Precedenti capitoli:
Il libro scomparso (5) & (6)
Prosegue presso...:
Il colle di San Vincent (8)
& Il canalone Marinelli (9)
Univoci suoni della Natura (10)
& Per ogni obiezione che conta! (11)
Convenzione per la protezione delle Alpi
“ Di ritorno dalla casa di
M. Williams ci venne in mente di risalire la Saginaw tenendoci a qualche
distanza in modo da poter andare a sparare alle anitre selvatiche che
popolavano le rive. Mentre eravamo intenti alla caccia, una piroga si staccò
dai canneti del fiume e alcuni Indiani ci vennero incontro per esaminare il mio
fucile che avevano adocchiato da lontano.... Calata intanto la sera, risalimmo
sull’imbarcazione e fidandoci dell’esperienza acquisita al mattino partimmo da
soli per risalire un braccio della Saginaw che avevamo appena intravisto. Il
cielo era senza nubi, l’atmosfera pura e immobile. Le acque del fiume
scorrevano attraverso un’immensa foresta, ma con tale lentezza che sarebbe
stato quasi impossibile stabilire da che parte andasse la corrente. Abbiamo
sempre sostenuto che per avere un’idea esatta delle foreste del Nuovo Mondo è
necessario seguire il corso di qualcuno dei fiumi che scorrono sotto la loro
ombra. I fiumi sono come grandi vie che la Provvidenza, fin dall’inizio del mondo,
ha destinato ad attraversare il deserto per renderlo accessibile agli uomini. Quando
è l’uomo ad aprirsi un varco nel bosco, il più delle volte il panorama è molto
limitato. Del resto anche il sentiero che percorrete è opera umana.
“ La storia di quest’uomo è
straordinaria. Dopo una giovinezza tempestosa e inquieta, si era stabilito
nello stato del Tennessee. Là le sue doti naturali e senza dubbio anche la sua umile
origine gli avevano procurato i suffragi del popolo ed era stato eletto
governatore dello Stato. In quel periodo la sua famiglia dovette attraversare
numerose traversie. Sembra che egli avesse da lamentarsi della condotta della
moglie, altri dicono che si comportava molto male con lei. La cosa certa è che
abbandonò il Tennessee, attraversò il Mississippi e si stabilì nel paese dei
Creeks, nel distretto dell’Arkansas. Là fu adottato da uno dei capi del quale
si dice sposò una figlia. Da allora visse in zone desertiche, mezzo europeo e
mezzo selvaggio. Lo incontrammo il 27 dicembre all’imbarco del White River,
dove ci eravamo fermati per lasciar scendere i Chactaws. Cavalcava un superbo
cavallo selvaggio catturato nelle praterie che dividono il Messico dagli Stati
Uniti. Questi immensi deserti sono abitati da numerosi branchi di cavalli
selvaggi che a volte vengono catturati dagli Spagnoli o dagli Indiani. Gli
rivolgemmo molte domande su questi ultimi Indiani D.
GLI INDIANI HANNO UNA RELIGIONE?
R. Qualcuno di
loro non crede all’immortalità dell’anima, ma generalmente credono
all’esistenza di un Dio che punisce o ricompensa in un altro mondo gli atti di questa
vita. D. HANNO UN CULTO? R. Tutte le mattine gli
Osagi, che abitano alle frontiere con il Messico, pregano al levar del sole. I
Creeks non hanno un culto, soltanto in tempi di grandi calamità o quando stanno
per iniziare qualche importante spedizione si dedicano a qualche pratica di
religione. D. AVETE CONOSCIUTO SPESSO INDIANI DIVENTATI
CRISTIANI? R. Pochi. Sono del parere che sia un grave errore mandare
missionari con lo scopo di civilizzarli. Il cristianesimo è la religione di un
popolo illuminato e intelligente, è troppo al di sopra della mentalità di un
popolo qual è quello Indiano così poco progredito nella civiltà e così schiavo
dei soli istinti materiali. A mio parere si dovrebbe cominciare con il
tentativo di strappare gli Indiani alla vita errabonda, incoraggiandoli a
coltivare la terra. Al cambiamento avvenuto nella condizione sociale
seguirebbe naturalmente l’introduzione della religione cristiana. Ho notato che
soltanto il cattolicesimo riusciva a produrre un’impressione duratura sugli
Indiani colpendone i sensi e parlando all’immaginazione. D. QUALE SPECIE DI GOVERNO AVETE VISTO ADOTTARE DAGLI
INDIANI?
