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Prosegue con la
La vicenda
della nascita e della crescita di un sistema di parchi nazionali e di riserve
protette in Italia è una storia non lineare, fatta di slanci pionieristici, di
profonde crisi, di improvvise accelerazioni, di periodi di crescita lineare e
di lunghe stasi. Una storia insomma estremamente sofferta, che si intreccia
strettamente con le vicende culturali e istituzionali nazionali e nostra tempi
diversi rispetto alla media degli altri paesi europei. I motivi che hanno reso
questo percorso così accidentato sono molti e sono tuttora in parte ben vivi:
uno sguardo alla durevole e duratura ‘conservazione’ dei parchi italiani può
servire quindi anche a migliorare la situazione presente e a difendersi meglio
da rischi futuri.
I parchi
nazionali sono un’invenzione relativamente recente, risalendo agli anni ’70 dell’Ottocento, e nascono negli Stati
Uniti sulla base di alcune considerazioni ed esigenze specifiche. Una prima
considerazione è data dalla rapidità con cui il progresso tecnico innescato
dall’industrializzazione diviene in grado, già nell’Ottocento, di infliggere
inedite, profonde ferite agli ambienti naturali sia nei pressi delle città sia
lontano da esse, persino nelle aree più remote del pianeta.
Facciamo una breve cronologia:
1853
Gli
scrittori europei sono tra i primi a denunciare i problemi ambientali delle
grandi città industriali. Charles Dickens
introduce il romanzo Bleak House
descrivendo una Londra oscura, spettrale e affumicata mentre nel successivo Uncommercial Traveller (1875) porterà la sua attenzione
sull’inquinamento dei quartieri più poveri. Non meno potente sarà la
descrizione del sistema fognario parigino nei Miserabili (1862) di
Victor Hugo.
1854
Nasce in
Francia la Société impériale zoologique
d’acclimatation. I suoi fini sono anzitutto utilitari, ma nel corso del
tempo essa diverrà l’antesignana dell’ambientalismo francese.
Esce Walden; or, Life in the Woods (Boston,
Ticknor and Fields; tradotto per la prima volta in italiano nel 1920) di Henry David Thoreau (1817‐1862), frutto di un lungo periodo vissuto in solitudine in un bosco
nei pressi di Concord, nel Massachussets. Opera tra le più importanti e influenti
della letteratura americana, rivendica il valore di un’esistenza semplice e a
contatto con la natura nella convinzione che la conservazione della “wildness”
sia un valore fondamentale per l’intera umanità. Oggi Walden è considerato un
testo fondativo della cultura ambientalista, non solo statunitense.
1858
Gli
scarichi fognari nel Tamigi provocano un lungo periodo di odori nauseabondi (‘The
great stink’) che avvolgono tutta Londra. Pur non causando vittime è uno dei
primi casi di inquinamento percepito da milioni di persone. A partire dal dicembre 1873 e con frequenza
abbastanza regolare (ad esempio nel 1880, 1882, 1891, 1892 giù giù fino ai
drammatici episodi del 1952 e 1956), Londra conoscerà invece delle ondate di ‘killer
fogs’, alte concentrazioni di nebbia e fumo dalle conseguenze letali, con
migliaia di vittime.
Queste
catastrofi inducono le autorità inglesi ad emanare un gran numero di
provvedimenti anti‐inquinamento, tra i primi
adottati in Europa.
Particolarmente
importanti l’Alkali Act del
1863 per contrastare l’inquinamento dell’industria chimica e specialmente
quello dovuto all’acido cloridrico durante la produzione della soda Leblanc, il
Public Health Act del 1875
contenente diverse importanti misure di igiene pubblica nel campo del
trattamento dei rifiuti e della prevenzione e il Factories and Workshops Act del 1878 volto a prevenire le malattie
professionali nell’industria e a impedire l’impiego di donne e bambini nelle
lavorazioni più pericolose.
1863
Primi passi
negli studi sugli effetti dell’azione umana sul clima: in una lettura alla
British Royal Society John Tyndall illustra la teoria dell’effetto serra, già
formulata in precedenza da Fourier. Sulla base delle sue osservazioni il
geologo americano Thomas Sterry Hunt ipotizza, in una pubblicazione dello
stesso anno, che i cambiamenti climatici verificatisi nelle varie ere
geologiche possano dipendere da mutamenti di concentrazione di anidride
carbonica nell’atmosfera.
Sarà
tuttavia soltanto nel 1895 che in
una relazione presentata all’Accademia svedese delle scienze Svante Arrhenius
(1859‐1927, premio nobel per la chimica nel 1903),
ipotizzerà un aumento della temperatura terrestre dovuto
all’aumento di CO2 conseguente al processo di
industrializzazione.
Assieme a
tre soci John D. Rockefeller crea a Cleveland la sua prima raffineria di petrolio.
