Precedenti capitoli:
l'Infinito Dio del nulla (12) (13)
Prosegue con:
...Una Scienza nuova (15)
E il capitolo completo della
.... Storia... in Eterna Memoria
Quando
l’uomo prende consapevolezza del proprio sé, la socialità dello Stato tende ad
interpretare l’individuo nella logica di una immutata simmetria. Quindi se vi è
una natura manifesta e nascosta nella sua progressione, la possiamo rilevare
nella volontà di perseguire attraverso la - conservazione - e nel paradosso del
suo opposto - la rivoluzione -.
La finalità
e l’intento atto all’istinto della cancellazione, quindi facilmente asservibile
nel senso genetico della specie, ma mai evoluzionistico nelle finalità che
vorrebbe perseguire. Perché, appunto, ad uso e consumo anche essa, a una
stretta cerchia di probabili o improbabili cospiratori al soldo della moneta
d’oro di Achab.
Mentre la
democrazia, che si riconosce attraverso lo stretto passo del rifiuto, della
protesta, della rivolta, non deve rimanere vittima ed ostaggio di una nuova e
più terribile forma totalitaria, che come sempre disconosce poi le esigenze del
singolo individuo. Spesso si è transitato per questi vicoli ciechi, per queste
trappole culturali. L’inganno in esse potrebbe essere un danno maggiore per
l’uomo e le sue probabili costruzioni evolutive.
L’eliminazione fisica, materiale e spirituale di una intera cultura, di un dissenso, di un presunto male incarnato atto ad appagare una natura rivolta alla violenza. Perché immagine della violenza. In quanto l’uomo vive nel suo riflesso, ed abbisogna sempre di una vittima da immolare, per il bene dell’intera umanità. E nello stesso tempo per perseguire ideali giusti per l’intera comunità, che seguendo un tale progetto purga il mondo dal male.
Il male
esteriore, scatenando il male interiore nella più barbara violenza.
Quindi in
questa lunga disquisizione storica per porre l’accento nella sua continuità,
nel suo manifestarsi anche quando essa, la Storia, è convinta di operare per
giuste ragioni e per giuste cause. Per il bene della causa comune che può
nascondersi anche nella falsa morale di un codice disciplinare ad uso non del
lavoratore, ma di colui che attraverso il lavoro sfrutta e perseguita ma
soprattutto nega la verità.
Se taluni
hanno acceso il fuoco del patibolo, è vero che qualcun altro lo ha permesso,
qualcuno che non ammette il dissenso, l’eresia. Poi la mano del boia può essere
quella del Santo Uffizio o la Gestapo, poco cambia, ai fini della storia
stessa.
Però per l’interesse della storia è importante cercare e mostrare i comuni denominatori che la caratterizzano. Anche nei suoi gesti più banali, che nel micro cosmo della socialità in cui vengono vissuti rappresentano il macro cosmo della cultura su cui poggia l’intero edificio.
E
raccontare l’intero edificio, ed i suoi inganni perpetrati negli anni e nei
secoli, è scrivere, non riscrivere la storia…
Il paragone
storico non distorce il tema o il racconto, del povero disgraziato. In cuor
mio, ed attraverso l’esercizio della storia, io vedevo e vedo queste immagini.
Mi appariva un profugo, un perfetto, un rifugiato… qualcuno che cercava
disperatamente un appello di fronte ad una sentenza già scritta dalla storia.
Nel ricordo
del suo volto scavato, nel quadro delle tinte dei suoi lineamenti, dalla musica
delle sue parole, dal dolore del deambulare del suo parlare e perdersi per
interminabile sentieri nei boschi dove non smetteva mai di raccontare e
raccontarsi, io nella fitta ragnatela del suo disquisire, vago nello spazio
della geografia dei miei ricordi.
Di tutti i ricordi di cui l’intera umanità dovrebbe essere depositaria e custode per una evoluzione che non permetta ciò che io vedo, di cui anche io soffro, di cui anche io talvolta ed in silenzio senza farmi vedere, piango.
Così vedo
il condannato e il carnefice, l’eretico ed il persecutore, l’anarchico ed il monarca,
l’artefice e lo stato che lo caccia e bracca, lo scienziato e il prete, ed
infine la natura e l’uomo che la vuole piegare alla sua inutile ragione. La
galleria dei volti che si sovrappongono, a quello del mio povero amico sono
molti,… troppi.
Chi non ha
coscienza della storia non può scorgere nulla in quel grande panorama della
nostra esperienza comune, chi non ha amor per la natura e la cosa creata non
può scorgere nessun quadro, nessuna luce, nessuna pennellata nell’universo
della vita.
Non può né
piangere né sorridere di fronte alla sua grandezza confusa per altro nel
meschino panorama di quella fumosa città.
Ed il mio
parlare ed ascoltare, sono quadri di storia che si materializzava al nostro
umile cospetto.
Mi sento impotente di fronte all’oltraggio di tutte le umiliazioni che subiamo, di tutte le violenze che la nostra secolare quiete deve accettare in nome di una nuova e più terribile dittatura. Sarei fuggito assieme a lui, e probabilmente il nostro parlare senza voce, come solo coloro che veramente parlano possono, devono avergli dato quest’ultimo suggerimento.
