CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

mercoledì 1 febbraio 2017

A CACCIA DELLA BESTIA FEROCE




















La caccia......
















continua.....














Il 5 luglio 1792 Giuseppe Antonio Gaudenzio, un fanciullo di dieci anni del
luogo di Cusago, conduce al pascolo una bestia e dopo essersi internato
nei vicini boschi non ricompare più.
Passati alcuni giorni si ritrovano solo il suo cappello e la giubbina insangui-
nata; poco dopo, i calzoni pure intrisi di sangue e le interiora.
Il fatto non può essere investigato a fondo perché nessuno ne fu testimone;
solo si teme che il ragazzo possa essere stato divorato dai lupi, che nei bos-
chi di Cusago abbondano.
Dopo qualche giorno, il Pretore del vicino borgo di Abbiategrasso denuncia
alla Conferenza Governativa che nel distretto della sua giurisdizione si trova
una bestia feroce che ha divorato una ragazza.




L'autorità centrale si premura allora di fare sul momento ogni tentativo per
liberare lo Stato dal pericolo di altri uguali infortunii: con decreto del succes-
sivo 14 luglio, destinato ai Delegati Provinciali, dispone un premio di 50 zec-
chini a chi ucciderà la bestia e una caccia generale nei luoghi in cui si crede
che si sia ritirata. A tal fine i Delegati dovranno corrispondere fra di loro e
prendere gli opportuni concerti con i Pretori, gli Ispettori degli uomini d'armi
e gli Intendenti di Finanza.
Faranno poi esporre il seguente avviso nei consueti luoghi della città, diraman-
dolo al tempo stesso nelle comunità di propria competenza:





In questo momento giunge alla notizia della Conferenza Governativa, che la
campagna di questo Ducato trovasi infestata da una feroce bestia di colore
cenericcio grigia quasi al nero, dalla grandezza di un grosso cane, e dalla qua-
le furono già sbranati due fanciulli. Premurosa la medesima Conferenza di da-
re tutti li più solleciti provvedimenti, che servir possano a liberare la Provincia
dalla detta infestazione, ha disposto che debba essere subito combinata una
generale caccia con tutti gli uomini d'armi delle comunità, col satellizio di tut-
te le curie e colle guardie di Finanza. Al tempo stesso rende inoltre noto, che
da questa Tesoreria Camerale verrà pagato il premio di 50 zecchini effettivi
a chiunque, o nell'atto della suddetta generale caccia, o in altra occasione
avrà uccisa la predetta feroce bestia: somma, che verrà subito sborsata dal
Regio Cassiere Don Giuseppe Porta, in vista del certificato, che rilascerà il
Regio Delegato della Provincia, nel di cui territorio la detta bestia sarà stata
ammazzata.




La conferenza sollecita quindi il Magistrato Politico Camerale a suggerire
eventuali altri provvedimenti, ma il Magistrato ritiene efficaci quelli presi e
ordina l'archiviazione del carteggio.
Il 13 luglio l'ispettore Generale delle Cacce invia il figlio, scortato da guar-
diacaccia, compari e altri uomini armati, a perlustrare le località dove si
pretende che si aggiri la bestia.
Per dieci giorni continui si battono con la dovuta vigilanza campagne e bos-
chi, ma senza che si incontri alcuna fiera: si ode soltanto l'urlo dei lupi inter-
nati nel bosco, dove il giovane col suo seguito passa qualche notte per ten-
tare di sorprenderli.
Secondo le istruzioni ricevute dal padre, non omette di raccogliere detta-
gliate informazioni, chiedendo in ogni villaggio, a tutte le persone in cui si
imbatte, se hanno testimonianze oculari o notizie certe della temuta bestia.





Ma non gli riesce di saper nulle di preciso, anzi tocca con mano che l'as-
serita esistenza del mostro è un mero sogno della fantasia riscaldata dalle
femmine, troppo facili a credere a chicchessia: tanto che l'ispettore delle
Cacce Borri, dopo i racconti del figlio, si conferma ancor più nel convin-
cimento che la campagna è infestata da soli lupi o lupe; e che molti avve-
nimenti sono sognati, come provano i seguenti casi.
Una popolana detta Bellabocca, in quel di Corbetta, stava lavorando in
una vigna; poco lontano v'era il marito che segava l'erba. Ad un tratto s'-
udì la moglie gridare: la Bestia, la Bestia!
Accorse il marito con l'arnese che stava usando, detto tra il popolo il
'seghezz', e accorsero anche altri contadini armati di forche e bastoni,
ma inutilmente; poiché nessuno di essi poté vedere la Bestia.




Il figlio dell'Ispettore, che in quel frangente si trovava là, si diede briga
di interrogare ben bene la donnicciola sull'accaduto per inseguir la bes-
tia se il fatto era reale.
La Bellabocca, che poc'anzi aveva sofferto di salasso prescritto dal
chirurgo, rispose:
'La bestia m'ha afferrata con i denti la gonna; lo vista con una arnese
in mano che sembrava la seghazz del mio povero marito; indi da ques-
ta vigna è saltata sulla strada che vi corre sotto e da qui si è allontanata
nella vicina campagna'.
Allora il giovane esaminò coi guardiacaccia la gonna di quella donna
in stato delirante, ma non riscontrò alcun segno della lamentata aggres-
sione: perlustrò con scrupolo anche la strada polverosa sulla quale
sarebbe saltata la bestia con il suo arnese, ma non vi seppe scorgere
alcuna impronta stampata dalle sue zampe.
Solo più tardi ebbe modo di scorgere il marito della donna  che torna-
va dalla taverna in compagnia di alcuni amici, in branco e un po' alticci,
con vicino a loro, a mo' di preda, una mulatta insolita per quelli luoghi,
nera...nera e dalla natura felina......

(la caccia alla Bestia .....prosegue.....)

(L'uomo e la Bestia antropofaga)














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