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20 maggio 2015 museo dell'immigrazione....
....Gli impone di condividere con l'inimmaginabile
straniero la sacralità della sua americana coscien-
za, l'intima essenza del suo americano patriotti-
smo; ma mai quella verità gli si era rivelata con
simile forza.....
Nella luce livida di cui quei cortili di sgomento la
inondano, essa lo scuote - almeno mi piace imma-
ginare che lo scuota - fin nel profondo del suo es-
sere; mi piace immaginarlo, debbo assolutamente
immaginare che a seguito di quell'esperienza per
sempre vaghi con un nuovo sguardo sul volto, se-
gno esteriore per chi riesce a vederlo, del nuovo
gelo che gli ricopre l'anima.
E' questo il marchio visibile della persona, non
so quanto privilegiata, che ha avuto un'apparizio-
ne, che ha visto un fantasma nella sua vecchia ca-
sa, ritenuta sicura.
Che l'incauto, pertanto, non visiti Ellis Island.
Come io stesso mi accorsi, peraltro non sarebbe
stato per niente facile cancellare il retrogusto di
quell'esperienza tanto pungente; al contrario, lo
sentivo continuare a crescere ovunque volgessi
lo sguardo; altre impressioni sarebbero potute
andare e venire, ma quella conclamata asserzio-
ne dello straniero, per quanto incommensurabil-
mente straniero, a condividere il più sacro rap-
porto di ciascuno, rimaneva comunque l'elemen-
to costante, il monito che non poteva essere e-
luso.
Il rapporto più sacro di ogni individuo, così si
era sempre pensato, era quello col proprio pae-
se: concetto, questo, che per tanta parte è co-
stituito dai propri concittadini e concittadine...
Così davanti alla tradizione di cui quelli erano in
gran parte il prodotto, fu come se per tutto quel
periodo l'idea stessa di nazione andasse incontro
a una sorta........
(Prosegue......)
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