Precedenti capitoli
con i nostri
Prosegue ancor
più seriamente:
Non
avevo torto, la natura manifesta imprevedibilmente la propria forza se alterata
nei propri equilibri assestati ed evoluti nei secoli giacché la
secolarizzazione è anche il nostro vero problema… E quando costretta si vendica
contro colui che tenta (il troppo) imponendo la propria logica materiale a
dispetto di un ordine precostituito che determina il corso ‘naturale’ degli
eventi.
Pur
dettando una nostra volontà di dominio sugli elementi della Natura, non
dobbiamo né temere né sottomettere ciò che troppo spesso pensiamo di conoscere,
che ci affrettiamo a studiare, sezionare, catalogare, sradicare, ma mai a
concepire come elemento unico che tende ad evolversi e se necessario, quando
gli equilibri vengono meno, a reagire secondo la violenza a cui viene
sollecitato.
Quando
nostro malgrado, da una premessa di naufragio, semplice nella sua dinamica, ma
complessa nelle responsabilità, siamo costretti ad assistere ad eventi di una
portata maggiore che superano ampiamente la prevedibilità dell’evento stesso,
siamo certi delle sicure responsabilità dell’uomo. Tutte argomentazioni tenute
ben celate per il timore che una diversa visione, non materiale, possa
intralciare il - regredire - dell’umanità.
Dal ponte della nave lanciamo una scialuppa di salvataggio nell’attesa del prevedibile naufragio dopo la lunga tempesta. Prima e dopo siamo ben lieti di dimostrare che le nostre ragioni e argomentazioni sono state ben occultate negli itinerari culturali che tanto vi affannate a compiere. Se nuove crociate dovranno renderci ciechi e sordi al cospetto di tribunali ben peggiori che l’inquisizione ci ha tramandato, vi rammento con le parole di De André …: “Anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti …”.
Ed
è vero, anche se ognuno di noi nel tepore della propria intimità, lontano da
sciagure e disastri si sente ben al sicuro dagli elementi della bufera, ebbene
egli è sicuramente coinvolto quanto lo è l’industriale di turno alle prese con
un nuovo sistema di produzione, o il semplice operaio che esegue con diligenza
il proprio lavoro. Non cerco facili capri espiatori di fronte alla tragedia, ma
certamente è accertata una nostra ben precisa responsabilità nell’evolversi
degli eventi.
Alcuni
anni fa mi sono permesso di esprimere un giudizio in materia ecologica
sviluppandolo in una dinamica matematica, la quale ha trovato puntuale conferma
scientifica. Da supposizioni che sono scaturite dalla pura osservazione degli
eventi, fino a coinvolgere argomentazioni di natura filosofica e sociologica,
rapportate giustamente nella dinamica dell’ambiente che occupiamo. Quest’ultima
considerazione, non trascurabile sta ad indicare una precisa presa di
coscienza, innanzitutto scientifica, dello spazio da noi occupato e delle
nostre esigenze presenti e future.
Qualsiasi
solida argomentazione deve poggiare su questa consistenza dei fatti.
Qualsiasi
nostra opera presente e futura deve sempre tener conto di questa dinamica.
Quando
assistiamo ad un nuovo fiorire di opere, in qualsiasi luogo esse vengono
concepite, dalle più indispensabili alle più inutili, dobbiamo integrarle
perfettamente nell’ambiente circostante ed interagire con esso. Non è un
semplice problema circoscrivibile all’architettura, ma bensì, oltre alla forma
o lo stile, concepire l’idea che queste due prerogative intervengono
nell’equilibrio delle armonie che ci accingiamo a comporre. L’universo
appartiene a questo tipo di armonie, così come lo pensarono i Greci, ed è vero!
