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Il Tempo & la Memoria (17)
Dai libri contabili abbiamo
notizia di molti processi, ma ne ignoriamo i contenuti e spesso anche i
protagonisti. In relazione a precise ed individuate persone la parola
‘processus’ compare solo rare volte…..
(e ciò ci deve far riflettere, in quanto il ‘processo alla coscienza’
‘alla memoria’ ‘all’Eretica parola’ è un atto di sottile ingegno psicologico il
più delle volte mascherato e non evidente nell’intento persecutorio cui l’uomo,
il ‘Dottore’ di Chiesa espleta ed incarna, nel ruolo comandato
dall’intollerante e ortodossa parola, oppure, spesso delegato a ‘mercenari occasionali’: ‘delatori’ e
‘sudditi’ al soldo di cacciatori di Eretici. Soggetti comunque sia che
transitano da un ‘confine’ all’altro di una geografia stretta nella morsa del
controllo capillare della Ragione nell’intento repressivo della ‘libera
Parola’, del ‘libero Pensiero’ del ‘Libero arbitrio’, nell’esercizio e
monopolio della ‘religione di Stato’ cui lo Stato Pontificio deve trarre il
giusto profitto attraverso il volgo ed il popolo di cui si fa custode e
padrone. Le secolari ‘pecore’ che il ‘buon pastore’ accudisce entro il recinto
della ‘Ragione’ preservandole dall’incubo predatorio del lupo. Ragione e
cultura che viene così amministrata e gestita, oltre che entro i conventi anche
nei palazzi e castelli di potere, cui i nobili si affrettavano per una
donazione che consentiva loro più spazio entro quella ortodossia che si
traduceva in maggiore prestigio e consenso tradotto in obblighi padronali cui
l’artigiano quanto il contadino convenivano alle ragioni del vassallaggio,
obbligo al feudatario quanto alla Chiesa che poteva contare su cospicue e
ricche rendite ricambiando la donazione con paradisi di riguardo per i nobili
custoditi entro l’araldo della Storia. Intento mistificatorio di amministrare
la ricchezza con la qualifica ‘certificata’ nell’‘ordine’ della ‘povertà’,
dell’‘umiltà’, e sempre avverse alla povertà all’umiltà ma soprattutto alla
verità e di cui gli esempi storici non mancano per farci ragionare circa queste
finalità dell’essere ed apparire nel teatro ove la ricchezza del clero quanto
della nobiltà dava saggio di imparzialità e ingiustizia sociale evidente per
tutto il Medioevo. E dove la ‘cultura’ veniva gestita e re-interpretata a
beneficio della ‘ragione e religione di Stato’.
Ho evidenziato a tal proposito come il ‘controllo delle coscienze’
attraverso una forma ‘sacramentale’, oppure per gli sfortunati valdesi,
attraverso il ‘battesimo’, diventi motivo e ‘strumento’ di persecuzione,
‘palese’ o ‘velata’, feroce persecuzione cui i massacri di persone inermi
ricordano gli eccidi nazisti. Cui il massacro di ‘nativi’ ricorda l’eccidio dei
coloni con il ‘verbo’ della giusta e retta parola scritto entro una bibbia. Gli
esempi storici certo non mancano, e con questi i giusti paragoni, le ‘giuste simmetrie’ entro il duro inverno
non della Natura, che esprime nella morte apparente la sua eterna armonia e
bellezza in attesa del nuovo evento della Rinascita, la Resurrezione della
linfa della vita; ma della ‘cultura’ e con essa del ‘sapere’. E come ebbe a
dire un illustre storico, paragonare il periodo distillato non nei decenni
bensì nei secoli della stratificazione sociale di una e più nazioni, di uno e
più stati con il potere temporale dei papi, è una manifestazione storica che
anticipa gli schemi politici delle future ‘dittature’, la più spietate
dittature che la libera espressione possa conoscere.
Che l’evoluzione della ragione possa patire.
