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A Tomi (16)
Meditazioni divenute
Visioni Apocalittiche, per chi sa vedere ed intendere la giusta Cima ove aspira
il Progresso, ove il chiodo penetra lo Spirito…
Apocalittiche Visioni,
secolari millenarie annunziate da crepacci cui difendersi nel profondo orrore
emanato qual paradossale Abisso opposto alla Vetta per ogni Natura conquistata.
E con cui meditare più
certa e sicura salita!
Aspiriamo alla Cima
così come un Tempo interdetto, dettato dai capricci d’ogni nuovo elemento, e
seppur mascherati da alpinisti siamo Eremiti fuggiti.
L’apocalittica Visione
ci dona forza e tenacia identica dell’alpinista.
Quella apparentemente
sfuggita nella dura conquista della Cima, mentre lo Spirito rinvigorito dalla
salita ne canta e medita il panorama di ciò che per sempre precipitato oppur
naufragato.
Il ricordo - un
respiro sommesso - come il passo lento di una preghiera: speriamo di non
scivolare per ogni nuova ‘idiozia’ scritta nella corretta grammatica della
‘bestemmia’ divenuta ‘crepaccio’ dell’Infinito Tempo.
L’Aria s’addensa come
una nube purpurea di anidride e cemento; una tempestosa nuvola del nuovo secolo
diviene cupa, minaccia bufera, il freddo ci dona antica forza.
In medesima ugual
profezia!
Siamo Eremiti fuggiti!
Siamo Eretici
perseguitati.
Umiliati e derisi!
Siamo frati e monaci
cinti da una corda, il piede gelato ci ricorda il lusso perso dello ‘scarpone’,
rimembra il lusso dismesso della nuova ‘moda’ riflesso e specchio della Vita
rapita dall’insano avverso istinto coltivato abdicato al ‘piede nudo’ fermo per
ogni sasso e legno nel dolore pregato: il delirio divenuto avvelenato crampo -
sangue raggrumato - lascia l’impronta d’un sandalo.
Poi quella d’una
bestia!
Scorgiamo tuoni
tradotti in folgori d’energia, l’odierno Evo minaccia burrasca, rimiamo
aggrappati alla soglia d’un piccolo riparo privi di parola e il Pensiero farsi
pietra e legno: sembra unirci nel conforto, come quando nella medesima soglia
evolutiva e ugualmente privi di parola intuivamo il pericolo: la nostra Musica,
adesso come allora, un Inno una Preghiera, dall’Alba al Tramonto.
Scorgiamo d’abbasso - quando
arrampichiamo e conquistiamo il Cielo d’un diverso Primo miracolo - mentre
avanziamo al ‘passo’ d’uno strano ‘ungulato’ proteso verso la parete farsi dura
roccia sottratta al rogo dell’araldo celebrato.
Cerchiamo la tana
della marmotta mentre ci rifugiamo come un orso assonnato in èstasi del proprio
creato… poi alti voliamo come un’aquila senza la preda - araldo dal regale oro
coniato solo la miniatura di quanto in segreto… suggellato e dalla Natura
ispirato.
Tutte le Vie perse nel
tellurico Tempo fuggito fors’anche perito, intoniamo aggrappati ognuno alla
corda dell’altrui sudario: una corda stretta intorno alla Vita piedi freddi
ghiacciati ed il saio irrigidito come una coperta quale e solo riparo dall’invisibile
bufera.
La Parola smarrita
mentre cerchiamo la Vita, quando ne cantiamo ciò di cui il Sentiero ne
componeva le lodi in Rima, scorgiamo l’Apocalisse cingere ogni Elemento incarnato
giacché preghiamo il Primo Creato…
Scorgiamo la Guerra da
questo paradiso arrancato giacché ogni Natura ci dona la primitiva pace
dimenticata: Oro miniato per ogni foglia scritta tornare corteccia - Albero del
Cosmo ammirato.
Apocalisse abdicata
all’istinto d’uno strano sudario divenire nebbia ove la Via sembra smarrita!
Uniti nella preghiera
come nell’Eresia pur se unanimemente gridano imprecano e pregano l’umida fredda
‘materia’ oscurare passo e cima: abbreviare il respiro, arrancato inciampato
mutilato.
Camminiamo ciechi in
questa fitta nebbia per salvare la Vita, non certo estinguerla arrancando alla
deriva d’una visione Apocalittica!
La Guerra fuggiamo per
salvare ciò che rimane della Natura ispirare l’umano, ed ogni Elemento che
ci accompagna comporre la Rima - la Prima Parola.
Lottiamo contro il
male: i santi delle tenebre oscurano il Sole; confondono e barattano i Diavoli del
giorno mentre combattiamo la primordiale antica lotta.
Al gelo e freddo
dell’Universo non ancora nato!
Una Guerra antica in
cima alla Vetta d’un monte troppo antico per essere appena nominato dalla breve
Parola, qualcuno lo osserva ci vede ci prega, siamo celati in ogni fiume e
pietra, invisibili Dèi combattere il Bene della Terra solcare le onde del Vento
specchio d’un mare d’ogni Cima pregata - antica dimora naufragata…
Qualche Profeta ci
osserva mentre al vento divenuto bufera di simmetrico ugual Elemento componiamo
l’antico Inno: medesimo asimmetrico Tempo intuito non ancor scritto
dall’Eremita il quale scruta il Vento prega ugual tormenta parla con la neve -
inno e preghiera d’un medesimo Tempo cantato!
Ma (ugualmente) ancora
non nato!
Risorge la Preghiera
il cielo s’apre con l’Alba d’una nuova Cima, il Profeta scorge nebbia dopo una
strana tormenta d’un mare navigato e pregato, ogni Onda compone una Rima
approdata alla Riva.
La vita lo saluta per
ogni Bestia incontrata!
La nebbia si dirada,
la frammentata Vetta accenna il profilo d’un Dio: si compone alla strana
Visione di chi fuggito dalla ‘materia’ divenire solida pietra e Cima: compone
lodi per la difficile salita, il burrascoso mare navigato, diveniamo Elementi
roccia e vetta scritti in ugual e più solida ‘materia’ divenuta ‘dottrina’.
Lo stupore del futuro Profeta
non ancora Inno alla Via diverrà Prima Parola e sorriso, chino sull’Oceano
dell’Universo, un mare di stelle, un buio profondo, lo stupore vince la paura
in questo riparo verso la Vetta.
Il silenzio si
confonde con l’Infinito.
La Parola muta danza
con ogni Elemento condiviso. Se pur freddo sappiamo nascere l’Universo quando
ne scaliamo la Cima. Alba di una nuova mattina!
Se pur il gelo
pietrifica le membra, quando qualcuno ci osserverà decifrato dall’inutile
Apocalisse del progresso, leggerà Frammenti di ossa, resti pietrificati
descrivere uno strano geroglifico - una Spirale avvinghiata dentro una
conchiglia come fosse una nebbia.
Il mare divenire cupo
come una tormenta peggio d’una bufera.
L’Apocalisse annuncia
il male fuggito: una lotta i cui resti scaverai nella materia…
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