Noi rappresentiamo con la nostra evoluzione la stessa dinamica dell’intero
Universo che ammiriamo e scrutiamo, e quindi non possiamo discernere da Gaia ed
i suoi millenari equilibri ed evoluzioni, che sono tutte le nostre progressioni
stratigrafiche di milioni di anni. La sua armonia poggia su ciò, che alla
percezione degli eventi potrebbe apparire come puro CAOS; basta studiare
l’evoluzione della terra dal punto di vista geologico o glaciologico.
Come
il CLIMA di un pianeta che proviamo a rappresentare alle nostre percezioni,
scorgiamo in esso una disarmonia apparente perché contrasta con la concezione
della nostra armonia. Quell’inferno che pensiamo di scorgere, in realtà
composto dall’evolversi di determinati elementi e condizioni. Così questi
progrediranno nei secoli. Ma il tutto appartiene ad una perfetta armonia che
governa la meccanica celeste. Così la stessa dall’infinitamente piccolo fino
alle ipotesi del pre e post Big-Bang per formulare delle probabili ipotesi su
alcuni stati della materia.
C’è alla base di tutto un ‘equilibrio’ e per chi si addentra anche da semplice profano verso queste verità non smetterà mai di cercare e meravigliarsi. Se veniamo meno a questo principio siamo costretti ad assistere nostro malgrado a delle catastrofi incredibili nello scenario delle opere umane. Sono pienamente convinto che questa verità che purtroppo non appartiene più agli uomini, perché protesi verso altri orizzonti di dominio, ci ricondurrà su altre strade abbandonate, riconsiderando argomentazioni che fino ad ora abbiamo trascurato.
L’equilibrio
che scomponiamo verso altri orizzonti di energia incontrollata che annienterà
per sempre la nostra capacità di sopravvivenza, quell’equilibrio si ricomporrà
non solo nelle malattie psicologiche e sociali che sconvolgono il nostro
vivere, con tutte le conseguenze a cui assistiamo giornalmente, ma anche in
tutte quelle strutture virtuali di cui siamo circondati per momentaneo
benessere economico. Futura voce dello squilibrio sociale e della sua totale
disarmonia, il rumore dell’inutile che udiamo a piena voce in ogni dove. Tutto
ciò che pensiamo costruire senza una composta armonia, potrà tranquillamente
ritorcersi contro di noi, nostro malgrado, e nostro malgrado dovremmo assistere
sempre a dei disastri che fanno parte della natura.
Appartengono alla natura, per quanto noi ci sforzeremo di dominarla o prevederla. Quindi troveremo conferma nell’affermare ancora una volta, che L’UOMO sta ALL’AMBIENTE (che occupa), trasformando lo stesso per i tempi necessari al suo FABBISOGNO (geopolitica-geostrategia-geofilosofia), come i cittadini o i ‘componenti’ del mondo stanno alla loro economia, la quale in un lasso di tempo (maggiore o minore) provvede al suo benessere inteso questo come VALORE ECONOMICO RAGGIUNTO REALE ( - reale - valore dato dalla differenza fra il valore economico raggiunto nel breve lasso di tempo, sottratto ai costi per tutti quegli interventi dovuti ad una logica incompatibilità, quindi intendesi - reale - non quello virtuale dato DALL’IMMEDIATEZZA, del traguardo economico, ma bensì quello raggiunto grazie ad una LOGICA COMPATIBILITÀ che equivale all’equilibrio di cui accennavamo precedentemente, con lo SPAZIO OCCUPATO).
QUINDI
IL VALORE ECONOMICO PERSEGUITO è determinato dalle risorse naturali GIACENTI
(che sono la fonte dell’energia a cui nostro malgrado dobbiamo rivolgerci per
determinare le nostre capacità economiche), ed in base alle nostre scelte energetiche
determiniamo UN MAGGIORE O MINORE LIVELLO DI BENESSERE REALE E NON VIRTUALE;
uno sfruttamento eccessivo, questo ci
insegna sia la storia che l’economia, di determinate risorse e il loro
incontrollato utilizzo, a dispetto di altre, possono causare sia uno squilibrio
ambientale e sia un fattore fondamentale di INQUINAMENTO che scatena un
processo irreversibile di alterazione climatica che tende poi a destabilizzare
un equilibrio preesistente.