R. Generalmente un governo patriarcale. I capi sono tali per
diritto di nascita. Nelle tribù diventate più illuminate a contatto con gli
Europei si ricorre alle elezioni. D. HANNO UNA
GIUSTIZIA? R. Nell’anima di ogni Indiano vi è un’idea profondamente
radicata che per molte tribù costituisce l’unico codice penale: che il sangue
deve essere lavato con il sangue: in una parola, la legge del taglione. Se un
uomo ha ucciso è abbandonato alla vendetta dei parenti del morto ai quali viene
consegnato. D.
LA LEGGE DELLA COMPENSAZIONE ESISTE PRESSO LE TRIBU’ CHE AVETE CONOSCIUTE?
R. No, gli Indiani del Sud considererebbero un’infamia accettare denaro quale
prezzo della vita dei fratelli. D. I METODI DI
GIUSTIZIA DI CUI MI PARLATE SONO MOLTO GROSSOLANI, MA SI APPLICANO DEL RESTO
SOLTANTO ALL’OMICIDIO, CHE ACCADE IN CASO DI FURTO? R. Il furto era
completamente sconosciuto agli Indiani prima che gli Europei introducessero fra
loro oggetti adatti a risvegliarne la cupidigia. Da quel momento è stato
necessario promulgare leggi per proibire il furto. Presso i Creeks che
cominciano a civilizzarsi e hanno un codice penale scritto, il furto è punito
con le frustate. Sono i capi a pronunciare la sentenza. Nello stesso modo è
punito l’adulterio della moglie, alla quale inoltre vengono tagliati naso e orecchie.
Ugualmente la legge dei Creeks punisce la formicazione.
D. QUALE E’ LA CONDIZIONE DELLA DONNA PRESSO GLI INDIANI? R. Una
schiavitù totale. Le donne devono sottostare a tutti i lavori più faticosi e
vivono in uno stato di estrema degradazione. D. E’
LECITA LA POLIGAMIA? R. Sì. Si possono avere tante mogli quante si è in
grado di mantenerne; anche il divorzio è permesso. D.
VI SEMBRA CHE GLI INDIANI ABBIANO UNA GRAN-DE INTELLIGENZA INNATA? R.
Sì, credo che non siano inferiori a nessuna razza umana riguardo a questo. Del
resto sono anche convinto che la stessa cosa accada per i negri. L’unica
differenza che si nota fra Indiani e negri mi sembra consista nella diversità
dell’educazione ricevuta. L’Indiano nasce libero e fruisce della libertà fin
dai primi passi della vita. Dal momento nel quale è in grado di agire da solo
viene lasciato a se stesso, l’autorità paterna è inesistente per lui.
Circondato da pericoli, incalzato dai bisogni, non potendo contare su nessuno
deve continuamente mantenere l’intelligenza per trovare i mezzi di prevenire
gli inconvenienti e di difendere l’esistenza. Tale necessità imposta
all’Indiano conferisce alla sua intelligenza un grado di sviluppo e un’acutezza
spesso ammirevoli. Il negro comune è stato schiavo ancor prima di nascere, privo
sia di soddisfazioni che di bisogni, inutile a se stesso; le prime nozioni che
percepisce sull’esistenza gli rivelano che è di proprietà altrui, che la
preoccupazione per il suo avvenire non aspetta a lui e che perfino la facoltà
di pensare nel suo caso è un dono inutile della provvidenza ”
…Con i relativi aspiranti pionieri
porre dovuto distinguo con i loro omonimi in altri perigliosi eventi di cui la
Cima e ‘necessaria’ conquista comporta, se pur in apparente ugual ‘atto’ dalla
Storia numerato qual similar parete roccia e via, nella differenza, però, che
fin tanto non interviene il fattore inerente e relativo all’enunciato del Tempo
descrivere la più famosa equazione circa comune Universo incarnato, la distanza
nel comune Spazio occupato inversamente proporzionato da chi nella ‘conquista’
esulare da qual si voglia principio inerente alla Vita.
