CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

mercoledì 10 aprile 2024

VALORIZZARE I LUOGHI SACRI

 









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con Mary Austin 







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La vicenda della nascita e della crescita di un sistema di parchi nazionali e di riserve protette in Italia è una storia non lineare, fatta di slanci pionieristici, di profonde crisi, di improvvise accelerazioni, di periodi di crescita lineare e di lunghe stasi. Una storia insomma estremamente sofferta, che si intreccia strettamente con le vicende culturali e istituzionali nazionali e nostra tempi diversi rispetto alla media degli altri paesi europei. I motivi che hanno reso questo percorso così accidentato sono molti e sono tuttora in parte ben vivi: uno sguardo alla durevole e duratura ‘conservazione’ dei parchi italiani può servire quindi anche a migliorare la situazione presente e a difendersi meglio da rischi futuri.

 

I parchi nazionali sono un’invenzione relativamente recente, risalendo agli anni ’70 dell’Ottocento, e nascono negli Stati Uniti sulla base di alcune considerazioni ed esigenze specifiche. Una prima considerazione è data dalla rapidità con cui il progresso tecnico innescato dall’industrializzazione diviene in grado, già nell’Ottocento, di infliggere inedite, profonde ferite agli ambienti naturali sia nei pressi delle città sia lontano da esse, persino nelle aree più remote del pianeta.




 

Facciamo una breve cronologia: 


 

1853

 

 

Gli scrittori europei sono tra i primi a denunciare i problemi ambientali delle grandi città industriali. Charles Dickens introduce il romanzo Bleak House descrivendo una Londra oscura, spettrale e affumicata mentre nel successivo Uncommercial Traveller (1875) porterà la sua attenzione sull’inquinamento dei quartieri più poveri. Non meno potente sarà la descrizione del sistema fognario parigino nei Miserabili (1862) di Victor Hugo.





1854 


 

Nasce in Francia la Société impériale zoologique d’acclimatation. I suoi fini sono anzitutto utilitari, ma nel corso del tempo essa diverrà l’antesignana dell’ambientalismo francese.

 

Esce Walden; or, Life in the Woods (Boston, Ticknor and Fields; tradotto per la prima volta in italiano nel 1920) di Henry David Thoreau (18171862), frutto di un lungo periodo vissuto in solitudine in un bosco nei pressi di Concord, nel Massachussets. Opera tra le più importanti e influenti della letteratura americana, rivendica il valore di un’esistenza semplice e a contatto con la natura nella convinzione che la conservazione della “wildness” sia un valore fondamentale per l’intera umanità. Oggi Walden è considerato un testo fondativo della cultura ambientalista, non solo statunitense.





 

1858

 

 

Gli scarichi fognari nel Tamigi provocano un lungo periodo di odori nauseabondi (‘The great stink’) che avvolgono tutta Londra. Pur non causando vittime è uno dei primi casi di inquinamento percepito da milioni di persone. A partire dal dicembre 1873 e con frequenza abbastanza regolare (ad esempio nel 1880, 1882, 1891, 1892 giù giù fino ai drammatici episodi del 1952 e 1956), Londra conoscerà invece delle ondate di ‘killer fogs’, alte concentrazioni di nebbia e fumo dalle conseguenze letali, con migliaia di vittime.

 

Queste catastrofi inducono le autorità inglesi ad emanare un gran numero di provvedimenti antiinquinamento, tra i primi adottati in Europa.

 

Particolarmente importanti lAlkali Act del 1863 per contrastare l’inquinamento dell’industria chimica e specialmente quello dovuto all’acido cloridrico durante la produzione della soda Leblanc, il Public Health Act del 1875 contenente diverse importanti misure di igiene pubblica nel campo del trattamento dei rifiuti e della prevenzione e il Factories and Workshops Act del 1878 volto a prevenire le malattie professionali nell’industria e a impedire l’impiego di donne e bambini nelle lavorazioni più pericolose.




 

1863

 

 

Primi passi negli studi sugli effetti dell’azione umana sul clima: in una lettura alla British Royal Society John Tyndall illustra la teoria dell’effetto serra, già formulata in precedenza da Fourier. Sulla base delle sue osservazioni il geologo americano Thomas Sterry Hunt ipotizza, in una pubblicazione dello stesso anno, che i cambiamenti climatici verificatisi nelle varie ere geologiche possano dipendere da mutamenti di concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera.

 

Sarà tuttavia soltanto nel 1895 che in una relazione presentata all’Accademia svedese delle scienze Svante Arrhenius (18591927, premio nobel per la chimica nel 1903), ipotizzerà un aumento della temperatura terrestre dovuto allaumento di CO2 conseguente al processo di industrializzazione.