Il fattore climatico appartiene, con le costanti, già accertate, di CAOS, ad uno di quei motivi che favoriranno a creare quei momentanei esempi di - SCHIZOFRENIA - meteorologica a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni. Quindi il livello reale di EVOLUZIONE: sociale, ambientale ed economico, è dato in un lasso di tempo INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla industrializzazione raggiunta ed al conseguente benessere economico apportato rispetto al - PRIMITIVO - stato originario dell’ambiente occupato.
Minori
i tempi, ed OBSOLETE le fonti energetiche, e sempre maggiori saranno i tempi
per ristabilirne gli equilibri preesistenti che determineranno in seguito un
benessere economico reale, il quale poggia su reali fondamenta. Logicamente
questo discorso, è applicabile soprattutto ai grandi PROMOTORI INDUSTRIALI, che
sono il cuore della nostra economia.
Se
consideriamo che l’industria automobilistica è una delle più potenti
multinazionali mondiali, dovremmo pensare che il nostro benessere è
raggiungibile nel momento in cui vedremmo modificati i parametri organizzativi
di alcune strutture industriali per concepire un prodotto compatibile con
l’ambiente in cui esso si deve misurare.
PER COMPATIBILE si intende innanzitutto un suo duraturo impatto con l’ambiente in cui deve coabitare, quindi si deve tener conto di fondamentali caratteristiche che possono e devono essere confacenti con le risorse dell’ambiente che è il motore principale ed unico di questa operazione.
L’ambiente
ci fornisce energia in diverse forme, e noi dobbiamo restituirla con il minimo
danno ambientale. Se non vorremmo vedere sconvolti in maniera irreversibile gli
equilibri che ci insegnano le leggi della fisica. Il surriscaldamento del
pianeta, e questo lo insegna soprattutto la glaceologia, non avviene in un
lasso di tempo breve come quello che potremmo misurare da una fase all’altra
del respiro stagionale di un ghiacciaio, ma impiega un tempo assai vasto, ed è
conseguenza di diversi fattori climatici naturali. Al contrario dell’attuale
fenomeno che coinvolge NELLA SUA INUSUALE MANIFESTAZIONE, in pari misura,
ghiacciai e non, in una spirale di connessioni aliene agli equilibri della
natura.
Quindi
la ricerca si deve sforzare di tener presenti questi fattori, che possono non
essere compatibili con interessi economici più pressanti rispetto a quelli di più
breve durata che sono quelli di alcuni stati produttori di energia prima, come
il petrolio, che determinano una precisa strategia economica e politica. Determinate
situazioni politiche, le quali influenzano uno stato di equilibrio sociale in
quei paesi ricchi di petrolio, sono legati per il loro sviluppo a questa fonte
di energia fin tanto che non decidono di rinnovarsi verso un progetto di
compatibilità. Ed insieme ad essi trovano numerosi paesi industrialmente
avanzati che si scontrano sugli stessi interessi.
L’Europa,
gli Stati Uniti, e
Quindi
benefici e condizioni economiche favorevoli con una linea politica più
confacente con gli interessi dei singoli Stati coinvolti, scadendo di fatto in
quella illusione da laboratorio di una economia VIRTUALE, decisa a favore dei
più ricchi, mentre i valori ottenuti nel REALE per entrambe le parti coinvolte
vanno gradualmente peggiorando.
L’economia virtuale è quella che ci accompagna ora, nella quale l’illusione di una probabile evoluzione non fa i conti con uno dei tanti disastri a cui nostro malgrado siamo costretti ad assistere, imputando responsabilità al di fuori della nostra portata. Essere ciechi e sordi di fronte a ciò, significa essere irrazionali oltre che INVOLUTI.
