Prosegue in:
Pellegrinaggio nella Natura (2) &
Di nuovo vola!
C’è un’oscura foresta di abeti distante due laghi e un trasbordo dal
mio rifugio nei boschi – che per me è il luogo del mistero e dello stupore
(forse il luogo, aggiunge il curatore del blog, ove Dio narra la sua opera con
gli esempi della sua arte, la sua Cattedrale…).
Forse perché non ha panorami spettacolari o alberi monumentali o
torrenti turbinosi, è rimasta intatta. E forse per questo io ci ho sempre
sentito una sorta di presenza Spirituale, qualcosa di sottilmente oscuro e
antico. Perciò mi sembrò naturale iniziare da lì questo mio viaggio
fotografico. Avevo lanciato una sfida a me stesso: per i 90 giorni compresi tra
l’equinozio d’autunno e il solstizio d’inverno avrei scattato una sola
fotografia al giorno.
La prima mattina vinsi varie tentazioni fotografiche – cinque giovani
pernici in fila su un ceppo, alcune ghiandaie grigie canadesi in pose comiche –
per scegliere infine una composizione di muschi, funghi e tronchi. Ed anche se
i soggetti non potevano muoversi, mentre studiavo l’inquadratura ero
consapevole che la loro essenza era volatile ed elusiva quanto l’immagine di un
lupo bianco sotto una nevicata.
Avevo una sola possibilità.
L’otturatore si aprì e si richiuse.
Il mio viaggio era iniziato.
Come Thoreau era andato nei boschi perché ‘volevo vivere con
consapevolezza, affrontare solo i fatti essenziali della vita’, accettai questa
sfida per scoprire se sarei stato capace di ritrovare ciò che tanto tempo fa mi
aveva condotto alla mia arte (e preghiera…) e se ero diventato sensibile alla
Natura come speravo. Volevo tornare a vagabondare nella foresta, scoprire che
cosa c’era oltre la prossima altura, seguire le tracce nella neve come avevo
fatto con tanta felicità da ragazzo.
Ogni fotografia sarebbe stata una Preghiera, un quadro, un omaggio a
Dio. Ce ne furono molte, ed una la ebbi il venticinquesimo giorno. Quel giorno,
fui obbligato a trovare io un soggetto senza potermi concedere il tempo
necessario per essere preso per mano da lui. Ero teso e nervoso. Ed ecco che si
levò una bava di vento. Chi ha mai traversato una foresta di betulla da carta
sa che i brandelli di corteccia sbattono al vento come rotoli di pergamena che
cadono su un pavimento. Udendo quel suono mi voltai verso un albero proprio
dietro di me. Un angolo di corteccia color del gesso, strappato, pendeva dal
tronco, rivelando il tenero color albicocca dello strato sottostante.
Quando poi vidi l’immagine ebbi la gioia di ritrovare un insegnamento
di tanto tempo fa. Come nella poesia giapponese degli ‘haiku’, talvolta il più
è meno, e, in Natura, bellezza e significato non devono essere necessariamente
su grande scala. Altri soggetti, invece che dentro di me, mi imposero di
guardare al di fuori, di abbracciare visceralmente la Natura, di parteciparvi.
Mentre vagabondavo nei boschi, i loro abitanti combattevano la loro
battaglia giornaliera. Prendete la fotografia dello sguardo sperduto della
cerva morta. Nel cuore della notte il mio sonno era stato squarciato da un
improvviso, violento sparo. All’alba, un’agitazione di corvi imperiali e di
aquile mi guidò alla scena del delitto. Una cerva era stata uccisa da un
bracconiere, che si era portato via solo il pregiato filetto.
L’occhio senza vita brillava ancora!
C’è un'altra immagine di cervo morto, scena di un antico dramma più
rispettabile, recitato dai lupi. Anche questo mi fu rivelato dai rumori e
arrivai mentre il corpo era stato appena squarciato e ancora fumava nell’aria
sotto zero. Ma questo mi sembrò un ‘delitto’ più naturale e perdonabile.
Tutto intorno a me testimonia il ciclo della vita e della morte e queste esperienze risvegliavano in me un sepolto, primordiale stato d’animo. Mi trovavo nel momento esatto e nel luogo esatto ove gli animali si trovavano, e riuscivo a fissare quel momento con un solo scatto.
Ogni mia abilità di
muovermi nel bosco e di leggerne i segni era messa in....Tutto intorno a me testimonia il ciclo della vita e della morte e queste esperienze risvegliavano in me un sepolto, primordiale stato d’animo. Mi trovavo nel momento esatto e nel luogo esatto ove gli animali si trovavano, e riuscivo a fissare quel momento con un solo scatto.
(Se non conosci Jonathan...)
(Prosegue....)
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