Poi,… ricordo,… brindavano. Ridevano.
(verso la fine del 1298 viene catturato un uomo dal nome di… la
sua carcerazione è strettamente collegata all’interrogatorio di una donna… Alla
fine della seduta inquisitoria – che ebbe luogo con buona probabilità nel
palazzo vescovile – il frate inquisitore compera del vino e con lui devono gli
‘officiales’ che lo avevano aiutato. Il giorno seguente l’interrogatorio, il
giudice e i frati si riuniscono in un convivio sempre offerto da frate
Lanfranco, ove redige un verbale in presenza di altro Dottore inquisitore della
diocesi per compilare un verbale circa lo stato mentale del detenuto. Il giorno
seguente l’interrogatorio, il giudice ed i frati si riuniscono in un convivio
sempre offerto da frate Lanfranco, quando l’avventura terrena della compagna
dell’inquisito si conclude, l’inquisitore paga coloro che avevano collaborato:
gli ‘officiales’, i frati, il priore di…, e il lettore. Ma non finisce qui! Una
‘pitancia’ di pesce è offerta al convento per i non pochi frati che avevano
tentato di convertirla. Il vino dopo il processo e la ‘pitancia’ dopo il…. ROGO
sono segni marginali di un aspetto della operosità del frate Lanfranco:
mostrando i costi umani e sociali sul fronte della lotta antiereticale,
rivelano una coattiva socialità in funzione di una concorde azione repressiva
(non si conoscono né le motivazioni né le presunte colpe dei due Eretici… - M. Benedetti,
Inquisitori del Duecento…)
In un delirio di nuova potenza ritrovata.
A capo chino sul ponte dove altri nel
frattempo vendono i miei abiti di modesti pensieri, si vestono eleganti nel
loro cammino, danzano piacevoli ai nuovi passi. Di codesto sapore, o ignaro ed
assente lettore, imbandiscono le tavole
ed invitano altri commensali a mangiare la carne e bere il vino per una nuova
comunione. La vita non deve essere più degna di essere vissuta, si deve
sacrificare questo malsano istinto con frasi sconnesse donate da un nuovo
delatore. Gridano per una nuova Chiesa, perché il loro Dio insegna cose che non
sanno e non possono capire ma vogliono interpretare. Perché il loro significato
è più antico di quella danza che compio ogni giorno in suo onore. A lui valse
l’onore della morte, a me quello della comprensione, ma quando si comprende non
si balla più allo stesso ritmo. Si rimane seduti, si cerca di uscire dal grande
locale. A taluni uomini valse il piacere della morte, ad altri il disonore
della vita.
Questa la triste scoperta in una immensa
distesa di ghiaccio che chiamano condizione umana nel grande viaggio della
vita. E se qualcuno in questa o in altra sede può contestarmi di essere uscito
dalla normale rotta di navigazione e di essere approdato ad un lirismo
pericoloso e ripetitivo di terre per sempre deserte, senza nesso di
argomentazione, io dico loro: che l’Universo di ogni singolo stato d’animo, nel
microcosmo di un Pianeta dove si nasce e poi si muore, vale la pena di essere
cantato come la musica più antica. La musica della vita che suona e compone se
stessa contro la morte sua nemica, quella morte che fuggiamo e da cui ci siamo
nascosti nella sensazione di una falsa modernità. In questa terra dove
approdammo da sovrani e dove morimmo da disgraziati; perché non condividiamo e
condividemmo la loro armonia, scoprimmo poi non appartenere all’uomo ma a
quella dimensione a cui l’uomo, per sua natura, rimane estraneo. In cui il
sacrificio non è più sufficiente ed il sopportare il dolore, l’umiliazione, la
persecuzione e quant’altro riservano gli elementi della ‘natura umana’ lungo il
cammino, è condizione necessaria e sufficiente per ribadire la conquista del
‘progresso riflessa nelle immutate condizioni stratificate del passato’ che
rinnega l’uomo e il suo principio nella geografia di questa Storia di nuovo
vissuta sofferta e celebrata.
