CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

lunedì 7 ottobre 2019

IL LIBRO SCOMPARSO (7)



















Precedenti capitoli:

Il libro scomparso (5)  &  (6)

Prosegue presso...:















Il colle di San Vincent (8)
















& Il canalone Marinelli (9)















Univoci suoni della Natura (10)















& Per ogni obiezione che conta! (11)


Convenzione per la protezione delle Alpi














La storia di quest’uomo è straordinaria. Dopo una giovinezza tempestosa e inquieta, si era stabilito nello stato del Tennessee. Là le sue doti naturali e senza dubbio anche la sua umile origine gli avevano procurato i suffragi del popolo ed era stato eletto governatore dello Stato. In quel periodo la sua famiglia dovette attraversare numerose traversie. Sembra che egli avesse da lamentarsi della condotta della moglie, altri dicono che si comportava molto male con lei. La cosa certa è che abbandonò il Tennessee, attraversò il Mississippi e si stabilì nel paese dei Creeks, nel distretto dell’Arkansas. Là fu adottato da uno dei capi del quale si dice sposò una figlia. Da allora visse in zone desertiche, mezzo europeo e mezzo selvaggio. Lo incontrammo il 27 dicembre all’imbarco del White River, dove ci eravamo fermati per lasciar scendere i Chactaws. Cavalcava un superbo cavallo selvaggio catturato nelle praterie che dividono il Messico dagli Stati Uniti. Questi immensi deserti sono abitati da numerosi branchi di cavalli selvaggi che a volte vengono catturati dagli Spagnoli o dagli Indiani. Gli rivolgemmo molte domande su questi ultimi Indiani D. GLI INDIANI HANNO UNA RELIGIONE? 




R. Qualcuno di loro non crede all’immortalità dell’anima, ma generalmente credono all’esistenza di un Dio che punisce o ricompensa in un altro mondo gli atti di questa vita. D. HANNO UN CULTO? R. Tutte le mattine gli Osagi, che abitano alle frontiere con il Messico, pregano al levar del sole. I Creeks non hanno un culto, soltanto in tempi di grandi calamità o quando stanno per iniziare qualche importante spedizione si dedicano a qualche pratica di religione. D. AVETE CONOSCIUTO SPESSO INDIANI DIVENTATI CRISTIANI? R. Pochi. Sono del parere che sia un grave errore mandare missionari con lo scopo di civilizzarli. Il cristianesimo è la religione di un popolo illuminato e intelligente, è troppo al di sopra della mentalità di un popolo qual è quello Indiano così poco progredito nella civiltà e così schiavo dei soli istinti materiali. A mio parere si dovrebbe cominciare con il tentativo di strappare gli Indiani alla vita errabonda, incoraggiandoli a coltivare la terra. Al cambiamento avvenuto nella condizione sociale seguirebbe naturalmente l’introduzione della religione cristiana. Ho notato che soltanto il cattolicesimo riusciva a produrre un’impressione duratura sugli Indiani colpendone i sensi e parlando all’immaginazione. D. QUALE SPECIE DI GOVERNO AVETE VISTO ADOTTARE DAGLI INDIANI? 




R. Generalmente un governo patriarcale. I capi sono tali per diritto di nascita. Nelle tribù diventate più illuminate a contatto con gli Europei si ricorre alle elezioni. D. HANNO UNA GIUSTIZIA? R. Nell’anima di ogni Indiano vi è un’idea profondamente radicata che per molte tribù costituisce l’unico codice penale: che il sangue deve essere lavato con il sangue: in una parola, la legge del taglione. Se un uomo ha ucciso è abbandonato alla vendetta dei parenti del morto ai quali viene consegnato.  D. LA LEGGE DELLA COMPENSAZIONE ESISTE PRESSO LE TRIBU’ CHE AVETE CONOSCIUTE? R. No, gli Indiani del Sud considererebbero un’infamia accettare denaro quale prezzo della vita dei fratelli. D. I METODI DI GIUSTIZIA DI CUI MI PARLATE SONO MOLTO GROSSOLANI, MA SI APPLICANO DEL RESTO SOLTANTO ALL’OMICIDIO, CHE ACCADE IN CASO DI FURTO? R. Il furto era completamente sconosciuto agli Indiani prima che gli Europei introducessero fra loro oggetti adatti a risvegliarne la cupidigia. Da quel momento è stato necessario promulgare leggi per proibire il furto. Presso i Creeks che cominciano a civilizzarsi e hanno un codice penale scritto, il furto è punito con le frustate. Sono i capi a pronunciare la sentenza. Nello stesso modo è punito l’adulterio della moglie, alla quale inoltre vengono tagliati naso e orecchie. Ugualmente la legge dei Creeks punisce la formicazione. 




