CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

mercoledì 9 maggio 2012

'IL VIAGGIO'














Prosegue in:

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2011/03/29/l-ascesa-dagli-inferi-13.html &

http://paginedistoria.myblog.it/archive/2011/03/29/demoni-e-squilibri-14.html









Contempliamo un tavolato che un tempo costituiva l'oceano di Tetide.
Quarantacinque milioni di anni fa, quando la placca tettonica dell'India - che
allora era un continente separato - si scontrò col ventre molle dell'Asia facen-
do erompere l'Himalaya a sud, quest'oceano primordiale si prosciugò.
Sull'altopiano tibetano sono ancora presenti fossili marini a conferma che il
paese più alto del mondo un tempo era un oceano.
Mentre scendiamo faticosamente lungo la linea di faglia di quel memorabile
sconvolgimento, una nuova vista si allarga davanti a noi. In quest'aria rarefat-
ta, nellla quale una persona può essere individuata chiaramente a 15 chilome-
tri di distanza, scorgo con un tuffo al cuore le steppe sfumate di viola del
Tibet che digradano verso nord-ovest.





























Al di là di esse, una fila ininterrotta di montagne balugina all'orizzonte sotto
nuvole a forma di cavolfiore che paiono statiche, e lo sono; nel lontano Nord
invece fluttua il Gurla Mandhata, alto più di 7500 metri, che brilla sopra il lago
sacro di Manasarovar.
Nella sua vivida immobilità, questa terra potrebbe essere un fondale dipinto
infilato nella fenditura della valle davanti a noi. L'artista voleva esprimere una
tranquillità inumana e se n'è uscito con questo paesaggio.
Il paese è spaventosamente isolato.
La stessa collisione tra placche che generò l'altopiano tibetano, lo circondò
di montagne che lo proteggono e allo stesso tempo lo inaridiscono: il Kara-
korum a occidente, i deserti del Kunlun a nord. Anche nel più esposto Oriente,
centinaia di chilometri di territorio montano quasi desertico dividono il Tibet
dall'habitat agevole più vicino.





























.....A quali altre catene montuose possiamo estendere il modello ipotizzato per
le Alpi?
Certamente all'Himalaya.
Le Alpi non sono che una piccola parte, spettacolare e geologicamente meglio
studiata, di un sistema di catene che va dal Rif nord-africano alla Cordigliera
Betica, ai Pirenei, comprende le Alpi e prosegue attraverso i Carpazi e il Cau-
caso con gli alti rilievi dell'Hindukush, del Karakorum e dell'Himalaya.
L'intero sistema alpino-himalayano mostra nelle grandi linee caratteristiche strut-
turali comuni e i fossili ritrovati nelle loro rocce sedimentarie, correlabili fra lo-
ro sia per l'età che per l'ambiente di vita originario, hanno portato a ricostruire
l'ipotetica Tetide come situata, a partire da 230 milioni di anni fa, fra il continen-
te euro-asiatico a nord e i continenti africano e indiano a sud.
Nell'ambito del sistema, tuttavia, ogni singola catena ha le sue peculiarità strati-
grafiche, la sua propria disposizione geometrica, le sue deformazioni tettoniche
specifiche, per non parlare di situazioni locali che paiono anomale e di regioni
intere di cui si sa molto poco.


























La catena dell'Himalaya è lunga 2500 Km, il doppio di quella delle Alpi.
L'Everest, la sua cima più alta e anche la più elevata del mondo, è alta quasi il
doppio del Monte Bianco.
Dal Nanga Parbat a ovest al Namcha Barwa a est, la catena costituisce il prin-
cipale muro divisorio climatico dell'Asia, poiché è l'ostacolo che ferma i monso-
ni. Curiosamente però la catena, benché su di essa si ergano ben 10 dei 14
'ottomila' della terra, non costituisce uno spartiacque, che invece è situato più
a nord, nel Tibet, a circa 150 Km delle creste principali.
L'arco della catena himalayana, contrariamente a quello delle Alpi, è convesso
verso sud. Si suppone che la zolla continentale indiana, sospinta verso nord,
dopo la collisione con il continente euro-asiatico abbia continuato a premere
contro quest'ultimo, provocando il rialzamento di tutta la propria fascia margi-
nale.
Questa ipotesi dà una spiegazione alla vergenza verso sud delle strutture tetto-
niche e al fatto che sedimenti marini marginali della zolla continentale indiana
si trovino oggi tutti ripiegati a costituire vette quali quelle dell'Everest e dell'
Anapurna, con i loro calcari metamorfosati vecchi fino a 530 milioni di anni.





























Nel loro insieme queste rocce di origine sedimentaria costituiscono una fascia
spessa 14 Km, con un'età compresa fra i 570 e i 65 milioni di anni.
Il Tibet non appartiene più alla catena himalayana e, con il suo altipiano e le
sue catene interne del Trans-Himalaya, geologicamente inizia a nord delle
pietre verdi disposte lungo i corsi dell'Indo e dello Tsangpo: pietre verdi che
vengono considerate come 'sutura' della collisione avvenuta 45 milioni di anni
fa fra le due zolle continentali dell'Euroasia e dell'India.


























Centomila anni fa il pianeta ospitava solo una manciata di 'Homo sapiens', dai
quali è discesa senza eccezione tutta la popolazione umana odierna.
Per deduzione, tale convergenza deve terminare in un unico ominide nostro an-
tenato.
Ciò che vale per la specie umana vale per tutte le altre.
Per esempio, quasi tutti i nostri geni li abbiamo in comune con lo scimpanzé;
qualche milione di anni prima che l'Eva africana camminasse per la savana, da
qualche parte nelle foreste dell'Africa dimorava l'antenato comune dell'uomo e
delle scimmie antropomorfe.
E così via, indietro nel tempo.
Quanto più si scava nel passato, tanto più imparentate risultano le specie che
oggi sono ben distinte.
Mezzo miliardo di anni fa avevo per antenato un pesce.
Due miluardi di anni or sono, tutti i miei avi erano microbi.
Lo stesso ragionamento vale per tutti gli organismi, compreso il cespuglio fuori
dalla mia finestra, l'uccello che becca sul davanzale e i funghi nel prato.





























Se potessimo risalirne gli alberi genealogici abbastanza indietro nel tempo, i
loro rami distinti finirebbero per intrecciarsi e fondersi.
Possiamo raffigurarci un albero genealogico di tutto ciò che vive al giorno d'oggi,
una sorta di superalbero della vita.
Alla fine, tutti i rami di questo superalbero devono convergere, e non di poco, ma
completamente, fino a restringersi a un tronco centrale. Questo antico fusto rappre-
senta un unico organismo primitivo, l'antenato comune di tutta la vita del pianeta,
un microbico Adamo il cui destino è stato di popolare il pianeta con una miriade
di discendenti.
Ma come è nato questo minuscolo organismo, questo capostipite di un miliardo
di specie?
Dove è vissuto, e quando?
E che cosa è venuto prima di lui?





















Una prova dell'esistenza dell'antenato universale deriva dalla bizzarra questione
della cosiddetta chiralità delle molecole.
La maggior parte delle molecole organiche non è simmetrica: la molecola differi-
sce dalla propria immagine speculare esattamente come la mano destra differisce
dalla mano sinistra.
....Questo fa pensare che tutti discendano da una stessa cellula, che conteneva
ogni molecola nella particolare forma chirale in cui la ritroviamo oggi.
(C. Thubron, verso la montagna sacra; S. M. Buscaini, Geologia per alpinisti;
P. Davies, Da dove viene la vita;)














Nessun commento:

Posta un commento