 

Assieme a tre soci John D. Rockefeller crea a Cleveland la sua prima raffineria di petrolio. Nel giro di pochi anni Rockefeller sarà in grado di edificare il monopolio statunitense della nuova materia prima energetica e chimica smantellato solo formalmente nel 1890. La Standard Oil di Rockefeller sarà dissolta in una serie di società alcune delle quali cruciali nella storia mondiale dell’approvvigionamento energetico come la Esson, la Mobil, la Chevron e l’Amoco. Quattro delle “sette sorelle”, cioè del grande oligopolio planetario novecentesco del petrolio, proverranno dai ranghi della Standard Oil.

 

A imitazione di quello inglese fondato nel 1857 viene fondato a Torino il Club Alpino Italiano. In varie fasi della storia d’Italia esso rivestirà un ruolo significativo all’interno dell’associazionismo protezionista.





 

1864-72

 

 

Negli Stati Uniti vengono istituite le prime aree protette del mondo. Nel 1864 viene tutelato il complesso montuoso californiano di Yosemite mentre nel 1872 nasce il primo parco nazionale, destinato a proteggere l’enorme area selvaggia di Yellowstone, nel Wyoming. Per lungo tempo la formula statunitense del “parco nazionale” sarà quella più imitata a livello mondiale e darà un contributo notevole alla formazione dell’identità americana. Fino ai primi decenni del Novecento, tuttavia, l’esempio statunitense sarà seguito soltanto nei dominions britannici (Australia 1879, Canada 1885).

 

Il diplomatico americano George Perkins Marsh pubblica Man and Nature or Physical Geography as Modified by Human Action (New York, C. Scribner; tr. it. L’uomo e la natura, ossia La superficie terrestre modificata per opera dell’uomo, Firenze, Barbera, 1870), oggi considerata la prima analisi su vasta scala spaziale e temporale del degrado sistemico dellambiente provocato dallazione antropica.

 

Essendo Marsh ambasciatore statunitense in Italia, l’opera viene tradotta e pubblicata nel nostro paese quasi immediatamente, a Firenze nel 1868. Scarsamente influente al momento della sua comparsa, l’opera è stata fatta oggetto di un’ampia rivalutazione a partire dalla metà degli anni Cinquanta del Novecento ed è oggi considerata una delle pietre miliari delle scienze ambientali e del pensiero ambientalista.




 

1865

 

 

In Inghilterra inizia a formarsi una pionieristica galassia di associazioni ambientaliste, in questi anni probabilmente la più articolata e avanzata del mondo. Preceduta da alcuni gruppi prevalentemente locali come ad esempio la Manchester Association for the Prevention of Smoke, nel 1865 viene fondata da politici e intellettuali progressisti come Robert Hunter, John Stuart Mill e Octavia Hill la Commons Preservation Society.

 

Ad essa faranno via via seguito tra le altre la Kyrle Society (1876), la Society for the Protection of Ancient Buildings (1877), la Lake District Defence Society (1883), la Selborne Society for the Preservation of Bird, Plants and Pleasant Places (1885), la Society for the Protection of Birds (1891), il National Trust (1895). L’adesione di alcuni dei più influenti intellettuali dell’epoca come William Morris e John Ruskin garantisce al movimento una grande visibilità e un altrettanto grande consenso. 

 

Viene promulgata la ‘legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia’, detta anche ‘legge Lanza’. L’allegato C della legge contiene una sere di importanti in materia di organizzazione della sanità pubblica. In tal senso si tratta del primo provvedimento nazionale riguardante la salute dei cittadini.




 

1889

 

 

Il protezionista statunitense John Muir (18381914), che nel 1892 sarà cofondatore e primo presidente del Sierra Club, s’impegna in una campagna di stampa sul ‘Century Magazine’ per salvare Yosemite dalle manomissioni. I suoi articoli avranno un gran peso nel favorire il rafforzamento delle normative federali di tutela già nel 1890 e, più in là nel tempo, nella costituzione del National Park Services. 

 

L’avvio negli Stati Uniti della cosiddetta Progressive Era favorisce un ampio dibattito pubblico sulla filosofia e sulle politiche di protezione della natura nel quale si confrontano una corrente ‘conservazionista’ (più utilitarista e moderata) e una ‘preservazionista’ (più radicale) ma entrambe opposte al laissez faire in campo ambientale. Il dibattito favorisce un rafforzamento sia della popolarità della tutela della natura presso l’opinione pubblica, sia dell’associazionismo ambientalista, sia infino delle politiche di tutela federali. Emblematica di questa fase è la figura del conservazionista Theodore Roosevelt, che sarà presidente americano dal 1901 al 1909.




  

1890

 

 

Fondazione del Sierra Club, per la tutela e il godimento della wilderness e della montagna della California e più in generale degli Stati Uniti occidentali. L’associazione diverrà una delle più famose e influenti del proprio paese.

