CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

mercoledì 17 gennaio 2024

ERETICI ITALIANI







 


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Il VERO e IL FALSO PIETRO 


PROSEGUE IL 17 GENNAIO 


DELLA NUOVA ERA GLACIALE 













FORS'ANCHE IN QUEST' HORA 


PIU' ARTIFICIALE )


DEL 1570







È ormai comunemente accettata l’osservazione del Troeltsch sul carattere ‘reazionario’ della prima riforma: non solo Lutero e Melantone, ma anche Calvino, intendevano appartenere alla Chiesa Cattolica e Apostolica, della quale si consideravano gli unici rappresentanti legittimi per averne purificata la dottrina, tenendo fermo incrollabilmente ai simboli della tradizione cristiana e al sacro dogma della Trinità.

 

I mistici anelanti alla diretta fusione dell’anima con la divinità, gli avversari della Chiesa come istituzione giuridica e organizzazione politica, i visionari e gli ispirati insofferenti di regole per la retta opinione, i razionalisti indocili di fronte all’autorità, erano stati tolti dall’isolamento che li faceva procedere isolatamente o per piccoli gruppi, e si avviavano pressoché tutti verso la riforma protestante, dalla quale alcuni sembravano sperare soddisfacimento alle loro speranze, mentre altri erano respinti verso di essa dal riordinamento disciplinare e dall’irrigidimento intellettuale della restaurazione cattolica.




Quegli uomini che avevano sperato di trovare nei paesi ‘evangelici’ la realizzazione di sogni millenari o la possibilità di una vita intellettuale spregiudicata come quella dei tempi anteriori alla crisi si trovarono naturalmente dalla parte della Riforma; ma finirono per formare entro di essa un gruppo irrequieto e irresoluto, che ebbe in sostanza solo la funzione di critica interna della Riforma stessa e preparatrice dell’età dei lumi.

 

Tale funzione derivava dalla necessità nella quale quegli uomini si trovarono di cercare di impedire che le possibilità elementari di indipendente ricerca della verità e di giudizio critico, che avevano cominciato ad affermarsi nel secolo precedente, andassero perdute nella decisa lotta fra Riforma e Controriforma. Il carattere morale e pratico di questo problema si sarebbe a poco a poco chiarito agli stessi Eretici, i quali erano preoccupati di problemi religiosi e teologici, che per loro si accentuavano tutti nelle speculazioni sul concetto della Divinità e sul problema dell’essenza della religione cristiana.




Ad ogni modo, nel Cinquecento troviamo all’origine e come punto d’incontro di tutte le tendenze ereticali, l’anabattismo; e non soltanto in quel senso generico onde veniva chiamato anabattista tutto quel che non poteva venir designato secondo regole fisse nel campo religioso, ma anche nel senso specifico di movimento radicale a carattere sociale e teologico insieme, che cioè manifestava il suo radicalismo ponendo la esigenza di una società cristiana assolutamente nuova, fondata non sulla trasmissione oggettiva dei carismi o dei ministeri divini, ma sulla volontà e sulla convinzione personale.

 

Nell’anabattismo e nei movimenti che attorno ad esso presero vita, confluivano l’insoddisfazione dei ceti popolari e di menti radicali per il trasformarsi dell’impulso originario della riforma protestante, com’essi lo avevano inteso, da rivoluzionario in tutore dello stato territoriale assolutistico o cittadino e borghese; l’impulso speculativo, l’esigenza intellettuale dell’esame completo, della ricerca e della affermazione della verità qualunque essa sia; e infine il realismo razionalistico e prammatistico dell’umanesimo, tendente alla effettuazione pratica immediata delle idee e dei principi ritenuti giusti e veri, fiduciosa nelle possibilità individuali dell’uomo.




Queste tendenze, riunite insieme, portavano a idee non più semplicemente riformatrici, tendenti cioè consapevolmente a conservare e a rafforzare attraverso il rinnovamento l’organizzazione sociale ed ecclesiastica esistente, ma immediatamente innovatrici: idee che, sotto la pressione politica e sociale, si concretarono in movimenti rivoluzionari violenti, come quello di Münster, che furono duramente repressi.

 

Intanto, anche quando la ribellione fu soffocata in fiumi di sangue, continuò pur sempre a fermentare un fuoco sinistro e minaccioso, rimase viva una continua diffidenza, una malcelata animosità contro le istituzioni ecclesiastiche positive. Ne derivava una tendenza a separarsi dalla Chiesa ufficiale, per formare una comunità purificata dalle fondamenta, perfetta nel senso apostolico, staccata da ogni cosa mondana, senza eccezione: autorità civile, giuramento, servizio militare. In genere doveva esserne escluso tutto ciò che potesse venir considerato come abuso anticristiano: anche il battesimo degli infanti, la posizione speciale degli ecclesiastici. Ecco i tratti fondamentali dell’anabattismo, che visse prima in forma più violenta e poi in forma più mite.