D. QUALE E’ LA CONDIZIONE DELLA DONNA PRESSO GLI INDIANI? R. Una schiavitù totale. Le donne devono sottostare a tutti i lavori più faticosi e vivono in uno stato di estrema degradazione. D. E’ LECITA LA POLIGAMIA? R. Sì. Si possono avere tante mogli quante si è in grado di mantenerne; anche il divorzio è permesso. D. VI SEMBRA CHE GLI INDIANI ABBIANO UNA GRAN-DE INTELLIGENZA INNATA? R. Sì, credo che non siano inferiori a nessuna razza umana riguardo a questo. Del resto sono anche convinto che la stessa cosa accada per i negri. L’unica differenza che si nota fra Indiani e negri mi sembra consista nella diversità dell’educazione ricevuta. L’Indiano nasce libero e fruisce della libertà fin dai primi passi della vita. Dal momento nel quale è in grado di agire da solo viene lasciato a se stesso, l’autorità paterna è inesistente per lui. Circondato da pericoli, incalzato dai bisogni, non potendo contare su nessuno deve continuamente mantenere l’intelligenza per trovare i mezzi di prevenire gli inconvenienti e di difendere l’esistenza. Tale necessità imposta all’Indiano conferisce alla sua intelligenza un grado di sviluppo e un’acutezza spesso ammirevoli. Il negro comune è stato schiavo ancor prima di nascere, privo sia di soddisfazioni che di bisogni, inutile a se stesso; le prime nozioni che percepisce sull’esistenza gli rivelano che è di proprietà altrui, che la preoccupazione per il suo avvenire non aspetta a lui e che perfino la facoltà di pensare nel suo caso è un dono inutile della provvidenza




…Con i relativi aspiranti pionieri porre dovuto distinguo con i loro omonimi in altri perigliosi eventi di cui la Cima e ‘necessaria’ conquista comporta, se pur in apparente ugual ‘atto’ dalla Storia numerato qual similar parete roccia e via, nella differenza, però, che fin tanto non interviene il fattore inerente e relativo all’enunciato del Tempo descrivere la più famosa equazione circa comune Universo incarnato, la distanza nel comune Spazio occupato inversamente proporzionato da chi nella ‘conquista’ esulare da qual si voglia principio inerente alla Vita.

Esula e difetta, per essere più preciso, di ciò che grammaticalmente intende ugual enunciato o termine proprio nella ‘curvatura’ con cui si comporrà ‘relativa materia’ nominata ‘conquista’ e da similar Cima condivisa, giacché conveniamo che il nominare coraggiosi non meno intrepidi d’un passato qual Universo se pur edificare materia consolidata nell’orbita d’una e più gravità ben ancorate alla solida pietra cementata, prevedrà altri innominati condividere i frutti di Cime giammai conquistate solo da satelliti di nobili e più organizzate guide alla parabola delle nuove vie edificate, il che rende il nostro atto una gratifica ed in qual tempo medesima conquista e differenza da chi non ha per nulla compreso il senso proprio della  Cima...