Esula e difetta, per essere più
preciso, di ciò che grammaticalmente intende ugual enunciato o termine proprio
nella ‘curvatura’ con cui si comporrà ‘relativa materia’ nominata ‘conquista’ e
da similar Cima condivisa, giacché conveniamo che il nominare coraggiosi non
meno intrepidi d’un passato qual Universo se pur edificare materia consolidata
nell’orbita d’una e più gravità ben ancorate alla solida pietra cementata, prevedrà altri innominati condividere i frutti di Cime giammai conquistate solo da satelliti di nobili e più organizzate guide alla parabola delle nuove vie
edificate, il che rende il nostro atto una gratifica ed in qual tempo medesima
conquista e differenza da chi non ha per nulla compreso il senso proprio della Cima...
I fiumi,
invece, sono strade che non conservano tracce e le loro rive lasciano scorgere
senza limiti tutto il grande e suggestivo spettacolo che una vegetazione
lussureggiante e in piena libertà può offrire. Il deserto era là tale e quale
era apparso seimila anni or sono agli occhi dei nostri primi antenati: una
solitudine fiorita, deliziosa, profumata, una dimora magnifica, un palazzo
pieno di vita, costruito per l’uomo, ma dove il padrone non era ancora penetrato.
L’imbarcazione scivolava via senza fatica né rumore, intorno a noi regnavano
una serenità, una quiete universale. Anche noi cominciammo a sentirci spossati
davanti a un simile spettacolo. Le nostre parole si fecero sempre più rare, ben
presto ci scambiammo soltanto sottovoce le nostre osservazioni. Alla fine
ammutolimmo e alzando simultaneamente i remi sprofondammo ambedue in una serena
fantasticheria pervasa d’indicibile fascino. Da cosa deriva che le lingue umane
capaci di trovare le parole adatte per esprimere qualsiasi tipo di dolore
trovano un’invincibile difficoltà nel trasmettere le emozioni più dolci e
naturali del cuore? Chi sarà mai capace di descrivere fedelmente quei momenti
così rari nella vita nei quali il benessere fisico prelude alla tranquillità
morale mentre davanti ai vostri occhi prende forma una specie di equilibrio perfetto
dell'Universo;
quando l’Anima semiassopita sta sospesa fra presente e avvenire,
tra reale e possibile; quando circondato da una natura meravigliosa, respirando
un’aria calma e tiepida, in pace con se stesso in mezzo a una pace Univesale, l’uomo
tende l’orecchio ai battiti regolari delle arterie che a ogni pulsazione
segnano il passare del tempo che per lui sembra scorrere goccia a goccia verso
l’eternità? Forse molti uomini hanno assistito all’accumularsi degli anni d’una
lunga esistenza senza aver mai provato nulla di simile a quanto abbiamo
descritto. Non saprebbero quindi capirci. ...Ma siamo certi che ve ne sono
altri che troveranno nella memoria e nel profondo del cuore di che ravvivare le
nostre immagini e sentiranno risvegliare, leggendoci, il ricordo di ore fuggite
che né il tempo né le cure materiali della vita hanno potuto cancellare... ....Qui non si tratta di previsioni più o meno azzardate,
suggerite dal buon senso, ma di fatti così sicuri come se fossero già
avvenuti..... Fra pochi anni le foreste impenetrabili saranno abbattute, il
rumore della civiltà e delle industrie romperà il silenzio della Saginaw, la
sua eco diventerà muta...
