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Nelle Rondelline di primavera...
Prosegue in:
L'ora legale
…Ieri
tornando verso casa - come spesso succedeva ed ancora si rinnova la costante
opera malferma ed intimidatoria con cui si esprime e si veste (o meglio
mimetizza ed inkappuccia il klan e son solo…) non l’uomo ma il ‘delinquente’
avverso non solo al libero volo ma al diritto d’ognuno in cui malfermo ed
incapace, recepisco il messaggio deciso della ‘kavernosa’ parola e al grido
veloce qual insulto delegata; giacché ne deduco incapace nel semplice comune
camminare ‘incamminato’ verso cui procede la vera Opera dell’uomo senza il
corrazzato fuoristrada dell’infelice loro progredire fors’anche regredire…
…Giacché
ricordo loro che…, prima carponi poi
gradualmente retti nell’evoluzione del dovuto Sapere e non certo
delegato ad artificiosi meccanici contesti privi di capacità di pensiero e
parola, nascosti o al contrario transitare come animali carponi o cingolati
infrattati in strani cespugliosi urticanti o al contrario abbatter ogni Genio
ove dimora superiore ultrasecolare ingegno ed in capanni rinnovarsi e delegarsi
malferma ugual medesima parola e promessa di morte in breve messaggino di
incaricato terrore promettendo persecuzione e sevizia così come la grammatica
che più li delizia e motiva…
La
sevizia e non solo della Natura il loro piacere preferito dopo una notte di
bianchi bagordi serviti e riveriti dall’oste al politico compiaciuto così ben asservito…
giacché ognuno al Bar assiso qual futuro trono di secolar fascismo… regnare e deridere
ogni Verità disgiunta con non sia un piatto di buona selvaggina accompagnata
dal fiasco unito in nome della Patria digerita…
Così godono
senza mai averne colto il frutto proibito ciò par chiaro per ogni Uomo - vero
Uomo - qui rimembrato e crocefisso…
La Natura
- ricordo loro - imprime ed ispira elevata saggezza nella rinnovata evoluta
Ragione in noi come in tutti coloro che a Lei fanno Voto e non certo codesti
‘cacciatori’ non solo del Libero Pensiero, facendoci tesoro ed oro di un volo
più elevato di un passo più fiero di una vita e un piatto più saporito in
comunione con la sua linfa di cotal Genio solo con il semplice passo a lei
vicino…
Un Voto
saggio e ben meditato!
Un Voto
affine al principio della Vita ed avverso al voto di tutti coloro di cui
rimembro le vil gesta e non più passo in quanto l’orma persa così il pensiero
nobilitato e riflesso delegato: lo si può riconoscere dall’urlo pari della
bestia braccata non men del rinnovato pneumatico divenuto dottrina dal fucile
anch’esso incaricato sputare fuoco e rogo d’una strana secolar sentenza privata
della Legge incamminata ed avvelenata distillata per ogni citofono con cui si
richiamano in cotal manovrate fiere gesta allo specchietto dell’improprio cacciato…
o solo negato…
…Signori
così evoluti e meccanizzati in queste antiche e nuove gesta nobilitati e votati,
sappiate che siamo ispirati dalla Natura quanto da Dio che l’ha così splendidamente
creata in superiore ed inferiore passo privo di cotal ingegnoso malfermo corazzato pneumatico ed anche privi, se per questo, del fucile e del fuoco
così come si compone il rogo non men che del messaggino incaricato e dal
corriere abdicato dalla piazza sino al cespuglio per il veleno di cui rinnova la
strana sua alchemica medicina… d’un ‘papavero’ eletto nel campo barattato
all’arma del libero mercato…
…E non
solo l’Afgano…
…Uniti nell’ingegno nell’esprimere l’odio
delegato ad altrui malfermo intento e come sempre è stato ed ancora… qualcuno urla e intima così come un Tempo che
pensavamo andato.