 Di ritorno dalla casa di M. Williams ci venne in mente di risalire la Saginaw tenendoci a qualche distanza in modo da poter andare a sparare alle anitre selvatiche che popolavano le rive. Mentre eravamo intenti alla caccia, una piroga si staccò dai canneti del fiume e alcuni Indiani ci vennero incontro per esaminare il mio fucile che avevano adocchiato da lontano.... Calata intanto la sera, risalimmo sull’imbarcazione e fidandoci dell’esperienza acquisita al mattino partimmo da soli per risalire un braccio della Saginaw che avevamo appena intravisto. Il cielo era senza nubi, l’atmosfera pura e immobile. Le acque del fiume scorrevano attraverso un’immensa foresta, ma con tale lentezza che sarebbe stato quasi impossibile stabilire da che parte andasse la corrente. Abbiamo sempre sostenuto che per avere un’idea esatta delle foreste del Nuovo Mondo è necessario seguire il corso di qualcuno dei fiumi che scorrono sotto la loro ombra. I fiumi sono come grandi vie che la Provvidenza, fin dall’inizio del mondo, ha destinato ad attraversare il deserto per renderlo accessibile agli uomini. Quando è l’uomo ad aprirsi un varco nel bosco, il più delle volte il panorama è molto limitato. Del resto anche il sentiero che percorrete è opera umana. 




I fiumi, invece, sono strade che non conservano tracce e le loro rive lasciano scorgere senza limiti tutto il grande e suggestivo spettacolo che una vegetazione lussureggiante e in piena libertà può offrire. Il deserto era là tale e quale era apparso seimila anni or sono agli occhi dei nostri primi antenati: una solitudine fiorita, deliziosa, profumata, una dimora magnifica, un palazzo pieno di vita, costruito per l’uomo, ma dove il padrone non era ancora penetrato. L’imbarcazione scivolava via senza fatica né rumore, intorno a noi regnavano una serenità, una quiete universale. Anche noi cominciammo a sentirci spossati davanti a un simile spettacolo. Le nostre parole si fecero sempre più rare, ben presto ci scambiammo soltanto sottovoce le nostre osservazioni. Alla fine ammutolimmo e alzando simultaneamente i remi sprofondammo ambedue in una serena fantasticheria pervasa d’indicibile fascino. Da cosa deriva che le lingue umane capaci di trovare le parole adatte per esprimere qualsiasi tipo di dolore trovano un’invincibile difficoltà nel trasmettere le emozioni più dolci e naturali del cuore? Chi sarà mai capace di descrivere fedelmente quei momenti così rari nella vita nei quali il benessere fisico prelude alla tranquillità morale mentre davanti ai vostri occhi prende forma una specie di equilibrio perfetto dell'Universo; 




quando l’Anima semiassopita sta sospesa fra presente e avvenire, tra reale e possibile; quando circondato da una natura meravigliosa, respirando un’aria calma e tiepida, in pace con se stesso in mezzo a una pace Univesale, l’uomo tende l’orecchio ai battiti regolari delle arterie che a ogni pulsazione segnano il passare del tempo che per lui sembra scorrere goccia a goccia verso l’eternità? Forse molti uomini hanno assistito all’accumularsi degli anni d’una lunga esistenza senza aver mai provato nulla di simile a quanto abbiamo descritto. Non saprebbero quindi capirci. ...Ma siamo certi che ve ne sono altri che troveranno nella memoria e nel profondo del cuore di che ravvivare le nostre immagini e sentiranno risvegliare, leggendoci, il ricordo di ore fuggite che né il tempo né le cure materiali della vita hanno potuto cancellare... ....Qui non si tratta di previsioni più o meno azzardate, suggerite dal buon senso, ma di fatti così sicuri come se fossero già avvenuti..... Fra pochi anni le foreste impenetrabili saranno abbattute, il rumore della civiltà e delle industrie romperà il silenzio della Saginaw, la sua eco diventerà muta... 