Le banchine imprigioneranno le rive, le acque che
adesso scorrono ignorate e tranquille in mezzo al deserto senza nome saranno
ricacciate nei loro alvei dalla prua delle navi. Cinquanta leghe separano
ancora questa solitudine dai grandi agglomerati europei; forse siamo gli ultimi
viaggiatori ai quali è stato concesso di contemplarla ancora intatta nel suo
primitivo splendore tanto è inarrestabile l’impulso che trascina la razza bianca
a conquistare interamente il Nuovo Mondo. È l’idea dell’imminente distruzione,
il recondito pensiero d’un mutamento prossimo e inevitabile che, secondo noi,
conferisce alle solitudini americane un carattere così originale e una bellezza
così suggestiva. Si guardano con una gioia malinconica, ci si affretta, in un
certo senso ad ammirarle. ...L’idea che questa grande grandiosità naturale e
selvaggia è destinata a scomparire, si frammischia alle orgogliose visioni
suggerite dalla marcia inarrestabile... della civiltà... Ci si sente fieri di
essere uomini e nello stesso tempo si prova come un senso di amaro
rincrescimento per il potere accoradatoci da Dio sulla natura. L’anima è
travagliata da idee e da sentimenti contrastanti, ma tutte le impressioni che
riceve sono importanti e lasciano una traccia profonda…”
….Da chi non ha per nulla compreso
il senso proprio della Cima... Si dedichi quindi alla Cima o Progresso o solo Traguardo di ciò che, con il
relativo Tempo rapportato ai motivi della materia diverrà non più Tempio bensì
affollata Dottrina senza nessun Dio o Vetta per poterne celebrare dovuta
preghiera.
…E’
doppiamente nobile chi si apre la via da solo combattendo nella solitudine
alpina (di questo come altri Sentieri…) e duemila volte più grande sarà il suo
premio.
Dal
punto di vista sportivo egli si guadagna la… Prima Corona…
Rappresentiamoci la figura del
turista (o del semplice Straniero al confine approdato…) con la guida che batte
paesi o piuttosto montagne, e per una volta qui prescindiamo da quelle rare
leghe di nobiltà, in cui il ‘Signore’ guida spiritualmente e tecnicamente l’ascensione,
prepara il piano e nemmeno un attimo si lascia sfuggire dalle mani le redini
morali, e la guida non è che il suo strumento o il suo compagno.
Se io cammino dietro la guida, è
lui che ha da cercare la via, che in generale ci deve orientare, la parola sua
è decisiva, la mia può al più consigliare…
Perché egli è colui che sa più
degli altri.
Ha cura d’indicarmi fin nei
dettagli il tratto più agevole e più sicuro, gli appoggi migliori. Nei luoghi
pericolosi la vera guida è di continuo affaticata e preoccupata per me, mi
aiuta col consiglio e con la mano a superare i brutti passi, mi trattiene alla
corda con pugno di ferro, scava i gradini nel ghiaccio, mi scarrucola su e giù
per grandi e piccole pareti, mi guarda dall'inciampare, in breve io mi sento
protetto e condotto con le dande come un bambino dalla bambinaia.
Se per di più la guida porta anche
il mio bagaglio, io sono liberato dal peso fisico (dal fardello di poter spiegare in parole da ‘Nessuno’
apostrofate verso ogni probabile gigante di un più vasto regno, in quanto ad un
Nessuno non è permesso l’azzardo alla cima del vero; ugual regola per ogni
profeta di questo o altro celeste Impero… Condizione la qual limita
l’invisibile fatica esulando il credo con cui il Golia infesta e reclama il dolore
per ogni fossile ingombrare il suo occhio inquisitore… I termini posti del
Giano dal doppio volto non compromette il peso di tal bagaglio… Per cui devoto
ad ogni guida la quale pur fiera della via, dimentica che il discepolo non
visto, se supera il maestro, rinnegato al pari del nostro amico di cui l’esilio
ci è da ugual giovamento e medesimo conforto… Il suo silenzio per questa
difficile mulattiere ci rivela come l’Elemento possa essere travisato in una
visione incompresa tale da rendere manifesto quanto da lui neppur pensato solo
nel difetto di cui l’Anima aspira ad una più consona verità o sicura per più
difficile ed insicura via), però
sono sovraccarico d’un peso morale, in quanto quest’uomo, che come scalatore mi
dovrebbe stare alla pari, non solo compie sportivamente lo stesso lavoro mio o
di più, ma trasposta inoltre dei pesi che mancano a me, nel rifugio esegue cose
che io non faccio, deve di continuo occuparsi della direzione e della via ed io
no, e per giunta esercita sopra di me una specie di attività provvidenziale
conforme alla sua professione.