In realtà si veleggia verso la normalità di passioni e sentimenti a cui
il ‘rimembrare’ appare gesto da ‘pazzi’, e questo ci è dato da scrivere e
ricordare, perché possediamo ancora il dono della Natura, anche al di fuori da
qualsiasi contesto dove il suo principio è sacrificato. Queste verità andiamo
regalando e diffondendo, perché lo stato d’animo, la coscienza, l’anima, e la
psicologia che da essa proviene, possano parlare nell’abisso in cui costrette
da esseri non pensanti, di interessi vitali dettati da logiche di - schede
perforate -. A loro uniti nella fattispecie di una materia parlante, e qualcuno dice anche …pensante. Quella materia che pensano vita, nel bosco in
cui mi sono trovato e perso.
Descrivere i patimenti è la lotta nel
labirinto della manifestazione di due distinte potenze, la nostra destinata a
soccombere con il tradimento, l’infamia, la guerra; con il degrado che questo
acciaio tutt’attorno conferisce al quadro, riducendo la nostra carne a pura
quantità di materia da fagocitare, da assimilare. Da copiare. Da replicare. Da
imitare. E poi alla fine da sacrificare. L’umiliazione attraverso l’odio è
l’arma. La calunnia, l’officina dove si conia la moneta nuova. Loro la storia,
che inconsapevolmente celebrano e recitano ogni giorno.
La prima soluzione: espulsione…
Ciò vale soprattutto per le idee confuse che Eichmann aveva sulla
‘questione ebraica’ in generale. Durante l’interrogatorio, al processo egli
disse al presidente che a Vienna aveva considerato gli ebrei come avversari per
i quali bisognava trovare una soluzione reciprocamente accettabile,
reciprocamente leale… Questa soluzione, secondo me, doveva consistere nel porre
sotto i loro piedi un po’ di terraferma, in modo che avessero una sede loro, un
territorio loro. E io lavorai con entusiasmo in questa direzione. Con gioia
collaborai a raggiungere una soluzione di questo tipo, perché essa riscuoteva
anche l’approvazione di alcune correnti ebraiche. Era questa la vera ragione
per cui ebrei e nazisti si appoggiavano, per cui il lavoro si basava sulla
reciprocità. …I suoi colleghi erano sempre stati degli sguatteri per i quali
tutto era deciso da paragrafi, ordini, e non si interessavano d’altro, e
insomma erano sempre stati delle semplici rotelle, proprio come era stato anche
lui, secondo la difesa. Se ciò significava soltanto obbedire ciecamente agli
ordini del Fuhrer, allora tutti erano stati delle rotelle… Eichmann, benché
molto meno raffinato di certi statisti e critici letterari, avrebbe potuto
citare vari fatti indiscutibili a sostegno delle sue tesi, se avesse avuto una
memoria un po’ meno labile o se il suo difensore lo avesse aiutato. È
indiscutibile infatti che nelle prime fasi della loro politica ebraica i
nazionalsocialisti ritennero opportuno adottare un atteggiamento filosionista. …Ma
poi nel Febbraio del 1939, tutto era cambiato di colpo. Eichmann aveva
convocato a Vienna i capi ebraici tedeschi per spiegar loro il suo nuovo metodo
di emigrazione forzata. Li aveva ricevuti seduto a un tavolo in una gran sala
del palazzo Rothschild, e gli ebrei lo avevano riconosciuto, naturalmente, ma
l’avevano trovato completamente trasformato: ‘Dissi ai miei amici che non ero
certo che fosse proprio lui. Tanto terribile era il cambiamento… Qui trovai un
uomo che si comportava come il signore della vita e della morte. Ci ricevette
con fare insolente e rude. Non permise che ci avvicinassimo al suo tavolo.
