ancora ubriaco. In un attimo, la sbalordita cavalcata scompare dietro le fronde.


In tutto ciò la complicazione sta in questo ‘io’ senza stabilità. Per la maggior parte, gli uomini hanno identificato il loro ‘io’, ne hanno individuato gli errori segreti, stringono con mano più o meno ferma le briglie che ne terranno a freno le galoppate. Nel peggiore dei casi, sanno che ci sono barriere e ripari attorno al sentiero, lungo cui scalpita la loro bestia.

 

Ma per Ludwig non ci sono.

 

Caracolla su un altopiano a picco sul vuoto. Abbattute tutte le barriere, nulla gli impedisce di saltare dove lo porta il caso. Tanta libertà gli tarpa le ali. Al momento di partire, ogni volta si ferma.

 

Dove andare?

 

E perché?




Occorre una volontà o un sentimento per orientare il più debole desiderio, almeno una parvenza di appetito. Ma cosa desiderare quando non si ha più fame? Ah, quanto sono incapaci gli uomini di assaporare la propria felicità di essere gelosi, addolorati, appassionati, nudi ed elevati dalle loro speranze!

 

Arrivò il fatidico anno 1886.

 

La gente di Monaco sorrideva e lo chiamavano ‘pazzo’.

 

Poco dopo la scoperta da parte del Primo Ministro von Lutz che il Re aveva affidato al Barone von Franckenstein, leader del partito cattolico, la formazione di un nuovo Gabinetto, che l’offerta era stata accettata e che von Franckenstein si stava preparando a procedere verso il castello di Neuschwanstein per un incontro con Ludwig, la tragedia che incombeva sul Re raggiunse il suo atroce culmine.




Per anticipare i piani del Re, bisognava prendere delle decisioni con rapidità fulminea. Allo stesso tempo era necessario per evocare una sorta di fondamento giuridico su cui basarsi. L’intero Governo inviò una richiesta urgente di un’udienza con lo zio, il principe Luitpold, richiesta che fu concessa.

 

In sua presenza la lettera sigillata destinata per Rothschild fu aperta e Hesselschwerdt è stato proibito di eseguire l’ordine o tutti gli ordini del Re. Poi andarono a stabilire con la speranza di dimostrare che il Re non era più responsabile per le sue azioni, producendo un certificato medico a questo effetto e coinvolgendo altri tre illustri dottori in consultazione, che certificarono il documento.

 

Immediatamente, in seguito, la famiglia reale tenne una consultazione privata a Monaco nel corso del quale decisero con solo due dissenzienti per mettere il Re sotto tutela. Il conte von Holnstein funge da suo tutore. Il barone von Franckenstein fu convinto a rinunciare alla sua posizione politica missione, dopo essersi convinti che tutto fosse fatto.




Il documento decisivo in questione era l’esperta comprovata  prova del famoso dottor von Gudden, direttore del Manicomio Generale dell'Alta Baviera. Era stato redatto e presentato al Ministero già il 23 Marzo 1886 pronto per essere utilizzato quando ritenuto opportuno necessario. In questa fatidica riunione del Gabinetto fu controfirmato dal Dott. Hagen, dal Dott. Grashey e dal Dott. Hubrich, ed era espresso nei seguenti termini crudeli e spietati:

 

‘Vostra Maestà è in uno stadio molto avanzato di malattia mentale, una forma di follia nota agli specialisti della mente con il nome di “Paranoia”. Poiché questa forma di male ha uno sviluppo lento ma progressivo di durata di molti anni, Vostra Maestà deve essere considerata come in ‘soggetto’ incurabile; giacché un ulteriore accentuarsi del male, sulla salute mentale di Sua Altezza, può aggravare ulteriormente lo sviluppo naturale delle sue normali funzioni psico-fisiche. Soffrendo di un tale disturbo, la libertà d’azione non può più essere consentita, e Vostra Maestà è dichiarata essere incapace di governare, come d’intendere e volere; incapacità che sarà non solo per la durata di un anno ma per la durata dell’intera  vita di Vostra Maestà’.




Tale era il contenuto del documento che era rimasto a disposizione del governo bavarese da allora il 1° marzo e rinnovato l’agosto del….

 

Un cervello malato è incurabile!

 

Quella non era una semplice prova di un esperto, era una condanna di morte h pronunciata da uno scienziato. Volevano dimostrare che il grande re eremita era improvvisamente diventato un pericolo per i suoi simili? Alla fine avevano capito l’arma mortale tanto desiderata e che si era trasformata contro di lui.