Precedenti visioni
circa gli altari
degli Dèi (21)
Prosegue ancora
con ciò che più ci stupisce
Prosegue con...:
l'intervista (23/4)
...Parole aggettivi avverbi punteggiatura senso idea trama assenso e dismesso negato consenso ammucchiate in difetto della vera trama similmente come il cielo sconnesso ove si svolge cotal intricata inquinata avvelenata sceneggiatura in attivo della propria linfa e mai sia detto il contrario di quanto da inutili diluito e distillato nel velenoso creato così mal-mente composto ci vorrebbe una virgola forse meglio un aggettivo qualificato competente riconoscere zolla e creato ed eletto al parlamento d’una cultura negata ci vorrebbe la punteggiatura tanto per fermare il pensiero ma a codesto compito ingrato hanno eletto ed incaricato uno strano mercenario in difetto di fosforo abdicato ad una macchina al silicio iper connesso al cantiere d’un cimitero dimenticato convinto di poter abbattere l’albero ove appenderemo e mitraglieremo il sorriso apostrofato dell’idiota incaricato dallo stato nel segreto motto e araldo ci vorrebbe una trama ma forse è meglio una risata sì una bella risata offerta con il resto che rimane della banda neppure armata al generale Pancio mentre controlla la radiolina giù nella Kaverna lo abbiamo apostrofato nella divisa motivo del conflitto dell’ammucchiata ci vorrebbe un
regista lo abbiamo barattato per la trama del treno collassato all’arma impropria divenuta araldo e fucina d’una mitraglia alla grammatica a lui poco gradita preferisce l’avverbio a tinta unita d’una ubriaca di-visa parole ammucchiate in salita nell’altrui discesa con il fosforo annunziato in attesa del principio con cui si forma ogni reale intelletto ci vorrebbe la virgola d’un trapianto convenuto e congiunto nell’arteria d’un fiume aqua verde con annesso il cinese manovalanza affine alla rotaia tibetana convenuta per l’opera economicamente accordata connessa e abdicata ad una macchina priva della dovuta coscienza dettare tempo improprio scandire ed ispirare la mitraglia della nausea e la grammatica farsi uomo parole ammucchiate e selvagge complice la natura in questo inizio d’apocalittico macello nominato millennio ci vorrebbe la maestrina puttana del tempio non meno del tempo infatti non ha tempo dovuto abbracciata con il compare suo nuovo amore legati a miglior cantiere comporre ammucchiata nella eterna sgrammatica dialettica natura e quando i pochi rimasti superstiti camminano come la verità che li accompagna avanzare oltre lo schermo iper-connesso e salvare l’anima perseguitata divisa e frammentata d’un’antica dottrina
profeti uccisi e derisi elementi braccati grandine improvvisa pioggia sconnessa nel deserto d’un falso profeta senza neve o gelo per la salita divenuta discesa vento improvviso dal nucleo fino al cielo uno sparo avanza e marcia ne falcia migliaia senza la complicità di nessun elemento detto… in eterna attesa dell’arma confermare l’ordine e l’antica dottrina… ci vorrebbe una virgola un punto non solo il riso accompagnato ad uno sputo così vien detto e profetizzato più che annunziato… il predicatore del quinto elemento ciarla non conoscendo l’alchemica dottrina avanzando inciampa sulla nuova ecologia di stato divisa nell’atomo attimo inalato nella passività d’ogni elemento al popolo dato e diluito alto nel tetto la parabola attende sentenza ma l’indigeno non meno dell’indiano ben anestetizzato in dolce raccoglimento sperando nel motto… ed il botto all’improvviso polverizza un sogno riunito ed assiso allo stesso medesimo tavolo quando gli fu negata la terra misurata e promessa in nome d’un falso dio pubblicizzato e come lui inchiodato qualcuno al di sopra delle mura edificate al di sopra anche di quelle da un merlo punta e mira schivo il colpo abbraccio il verbo