 

In questa seconda parte della sua storia, che si svolge oscuramente e difficilmente potrà esser chiarita nei suoi particolari per il segreto del quale si è avvolta fin da principio per difendersi dalla spietata persecuzione delle autorità religiose e politiche, l’anabattismo è stato come il punto d’incontro dei movimenti ereticali, dell’opposizione religiosa a quello che per spiriti più semplici o menti più conseguenti sembrava un tradimento, politico o dottrinale, dello spirito originario del movimento di riforma: degli entusiasti, dei visionari, degli uomini della parola interiore, degli ispirati, degli spirituali, o come altrimenti si sono chiamati i membri di quel mondo in fermento.





Ed ecco speculazioni metafisiche: Dio viene concepito da uno dei primi anabattisti, il ‘Denck’, come fonte originaria di tutte le creature, che attraverso lo Spirito, cioè attraverso la sua stessa energia, ha prodotto da se stesso il Verbo. Ma il Verbo non è il Figliuol di Dio, il Logos della comune tradizione cristiana, ma l’insieme delle anime umane (e non…), l’anima dell’umanità: di conseguenza, il Verbo non ha avuto esistenza prima della creazione del mondo, ma ha avuto inizio nel Tempo; e questo inizio coincide con l’inizio del genere umano. Scomparsa ogni deità di Cristo nei confronti del tutto divino genere umano, scompare ogni concetto di redenzione e di giustificazione per Cristo, con la conseguente riabilitazione della libera e meritoria volontà umana, capace di seguire l’esemplare perfetto della vita cristiana, Cristo stesso, imitabile, perché realmente uomo, dagli uomini figli di Dio.

 

Non è a dire che il popolo, cioè le classi della società italiana non mosse dal movimento di idee dell’umanesimo e in certo senso rimaste fuori del ‘Rinascimento’, non partecipasse al movimento di riforma religiosa, sotto qualunque forma si presentasse. Certo è che in Italia non si ebbero sollevazioni di moltitudini, violenze di folle: ma ad ottenerle occorreva il favore del principe all’azione suggestiva e incitatrice del pergamo, oppure l’appoggio di organizzazioni artigiane forti e indipendenti come nelle città svizzere, nella renana Strasburgo, o in Lione…




 …E queste non avevano più importanza nell’Italia dei principati, mentre quella fu resa presto impossibile dal movimento di riforma cattolica, con il suo lato di reazione antiprotestante, negli anni che vanno dal Sacco di Roma e dalla caduta di Firenze alla metà del secolo. Ma nei processi dell’Inquisizione che ci sono accessibili troviamo spesso, accanto ad alti personaggi, poveri preti e poveri grammatici, maestri, artigiani, semplici donne, gente lontana dalle accademie e dai circoli aristocratici, e pure ardentemente presente alla vita religiosa.

 

Le manifestazioni di questa gente non vanno molto oltre una prima manifestazione, e un’abiura più o meno rassegnata appena colti dall’Inquisizione; ma stanno a testimoniare una notevole diffusione delle nuove dottrine e delle nuove aspirazioni, fra questa gente si diffondono anche le idee anabattistiche, delle quali cominciamo a trovare traccia fin dal 1529, ma già in esilio, seppure ancora ai confini d’Italia: è il ‘frater italicus’ citato davanti alla Dieta di Ilanz per opinioni stravaganti, non meglio definite, ma la cui stravaganza doveva essere soltanto teologica, perché alla notizia del decreto di espulsione del suo predicatore, il popolo era insorto, e aveva ottenuto che l’italiano continuasse a predicare.

 

(D. Cantimori)




Ma ogni passo vien fatto con piedi di piombo e sembra durare più di un’ora... e d’un tratto sorge in lui una selva di lance aguzze: mille paure.

 

…E già si abbattono su di lui di nuovo i motivi di queste paure: (gli inquisitori entrano nel quadro con i loro prodigiosi e nuovi artifizi, nulla è pur mutato, non siamo ad Anversa in quest’hora ma nel patrio suolo italiano…) lo arresteranno, lo prenderanno per un ladro, lo perquisiranno – e non troveranno altro che una zampogna e qualche disegno.

 

‘Gran Dio!’

 

d’un tratto gli sembra di portare un serpente sotto il braccio

 

‘i disegni sono stati fatti sulle preghiere degli eretici!’

 

La gola gli si chiude!

 

Se glieli trovano, lo manderanno al patibolo!?

 

Tutto ciò più reale della realtà a cui l’inquisitore procede all’artifizio del quotidiano inganno!

 

Si ferma e rapido come il lampo sotto al mantello fa i disegni in mille pezzi, che caccia sotto la neve.




‘Domani ne faccio degli altri’

 

si consola. Liberato,

 

…continua il cammino.

 

Non sapeva che cosa l’avesse tanto oppresso. Ma quella gioia era troppo bella, perché qualcosa non dovesse intralciarla... Proprio all’ultimo momento incontrerà sul ponte Grasso-traballante, il Rospo-rosso, il curato o qualcun altro che lo rovinerà e lo incolperà e allora gli italiani o spagnuoli che siano lo getteranno in prigione.