Dovemmo restare in piedi. …Tra il 1937 e il 1941 egli ebbe quattro promozioni;
nel giro di quattordici mesi salì da sottotenente a capitano. …A Vienna aveva
dato prova di decisione, e ora veniva riconosciuto non solo un esperto in
questioni ebraiche, cioè negli intrighi delle organizzazioni ebraiche e dei
partiti sionisti, ma anche una autorità in fatto di emigrazione. …Ma
l’emigrazione, per quanto accuratamente organizzata a Berlino secondo il
principio della catena di montaggio, si sarebbe estinta ugualmente, da sé. …Noi
ce ne stavamo lì, seduti in un grande e imponente edificio, ma attorno a noi
c’era un vuoto inerte. Sicuramente, se per risolvere il problema ebraico i
nazisti avessero seguito a contare sull’emigrazione, ben presto egli sarebbe
rimasto disoccupato’.
(H. Arendt - La banalità del male)
Le minoranze erano senza stato
solo a metà; almeno de jure appartenevano a un organismo statale, anche se
avevano bisogno di una protezione supplementare e di speciali garanzie per
godere di certi diritti. Alcuni di questi, di natura culturale, come il diritto
alla propria lingua e alle proprie scuole, quello al proprio ambiente sociale,
culturale e religioso, correvano un certo pericolo ed erano rapidamente
tutelati da un organismo estraneo. Ma altri diritti, più elementari, quello
alla residenza e al lavoro, non venivano presi in considerazione. Gli autori
dei trattati sulle minoranze non prevedevano che fosse possibile trasferire
intere popolazioni dalla loro zona o che gruppi di persone sarebbero diventati
- inesiliabili - perché nessun paese sulla terra avrebbe loro accordato il
diritto di soggiorno. Le minoranze potevano essere ancora considerate un
fenomeno eccezionale, proprio di determinati territori che deviano dalla norma.
Tale ragionamento era seducente perché lasciava il sistema intatto; in certo
qual modo esso è sopravvissuto alla seconda guerra mondiale, i cui vincitori,
convinti dell’inattuabilità dei trattati sulle minoranze, hanno provveduto a -
rimpatriare - coattivamente i gruppi allogeni nella misura più completa
possibile, nello sforzo di districare la - fascia di popolazioni miste -.
(H. Arendt - Le origini del totalitarismo)
La seconda soluzione: concentramento…
Fu soltanto quando scoppiò la guerra che il regime nazista divenne
scopertamente autoritario e criminale. Uno dei passi più importanti in questa
direzione, sul piano organizzativo, fu un decreto, firmato da Himmler, che fuse
il Servizio di sicurezza delle SS, che era un organo del partito e a cui
Eichmann apparteneva fin dal 1934, con la polizia di sicurezza dello Stato, cioè
con la polizia regolare, che comprendeva anche la polizia segreta dello Stato o
Gestapo. Da questa fusione nacque l’Ufficio centrale per la Sicurezza del Reich
(RSHA), il cui primo capo fu Reinhardt Heydrich. …L’RSHA, inoltre era soltanto
uno dei dodici uffici centrali delle SS: i più importanti erano l’Ufficio
centrale dell’ordine pubblico, diretto dal generale Kurt Daluege, che si
occupava di rastrellare gli ebrei, e l’Ufficio centrale dell’amministrazione e
dell’economia, diretto da Oswald Pohl, che si occupava dei campi di
concentramento e più tardi s’interessò degli aspetti economici dello sterminio.