di dio sparo a mitraglia neppure un punto interrogativo neppure una virgola neppure uno esclamativo o punto e virgola né minuscolo né maiuscolo nessuna ferita nessuna grammatica in bella divisa abbiamo rubato anche quella la terra trema e suda il sangue sprofonda trema anche il fiume si spacca la vallata che tiene ferma l’ultima diga quando l’attraversammo con il carico della nostra dottrina il cinese ci puntò il binario d’uno sparo e non ci fu dato il tempo di rendere omaggio a maddalena la vergine profanata ed immolata al safari dell’eterna ingorda avventura con lei avrei voluto danzare nell’aqua verde del nostro eterno amore divenuto ammucchiata selvaggia ricarico l’arma non meno della mitraglia spero non si inceppa l’ultimo modello conteso alla finestra dell’eterno guardiano mi guarda ed impreca rinnova promessa aggiorna invoca la divisa gli sparo dritto alla fronte per lui non c’è posto nel turing creato l’indiano mi sorride spara e mira hanno visto la freccia spegnersi e smorsarsi svolto continuo la corsa alta nel tetto la parabola attende sentenza per la carneficina ma l’indigeno ferito ora anestetizzato in dolce raccoglimento sperando nel motto… ed il botto
all’improvviso polverizza un sogno rinato schivo il colpo abbraccio di nuovo il verbo di dio sparo con la grammatica rimata ultimo modello a mitraglia marciata su quella faccia di vacca maiale ingrassato alla fattoria del progresso dopo aver abdicato le squame ad una falsa evoluzione l’orango o orso aspetta la preda risalire lenta il fiume né congo né sogno dismesso solo una bestia in attesa del pasto dovuto per saziare quanto divenuto il profeta annuncia violenza e saccheggio rubo il dente dell’orso ne faccio pistola gli sparo dritto in bocca una in meno da sfamare alle spalle una donna urla dolore e stupro non ha fatto il vaccino dovuto l’ammazzano gli addetti ai lavori fra un intervallo e l’altro d’un sogno anestetizzato e ben predicato se sopravvive dopo il punto d’una sconnessa grammatica la stupreranno nella clinica da campo ove condotta in magistrale dimenticata adunata promessa il comandante urla ed incita impreca e con lui medesima uguale promessa del voto inciampare sul fucile uno solo difettoso dell’intera partita un valoroso decorato al primo atto d’una storia taciuta e di bianco vestita o mascherata ed in divisa sponsorizzata comanda l’attacco chiede vendetta per la
patria insanguinata nomina ad intervalli scalcia il pavimento kruscev il vice da campo gli dona la sua modello italiano stivale prussiano modello e protocollo d’una antica divisa si baciano fieri ed ammucchiati con il sole al tramonto d’un est reclamare merce contesa in libera ispirazione i pochi né alberi e uomini cadono uno ad uno kurtz ferito predica frammentata dottrina l’ultima volontà d’una vita l’esercito della salvezza nell’orgia selvaggia senza il porto d’una trama o grammatica civilizzata stampata al porto d’ogni dovuta cultura celebrata nella stiva dell’avventura naufragata spara anche lei nel mucchio compreso il bulgaro disteso quasi morto anche lui come l’intera natura predicata ed ammucchiata rubare pensiero e ricordo avendo per suo conto smarrito dio donna e natura mentre mi aggrappo alla parola ed ad una grammatica vomitata come una mitraglia lancio una granata apro un cratere sul volto ben pensato e dipinto una smorfia di sdegno di dolore per la ferita precipitata nello schifo d’un urlo anche lui colpito nel disappunto senza una virgola senza una trama senza la nota o il pennello così come si ritrae il valoroso volto d’una grammatica motto della vita