Qualcuno
nascosto vuol intimidire la libera opinione e non solo censurare l’arbitrio ma
anche costringere la sana democratica Natura ad un ruolo subalterno.
Qualcuno
tutti e nessuno come ebbe a dire un noto scrittore mi guarda con sguardo colmo
d’odio trattenuto solo per aver sollecitato un Bosco di Geni a loro incompreso.
Mi guardano con feroce disprezzo figlio di non so qual Dio ma questa Pasqua ed
i motivi di quel Dio pregato mi danno forza per proseguire il cammino. Mi
additano mi guardano in cagnesco ed in privato delegano e rinnovano minaccia ad
un gruppo di soliti innominati superiori incaricati nel dovuto diritto privato.
Mi torturano
ed avvelenano come leggo ed estendo all’altrui più evoluto passo ed intento con
il veleno d’un rinnovato fascismo così come si compone il proprio ardire l’impropria
natura della minaccia esportata in ogni luogo ove non regna democratica avversa
discendenza ma libera e legittima calunnia e maldicenza accompagnata dalla
possibilità di inforcare l’antico e nuovo strumento (telecomandato) e far della
giustizia e diritto d’ognuno rogo e intimidire quanto non deve esser detto.
Ed allora….
…Questa
mia rivolta a quei meschini.
A tutti
quei vigliacchi che oltre avvelenare la Natura provano insano piacere nel
singolo boccone avvelenato non meno del rogo e non solo della cultura ma anche
del bosco - solo e perché - proprio lì dimorano superiori Geni a loro incompresi.
Signori che
mi guardate con sguardo d’odio ed inferocito incaricato disprezzo pur non
avendo a voi fatto del male alcuno e mi attendete, scusate, che dico mai, vi
appostate per ogni dove tutti indistintamente ben connessi ancor privi del dovuto
telecomando il qual confermerà quanto e come avete già fatto e compiuto,
sappiate che non regna paura in questa mia non certo impresa ma amore per Madre
Natura.
Sappiate
che non regna paura del vostro sguardo armato non solo di fucile ma d’odio
antico il quale rinnova il credo di una Natura che per sempre difendo e
difenderò nell’immacolata Opera d’un Creato tradito dal Dio pregato e poi
deriso.
Sappiate
signori eleganti dotti e saccenti che la verità dei vostri inutili misfatti
accompagnati da strani insoluti invisibili accadimenti e da insani proponimenti
non intimidirà la Natura la qual mi accompagna e mi da forza, ed il vostro
veleno abdicato alla radice d’una foglia ben respirata nel dovuto distingua di
ciò che si compone foglia e coca mi conferiscono linfa e vita alla fotosintesi
di quanto ammirato e di quanto visto nell’opera creata.
Non basta
un rogo neppure un urlo neppure un gruppo di soliti ignoti protetti intimidire
la tana come la casa depredata così come un tempo che pensavamo remoto… di
loro si occuperà la Storia!
Non basta
scrivere e pensare costantemente minacciato dall’opera di inetti deficienti;
non basta il vostro sguardo d’odio senza nessun motivo eccetto la solita
promessa d’una croce al Golgota qual unico martirio; non abbiamo paura dei
vostri grugni inferociti colmi di disprezzo giacché sappiamo bene di non aver
fatto del male a nessuno solo aver rimato ed apostrofato l’Opera del Creato ed
in questo martirio vi ringrazio e rinnovo prendendo spunto dal molestato vostro
disprezzo figlio di nessun dissenso - dove e come - si volge storica trama
nella nostra quanto altrui patria.
Ed allora
son più che fiero d’esser non solo arso al rogo dopo esser stato torturato ed
avvelenato in ciò si compone più supremo ed alto sacrificio rinnovando il
limitato ingegno di come si compone il diverbio in totale mancanza di
democratico confronto.
Venghino
pure signori la loro calunnia sarà ben accettata.
Venghino
pure signori anche delegati da altri confini confinati i veri esiliati rispondono
senza offesa alcuna solo il Pensiero delegato alla Parola da loro non gradita.