Le banchine imprigioneranno le rive, le acque che adesso scorrono ignorate e tranquille in mezzo al deserto senza nome saranno ricacciate nei loro alvei dalla prua delle navi. Cinquanta leghe separano ancora questa solitudine dai grandi agglomerati europei; forse siamo gli ultimi viaggiatori ai quali è stato concesso di contemplarla ancora intatta nel suo primitivo splendore tanto è inarrestabile l’impulso che trascina la razza bianca a conquistare interamente il Nuovo Mondo. È l’idea dell’imminente distruzione, il recondito pensiero d’un mutamento prossimo e inevitabile che, secondo noi, conferisce alle solitudini americane un carattere così originale e una bellezza così suggestiva. Si guardano con una gioia malinconica, ci si affretta, in un certo senso ad ammirarle. ...L’idea che questa grande grandiosità naturale e selvaggia è destinata a scomparire, si frammischia alle orgogliose visioni suggerite dalla marcia inarrestabile... della civiltà... Ci si sente fieri di essere uomini e nello stesso tempo si prova come un senso di amaro rincrescimento per il potere accoradatoci da Dio sulla natura. L’anima è travagliata da idee e da sentimenti contrastanti, ma tutte le impressioni che riceve sono importanti e lasciano una traccia profonda…




….Da chi non ha per nulla compreso il senso proprio della  Cima... Si dedichi quindi alla Cima o Progresso o solo Traguardo di ciò che, con il relativo Tempo rapportato ai motivi della materia diverrà non più Tempio bensì affollata Dottrina senza nessun Dio o Vetta per poterne celebrare dovuta preghiera.

…E’ doppiamente nobile chi si apre la via da solo combattendo nella solitudine alpina (di questo come altri Sentieri…) e duemila volte più grande sarà il suo premio.

Dal punto di vista sportivo egli si guadagna la… Prima Corona…

Rappresentiamoci la figura del turista (o del semplice Straniero al confine approdato…) con la guida che batte paesi o piuttosto montagne, e per una volta qui prescindiamo da quelle rare leghe di nobiltà, in cui il ‘Signore’ guida spiritualmente e tecnicamente l’ascensione, prepara il piano e nemmeno un attimo si lascia sfuggire dalle mani le redini morali, e la guida non è che il suo strumento o il suo compagno.

Se io cammino dietro la guida, è lui che ha da cercare la via, che in generale ci deve orientare, la parola sua è decisiva, la mia può al più consigliare…

Perché egli è colui che sa più degli altri.

Ha cura d’indicarmi fin nei dettagli il tratto più agevole e più sicuro, gli appoggi migliori. Nei luoghi pericolosi la vera guida è di continuo affaticata e preoccupata per me, mi aiuta col consiglio e con la mano a superare i brutti passi, mi trattiene alla corda con pugno di ferro, scava i gradini nel ghiaccio, mi scarrucola su e giù per grandi e piccole pareti, mi guarda dall'inciampare, in breve io mi sento protetto e condotto con le dande come un bambino dalla bambinaia.




Se per di più la guida porta anche il mio bagaglio, io sono liberato dal peso fisico (dal fardello di poter spiegare in parole da ‘Nessuno’ apostrofate verso ogni probabile gigante di un più vasto regno, in quanto ad un Nessuno non è permesso l’azzardo alla cima del vero; ugual regola per ogni profeta di questo o altro celeste Impero… Condizione la qual limita l’invisibile fatica esulando il credo con cui il Golia infesta e reclama il dolore per ogni fossile ingombrare il suo occhio inquisitore… I termini posti del Giano dal doppio volto non compromette il peso di tal bagaglio… Per cui devoto ad ogni guida la quale pur fiera della via, dimentica che il discepolo non visto, se supera il maestro, rinnegato al pari del nostro amico di cui l’esilio ci è da ugual giovamento e medesimo conforto… Il suo silenzio per questa difficile mulattiere ci rivela come l’Elemento possa essere travisato in una visione incompresa tale da rendere manifesto quanto da lui neppur pensato solo nel difetto di cui l’Anima aspira ad una più consona verità o sicura per più difficile ed insicura via), però sono sovraccarico d’un peso morale, in quanto quest’uomo, che come scalatore mi dovrebbe stare alla pari, non solo compie sportivamente lo stesso lavoro mio o di più, ma trasposta inoltre dei pesi che mancano a me, nel rifugio esegue cose che io non faccio, deve di continuo occuparsi della direzione e della via ed io no, e per giunta esercita sopra di me una specie di attività provvidenziale conforme alla sua professione.