La RAZIONALITÀ ci insegna innanzitutto a constatare i fatti, e non convincersi, nostro malgrado, che la realtà che siamo chiamati a vivere ogni giorno coinvolge altre dinamiche rispetto a quelle certe e vere che sono quelle di una natura di cui abbisogniamo e abbisogneremo per sempre fin tanto che dovremmo vivere con le leggi che la governano e l’hanno governata per millenni.
(Pietro Autier, Storia di un Eretico)
NATURA
Introduzione
La nostra
età è retrospettiva. Costruisce i sepolcri dei padri. Scrive biografie storie e
critica. Le generazioni passate hanno contemplato Dio e la natura faccia a
faccia; noi attraverso i loro occhi. Perché non dovremmo sperimentare anche noi
un rapporto originale con l’universo?
Perché non dovremmo
avere anche noi una poesia una filosofia che vadano alle cose direttamente e
non attraverso la tradizione e una religione a noi rivelata piuttosto che la
sua storia?
Avvinti per
una stagione alla naturala cui corrente vitale fluisce attorno a noi e
attraverso noi e ci invita mediante il suo potere ad un agire proporzionato
alla natura perché dovremmo brancolare attraverso le ossa secche del passato o
indurre la generazione attuale a mascherarsi con il suo scolorito guardaroba?
Il sole
risplende anche oggi. C’è più lana e più lino nei campi. Ci sono nuove terre nuovi
uomini nuovi pensieri. Domandiamoci allora quali debbano essere le nostre opere
le nostre leggi e il nostro culto.
Senza
dubbio non ci poniamo domande destinate a rimanere senza risposta. Dobbiamo
avere fiducia nella perfezione del creato sino al punto di credere che l’ordine
delle cose potrà soddisfare qualunque curiosità l’ordine delle cose abbia
destato in noi. La condizione di ogni uomo è una soluzione in geroglifico a
quelle domande che vorrebbe porre. Questa soluzione egli la pratica nella vita prima
di apprenderla come verità. Allo stesso modo la natura nelle sue forme e
tendenze sta già tracciando il suo proprio disegno. Interpelliamo la straordinaria
apparizione che risplende così pacificamente attorno a noi.
Cerchiamo
di scoprire a che scopo esiste la natura.
Tutta la scienza
ha un unico scopo: trovare una teoria della natura. Noi abbiamo teorie delle
razze e delle funzioni ma a stento riusciamo a mettere insieme un sia pure
remoto approccio a un’idea di creazione. Siamo ora così lontani dalla strada
che porta alla verità che i maestri di cose religiose discutono tra di loro e
si odiano l’un l’altro mentre chi si dedica alla speculazione è considerato
corrotto e frivolo. Ma a un retto giudizio la verità più astratta è proprio la
più pratica. Dovunque appare una teoria vera non avrà bisogno di dimostrazioni.
La sua verifica è quella di riuscire a spiegare tutti i fenomeni. Ora molti fra
questi vengono ritenuti inspiegati e anzi inspiegabili; come ad esempio il
linguaggio il sonno la follia i sogni gli animali il sesso.
Da
un punto di vista filosofico l’universo è composto dalla Natura e dall’Anima.
In senso stretto perciò tutto quello che è separato da noi, tutto quello che la Filosofia distingue come NON IO, cioè sia la natura che l’arte tutti gli altri uomini e il mio corpo deve essere classificato sotto questo nome NATURA. Nell’enumerare i valori della natura e nel sommare i loro risultati userò la parola in entrambi i sensi cioè nel suo significato comune come in quello filosofico. In indagini così generali come la presente l’imprecisione non riguarda la materia; eviteremo ogni confusione di pensiero. La Natura nel senso comune si riferisce ad essenze non modificate dalla mano dell’uomo; lo spazio l’aria il fiume la foglia.
