CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 31 dicembre 2017

MARTIRIO VERDE (66)










































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….In nessun paese esiste più una letteratura così grande come quella del mondo antico; i giornali, i libri scadenti d’ogni genere, le preoccupazioni della gente per ogni tipo di trasformazione concreta, hanno scacciato l’immaginazione viva del mondo.
Quest’estate ho fatto fatica a leggere altri libri che non fossero di Cervantes e Boccaccio e qualche dramma greco. Ho compreso che questi uomini, che tante centinaia d’anni separavano fra loro, avevano il medesimo Spirito. Siamo noi ad essere diversi; ed allora mi tornò in mente un pensiero ricorrente, ossia che loro vivevano in tempi in cui l’immaginazione si rivolgeva alla stessa vita per esaltarsi. Il mondo non mutava velocemente intorno a loro. Non c’era nulla che distogliesse la loro immaginazione dal maturarsi dei campi, dalle nascite e dalle morti dei loro figli, dal destino delle loro anime, da tutto quanto costituisce la sostanza immortale della letteratura. Non dovevano intrattenere rapporti con un mondo composto di masse tanto enormi da poter essere rappresentate alla loro mente solo per mezzo di raffigurazioni e generalizzazioni astratte. Tutto quello che percorreva il loro animo vi si imprimeva con la vivacità dei colori dei sensi, e quando scrivevano, ciò scaturiva da una ricca esperienza personale, scoprivano i loro simboli espressivi nelle cose che avevano conosciuto per tutta la vita.

…E’ la trasformazione che seguì il Rinascimento, e venne completata dal dominio dei giornali e dal movimento scientifico, che ci ha sovraccaricato di tutte quelle frasi e generalizzazioni elaborate da menti che pretenderebbero di cogliere ciò che non hanno mai visto né letto né appreso…
(W. B. Yates, Anima Mundi)




…Le immense orde di Vandali, Svevi e Alani, che avevano sfondato le linee romane e attraversato il Reno gelato nel primo decennio del quinto secolo, si erano sparse per tutta la Gallia, saccheggiando e devastando al loro passaggio, fermandosi soltanto dopo aver raggiunto la barriera dei Pirenei… Di lì si riversarono ad oriente e occidente nelle province confinanti; e questa invasione fu seguita da molte altre.

All’inizio del secolo la mappa dell’Europa occidentale era già stata irrimediabilmente alterata da ondate successive di barbari germanici. Alla metà del secolo, Salviano scrive che Treviri, la sede del governo militare romano, è già stata devastata quattro volte, che Colonia ‘trabocca di nemici’ che Magonza è ridotta ad un cumulo di macerie. Non solo non esistono più le province romane, ma è scomparsa la totalità della raffinata struttura organizzativa della politica romana e delle comunicazioni. Ne occupano ora il posto i robusti piccoli principati del Medioevo, gotici analfabeti che regnano su gotici analfabeti, pagano o in certi casi ariani, ossia professanti una forma degradata e semplicistica di cristianesimo, nella quale Gesù rivestiva un ruolo simile a quello di Maometto nell’Islam.




Gli irlandesi dopo Patrick conobbero l’afflusso di anacoreti e monaci in fuga dalle orde barbariche, e da questi indubbiamente appresero talune sottigliezze concernenti la vita eremitica e conventuale.
‘Tutti gli uomini colti al di qua del mare’, afferma la nota contenuta in un manoscritto di Leida risalente a quell’epoca, ‘fuggirono oltremare in luoghi quali l’Irlanda, determinando un importante accrescimento del sapere’ – e, indubbiamente uno spettacolare aumento del numero dei libri – ‘tra gli abitanti di quelle regioni’. Ma un buon numero di questa gente era costituito da asceti macilenti provenienti da remote contrade romane come l’Armenia, la Siria e il deserto egiziano. Il monastero di Bangor nell’Ulster, per esempio, proclamava nella sua litania di essere ‘ex Aegypto transducta’ (‘cioè trasferito dall’Egitto’); e la consuetudine di ornare di puntini rossi le iniziali dei manoscritti, una convenzione presto divenuta un segno distintivo dei manoscritti irlandesi, venne adocchiata per la prima volta dagli Irlandesi nei libri che i fuggitivi Copti portarono con sé.