 

William Morris pubblica News from Nowhere (Boston, Roberts Brothers), primo esempio di ‘ecotopia’, incentrato sulla restaurazione dell’armonia tra uomo e natura.


 


 


1901 

 

 

Tra il 1900 e il 1913 si sviluppa negli Stati Uniti il Progressive Conservation Movement. In questo contesto il termine conservazione introdotto nel 1907 da Gifford Pinchot e W. J. McGee e includente luso collettivo e la tutela di foreste, acque, suoli e minerali viene definito come luso razionale (wise use) delle risorse naturali a beneficio del maggior numero di persone per il più lungo tempo possibile.

 

In un discorso del 1908, il presidente Theodore Roosevelt  conservazionista convinto, sodale di John Muir e creatore del Wildlife Refuge System e della National Conservation Commission indicherà nella difesa della natura obiettivo di primaria importanzaper gi Stati Uniti.

 

Tutti questi importanti eventi hanno in ogni caso uneco scarsa se non nulla in Europa.

 

Gli Stati Uniti sono uno dei primi paesi in cui si avverte la necessità di sottrarre aree naturali ancora poco sfruttate e contaminate alle trasformazioni che necessariamente derivano da insediamenti di tipo moderno, a forte impatto tecnologico. Una seconda considerazione riguarda la presenza, nell’America Settentrionale, di vaste estensioni territoriali non stabilmente abitate e di grande valore naturalistico, una circostanza estremamente rara in Europa ad eccezione delle frange pioniere dell’ecumene.




L’esigenza, infine, che spinge le autorità statunitensi a intraprendere la creazione di parchi nazionali è quella di dotare la giovane nazione di un patrimonio monumentale che possa emulare quello dei ben più antichi stati europei. In assenza di un patrimonio basato sulle testirnonianze della storia e sulle opere d’arte, gli Stati Uniti cercano nella solenne natura incontaminata i propri monumenti e li tutelano per la libera fruizione dei cittadini e per lasciarli intatti  alle generazioni future.

 

Non mancano infine, come ha sottolineato la storiografia più recente, considerazioni di tipo più materiale: già dagli ultimi  decenni  dell’Ottocento  compagnie  ferroviarie  e gestori di catene  alberghiere si rendono conto che un parco nazionale può trasformarsi in una straordinaria attrazione  turistica, capace di generare  consistenti profitti.

 

Dopo l’istituzione del parco nazionale di Yellowstone nel 1872, e grazie a questo concorrere di elementi, i parchi nazionali statunitensi aumentano progressivamente di numero giungendo a formare una vera e propria rete che riceve una sanzione istituzionale ancora più alta nel 1916 con la creazione di un organismo di coordinamento federale, il National Park Service. A questa data i parchi americani sono ormai una dozzina e l’idea di parco nazionale si è diffusa ormai in tutto il mondo, facendosi oggetto anche di progetti internazionali tra potenze coloniali.




Molto diversa è la situazione europea.

 

Qui la disponibilità di aree non antropizzate e scarsamente contaminate è molto minore, l’identità nazionale si lega assai più al patrimonio storico, artistico e letterario dì quanto non si leghi al paesaggio e il turismo ha ancora, salvo alcune eccezioni, caratteristiche di élite e destinazioni principalmente urbane e termali. In Italia alcune di queste caratteristiche appaiono ulteriormente esaltate. Per lunghi secoli il paese è stato il più fittamente e densamente popolato sia dell’Europa continentale che dell’area mediterranea, con trame  insediative generalmente molto fitte e un intenso  uso  del  territorio. 

 

Per  dare  un’idea delle realtà che si confrontano basti dire che la superficie del Parco Nazionale di Yellowstone, nei  primi  anni ’70 dell’Ottocento  del tutto  disabitato,  equivale a quella della Sardegna. In secondo luogo l’Italia, a differenza di paesi come la Gran Bretagna, la Germania e gli Stati Uniti, è una nazione che resta molto a lungo sulla soglia di un’incompiuta modernizzazione socio-economica, con una larga preponderanza del settore agricolo, una rete urbana fitta ma non ancora industriale, una rete infrastrutturale fragile  e un ceto medio piuttosto esiguo.




I processi che trasformano profondamente le grandi potenze industriali a cavallo tra Otto e Novecento si verificheranno definitivamente in Italia soltanto a  partire dal secondo dopoguerra. Ciò implica che gli effetti di devastazione del paesaggio e della qualità della vita urbana che stimolano solitamente la nascita di una domanda di tutela ambientale si verificano in Italia con un certo ritardo  rispetto  ad altri paesi  europei.

 

Nonostante tutti questi limiti, che resteranno peraltro profondamente influenti per gran parte del Novecento, il nostro paese ha la fortuna di svolgere un ruolo pionieristico in Europa nel campo dei parchi nazionali. 

(Piccioni)


[PROSEGUE CON LA SECONDA PARTE]






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