(Emerson)
Le proiezioni dei danni macroeconomici causati dai futuri cambiamenti climatici sono fondamentali per informare i dibattiti pubblici e politici sull’adattamento, la mitigazione e la giustizia climatica.
Da un lato,
l’adattamento agli impatti climatici deve essere giustificato e pianificato
sulla base della comprensione della loro futura entità e distribuzione
spaziale. Ciò è importante anche nel contesto della giustizia climatica, così
come per i principali attori sociali, tra cui i governi, le banche centrali e
le imprese private, che richiedono sempre più l’inclusione dei rischi climatici
nelle loro previsioni macroeconomiche per favorire il processo decisionale
adattivo.
D’altra
parte, la politica di mitigazione del clima, come l’accordo sul clima di
Parigi, viene spesso valutata bilanciando i costi della sua attuazione con i
benefici derivanti dall’evitare danni fisici previsti. Questa valutazione
avviene sia formalmente attraverso analisi costi-benefici, sia informalmente
attraverso la percezione pubblica della mitigazione e dei costi dei danni.
Le
proiezioni dei danni futuri affrontano le sfide quando informano questi
dibattiti, in particolare i pregiudizi umani relativi all’incertezza e alla
lontananza che emergono da prospettive a lungo termine. In questo caso miriamo
a superare tali sfide valutando l’entità dei danni economici derivanti dai
cambiamenti climatici a cui il mondo è già sottoposto a causa delle emissioni
storiche e dell’inerzia socioeconomica (la gamma di scenari futuri di emissione
considerati socioeconomicamente plausibili).
Tale attenzione al breve termine limita le grandi incertezze sulle divergenti traiettorie future delle emissioni, sulla conseguente risposta climatica a lungo termine e sulla validità dell’applicazione delle relazioni clima-economiche storicamente osservate su lunghi periodi durante i quali le condizioni socio-tecniche possono cambiare considerevolmente. Pertanto, questo focus mira a semplificare la comunicazione e massimizzare la credibilità dei danni economici previsti derivanti dai futuri cambiamenti climatici.
Nel
prevedere i futuri danni economici derivanti dai cambiamenti climatici, ci
avvaliamo dei recenti progressi nell’econometria climatica che forniscono prove
degli impatti sulla crescita economica subnazionale di numerose componenti
della distribuzione della temperatura giornaliera e delle precipitazioni.
Utilizzando modelli di regressione su panel a effetti fissi per controllare
potenziali fattori di confondimento, questi studi sfruttano la variazione
all’interno della regione della temperatura locale e delle precipitazioni in un
panel di oltre 1.600 regioni in tutto il mondo, comprendente dati sul clima e
sul reddito negli ultimi 40 anni, per identificare i fattori plausibili effetti
causali dei cambiamenti in diverse variabili climatiche sulla produttività
economica.
Nello
specifico, sono stati identificati gli impatti macroeconomici derivanti dal
cambiamento della variabilità della temperatura giornaliera, dalle
precipitazioni annuali totali, dal numero annuale di giorni piovosi e dalle
precipitazioni giornaliere estreme che si verificano in aggiunta a quelli già
identificati dal cambiamento della temperatura media. Inoltre, utilizzando
termini di interazione è stata riscontrata l’eterogeneità regionale di questi
effetti basata sulle condizioni climatiche locali prevalenti. La selezione di
queste variabili climatiche segue prove a livello micro per i meccanismi legati
agli impatti delle temperature medie sul lavoro e sulla produttività agricola,
della variabilità della temperatura sulla produttività e sulla salute agricola,
nonché delle precipitazioni sulla produttività agricola, sui risultati del
lavoro e sulle inondazioni danni.
I riferimenti contengono una motivazione più dettagliata per l’uso di queste particolari variabili climatiche e forniscono test empirici approfonditi sulla robustezza e sulla natura dei loro effetti sulla produzione economica, che sono riassunti in Metodi. Tenendo conto di queste variabili climatiche aggiuntive a livello subnazionale, puntiamo a una descrizione più completa degli impatti climatici con maggiore dettaglio sia nel tempo che nello spazio.