…Tutte le grandi biblioteche del continente erano scomparse; ne era stato cancellato persino il ricordo dalle menti di chi viveva nelle emergenti società feudali dell’Europa medievale. Le prime tre biblioteche pubbliche erano state fondate a Roma sotto il regno di Augusto, e all’epoca di Costantino erano già 31. Alla fine del quarto secolo, se dobbiamo credere a uno scrittore come Ammiano Marcellino, che forse si compiaceva un po’ nell’iporbole, ‘Bibliotecis sepulcrorum perpetuum clausis’ (‘Le biblioteche, come fossero tombe, vennero chiuse per sempre’).
Prima della fine del quinto secolo, ad ogni modo, la professione di copista era praticamente scomparsa, e quei pochi libri di cui si eseguivano delle copie, venivano copiati personalmente dagli ultimi nobili colti, per le loro biblioteche sempre più sfornite…
Nel sesto secolo papa Gregorio fondò una sorta di biblioteca a Roma. La sua biblioteca, comunque, era piuttosto povera, ciononostante, la folla analfabeta, piena di risentimento, durante una carestia cercò di distruggere i pochi libri che conteneva perché ormai i vescovi cattolici erano come isole in un mare di barbari.




In Italia ed in Gallia proseguì un ridotto commercio di libri – la maggior parte con i monaci irlandesi erranti – e alla fine del secolo Isidoro costruiva a Siviglia una vera biblioteca, che consisteva in una quindicina di scaffali contenenti circa 400 codici, un numero sbalordito per l’epoca…
L’Irlanda, pacificata in Cristo fu intenta a copiare furiosamente e si trovò quindi in condizioni di diventare l’editore dell’Europa.

Gli Irlandesi della fine del quinto secolo e dei primi anni del sesto trovarono presto una soluzione, da loro definita il MARTIRIO VERDE in opposizione al tradizionale Martirio Rosso, legato allo spargimento di sangue. I Martiri Verdi furono coloro che, rinunciando alle comodità e ai piaceri della comune società umana, si ritirarono nei boschi, o in cima ad una montagna, oppure in un’isola deserta – per farla breve, in una delle VERDI TERRE di nessuno fuori delle giurisdizioni tribali dei clan – per studiare le Sacre Scritture ed essere in comunione con Dio. Tra le raccolte fornite da Patrick avevano infatti trovato esempi di anacoreti disseminati nel deserto egiziano, i quali, privati anch’essi del rito purificatore della persecuzione, avevano finito per inventare una nuova forma di santità, la quale consisteva nel vivere da soli in eremi isolati affrontando ogni tipo di disagio fisico e psicologico, e nell’imporsi i più eroici digiuni e penitenze, il tutto allo scopo di avvicinarsi a Dio.




…Dopo che ebbero imparato a leggere i Vangeli e gli altri libri della Sacra Bibbia, le vite dei martiri e degli asceti, i sermoni e i commentari dei Padri della Chiesa, cominciarono a divorare la letteratura pagana greca e latina che gli capitasse a tiro. Con il loro cattolicesimo privo di restrizioni sconvolsero gli uomini di chiesa convenzionali, che erano stati abituati ad apprezzare soprattutto la letteratura cristiana e a tenersi alla larga dalla dubbia moralità dei classici pagani.  Secondo John T. McNeill, il più equilibrato di tutti gli storici della Chiesa, fu precisamente ‘l’ampio respiro e la ricchezza dell’erudizione monastica irlandese, derivata dagli autori classici’ che avrebbe assegnato all’Irlanda il suo ‘ruolo unico nella storia della cultura occidentale’. 

Grazie a questi amanuensi è giunto sino a noi un ricco tesoro di letteratura irlandese primitiva, la più antica letteratura europea in lingua volgare sopravvissuta, poiché venne presa abbastanza seriamente da essere trascritta. E sebbene i primi Irlandesi istruiti fossero affascinati dalle tre lingue classiche (il greco, il latino e – in forma rudimentale – l’ebraico), amavano troppo la propria lingua per smettere di usarla. Mentre in Europa un uomo colto non si sarebbe mai sognato di ricorrere ad una lingua volgare, gli Irlandesi consideravano tutti i linguaggi alla stregua di un gioco, troppo divertente ai loro occhi per privarsi di una sola parte di esso...



















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