CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

mercoledì 18 giugno 2014

VIAGGI ONIRICI: 'migrazioni & relazioni' (23)

















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Viaggi onirici: 'lezioni di vita' (22) &

Migrazioni  &  Relazioni 

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Viaggi onirici: 'migrazioni & relazioni' (24)

















       





      
Una volta in una tetra mezzanotte, mentre meditavo stanco e sconsolato, su molti e astrusi volumi d’obliata sapienza, mentre, sonnecchiano, già il capo mi si chinava, mi riscosse d’improvviso un battito leggero, come d’uno che bussasse alla porta della stanza. ‘E’ solo un visitatore’, borbottai, 

‘che bussa alla porta della mia stanza  – solo questo e nulla più’. Ah, distintamente ricordo che si era in un desolato dicembre, e che ogni stizzo morente disegnava, dal camino, un suo spettro sul mio pavimento. Sospiravo ansioso il mattino; - giacché invano avevo chiesto ai miei libri di lenire il

mio dolore – il dolore per la perduta Lenora – per la rara e radiosa fanciulla cui gli angeli dan nome Leonora – ma che qui non avrà un nome mai più. Il serico triste fruscio dei drappeggi purpurei mi suscitava un brivido – m’accendeva d’immaginari terrori mai prima avvertiti; sicché infine, per




placare il pulsare del cuore, m’alzai ripetendo: ‘E’ un visitatore che insiste alla porta della mia stanza – qualcuno che s’attarda e insiste alla mia porta; - solo questo e nulla più’.  Allora ripresi coraggio; e senza più esitare, ‘Signore’, dissi, ‘o signora, umilmente vi chiedo perdono; ma è ch’io 

sonnecchiavo, e così sommesso fu il vostro bussare, così fu leggero quel vostro battito, battito alla mia porta, che appena ero certo d’averlo io inteso’ – e tutta apersi la mia porta; - solo le tenebre e nulla più. Scrutai a lungo in quelle tenebre, sostai a lungo con stupore e timore, dubbioso, sognando sognai che mai un mortale osò prima sognare; ma il silenzio era assoluto, e la muta aria, 

non dava alcun segno, e una sola parola fu detta, fu bisbigliata: ‘Lenora!’. Fui io stesso a pronunciarla, e un’eco mi rimandò quella parola: ‘Lenora!’. Solo questo e nulla più. Rientrai nella mia stanza, col cuore infiammato. E di nuovo udii bussare, un po’ più forte udii bussare. ‘Certo’, mi




dissi, ‘c’è qualcosa alla finestra; m’accerterò, dunque, esplorerò questo mistero; - con cautela esplorerò questo mistero sarà il vento e nulla più!’. Aprii la finestra: ed allora con strepitio d’ali entrò nella stanza un maestoso corvo dei sacrali giorni d’un tempo; non fece alcun cenno d’ossequio, non 

un attimo s’arrestò o indugiò;  ma con portamento d’un gran signore o di dama si posò sulla mia porta – si posò sul busto d’una Minerva, sopra la porta della mia stanza – lassù si posò e nulla più. Inducendo allora quest’uccello d’ebano un po’ al sorriso i miei tristi pensieri, con il grave e severo  

contegno che si dava, ‘Per quanto’, io dissi, ‘la tua cresta sia rasa e tagliata, tu non sei certo né vile né spregevole, orrido, cupo e antico corvo, qui giunto dalle rive della notte; dimmi qual nobile nome è il tuo sulle plutonie rive

(Prosegue....)














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