Un fattore
determinante e fonte di discrepanza nelle stime dell’entità dei futuri danni
climatici è la misura in cui persiste l’impatto di una variabile climatica sui
tassi di crescita economica. I due casi estremi in cui questi impatti
persistono indefinitamente o solo istantaneamente sono comunemente indicati
come effetti di crescita o di livello.
Studi
recenti dimostrano che i danni futuri derivanti dai cambiamenti climatici
dipendono fortemente dal fatto se si presuppongono effetti di crescita o di
livello.
Secondo una
letteratura ben sviluppata, queste proiezioni non mirano a fornire una
previsione della futura crescita economica. Si tratta invece di una proiezione
dell’impatto esogeno delle future condizioni climatiche sull’economia rispetto
ai valori di riferimento specificati dalle proiezioni socioeconomiche, sulla
base delle plausibilmente relazioni causali dedotte dai modelli empirici e
assumendo ceteris paribus. Altri
fattori esogeni rilevanti per la previsione della produzione economica sono
volutamente assunti costanti.
Una procedura ‘Monte Carlo’ che campiona da proiezioni di modelli climatici, modelli empirici con diversi numeri di ritardi e stime dei parametri del modello è utilizzata per stimare l’incertezza combinata di queste fonti. Date queste distribuzioni di incertezza, troviamo che i danni globali previsti sono statisticamente indistinguibili tra i due scenari di emissione più estremi fino al 2049.
Pertanto, i
danni climatici che si verificano prima di questo momento costituiscono quelli
verso cui il mondo è già impegnato a causa della combinazione delle emissioni
passate e della gamma di scenari di emissione futuri considerati socio-economicamente
plausibili. Questi danni commessi comprendono una riduzione permanente del
reddito del 19% in media a livello globale (media ponderata in base alla
popolazione) rispetto a uno scenario di riferimento senza impatti dei
cambiamenti climatici (con un intervallo probabile dell’11-29%, secondo la
classificazione di probabilità adottata dal Gruppo intergovernativo sui
cambiamenti climatici [IPCC] ).
Anche se i
livelli di reddito pro capite in genere continuano ad aumentare rispetto a
quelli odierni, ciò costituisce una riduzione permanente del reddito per la
maggior parte delle regioni, tra cui il Nord America e l’Europa (ciascuna con
riduzioni medie del reddito di circa l’11%) e con l’Asia meridionale e l’Africa
che rappresentano le regioni più colpite.
In uno scenario intermedio di sviluppo del reddito futuro (SSP2, in cui SSP sta per Shared Socio-economic Pathway), ciò corrisponde a danni annuali globali nel 2049 pari a 38 trilioni di dollari internazionali nel 2005 (probabilmente un range di 19-59 trilioni di dollari internazionali del 2005). Rispetto alle specifiche empiriche che presuppongono la pura crescita o i puri effetti di livello, la nostra specifica preferita che fornisce un robusto limite inferiore all’entità della persistenza dell’impatto climatico produce danni tra queste due ipotesi estreme.
Confrontiamo
i danni a cui il mondo è impegnato nei prossimi 25 anni con le stime dei costi
di mitigazione necessari per raggiungere l’Accordo di Parigi sul clima.
Prendendo le stime dei costi di mitigazione dai tre modelli di valutazione
integrata (IAM) nel database IPCC che forniscono risultati in scenari
comparabili, troviamo che i danni climatici medi commessi sono maggiori dei
costi medi di mitigazione nel 2050 (seimila miliardi di dollari internazionali
del 2005) di un fattore pari a circa sei (si noti che le stime dei costi di
mitigazione vengono fornite solo ogni 10 anni dagli IAM e quindi un confronto
nel 2049 è non possibile).