L’uomo individuale è insieme
architetto e muratore in una sola persona, io non sono altro che un manovale
subordinato ad una volontà estranea (almeno
così vorrebbe apparire alla verità cui per gradi - simmetrica alla la cima -
compone siffatta opera o il Viaggio fin qui transitato, in apparente forma e
conforme alla guida altrui distogliendo la volontà di voler conseguire, per chi
non accetto alla club della vetta del loro soave ingegno tradotto in provvidenza
per ogni scemenza edificata al pari e non di più di quella funivia cui tutti
aspirano certa e gradita cima, là dove in realtà mai ne hanno conquistato la
vetta… E se in cima per puro caso vi fosse una croce assieme ad una parabola
sono più che lieto di accompagnare l’Apostata nella difficile impresa, e si
badi bene non certo da guida ma quale invisibile scalatore scomporre
l’avversata materia tradotta e circoscritta al proprio limite quantunque
avversa alla comune via…
Potremmo essere degli anarchici e molto altro in ciò
cui amano definire secondo le regole di un Primo Dio saggio… ed un Secondo incompiuto assiso in
ogni tempio in nome e per conto della comune nostra pazzia… Oppure potremmo
essere la premessa di ciò che fu nominata dittatura, ma in verità e per il vero,
solo materiale principio gravitazionale il quale rileviamo mentre l’occhio che
ci spia conduce l’invisibile via alla nobile pazzia se pur curata con più
consono e diletto sentiero ove un pagano scrutò il principio della fine
enunciato all’opposto… Sicché i morti o
coloro che si riversano come primo elemento nell’antico loro regno svelano più
di quanto il nostro amico abbia mai detto o solo immaginato).
Ma non soltanto la guida di
professione retribuita mi defrauda degli oneri lusinghieri e dei doveri
onorifici propri dell’attività alpina, ma anche il compagno che ha la
preminenza e la direzione. Se mi manca la tensione di Spirito di colui che
cerca ed apre la via, in compenso sento duplicati e triplicati i molti piccoli
dolori della salita e del Tempo, perché tutta la mia sensibilità è attratta di
continuo da questi; la mia fatica può essere rimunerata soltanto dallo
spettacolo della vetta; e tutti gli esperti sanno che nove volte su dieci si
resta delusi prima di trovare un godimento pieno.
Già da principio devo entrare in
confidenza intima col gruppo e col mio monte, studiando a fondo carte e
letteratura sull’argomento. Così a poco a poco davanti al mio occhio si forma
un’immagine plastica a rilievo di quel paese, prima ancor di vederlo con
l’occhio del corpo.
Già da un punto prospettico lontano
o ancora nella valle comincio a guardare nella direzione della mia mèta e a
cercare la mia via, di modo che anche una regione noiosa (come una prospettiva più consona e profonda
nella vastità della ‘Galleria di stampe’ per sempre ammirate e contemplate in
ogni museo o vista che sia comporre lieta e magnifica opera di modo che il
panorama anche se usuale nel suo uso compiuto divenire Viaggio certamente
impervio ed ugualmente periglioso o avventuroso anche in ciò se pur nel bello
nella noia e dalla noia ammirato ed anche descritto…) me la approprio spiritualmente e me la sento
interessante.
Se capito in una zona intricata,
devo tendere ancor di più le forse del mio Spirito. È mio dovere rintracciare
le intenzioni di coloro che hanno progettato una via, per non sbagliare davanti
alle biforcazioni, ai mutamenti di direzione o agli smarrimenti occasionali di
vie poco segnate.
L’occhio dev’essere di continuo
allenato a calcolare presto con sicurezza distanze, variazioni d’altezza,
pendenze, la larghezza del torrente da attraversare o così via. Certe lievi
gradazioni di colore mi rivelano un avvallamento dissimulato; dalla grandezza
prospettica di alberi, bestie e capanne io misuro la distanza tra me e quei
luoghi. La smania dei contrassegni ha defraudato il turista di molte di queste
gioie preziose e lo ha fatto ottuso ed indolente (ecco una certa e pur Eretica
differenza fra l’ortodossia e l’eterodossia nel perseguire ugual cima ed
intento…).
(A.
De Tocqueville, Viaggio negli Stati Unit & M. Zurbriggen, Dalle Alpi alle
Ande & G. Lazzari, l’Eretico Viaggio)
Nessun commento:
Posta un commento