Nel giro di pochi anni Rockefeller sarà in grado di edificare il monopolio
statunitense della nuova materia prima energetica e chimica smantellato solo
formalmente nel 1890. La Standard Oil di Rockefeller sarà dissolta in una serie
di società alcune delle quali cruciali nella storia mondiale
dell’approvvigionamento energetico come la Esson, la Mobil, la Chevron e
l’Amoco. Quattro delle “sette sorelle”, cioè del grande oligopolio planetario
novecentesco del petrolio, proverranno dai ranghi della Standard Oil.
A
imitazione di quello inglese fondato nel
1857 viene fondato a Torino il Club Alpino Italiano. In varie fasi della
storia d’Italia esso rivestirà un ruolo significativo all’interno
dell’associazionismo protezionista.
1864-72
Negli Stati
Uniti vengono istituite le prime aree protette del mondo. Nel 1864 viene tutelato il complesso montuoso californiano di
Yosemite mentre nel 1872 nasce il
primo parco nazionale, destinato a proteggere l’enorme area selvaggia di
Yellowstone, nel Wyoming. Per lungo tempo la formula statunitense del “parco
nazionale” sarà quella più imitata a livello mondiale e darà un contributo
notevole alla formazione dell’identità americana. Fino ai primi decenni del
Novecento, tuttavia, l’esempio statunitense sarà seguito soltanto nei dominions
britannici (Australia 1879, Canada 1885).
Il
diplomatico americano George Perkins
Marsh pubblica Man and Nature or
Physical Geography as Modified by Human Action (New York, C. Scribner; tr.
it. L’uomo e la natura, ossia La superficie terrestre modificata per opera
dell’uomo, Firenze, Barbera, 1870), oggi considerata la prima analisi su vasta
scala ‐ spaziale e temporale ‐ del degrado sistemico dell’ambiente provocato dall’azione antropica.
Essendo
Marsh ambasciatore statunitense in Italia, l’opera viene tradotta e pubblicata
nel nostro paese quasi immediatamente, a Firenze nel 1868. Scarsamente influente al momento della sua comparsa,
l’opera è stata fatta oggetto di un’ampia rivalutazione a partire dalla metà degli anni Cinquanta del
Novecento ed è oggi considerata una delle pietre miliari delle scienze
ambientali e del pensiero ambientalista.
1865
In
Inghilterra inizia a formarsi una pionieristica galassia di associazioni
ambientaliste, in questi anni probabilmente la più articolata e avanzata del
mondo. Preceduta da alcuni gruppi prevalentemente locali come ad esempio la
Manchester Association for the Prevention of Smoke, nel 1865 viene fondata da
politici e intellettuali progressisti come Robert Hunter, John Stuart Mill e
Octavia Hill la Commons Preservation Society.
Ad essa
faranno via via seguito ‐ tra le altre ‐ la Kyrle Society (1876), la Society for the Protection of
Ancient Buildings (1877), la Lake District Defence Society (1883), la Selborne
Society for the Preservation of Bird, Plants and Pleasant Places (1885), la
Society for the Protection of Birds (1891), il National Trust (1895).
L’adesione di alcuni dei più influenti intellettuali dell’epoca ‐ come William Morris e John
Ruskin ‐ garantisce al movimento
una grande visibilità e un altrettanto grande consenso.
Viene
promulgata la ‘legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia’,
detta anche ‘legge Lanza’. L’allegato C della legge contiene una sere di
importanti in materia di organizzazione della sanità pubblica. In tal senso si
tratta del primo provvedimento nazionale riguardante la salute dei cittadini.
1889
Il
protezionista statunitense John Muir
(1838‐1914), che nel
1892 sarà cofondatore e primo presidente del Sierra Club,
s’impegna in una campagna di stampa sul ‘Century Magazine’ per salvare Yosemite
dalle manomissioni. I suoi articoli avranno un gran peso nel favorire il
rafforzamento delle normative federali di tutela già nel 1890 e, più in là nel tempo, nella costituzione del National Park Services.
L’avvio
negli Stati Uniti della cosiddetta Progressive Era favorisce un ampio dibattito
pubblico sulla filosofia e sulle politiche di protezione della natura nel quale
si confrontano una corrente ‘conservazionista’ (più utilitarista e moderata) e
una ‘preservazionista’ (più radicale) ma entrambe opposte al laissez faire in campo ambientale. Il
dibattito favorisce un rafforzamento sia della popolarità della tutela della
natura presso l’opinione pubblica, sia dell’associazionismo ambientalista, sia
infino delle politiche di tutela federali. Emblematica di questa fase è la
figura del conservazionista Theodore Roosevelt, che sarà presidente americano
dal 1901 al 1909.
1890
Fondazione
del Sierra Club, per la tutela e il
godimento della wilderness e della
montagna della California e più in generale degli Stati Uniti occidentali.
L’associazione diverrà una delle più famose e influenti del proprio paese.