Questa concretezza o oggettività - parlare dei campi di concentramento in
termini di amministrazione e dei campi di sterminio in termini di economia - era
tipica della mentalità delle SS, ed era una cosa di cui Eichmann, al processo,
si mostrò ancora quanto mai fiero. …Himmler dirigeva un apparato che ebbe
anch’esso un ruolo importante nell’attuazione della soluzione finale. Si tratta
della rete di comandanti superiori delle SS e della polizia. …Ognuno di questi
gruppi costituiva una catena gerarchica diversa, e anche se tutte queste catene
gerarchiche facevano capo ad Himmler, ognuna era pari alle altre e chi
apparteneva a un gruppo non doveva obbedienza ai funzionari, anche se
superiori, di un altro gruppo. …Non bisogna poi dimenticare che tutti questi
potentissimi organismi si facevano una concorrenza spietata il che non tornava
davvero a vantaggio delle loro vittime, giacché tutti avevano la stessa ambizione:
uccidere più ebrei possibile. …Eichmann, quando entrò in servizio presso la IV
Sezione dell’RSHA, si trovò ancora una volta di fronte a uno spiacevole
dilemma: da un lato l’emigrazione forzata era sempre la formula ufficiale per
risolvere la questione ebraica, ma dall’altro l’emigrazione non era più
possibile. Per la prima e forse ultima volta nella sua vita tra le SS, fu
costretto dalle circostanze a prendere l’iniziativa, a cercar di partorire
un’idea. …Se la versione fornita da Eichmann risponde a verità - e non c’è
ragione di metterla in dubbio, lui o più probabilmente il generale di brigata
Franz Stahlecker, suo superiore a Praga e a Vienna, doveva aver previsto questi
sviluppi già da vari mesi. Questo Stahlecker, che Eichmann si preoccupava sempre
di chiamare ‘DOTTORE’, era un uomo molto fine ed educato, ragionevole e immune
da odio e sciovinismo di qualsiasi tipo, tanto che a Vienna usava stringere la
mano ai funzionari ebrei. Un anno e mezzo più tardi, riuscì a uccidere
passandoli per le armi 250.000 ebrei cosa di cui si vantò in un rapporto
spedito a Himmler in persona. Il fatto che Eichmann fosse tanto ansioso di
trovare un territorio per i suoi ebrei si spiega soprattutto col suo desiderio
di far carriera. Il secondo tentativo compiuto da Eichmann per mettere un po’
di terraferma sotto i piedi degli ebrei fu il progetto del Madagascar. Il piano
di evacuare quattro milioni di ebrei dell’Europa e di trasportarli nella grande
isola francese al largo della costa sud-orientale dell’ Africa. …La verità è
che il piano del Madagascar doveva servire a mascherare i preparativi per lo
sterminio fisico di tutti gli ebrei dell’Europa occidentale e il suo gran
pregio visto che gli antisemiti per quanto numerosi e addestrati e zelanti,
restavano sempre un passo indietro al Fuhrer era che inculcava in tutti l’idea
basilare che soltanto l’evacuazione completa dell’Europa poteva risolvere il
problema: in altre parole, che nessuna legge speciale, nessuna dissimilazione,
nessun ghetto poteva bastare. …La
collaborazione tra le SS e gli industriali era ottima: dalla deposizione di
Hoss, comandante di Auschwitz, sappiamo per esempio che i rapporti con i
rappresentanti della Farben erano quanto mai cordiali. Evacuare e deportare gli
ebrei era ormai un lavoro comune… tutte quelle cose infatti avvennero quando
ormai era passato il tempo delle soluzioni politiche e già era iniziata l’epoca
della soluzione fisica.
(H. Arendt - La banalità del male)
Un’altra conseguenza prodotta
dall’afflusso dei profughi fu la constatazione che era impossibile
sbarazzarsene o trasformarli in cittadini del paese ospitante. Fin dall’inizio
era stata opinione concorde che ci fossero due modi per risolvere il problema:
il rimpatrio o la naturalizzazione. Quando l’esempio delle prime ondate russe e
armene dimostrò che nessuna delle due soluzioni dava risultati tangibili, i
paesi ospitanti si rifiutarono di riconoscere l’apolidicità dei gruppi
successivamente arrivati rendendo ancor più intollerabile la situazione dei
profughi. La conferenza di Evian nel 1938 riconobbe che tutti gli ebrei
tedeschi e austriaci fossero potenzialmente apolidi; ed era naturale che i
paesi con forti minoranze fossero incoraggiati dall’esempio della Germania a
usare gli stessi metodi per sbarazzarsi di almeno qualcuno dei gruppi allogeni.
