Prosegue con:
Il Ghiacciaio scomparso (o quasi!) (2)
Se oggi
Courmayeur è quello che è lo deve alle guide alpine e agli alpinisti che videro
in quella località l’essenza stessa del salire le montagne, dopo secoli e
secoli di disinteresse totale dell’umanità: perché lì è il Monte Bianco, quello
più alto di tutti.
Guide e
alpinisti, con la loro passione e le loro imprese, hanno creato una nuova
sensibilità, quella che ancora oggi, in qualche modo distorto, attira sciatori
e turisti e fa esclamare “oohh!” di fronte a certi panorami che, in epoca
prealpinistica, suggerivano solo orrore.
Gli
alpinisti conoscevano un masso erratico, circondato dai prati. Io stesso lo
ricordo bene, eravamo negli anni ’60. Un masso che un tempo era un pezzo di
storia e che oggi l’odierna insensibilità e l’assoluta ignoranza hanno
circondato di totale disinteresse.
Gianluca
Strata:
“Già
qualche anno orsono avevo segnalato, anche con foto, lo stato indecente del
luogo; dopo poco si prospettò, in quella zona, l’attuale iniziativa di edilizia
“prima casa residenti”. Con un paio di amici ci ripromettemmo di fare qualcosa
per la salvaguardia e il recupero di quella importante memoria storica (tipo la
fessura Kosterlitz di Ceresole). Ne venne fuori un piccolo “topo” con una
decina di passaggi (oggi li chiamano di boulder). Ci fu assicurato che anche i
proponenti condividevano l’obiettivo: addirittura la società si chiamava Prois!
Certo la fonetica aveva giocato un brutto scherzo. Ora, quello che lascia
interdetti è che in un’epoca in cui si abusa del termine ‘tradizione’, anche
questa memoria storica sia cancellata”.
Era meglio
se ne facevano ghiaia. Molto meglio. Se non frega niente dell’alpinismo, se la
memoria va colata nel cemento come un testimone scomodo, allora, vi prego,
risparmiateci la speculazione verniciata con la pennellata di storia.
Il sasso Preuss, a metà strada tra Courmayeur e Entrèves,
è stato un luogo di culto per gli scalatori di mezzo secolo. Si trovavano in
mezzo al prato nelle giornate dal tempo incerto e provavano i passaggi come
facciamo tutti quando le montagne sono imbronciate.
Il grande Paul Preuss aveva salito il muro
impossibile, Gabriele Boccalatte volteggiava sulle sue tracce, pare che Giusto
Gervasutti non si esibisse ma magari ci veniva la sera, di nascosto, a provare
il boulder anche lui. Adesso il Sasso Preuss è diventato un fastidioso scoglio e
resterà lì nel cemento, in un angolo triste del nuovo complesso residenziale,
come quei libri soli sullo scaffale vuoto della libreria. Meglio ghiaia,
credetemi (E. Camanni).
Ho letto
sui Quaderni de La Tsapletta un prezioso servizio sui massi erratici nella
valle Courmayeur, residui di enormi glaciazioni del Pleistocene. Mi sono
soffermato sulla descrizione, molto valida, del Sasso Preuss scoprendo con sgomento che il mitico Sasso è stato
seppellito con qualche camionata di terriccio e ne rimane solamente una
ridicola puntina. Non ne capivo il motivo, allora sono andato a curiosare,
anche cercando di comprendere l’ottica dei distruttori.
Forse che i
costruttori di quella inammissibile ferraglia-condominio, più appropriata nelle
periferie metropolitane, che scientemente hanno denominato il condominio ‘Prois’ (beata ignoranza),
hanno voluto far sparire le prove di una possibile caduta del masso dal monte
di La Saxe alle spalle, per non
spaventare i potenziali acquirenti?
Sasso
erratico o masso caduto, come possibile, dal sovrastante franosissimo monte,
fonte di svariati danni negli ultimi anni, senza risalire al Pleistocene, non
meritava certo la sepoltura!
La leggenda
del SassoPreuss:
Si
racconta, anzi si tramanda, che intorno alla
fine del 1800 un contadino, che probabilmente saliva dalla bassa valle a
vendere mele con la gerla, fu visto passare per La Saxe dove lasciò qualche chilo di ottime mele e andandosene
annunciò che sarebbe salito fino ad Entreves
seguendo il sentiero a monte.
Intanto
aveva iniziato a piovere forte, ma l’uomo aprì un ampio ombrello che copriva
anche la gerla con le mele e proseguì. Dopo una decina di minuti tutti udirono
una grande frana rotolare dal monte di La
Saxe: un fitto polverone oscurò la mattinata cupa, il rimbombo e l’eco
della frana furono uditi lontano, oltre Morgex.
Quando la
pioggia cessò di cadere e il polverone si depositò, tutto il paese corse ad
osservare l’accaduto. Il monte di La Saxe
fumava ancora, una nebbiolina copriva il terreno sottostante dove decine di
massi di varie dimensioni ricoprivano il prato a pascolo, Quasi nel centro,
esattamente sulla linea del sentiero ora interrotta, troneggiava il Sasso Preuss.
Nessuna
traccia del venditore di mele, lo cercarono pure i carabinieri ma i nativi
sostengono che sia profondamente sepolto con le sue mele sotto il grande Sasso.
Il misfatto!
Ricoprire
di terra il Sasso Preuss è stato
come distruggere una tomba dei Salassi o una colonna Romana. Nessuno si
sognerebbe di seppellire il Masso Gastaldi, sicuramente un “erratico”
arrestatosi nella pianura di Pianezza, monumento e meta di visitatori.
Iconoclasta senza giustificazioni chi ha concesso l’autorizzazione per quella
devastazione.
Il Sasso
aveva una sua storia centenaria di arte arrampicatoria. Grandi alpinisti da Paul Preuss che lo aveva scoperto nel
1912 a Bonatti, da Rébuffat a Diemberger e a Gogna, si sono allenati, hanno
scalato, hanno consumato scarponi e dita sulle ruvide asperità granitiche.
Molte guide alpine di Courmayeur e della vallata (sottoscritto compreso) nei
decenni hanno accompagnato al Sasso i loro allievi.
Ultimamente,
migliorate le tecniche di arrampicata, era diventato Sasso per il bouldering,
una disciplina arrampicatoria che utilizza massi di modesta altezza ed elevata
difficoltà. Dove i moderni climbers testano le loro capacità, senza usare le
corde, ma solamente dei materassini da posizionare alla base della via
prescelta, per proteggersi da un eventuale salto all’indietro.
Poi sono arrivate le ruspe, hanno costruito un
altro ecomostro ad abbellire la panoramica locale e…. crimine supremo, hanno
seppellito di terriccio il Sasso.
Si può ancora
salvare questo pezzo di storia alpinistica della Valle?
Ebbene sì,
se un Sindaco illuminato darà ordine alle ruspe di togliere, con pochi colpi,
la terra, far tracciare un sentiero di accesso, segnalare il Sasso sulla strada
con un cartello e apporre una elegante targa esplicativa alla sua base.
Sarebbe
atto di intelligente restaurazione: recuperare l’avita storia del Sasso Preuss alla storia alpinistica di
Courmayeur. Siamo nel mondo dei sogni o… la bellezza salverà il mondo?
(Dedicato a Manuele Ossoli...)
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