lunedì 3 settembre 2012
INSEGNE PER VAGABONDI
Questa giornata è proprio l'ideale per mettersi in viaggio.
Erano circa le tre del pomeriggio. Mi tirai dietro la porta sfasciata e la chiusi
alla meglio che potevo. Poi puntai verso ovest e camminai per un po', attra-
versando i binari e oltrepassando un magazzino di carbone.
Cara vecchia Pampa, sono arrivato qui nel 1926.
Mi sono spezzato la schiena per te, ma non ho cavato un ragno dal buco.
Da allora sei cresciuta, ti sei estesa oltre i campi.
All'inizio eri solo quattro case, un paese di allevatori e contadini, poi col
boom del petrolio ti sei ingigantita e nel giro di undici anni hai concluso la
tua parabola morendo.
Un camion della birra di tre o quattro tonnellate frenò e l'autista gridò:
- Per Dio volevo ben dire che fossi tu, Woody! Dove te ne vai di bello?
Ad Amarilla? Devi dipingere delle insegne?
Il camion si rimise in moto con un salto mentre l'uomo sputava fuori dal
finestrino.
- Vado in California. Ho deciso di farla finita con quest'accidenti di polve-
re!
- E' una bella scarpinata, mi pare.
- Basta seguire la strada fino in fondo! E non ho intenzione di voltarmi
indietro!
- Caspita! E non dai neanche un'ultima occhiata alla vecchia Pampa?
Guardai fuori dal finestrino e la vidi sparire in lontananza.
In quella parte della città c'erano solo baracche stanche dall'aria disabi-
tata. Lì non c'era più posto per molti di noi. Le trivelle segnavano su tre
lati i confini della città, e c'erano le raffinerie che all'inizio mandavano un
buon odore e che invece ora puzzavano: quelle raffinerie nere come il
carbone che sputavano fumo e veleno lungo l'orizzonte peggio di dieci
vulcani, e la polvere nera e fine si posava sull'erba e sul grano tenero che
spuntava appena, accarezzato dal vento di marzo.
Ovunque camioncini e automobili come mandrie di bestiame. Ma il cielo
era limpido e luminoso, e mi pareva di lasciare il posto più bello e più
brutto del mondo.
- Ho sentito dire che gli abitanti sono diminuiti di qualcosa come 16.000
unità,
dissi.
- Già sembra proprio che la polvere si stia portando via anche le persone!
disse il camionista.
Poi a scossoni atraversammo un altro passaggio a livello e lo sentii aggiun-
gere:
- Ricordo quando un sacco di gente veniva soltanto per vedere il cinema.
Adesso è come se la città si ritirasse a poco a poco!
- Non mi dicono niente di bello quelle nuvole minacciose laggiù verso nord.
- E' un brutto periodo, questo, per quelli che vivono a nord. Certe volte
scoppia una tempesta all'improvviso. Hai dei soldi con te?
- No.
- E come pensi di sopravvivere?
- ....Con le insegne.
- E com'è che non ti porti appresso la chitarra?
- Me la sono impegnata la settimana scorsa.
- Mi chiedo come farai a dipingere insegne in qualche maledetto paesino
del Nord, con la temperatura che oscilla intorno allo zero. Ecco:...
ti devo lasciare qui.
- Mi hai già risparmiato un bel pezzo di strada. Grazie tante......
Chiusi la portiera e mi tirai indietro, restando a guardare il camion che
deviava dalla strada principale; rimbalzando per una strada di campagna.
Il camionista non mi aveva salutato, né aggiunto altro.
Strano pensai. Che brutte nuvole. Ad ogni modo sono già a sette chilo-
metri dalla città e non è il caso di tornare indietro.
Ma che diavolo ho nella tasca della camicia?
Che mi venga un accidente: un biglietto da un dollaro.
....Ecco perché non ha detto una parola.
C'erano due case, una da una parte e una dall'altra, e io rimasi per un
attimo in dubbio su quale delle due fosse quella del pastore.
Trovata la casa bussai per cinque minuti ma nessuno si svegliò; così qua-
si vergognandomi, me ne andai camminando in punta di piedi sul marcia-
piede accidentato, e girai l'angolo.
Arrivai in una strada di affari. I negozi si stiracchiavano completamente
svegli. Gironzolai pian piano, guardando nelle vetrine i vestiti belli caldi
ma troppo costosi, e i dolci ancora fragranti e profumati di zucchero,
ammonticchiati e pronti per le consegne.
Un grosso poliziotto mi seguì per una cinquantina di metri tenendomi
d'occhio, controllando ogni movimento che facevo.
Mi voltai e lui sorrise.
Disse:
- Buongiorno.
Contraccambiai il saluto.
- Sta andando a lavorare?
- No, veramente sto cercando lavoro. Vorrei trovare qualcosa e fer-
marmi in città, dipingo insegne.
Guardò la strada oltre la mia testa, dove un automobilista mattiniero
non aveva rispettato uno stop e disse:
- Di questi tempi, da queste parti lavoro non se ne trova.
- Di solito sono abbstanza fortunato. So fare l'impiegato, il commes-
so, il cameriere, e anche dipingere cartelli.
La sua voce risuonò chiara nell'aria rarefatta:
- Qui morirai di fame. O te la vedrai brutta.
- Brutta?
- Ho detto proprio brutta.
- Vuol dire che mi metterò nei guai?
Annuì. Sì, intendeva proprio guai.
- Che tipo di guai? Sono abbastanza bravo a tenermene alla larga.
- Sta' a sentire, ragazzo. In questa città per essere nei guai basta non
avere un lavoro. Capisci? E di lavoro non ce n'è. Perciò nei guai ci sei
già. ...Noi, cani rognosi come te non ne vogliamo in questa città....hai
capito ...figliolo....
(Woody Guthrie, Questa terra è la mia terra)
Prosegue in:
http://paginedistoria.myblog.it/archive/2011/12/29/perche-ho-sognato-anch-io-lo-stesso-ricordo.html
http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2011/12/29/ucciso-su-una-croce-e-intriso-di-dolore.html
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