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L'impulso di copiare (2)
Era necessario scoprire la storia
prima che si potesse esplorarla. I messaggi del passato arrivarono prima
attraverso le arti della memoria, poi con la parola scritta e infine,
esplosivamente, con i libri. L’insospettato tesoro di reliquie della terra si
estendeva fino al passato addentro alla preistoria. Il passato, così, divenne
più che un deposito di miti o un catalogo di cose familiari. Nuovi mondi sulla
terra e sul mare, risorse di remoti continenti, usanze di popoli lontani
aprirono visioni di progresso e d’innovazione. La società, cioè il vivere
quotidiano dell’uomo nella comunità, divenne una nuova e mutevole arena di
scoperta….
‘Stampare’, in origine, ebbe significati diversi per l’Occidente e per
l’Oriente. In Europa, l’ascesa della stampa sarebbe stata l’ascesa della
tecnica tipografica, cioè dell’impressione su carta della scrittura mediante
caratteri mobili (‘tipi’) di metallo.
In Cina e in altri paesi asiatici influenzati dalla cultura cinese
l’invenzione fondamentale fu l’impressione mediante blocchi incisi a rilievo e
l’ascesa della stampa fu in realtà l’ascesa della ‘xilografia’, per la quale si
faceva uso di blocchi di legno. E’ quindi inopportuno generalizzare sul
significato della parola ‘stampa’, assimilando il significato che ebbe in
Occidente a quello che aveva avuto in Oriente.
La prima spinta all’uso della stampa in Cina non fu il desiderio di
diffondere la conoscenza, ma quello di assicurarsi benefici di carattere
religioso o magico mediante la precisa duplicazione di un’immagine sacra o di
un sacro testo. Incidere nel legno immagini e motivi ornamentali che venivano
poi impressi sui tessuti era un’antica forma di artigianato popolare.
Fin dal III secolo, se non prima, i cinesi erano riusciti a ottenere un
inchiostro che consentiva di eseguire impressioni nitide e durevoli con blocchi
di legno. A tale scopo usavano il nerofumo depositatosi sulle lampade a olio e
sulla legna arsa, foggiandone un bastoncello che quindi veniva sciolto a
formare il liquido nero che in inglese è chiamato ‘India ink’ (inchiostro
d’India), ma che in Italia e in altri paesi ha il nome, più appropriato, di
inchiostro di China.
La xilografia cominciò a svilupparsi durante la dinastia T’ang
(618-907), quando la famiglia regnante tollerava confessioni e sette religiose
di ogni sorta: dotti taoisti e confuciani, missionari cristiani, sacerdoti di
Zoroastro e, naturalmente, monaci buddisti. Ciascuna di queste comunità aveva
le sue immagini e i suoi testi sacri. All’inizio del VII secolo nella
biblioteca imperiale erano custoditi circa 40.000 rotoli di manoscritti.
Particolarmente attivi nello sperimentare tecniche di riproduzione
delle immagini furono i monasteri buddisti perché l’essenza stessa del
buddismo, come osserva lo storico T. F. Carter, era ‘l’impulso a copiare o
duplicare’. Come i fedeli erano destinati a diventare repliche del Budda, così
il buddista devoto si acquistava ‘merito’ moltiplicando le immagini del Budda e
i sacri testi. I monaci buddisti
scolpivano immagini nella pietra e poi ne facevano calchi, fabbricavano
sigilli, sperimentavano con gli stampini che imprimevano sulla carta, sulla
seta, sui muri intonacati. Fabbricavano anche piccoli timbri di legno dotati di
manico, dei quali si servivano per eseguire primitive xilografie.
A qualcuno venne l’idea di togliere il manico in modo da poter mettere
il blocchetto di legno su un’asse, con la superficie incisa rivolta verso
l’alto. Poi, probabilmente nel VII o all’inizio dell’VIII secolo, sul blocco
d’inchiostro venne posto un foglio di carta, che quindi veniva sfregato con una
spazzola, e così divenne possibile produrre xilografie più grandi. Ma nell’845,
quando in Cina le religioni straniere, buddismo compreso, furono messe fuori
legge, 4600 templi buddisti furono distrutti, 250.000 monaci furono cacciati
dai monasteri e dei primi esempi di stampa scomparve ogni traccia.
La xilografia rese possibile il fiorire della cultura cinese nel
periodo della rinascita Sung (960-1127), e l’esistenza dei classici confuciani
a stampa stimolò la ripresa di una produzione letteraria che si ispirava al
confucianesimo.
Verso la fine del X secolo ebbe inizio la pubblicazione della prima
delle grandi storie dinastiche cinesi, un’opera di parecchie centinaia di
volumi la cui realizzazione avrebbe richiesto settanta anni di lavoro.
Frattanto nel 983 i buddisti avevano portato a termine un’impresa ancor più
spettacolare, la stampa del ‘Tripitaka’, l’intero canone buddista in 5048
volumi per un totale di 130.000 pagine, ciascuna impressa con un blocco di
legno appositamente inciso.
(Prosegue....)
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