L’uomo individuale è insieme architetto e muratore in una sola persona, io non sono altro che un manovale subordinato ad una volontà estranea (almeno così vorrebbe apparire alla verità cui per gradi - simmetrica alla la cima - compone siffatta opera o il Viaggio fin qui transitato, in apparente forma e conforme alla guida altrui distogliendo la volontà di voler conseguire, per chi non accetto alla club della vetta del loro soave ingegno tradotto in provvidenza per ogni scemenza edificata al pari e non di più di quella funivia cui tutti aspirano certa e gradita cima, là dove in realtà mai ne hanno conquistato la vetta… E se in cima per puro caso vi fosse una croce assieme ad una parabola sono più che lieto di accompagnare l’Apostata nella difficile impresa, e si badi bene non certo da guida ma quale invisibile scalatore scomporre l’avversata materia tradotta e circoscritta al proprio limite quantunque avversa alla comune via…




Potremmo essere degli anarchici e molto altro in ciò cui amano definire secondo le regole di un Primo Dio  saggio… ed un Secondo incompiuto assiso in ogni tempio in nome e per conto della comune nostra pazzia… Oppure potremmo essere la premessa di ciò che fu nominata dittatura, ma in verità e per il vero, solo materiale principio gravitazionale il quale rileviamo mentre l’occhio che ci spia conduce l’invisibile via alla nobile pazzia se pur curata con più consono e diletto sentiero ove un pagano scrutò il principio della fine enunciato all’opposto…  Sicché i morti o coloro che si riversano come primo elemento nell’antico loro regno svelano più di quanto il nostro amico abbia mai detto o solo immaginato).

Ma non soltanto la guida di professione retribuita mi defrauda degli oneri lusinghieri e dei doveri onorifici propri dell’attività alpina, ma anche il compagno che ha la preminenza e la direzione. Se mi manca la tensione di Spirito di colui che cerca ed apre la via, in compenso sento duplicati e triplicati i molti piccoli dolori della salita e del Tempo, perché tutta la mia sensibilità è attratta di continuo da questi; la mia fatica può essere rimunerata soltanto dallo spettacolo della vetta; e tutti gli esperti sanno che nove volte su dieci si resta delusi prima di trovare un godimento pieno.

Che differenza senza il compagno che guida!





Già da principio devo entrare in confidenza intima col gruppo e col mio monte, studiando a fondo carte e letteratura sull’argomento. Così a poco a poco davanti al mio occhio si forma un’immagine plastica a rilievo di quel paese, prima ancor di vederlo con l’occhio del corpo.

Già da un punto prospettico lontano o ancora nella valle comincio a guardare nella direzione della mia mèta e a cercare la mia via, di modo che anche una regione noiosa (come una prospettiva più consona e profonda nella vastità della ‘Galleria di stampe’ per sempre ammirate e contemplate in ogni museo o vista che sia comporre lieta e magnifica opera di modo che il panorama anche se usuale nel suo uso compiuto divenire Viaggio certamente impervio ed ugualmente periglioso o avventuroso anche in ciò se pur nel bello nella noia e dalla noia ammirato ed anche descritto…) me la approprio spiritualmente e me la sento interessante.

Se capito in una zona intricata, devo tendere ancor di più le forse del mio Spirito. È mio dovere rintracciare le intenzioni di coloro che hanno progettato una via, per non sbagliare davanti alle biforcazioni, ai mutamenti di direzione o agli smarrimenti occasionali di vie poco segnate.

L’occhio dev’essere di continuo allenato a calcolare presto con sicurezza distanze, variazioni d’altezza, pendenze, la larghezza del torrente da attraversare o così via. Certe lievi gradazioni di colore mi rivelano un avvallamento dissimulato; dalla grandezza prospettica di alberi, bestie e capanne io misuro la distanza tra me e quei luoghi. La smania dei contrassegni ha defraudato il turista di molte di queste gioie preziose e lo ha fatto ottuso ed indolente (ecco una certa e pur Eretica differenza fra l’ortodossia e l’eterodossia nel perseguire ugual cima ed intento…).

(A. De Tocqueville, Viaggio negli Stati Unit & M. Zurbriggen, Dalle Alpi alle Ande & G. Lazzari, l’Eretico Viaggio)















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