William Morris pubblica News from Nowhere (Boston, Roberts Brothers), primo esempio di ‘ecotopia’, incentrato sulla restaurazione dell’armonia tra uomo e natura.
1901
Tra il 1900 e il 1913 si sviluppa negli Stati
Uniti il Progressive Conservation Movement.
In questo contesto il termine conservazione
‐ introdotto nel
1907 da Gifford Pinchot e W. J. McGee e includente l’uso collettivo e la
tutela di foreste, acque, suoli e minerali ‐ viene definito come l’uso razionale (wise use)
delle risorse naturali a beneficio del maggior numero di persone per il più lungo tempo possibile.
In un
discorso del 1908, il presidente Theodore Roosevelt conservazionista convinto, sodale di John Muir e creatore del Wildlife Refuge
System e della National Conservation Commission ‐
indicherà nella difesa della natura obiettivo di primaria
importanzaper gi Stati Uniti.
Tutti
questi importanti eventi hanno in ogni caso un’eco scarsa se non nulla
in Europa.
Gli Stati
Uniti sono uno dei primi paesi in cui si avverte la necessità di sottrarre aree
naturali ancora poco sfruttate e contaminate alle trasformazioni che
necessariamente derivano da insediamenti di tipo moderno, a forte impatto
tecnologico. Una seconda considerazione riguarda la presenza, nell’America
Settentrionale, di vaste estensioni territoriali non stabilmente abitate e di
grande valore naturalistico, una circostanza estremamente rara in Europa ad
eccezione delle frange pioniere dell’ecumene.
L’esigenza, infine, che spinge le autorità statunitensi a intraprendere la creazione di parchi nazionali è quella di dotare la giovane nazione di un patrimonio monumentale che possa emulare quello dei ben più antichi stati europei. In assenza di un patrimonio basato sulle testirnonianze della storia e sulle opere d’arte, gli Stati Uniti cercano nella solenne natura incontaminata i propri monumenti e li tutelano per la libera fruizione dei cittadini e per lasciarli intatti alle generazioni future.
Non mancano
infine, come ha sottolineato la storiografia più recente, considerazioni di
tipo più materiale: già dagli ultimi decenni dell’Ottocento compagnie
ferroviarie e gestori di
catene alberghiere si rendono conto che
un parco nazionale può trasformarsi in una straordinaria attrazione turistica, capace di generare consistenti profitti.
Dopo l’istituzione
del parco nazionale di Yellowstone nel
1872, e grazie a questo concorrere di elementi, i parchi nazionali
statunitensi aumentano progressivamente di numero giungendo a formare una vera
e propria rete che riceve una sanzione istituzionale ancora più alta nel 1916 con la creazione di un
organismo di coordinamento federale, il National Park Service. A questa data i
parchi americani sono ormai una dozzina e l’idea di parco nazionale si è
diffusa ormai in tutto il mondo, facendosi oggetto anche di progetti
internazionali tra potenze coloniali.
Molto diversa è la situazione europea.
Qui la
disponibilità di aree non antropizzate e scarsamente contaminate è molto
minore, l’identità nazionale si lega assai più al patrimonio storico, artistico
e letterario dì quanto non si leghi al paesaggio e il turismo ha ancora, salvo
alcune eccezioni, caratteristiche di élite e destinazioni principalmente urbane
e termali. In Italia alcune di queste caratteristiche appaiono ulteriormente
esaltate. Per lunghi secoli il paese è stato il più fittamente e densamente
popolato sia dell’Europa continentale che dell’area mediterranea, con
trame insediative generalmente molto
fitte e un intenso uso del
territorio.
Per dare
un’idea delle realtà che si confrontano basti dire che la superficie del
Parco Nazionale di Yellowstone, nei
primi anni ’70 dell’Ottocento del tutto
disabitato, equivale a quella
della Sardegna. In secondo luogo l’Italia, a differenza di paesi come la Gran
Bretagna, la Germania e gli Stati Uniti, è una nazione che resta molto a lungo
sulla soglia di un’incompiuta modernizzazione socio-economica, con una larga
preponderanza del settore agricolo, una rete urbana fitta ma non ancora
industriale, una rete infrastrutturale fragile
e un ceto medio piuttosto esiguo.
I processi che trasformano profondamente le grandi potenze industriali a cavallo tra Otto e Novecento si verificheranno definitivamente in Italia soltanto a partire dal secondo dopoguerra. Ciò implica che gli effetti di devastazione del paesaggio e della qualità della vita urbana che stimolano solitamente la nascita di una domanda di tutela ambientale si verificano in Italia con un certo ritardo rispetto ad altri paesi europei.
Nonostante tutti questi limiti, che resteranno peraltro profondamente influenti per gran parte del Novecento, il nostro paese ha la fortuna di svolgere un ruolo pionieristico in Europa nel campo dei parchi nazionali.
(Piccioni)
[PROSEGUE CON LA SECONDA PARTE]
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