Venghino
pure facciano d’un rogo il diverbio fondino il loro fascismo, si consumino in bivacchi
di trappole e non solo per animali, noi andremo fieri della nostra civile comune
ispirata Opera in nome non solo della Natura ma in tutto ciò che in lei respira
ed ispira qual Superiore Dio ucciso costantemente dal profitto.
Venghino
signori distribuiscano e deleghino paura e terrore a piene mani con spari
precisi con roghi ignari con veleno da sano appetito nutrito, noi saremmo più
forti di prima nell’indicare il chi ed il come.
Venghino
Signori ci sputino sul viso e ci minacciano pure lungo il Sentiero divenuto
Golgota in questo mondo crocefisso.
Li ringrazio
di cuore per ogni offesa incaricata dall’ingiuria per ogni minaccia
accompagnata dal dovuto taglieggiamento e condita dalla promessa della morte
annunciata, e non solo dal veleno del boccone offerto, ma dalla dinamite con la
quale un tempo avete sacrificato la giustizia in nome di un diverso ideale il
quale l’unica Poesia che intona e che compone fa rima con… mafia…
…Quell’essere
non ritraggo incarico qualche foto del suo ‘messaggio’, a lui …che pesce non era ed è... ma forse lo
sarà, in questa terra auguro una vita più evoluta... più sana... con acqua
limpida e pulita con cui accompagnare l’insano cammino ubriaco ed avvelenato…
E cantar
la sua canzone strana, che poesia o rima non è ed era, per ciò tutti ci
auguriamo che da cacciator non sia proprio lui quello braccato, perché da uno
stagno si posò proprio sopra un albero e noi tutti ...lo guardiamo nel suo
movimento strano...
Ora non
mi si chieda di che specie è o era la sua natura.
Ora non
mi si domandi come mai è lì immobile proprio in mezzo a quei rami.
Io di
certo mai l’ho creato in questo suo ‘movimento’ strano forse solo un’opera di
un altro ...Dio.
Io sto
parlando e resuscitando uno Spirito Elevato della mia ed altrui natura con cui
volavo e morivo nella sua strana ...tortura.
A te
dedico queste parole di poesia aguzzino lungo una via...
UN FATTO (e più d’un rogo…)
Morte due aquile reali e una volpe. Sono stati
gli escursionisti del Cai di Leonessa a scoprire le carcasse degli animali,
domenica pomeriggio, in località Capo La Valle (Monteleone di Spoleto). Qui nei
giorni scorsi era già stata segnalata la presenza di bocconi avvelenati,
ingeriti da due cani: uno è morto e l’altro è sopravvissuto.
Due aquile morte Sul caso indagano i
carabinieri forestali intervenuti nella zona montana oltre Gavelli
(Sant’Anatolia di Narco), dove sono stati recuperati i due rapaci, forse gli
unici che nidificavano nella zona, ma in ogni caso il danno è considerato
gravissimo per l’intero ecosistema dell’area. Sia le aquile reali che la volpe
saranno sottoposti all’esame autoptico dagli esperti dell’Istituto
zooprofilattico di Umbria e Marche, dove gli esemplari sono stati trasferiti.
L’ipotesi è che i tre animali siano morti in due tempi differenti ma tutti per
avvelenamento: la carcassa della volpe, infatti, è apparsa più decomposta di
quella delle due aquile reali, tanto che è probabile che la coppia di rapaci
sia morta per avvelenamento dopo essersi cibata della volpe.
Arrivano i cani antiveleno Conferme sono
comunque attese all’esito dell’autopsia, mentre in zona non risulta che siano
stati rinvenuti bocconi avvelenati da portare in laboratorio per tentare anche
di dare un nome a chi getta mix di carne e veleno nei boschi. In questo senso,
però, i carabinieri forestali batteranno la zona con il nucleo cinofilo
antiveleno, ossia dei cani addestrati per scovare le esche mortali o anche
altre carcasse di animali che possono essere sfuggite agli escursionisti.