Combatto
contro una sentenza millenaria, antica quanto l’uomo, avrei discusso con il suo
ed il mio demone, avrei parlato con il suo ed il mio Dio, ma l’uomo o tutti gli
uomini sembravano non più ascoltarci nella nostra prigionia e lenta agonia.
Una
sentenza che poteva essere di volta in volta …una croce o una lancia nel bel
mezzo di un campo nemico. La differenza di fronte al male, alla massa e alla
guerra di tutti i giorni, è poca cosa.
È poca cosa
è vero, ed anche qui non scorgo una contraddizione, ma bensì una nuova
simmetria della storia. Più lui parla, più la mia mente cerca appigli su cui
aggrapparmi per scalare l’impervia parete. Ogni tanto, al suo raccontare, al
suo parlare, fisso dei chiodi sulla liscia parete, che mi deve apparire
inconquistabile. E sempre in cuor mio fui deciso allora come adesso, per quanto
l’impresa può apparire disperata, a conquistarne la cima.
Il tempo,
ma solo il tempo e la pazienza, mi diedero ragione.
Ma intanto
il misfatto, l’inganno, il campo, il rogo, il processo, la tortura erano stati
perpetrati. Inesorabilmente, quando lui parlava io vedo e vivevo tutte quelle
immagini. La mia rabbia è repulsione, sconcerto, nausea. Non vi è pagina di
letteratura e storia che non fosse stata scritta sul suo volto, sulla sua
schiena.
E spesso quando mi appariva privo di parola, perché la tortura del giorno era stata più inclemente, le lacrime mi bagnano il viso, e difficilmente riesco a riconoscere la strada, ed il viale alberato che spesso percorrevamo assieme. Talvolta anche i colori mi sfuggono, e provo in senso di vergogna e smarrimento. Lo avrei voluto nascondere nel bosco, costruirgli un castello, tanto era ed è pura la sua ingenuità nei confronti della vita. La sua ingenuità lo rendevano e rendono il bersaglio, la preda, la vittima, l’agnello per l’ingordigia del male del mondo.
Ed io lì a
rappresentare il mondo e sentirmelo raccontare, e poi a vergognarmi di esso.
Non avrei creduto che i miei stimati consimili fossero capaci di tanto,
talvolta troppo. Volevo non credergli, ed ero sicuro che ogni sua verità
sarebbe stata puntualmente recisa come un ramo di un albero, da una nuova
inquisizione. Ogni miracolo cancellato da una beffa, di chi non crede a nulla
eccetto la verità di questa nuova cultura, di questo fumo che sale lento, di
questi telefoni, di queste macchine, di queste merci.
(Giuliano Lazzari, Storia di un Eretico)
UNA NUOVA PIU’ COMPIUTA SCIENZA:
Stiamo
seguendo i frammenti di una biografia, la quale sicuramente proviene da
documenti ben precisi, dei quali al momento siamo sprovvisti, per cui ci
dobbiamo adeguare alla prassi storica, di attenerci ai vari testi in uso per
diagnosticare sia il male che la sua inarrestabile pretesa; di certo l’inganno
non meno della persecuzione regnano incontrastate, e sicuramente non solo
adottate nei confronti di Pavel, in quanto il presentimento, un
rigido comune clima, sia per ciò concernente il regno degli zar, quanto le
successive rivoluzioni, dell’imminente arresto, disponevano un simmetrico stato
d’animo (circa il male diagnosticato e contratto), come una imminente
annunziata Apocalisse della morte, contro le forze del Bene, rappresentate più
che egregiamente dal nostro ‘Filosofo-teologo-scienziato’, preso non solo come
esempio, suo malgrado, ma altresì evidenziato nel vasto repertorio
‘geologico-stratigrafico di una e più Geografie, con le caratteristiche che più
ne evidenziano i panorami ammirati, siano questi ben scorti nelle descritte agricole
pianure e catene montuose (date simmetricamente da una determinata politica)
che le contraddistinguono; siano questi dedotti da ‘invisibili-visibili’ catene
montuose che ne precludono l’accesso, donde i benefici Fiumi irrigano la
costante paziente semina.
E dove si celebra e/o consuma, non più la vita, ma il dramma inerente alla vasta interpretazione cui assoggettato il suo frutto di cui il paziente lavoro, deturpato da una insana corrotta deleteria demagogia, più o meno politica, più o meno cattolica; più o meno quinquennale-capitalistica-economica, giacché sappiamo bene che le decime erano tributo dovuto anche al clero, il quale godeva di un sempre più grande potere, e non solo terreno, ma anche, e simmetricamente, inquisitoriale sulle controllate inquisite, ed in ultimo, curate Coscienze.
Anche in
questo caso, abbiamo ‘cura’ di una vasta Coscienza, di una elevata Cima, la
quale nello stupore della sconosciuta protratta conoscenza circa l’elevata
consumata esistenza, per ugual ghiacci fiumi e vasti panorami dalla cui Anima
dovrebbe nascere ogni, non dico pretesa, ma subordinato Sentiero di Conoscenza
circa il clima e la bellezza che da questa Cima l’umano ingegno simmetrico alla
sua (elevata) Natura, ispira, quale morale e miglior principio alla sue
pendici, dell’esistenza e comprensione della stessa.
Nessun commento:
Posta un commento