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Nella conca di
Tesino il primo giorno di quaresima s’impicca il Biagio.. Questa tradizione,
interrotta nel 1893, fu ripresa anni fa’. Malgrado la disapprovazione del clero
e l’opposizione dell’autorità civile non fu mai possibile indurre il popolo a
desistere dalla vecchia tradizione o almeno a trasportare la scena drammatica
all’ultimo giorno di ‘carnovale’….
Molti spiegano la
consuetudine popolare dell’impiccatura del famoso Biagio, crudele signorotto medioevale
del castello di Ivano presso Grigno, col ravvivarsi non altro che la
ripetizione della cerimonia che è in uso in altri luoghi, il costume di
bruciare il ‘carnovale’ in forma di fantoccio. Di ciò non vogliono sentir
parlare i tesini.
Essi tengono ancora
come dogma che la scena del primo giorno di quaresima non è che la riproduzione
della vera condanna ed esecuzione che i loro padri inflissero al Biagio,
prepotente e crudele dinastia di Ivano. La critica storica dimostrò falsa la
tenace asserzione. Di ciò a noi poco importa, ma interessa maggiormente
conoscere come si svolge il processo, conservato vivo anche nei prosastici
tempi moderni.
Verso il 1869-70 i
tesini resistettero ai tentativi di proibizione della loro cara festa popolare.
Verso il 1882 era andata però quasi in disuso, non volendo i tesini che venisse
trasportata in ‘carnovale’. Dopo la guerra le lotte continuarono. La tenacia
dei popolani vinse. Ora la scena drammatica tradizionale rivive piena di
attualità.
D. Antonio Vercellio
descrisse la festa popolare dei tesini nel suo poema ‘Asone’. Ne riportiamo
qualche saggio:
D’allor che il popol
Tesino (e sono Cinquecent’anni) si svinghiò dal duro/ Biagio di Grigno ed in
effige al tuono/ Dagli improperi appese lo spergiuro/, Sino d’allora della
gioia al suono/ E nei diritti suoi fiero e sicuro/ Il popolo di Tesino a suo
grand’agio/, Il dì ch’apre il digiuno, impicca il Biagio/.
La prima manifestazione plateale di irredentismo, secondo quello che
era il suo stile, estremo e provocatorio, Piaz la dà denominando ‘Guglia
Edmondo de Amicis’ quella torre naturale di là dal confine italiano nei pressi
di Misurina che egli raggiunse ‘a guisa delle scimmie’, dopo aver lanciato una
corda da una guglia vicina il 17 luglio 1906, con un certo compiacimento, nella
sua autobiografia annovera tale impresa fra le sue stravaganze giovanili,
legate al desiderio di far parlare di sé, alla presunzione di essere il
migliore, e comunque non da meno della famosa guida ampezzana Antonio Dimai che
prima di lui aveva stupito e scandalizzato il pubblico alpinista con la
traversata aerea della Torre del Gobbo alla vicina Torre del Diavolo nei Cadini
di Misurina.
Della ‘follia alpina’ di Pavarin si parla, con ironia, con sarcasmo,
con preoccupazione, con ammirazione; ne coglie il significato di manifesto il
‘Bollettino dell’alpinista’, periodico della Sat, che dà subito notizia
dell’impresa, e così pure la ‘Rivista mensile del Cai’ che fa conoscere
‘l’ardita conquista’ della ‘guida’ Piaz agli alpinisti del Regno d’Italia. In
realtà Piaz non è guida autorizzata, è solo ‘portatore’, per quanto in tale
ruolo sia stato indicato dall’Annuario della sezione di Bolzano del DuOAV nel
1905 come adatto ‘per tutte le più difficili scalate delle Dolomiti’.
Egli ha comunque sempre lavorato abusivamente come guida, facendosi
pagare profumatamente con la scusa – afferma – di non voler fare crumiraggio
verso le guide ‘patentate’ che avevano tariffe fisse. E di una guida davvero
particolare si tratta: sdegnosa della prescritta legittimazione burocratica, ma
soprattutto del consueto ruolo servile nei confronti del ‘signore’, il quale,
appeso alla corda di Pavarin, dovrà subire i suoi umori, i suoi scherzi, la sua
volontà, sottomettendosi a lui in tutto per tutto. Prima ancora che Tita
figurasse come guida, aveva introdotto una vera e propria rivoluzione,
ribaltando il rapporto con il cliente: d’ora in poi non è più costui
‘che decide la via di salita e si
assume ogni merito per la via nuova, ora anche la guida acquista la sua dignità
e partecipa in prima persona all’ideazione del tracciato e avanzando da
capocordata si assume ogni merito. Addirittura, con Piaz, la guida arrampica da
sola, per puro diletto e senza clienti, anzi è proprio senza clienti che
vengono realizzati gli itinerari più difficili’
Con l’intitolare la torre allo scrittore italiano da lui amato perché
con il suo romanzi ‘Cuore’ aveva saputo risvegliare nei bambini ‘i primi sentimenti
di pietà verso i sofferenti, i primi palpiti di altruismo e di sacrificio, i
primi slanci di amor patrio’, Piaz aveva lanciato una sfida cui si risponderà
ben presto. Nell’assemblea annuale della sezione di Fassa del DuOAV della quale
era socio, tenutasi nel novembre 1906, Piaz veniva espulso, ed i motivi sono
chiariti in seguito alla richiesta di spiegazione da parte del Capitanato
distrettuale di Cavalese, cui Pavarin ha fatto le sue rimostranze.
Il mastro muratore Paul Rasom, presidente della sezione succeduto a
Franz Dantone, spiega che la decisione è stata presa
‘in base al conchiuso dei 17
dicembre 1905 di accettare soci dei quali si è a precisa cognizione che non
fanno parte ne a Lega Nazionale ne ad altre società trentine, e ciò per non avere
delle future controversie. Un socio che si dimostrasse avversario in questi
punti potrà essere espulso senza dilazione… Osservo che nell’anno 1905 –
continua Rasom – che il Piaz era nel comitato della Sezione di Fassa fù sempre
statto invitato ma non prese mai parte a nissuna radunanza, esso è sempre stato
contrario ai scoppi della Società e che da parte della Presidenza oppure da
altri è sempre statto agito in base ai stattuti… Nella protesta del signor G.
B. Piaz – si conclude – esiste delle grandi menzogne, che la Direzione sarà
sempre pronta a rispondere a tempo debito’
Poco dopo questi fatti Tita Piaz, finalmente convintosi che non può
fare la guida abusiva a oltranza ma si deve assoggettare alle regole della
categoria, avendo già frequentato il corso prescritto chiede l’autorizzazione
ad esercitare il mestiere, e la pratica dal Capitanato di Cavalese passa alla
sezione del DuOAV di Bolzano per il consenso.
La risposta del presidente della sezione, Forcher Mayr, è sollecita e
decisa: le infrazioni commesse da Piaz in precedenza e il fatto che egli è
stato causa di litigi fra le guide dimostrano che non possiede il carattere e i
principi morali necessari a tale tipo di mestiere quindi l’autorizzazione non
può essere concessa.
Non si parla di qualità tecniche, infatti la bravura alpinistica di
Piaz era ben nota al presidente Mayr, e probabilmente si poteva soprassedere
anche sul passato di guida abusiva, ma l’estrosità del soggetto unita alle idee
irredentistiche ormai rese pubbliche, come aveva già creato problemi
all’interno della sezione di Fassa, ben altri poteva sollevarne in futuro.
(Prosegue...)
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