 

Ma prosegue...

 

‘Maledizione!’

 

Anche se la morte a cavallo volesse sbarrargli il cammino con mille falci e con tutti i suoi scheletri, egli andrà avanti: deve entrare in Anversa, foss’anche con una palla e molte spade nel cuore. Paura o non paura, avanti!

 

E va!




Si calca sugli occhi il cappello coperto di neve e tiene la mano sullo scapolare. Gli pare che dallo scapolare gli salga su attraverso la mano fino alle spalle e alla testa un’idea. D’un tratto prende un altro atteggiamento. Getta la testa indietro e il suo viso sudicio si mostra nudo e freddo nella neve.

 

‘Quegli sporchi Spagnuoli ci dissanguano col pretesto che difendono la fede. Ora vedrò un po’ che cosa sanno fare per la fede’,

 

…dice a se stesso.

 

Tira fuori lo scapolare e fa finta di pregare, gli occhi levati al cielo, come una bigotta. Passa sul ponte, dietro l’ometto che porta la fascina e davanti al cane che si comporta come e appartenesse a Pieter Breugel e cerca anche lui d’insinuarsi di contrabbando. Eccoci al gran momento: appena è sul ponte, deve passare per una galleria che attraversa il bastione.

 

‘Sembra un sogno!’




E chi sa che cosa ci sarà là dietro e se quella galleria avrà una fine... Ora ha il ponte dietro a sè. Getta un rapido sguardo di fianco. Nel corpo di guardia siedono dei mercenari con le corazze di ferro e mantelli di pelliccia e giocano a carte su un alto tamburo. Non lo guardano nemmeno.

 

‘Non era necessario di fare il santo’

 

…pensa stizzito.

 

Ma non è ancora arrivato – ora deve passare per la buia galleria. Non cambia il suo atteggiamento. Non osa affrettare il passo perchè potrebbe tradirsi. D’un tratto sente che tutti i mercenari sono usciti fuori e gli guardano dietro. E deve dominarsi per non scappar via come un cinghiale.

 

Ogni passo è un dolore.




E tutti gli ostacoli che ha incontrato, tutte le potenze malvage dentro e fuori di lui gli strepitano intorno con pugnali e con le dita puntate contro di lui. Ma egli non cambia il suo atteggiamento e continua a camminare. Ancora un passo, ancora uno, ancora uno, ora scoppierà!...

 

Ancora un passo!

 

Un sorriso distende il suo volto quando sente di nuovo su di sé la neve sottile.

 

Tutte le potenze malvage cadono afflosciate.

 

‘Eccomi arrivato, Madre Natura!’

 

…sospira.




E deve trattenere le parole, perché non erompano in selvagge grida di gioia.

 

‘Mio Dio, eccomi arrivato!’

 

sussurra riconoscente.

 

Ma non cambia il suo atteggiamento. Cammina a tentoni attraverso la neve. Gli scivolano davanti delle case; esce da una strada ed entra in un’altra. Ed ecco cade in tutta la sua lunghezza, giù disteso sulla neve.

 

Non si vedeva quasi nessuno in quella pace della neve, solo qualche slitta a nolo con i cavalli pieni di sonagli. Tutto gli riusciva nuovo: guardava in alto, di fianco e dietro di se. Ma quando si voltò di nuovo, vide venire quattro mercenari e dinanzi a loro un uomo scarno avvolto in una pelliccia d’orso.

 

Lo riconobbe subito.

 

‘Contrabbasso-furioso!’




È un traditore... mi ha riconosciuto, vengono a prendermi.

 

Stava per morire dalla paura mise la mano sullo scapolare e tentò di rendersi invisibile. Continuò a camminare tutto ristretto ed irrigidito. Dietro a lui risonavano con fragore le armature dei mercenari. Bastava che allungassero un braccio... Arrivò ad un’osteria ‘Ai tre amici’. Vi si slanciò dentro rapido come un battello di salvataggio. Ma anche i mercenari entrarono dietro di lui!

 

Lanciò un grido e stava già per mettersi in ginocchio. Ma Contrabasso-furioso indicò un uomo dalla barba bionda, che ad un tavolo discorreva con una donna vecchia. Improvvisamente: uno strepito di caraffe e di bricchi rotti, grida d’aiuto – e i quattro mercenari trascinarono fuori l’uomo: Gli cadde il cappello e Pieter lo raccolse. La povera donna corse loro dietro torcendosi le mani e gridando:

 

‘Signori soldati, mio figlio non è un anabattista, ha solo ascoltato per due minuti e non di più un predicatore tedesco. Non è un anabattista, non è un anabattista’.

 

(F. Timmermans) 

 

 

N.B OGNI FATTO A VOI NARRATO NON CERTO CASUALE, MA ATTINENTE ALLA REALTA’ DI OGNI GIORNO CUI OGNI ERETICO COSTRETTO…. 


(prosegue nel 1570)







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