Fra le minoranze gli ebrei e gli armeni correvano i rischi maggiori e contarono
ben presto la più alta percentuale di apolidi; il loro esempio mostrò che i
trattati sulle minoranze, lungi dall’offrire una protezione sicura, potevano servire
come strumento per preparare l’espulsione di certi gruppi.
(H. Arendt - Le origini del totalitarismo)
La soluzione finale: sterminio…
…Nel colloquio che ebbe con
Eichmann, Heydrich cominciò con un discorsetto sull’emigrazione e poi disse: ‘Il
Fuhrer ha ordinato lo sterminio fisico degli ebrei’. … Ma alla fine Heydrich gli disse anche
un’altra cosa, e cioè che tutta la faccenda era stata posta sotto l’autorità
del WVHA e che il nome convenzionale di tutta l’operazione sarebbe stato ‘soluzione
finale’.
…Nel Marzo del 1941 circa sei mesi prima di questo colloquio, nelle
alte sfere del partito non era più un segreto che gli ebrei dovevano essere
sterminati. Inoltre tutta la corrispondenza relativa alla questione doveva
rispettare rigorosamente un determinato gergo e se si accentuano i rapporti è
raro trovare documenti in cui figurino parole crude come sterminio,
liquidazione, uccisione. Invece di dire uccisione si dovevano usare termini
come ‘soluzione finale’ ‘evacuazione’ e ‘trattamento speciale’; invece di dire ‘deportazione’
bisognava usare parole come ‘trasferimento’ o ‘lavoro in oriente’, oppure, se
si parlava di persone dirette a un vecchio ghetto, si doveva dire ‘cambiamento
di residenza’, in modo da dare l’impressione che si trattasse di ‘provvedimenti
temporanei’.
…Soltanto tra di loro i depositari di segreti potevano parlare
liberamente, senza ricorrere al linguaggio convenzionale, ma è molto
improbabile che lo facessero nel normale adempimento delle loro criminose
mansioni, cioè in presenza di stenografi o di semplici impiegati. Qualunque sia
la ragione per cui nel gergo venne inventato, esso fu di enorme utilità per
mantenere l’ordine e l’equilibrio negli innumerevoli servizi la cui
collaborazione era essenziale. Del resto, il termine stesso usato dai nazisti
per dire gergo era in fondo un termine in codice; significava quello che nel
linguaggio comune si chiamerebbe menzogna.
Quando un depositario di segreti era mandato a incontrarsi con qualche persona
del mondo esterno, come quando Eichmann fu incaricato di far visitare il ghetto
di Theresienstadt a rappresentanti della Croce Rossa Internazionale venuti
dalla Svizzera, riceveva, oltre agli ordini e alle istruzioni, anche
un’opportunità Spracheregelung: nel caso di Eichmann, questa consiste nel dire
ai rappresentanti della Croce Rossa, i quali volevano visitare anche il campo
di Bergen-Belsen, che la cosa non era possibile perché la imperversava
un’epidemia di tifo. Questo sistema aveva un effetto molto importante: i
nazisti implicati nella soluzione finale si rendevano ben conto di quello che
facevano, ma la loro attività, ai loro occhi, non coincideva con l’idea
tradizionale del delitto.
(H. Arendt - La banalità del male)
Col pretesto che l’apolidicità
riguardava principalmente il popolo ebraico tutti i governi cercarono di
superare il problema ignorandolo. Nessuno capì che la soluzione hitleriana,
consistente nel ridurre anzitutto gli ebrei tedeschi allo stato di minoranza
non riconosciuta e nel cacciarli come apolidi oltre i confini, per poi
raccoglierli accuratamente da ogni angolo d’Europa nei campi di.....
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