Intanto il sindaco di Monteleone di Spoleto, Marisa Angelini, sui social spiega
che «l’area sarà perimetrata» per la bonifica e «sarà informata la
popolazione», attraverso comunicazioni e cartelli installati in loco.
(C.A.I. Leonessa)
(C.A.I. Leonessa)
COMMENTI… senza
COMMENTI
L’interpretazione dei segni, dei gesti, di
messaggi e dei silenzi costituisce una delle attività principali dell’uomo
d’onore. E di conseguenza del magistrato. La tendenza dei siciliani alla
discrezione, per non dire al mutismo, è proverbiale.
Nell’ambito di Cosa Nostra raggiunge il
parossismo. L’uomo d’onore deve parlare soltanto di quello che lo riguarda
direttamente, solo quando gli viene rivolta una precisa domanda e solo se è in
grado e ha diritto di rispondere. Su tale principio si basano i rapporti
interni alla mafia e i rapporti tra mafia e società civile. Magistrati e forze
dell’ordine devono adeguarsi. Nei miei rapporti con i mafiosi mi sono sempre
mosso con estrema cautela, evitando false complicità e atteggiamenti autoritari
o arroganti, esprimendo il mio rispetto ed esigendo il loro.
E’ inutile andare a trovare un boss in carcere
se non si hanno domande precise da porgli su indagini che riguardano la mafia,
se non si è bene informati o se si pensa di poterlo trattare come un qualsiasi
criminale comune. I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori
dell’organizzazione –informazioni, intimidazioni, avvertimenti – mutano stile
in funzione del risultato che si vuole ottenere.
Si va dalla bomba al sorrisetto ironico
accompagnato dalla frase:
‘Lei lavora troppo, fa male alla salute,
dovrebbe riposare’,
oppure:
‘Lei fa un mestiere pericoloso; io al suo
posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto’…
Due frasi che mi sono state rivolte
direttamente.
Le cartoline e lettere decorate con disegni di
bare o con l’eventuale data di morte accanto a quella di nascita, e i pacchetti
con proiettili sono riservati generalmente ai novellini, per sondare il
terreno.
Quando la mafia fa telefonate del tipo:
‘La bara è pronta’,
accentuando l’inflessione siciliana, ottiene
senza alcun dubbio un certo effetto. In questo caso facili da interpretare, le
minacce tendono a mettere in moto un processo di autocensura. Direi anzi che si
minaccia qualcuno solo quando lo si ritiene sensibile alle minacce.
La mafia è razionale, vuole ridurre al minimo
gli omicidi (come la libertà d’espressione). Se la minaccia non raggiunge il
segno, passa a un secondo livello, riuscendo a coinvolgere intellettuali,
uomini politici, parlamentari, inducendoli a sollevare dubbi sull’attività di
un magistrato ficcanaso, o esercitando pressioni dirette a ridurre il
personaggio scomodo al silenzio.
Alla fine ricorre all’attentato (in qualsiasi
forma e luogo compone l’impropria ‘icona’).
Il passaggio all’azione è generalmente coronata
da successo, dato che Cosa Nostra (ed – aggiungo io – i suoi molteplici interessi…)
sa fare il suo mestiere (cioè capace….).
Tra i vari attentati falliti, voglio ricordare
quello organizzato contro di me nel giugno 1989.
Gli uomini della mafia (ed i servizi…) hanno
commesso un grosso errore, rinunciando all’abituale precisione e accuratezza
pur di rendere più spettacolare l’attacco contro lo Stato. Al punto che
qualcuno ha concluso che quell’attentato non era di origine mafiosa (ecco forse
il fine…). Mi sembra che, più banalmente, capita anche ai mafiosi di
sopravvalutare le proprie capacità, sottovalutare l’avversario, voler strafare…
(Giovanni Falcone, Cose di cosa nostra)
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