l’abito conferma lo sporco d’una natura affine alla dovuta sintassi tradita dimenticando la strofa colpire a mitraglia fino alla cattedra i sismi uniti avanzano e indietreggiano tengono i fili del potere cui aggrappati sponsorizzano il primo e l’ultimo avverbio dato qual miglior tiranno incitano il maestro a miglior grammatica in questo macello mi inchino alla beffa di ugual smorfia ferita del loro consenso deriso ma non morto arrivano i rinforzi l’amplesso ammucchiato rinvigorisce l’amore per la patria ferita qualcuno lontano urla di fucili rubati qualcuno dice ed accenna parla con alberi deceduti e non ancora raccolti nella grammatica impropria d’una guerra taciuta alberi e fucili in attesa del domani annunciato e il predicatore far da conto dei ‘pil’ caduti e mai più tornati all’ovile associato d’un est tramontato o forse risorto la nebbia copre il velo d’un lutto antico per quanto nel campo raccolto l’agenzia avanza regala pacchi dono e speranza ma greta mi porge un mazzolino di fiori e nel loro profumo mi inebrio ed aggrappo di nuovo alla mitraglia l’idiota scalcia colpo da mortaio al dovuto tempo suggerito nel biancore accecante ed immacolato con cui vestito e alla kaverna
riparato e non visto mi aggrappo di nuovo alla mitraglia andrea mi dicono s’è perso s’è dato alla macchia la kaverna lo perseguita il pianista intona un nuovo motivo di colore sarà acclamato nella stessa kaverna dove falco notturno sentinella dell’intero bosco l’impiccherà nell’albero più alto del mare navigato mentre ne fischia il motivo convenuto e al prezzo pattuito al bar destinato dopo un fiasco di buon dionisio assieme bevuto indossa anche lui lo stivale d’una marcetta dopo la dovuta mancietta annunziata da giano il locale più acclamato al saloon di stato calzato alla moda convenuta stivale alto e forato in cima ben trapuntato là ove si profila il ginocchio o forse solo una montagna infortunata il treno vi passa veloce attendono la dinamite servita come aperitivo al tavolo dell’ultima cena divenuta beffa ultra veloce ad alta gradazione graduata in conflitto con l’arma non men che l’intera foresta vogliono scardinare e conquistare l’ultima vallata di questa ammucchiata selvaggia selvaggi permettendo così il generalissimo franco per sua natura potrà cavalcarne lo storico prestigio abdicato al bufalo da campo l’ultimo modello acquistato ed ancora non del tutto pagato fischiano pallottole l’ultimo
giudice del mio ed altrui destino aspetta anche lui il treno viaggia super lento e veloce per ugual medesimo vapore l’ultima miccia gli esplosa fra le mani d’un greco addormentato non avendo prefigurato il disastro divenuta ammucchiata selvaggia ed ora iper-connessa il giudice suo collega aspetta anche lui il treno mi tiene ferma la mano nel ricordo di ciò che stato e perito non vuol salire su quello stesso treno ora che ho resuscitato il sogno passato mi asciuga la fronte punto la pistola rubata all’aguzzino sparo e ne ferisco qualcuno domani saranno più di prima l’annunciatore alla stazione pronuncia il luogo tace il nome l’arma non in regola e in difetto della dovuta grammatica dal calcio al tamburo preferisce diversa contesa diversa musica è raccomandato dalla kaverna non ricorda il fischio o il fiasco della melodia neppure la trama corretta della dovuta grammatica al primo binario incaricato il carbone intanto concima l’intera vallata non meno della locomotiva né scende né sale all’indice di gradimento rubando parola ad un giallo fin nel ventre del binario fin nel ventre della stiva senza amore e decoro colpisce e mutila sarà giustiziato alla stazione successiva ad ammucchiata conclusa e più velocemente di quanto immaginato sono ferito grondo sangue dalla kaverna comandato e delegato ed al teschio promesso… presto berrò aqua verde senza saper d’esser morto…
(un saluto a li paci)
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