Questo
confronto mira semplicemente a confrontare l’entità dei danni futuri con i
costi di mitigazione, piuttosto che condurre un’analisi formale costi-benefici
della transizione da un percorso di emissione a un altro. Le analisi formali
costi-benefici in genere rilevano che i benefici netti della mitigazione emergono
solo dopo il 2050, il che potrebbe portare alcuni a concludere che i danni
fisici derivanti dai cambiamenti climatici semplicemente non sono abbastanza
grandi da superare i costi di mitigazione fino alla seconda metà del secolo.
Il nostro semplice confronto delle loro entità chiarisce che i danni sono in realtà già considerevolmente più grandi dei costi di mitigazione e l’emergere ritardato dei benefici netti di mitigazione deriva principalmente dal fatto che i danni attraverso diversi percorsi di emissione sono indistinguibili fino alla metà del secolo.
Sebbene
questi danni a breve termine costituiscano quelli per i quali il mondo è già
impegnato, notiamo che le stime dei danni divergono fortemente tra gli scenari
di emissione successivi al 2049, trasmettendo i chiari benefici della
mitigazione da un punto di vista puramente economico che sono stati enfatizzati
in studi precedenti.
I danni
causati si verificano principalmente attraverso i cambiamenti della temperatura
media. Ciò riflette il fatto che i cambiamenti previsti nella temperatura media
sono maggiori di quelli di altre variabili climatiche se espressi in funzione
della loro variabilità interannuale storica. Poiché la variabilità storica è
quella su cui vengono stimati i modelli empirici, i cambiamenti previsti più
ampi rispetto a questa variabilità portano probabilmente a maggiori impatti
futuri in senso puramente statistico.
Da una
prospettiva meccanicistica, si può plausibilmente interpretare questo risultato
nel senso che implica che i futuri cambiamenti della temperatura media sono i
più senza precedenti dal punto di vista delle fluttuazioni storiche a cui
l’economia è abituata e quindi causeranno i maggiori danni. Questa intuizione
può rivelarsi utile per orientare le misure di adattamento verso le fonti di
maggior danno.
La distribuzione spaziale dei danni commessi riflette una complessa interazione tra i modelli di cambiamento futuro in diverse componenti climatiche e quelli della vulnerabilità economica storica ai cambiamenti di tali variabili. I danni derivanti dall’aumento della temperatura media annuale sono negativi quasi ovunque a livello globale, e maggiori alle latitudini più basse nelle regioni in cui le temperature sono già più elevate e la vulnerabilità economica agli aumenti di temperatura è maggiore. Ciò si verifica nonostante il riscaldamento amplificato previsto a latitudini più elevate, suggerendo che l’eterogeneità regionale nella vulnerabilità economica ai cambiamenti di temperatura supera l’eterogeneità nell’entità del riscaldamento futuro.
I danni
economici dovuti alla variabilità della temperatura giornaliera mostrano una
forte polarizzazione latitudinale, riflettendo principalmente la risposta
fisica della variabilità giornaliera alla forzatura dell'effetto serra in cui
gli aumenti della variabilità alle latitudini più basse (e in Europa)
diminuiscono alle latitudini elevate. Questi due termini di temperatura sono i
determinanti dominanti del modello dei danni complessivi, che mostra una forte
polarità con danni in gran parte del globo tranne che alle latitudini
settentrionali più elevate.
I futuri cambiamenti nelle precipitazioni annuali totali apportano principalmente benefici economici, tranne che nelle regioni di siccità, come il Mediterraneo e il Sud America centrale, ma questi benefici sono contrastati dai cambiamenti nel numero di giorni piovosi, che produrre danni con uno schema simile di segno opposto. Al contrario, i cambiamenti nelle precipitazioni estreme giornaliere producono danni in tutte le regioni, riflettendo l’intensificazione delle precipitazioni estreme giornaliere sulle aree terrestri globali.
(Nature)
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