CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

lunedì 17 maggio 2021

EMPEDOCLE: FRAMMENTI (3)

 











Precedenti capitoli:


Eraclito: Frammenti (2/1)










& Eraclito (quasi al completo  (4)


& Empedocle (secondo interprete)  (5)


& gli Elementi profanati (6/7)







Preceduto da brevi... 


Frammenti in Rima 









& una breve passeggiata giù 


...nei campi del Tennessee 








Perché non potrei godere della lode, se non soffrissi quando di me si sparla. [anzi! maggior onore quando chi sparla non merita lode alcuna, arrecando di rimando al mio dire, maggior merito e giudizio sull’Universo. E lo sparlare di costoro divenire complimento all’altrui elevato giudizio (e Dio) offerto circa la Natura della Terra!]

 

Ristretti poteri conoscitivi si sono diffusi attraverso le membra, molte miserie li incalzano, opprimendone la conoscenza. Avendo raccolto nella loro vita una piccola parte di vita, individui dal breve destino, subito alzatisi come fumo, dileguano, credendo soltanto in ciò in cui ciascuno s’imbatte, sospinti in ogni direzione, si vantano poi di scoprire il tutto. Così queste cose non sono né visibili agli uomini, né udibili, né comprensibili con la mente; tu per altro, poiché ti sei staccato qui presso di me, saprai, non più comunque di quello cui può giungere la mente mortale.

 

Né i fiori della splendida gloria umana ti forzino al punto che tu li raccolga dagli uomini, cosicché tu parli più di quanto sia lecito e ti assida allora con alterigia sulle vette della saggezza. Suvvia, considera con ogni tua intima forza vitale ciascuna realtà nella sua essenziale chiarezza, né presta fede più alla vista che all’udito, o al rombante udito più che alle chiare sensazioni della lingua, e neppure rifiuta di credere ad alcuna delle altre facoltà e rappresentazioni, ovunque vi sia una strada che porti alla conoscenza, ma conosci ciascuna realtà nella sua essenziale chiarezza.

 

Tutte le cose per volontà del caso hanno un’interiorità.

 

Tutte le cose infatti in virtù di questi (gli elementi) armonizzandosi si solidificano e prendono corpo, e per mezzo di questi sentono e godono e soffrono.

 

Di quanto esteriormente si trasformano, di tanto sempre tocca loro di sentire e conoscere altrimenti.




Anzitutto ascolta quattro radici di tutte le cose.

 

Con la terra vediamo la terra, con l’acqua l’acqua.

 

Se infatti fissandoti con slancio profondamente nella tua densa interiorità ispirato contemplerai i princìpi con pura ansia, essi, tutti, ti saranno avvinti per l’eternità, e molta altra ricchezza conoscitiva, da questi, acquisterai; rimanendo uguali infatti essi si potenziano in ogni individualità, secondo l’essenza di ciascuno. Se tu però desidererai altre cose, quelle infinite e misere che stanno fra gli uomini, ed offuscano le forze vitali, tosto nel ciclo del tempo i princìpi ti abbandoneranno, bramando di giungere alla loro propria stirpe; sappi infatti che tutti hanno un’interiorità ed una parte di conoscenza.

 

Per prima cosa (tu che vuoi giudicare) ascolta che quattro sono le radici di tutte le cose: Zeus splendente ed Era avvivatrice e Edoneo e Nesti, che di lacrime distilla la sorgente mortale!

 

Per primo si separò aither, in un secondo tempo il fuoco e poi la terra, dalla quale sgorgò l’acqua [. .. ]

 

Dall’aither derivò il cielo; dal fuoco il sole.

 

Questo solo credono a cui ciascuno s’abbatte, per tutto sospinti si vantano di scoprire il tutto!

 

Così poco queste cose possono essere scorte o udite dagli uomini, o abbracciate con la mente! Tu dunque, poiché ti sei qui straniato, saprai solo questo a cui poté assurgere la mente umana.

 

Ed ora, o Numi, dalla mia bocca rivolgete la follia di costoro, e da sante labbra in rivi effondetemi una pura fonte.

 

Un’altra cosa dirò : non v’è nascita d’alcuna delle cose mortali, né termine di morte funesta; ma solo mescersi e dissolversi di sostanze commiste v’è, e fra gli uomini ha nome nascita.




 Essi però, quando [gli elementi] commisti in forma d’uomo sorgono alla luce eterea, o in forma di belve ferine, o di arbusti o di uccelli, questo allora (dicon) nascere; quando poi si disgiungono, questo invece dicono infausta morte,  né dicono secondo giustizia, pur tuttavia secondo il costume anch’io parlo.

 

Poiché non v’è mezzo che nulla sorga da ciò che prima non era, e che ciò che è perisca vana cosa sarebbe e senza termine alcuno; infatti [l’essere] sempre sarà là ovunque ci si debba sempre arrestare.

 

Nel suo tutto nulla vi è di vuoto né di sovrabbondante.

 

Nulla del Tutto è vuoto; donde potrebbe dunque sopraggiungervi alcuna cosa?

 

Non così nel suo cuore avrebbe predetto un uom saggio, che fino che essi vivono, quella che dicono vita, fino allora soltanto essi sono, e loro è dato il bene e il male, ma prima che uomini sian fatti e poi che sono dissolti, nulla essi siano.

 

In verità come essi [l’Amore e la Discordia] prima furono, così ancora saranno; né mai, credo, d’ambedue vacuo sarà il tempo infinito.

 

Duplice cosa annunzierò: talvolta un sol tutto in unità crebbe da più cose; talvolta invece più cose si disgiunsero d’un sol tutto che erano. E come duplice è l’origine di esseri mortali, così duplice è lor morte: l’una si genera e strugge dall’unione di tutte le cose, l’altra, prodottasi, si dissipa quando di nuovo esse si disgiungono.

 

E queste cose [gli elementi] nella lor continua mutazione non cessano mai, ora di ricongiungersi tutte in unità per l’Amore [del Creato], ora invece ciascuna separatamente d’esser trasportate nell’inimicizia della Contesa.

 

Perciò, come l’Uno è adusato a sorgere da più cose e dissolvendosi ad esso più cose risultano, per tal modo divengono e lor vita non è salda, ma in quanto di tramutarsi continuamente non cessano mai, per tal modo sempre sono immobili [gli Dei primevi].




 Ma orsù, odi il mio messaggio, perché nella conoscenza la mente s’accresce.

 

Come già prima ho detto, annunziando i confini del mio discorso, duplice cosa annunzierò: talvolta un sol tutto in unità crebbe da più cose, talvolta invece più cose si disgiunsero d’un unico tutto che erano, il fuoco [cioè] e l’acqua e la terra e la benigna altezza dell’aria e la Contesa funesta da essi disgiunta, tutt’intorno egualmente librata.

 

E l’Amicizia fra essi, uguale in lunghezza e larghezza, lei scorgi con la mente e non stare con occhio stupito: poiché lei anche gli uomini credono sia insita nelle loro membra, e per lei amiche cose pensano ed opere di pace e d’armonia compiono, onde la chiamano, con vario nome. Gioia od Afrodite, ma non la conobbe aggirantesi fra essi [gli elementi] nessun uomo mortale.

 

Ascolta dunque l’ordine non ingannevole del mio messaggio.

 

Queste cose [gli elementi e le due forze] tutte sono eguali ed ugualmente primeve, ma regge suo pregio ciascuna ed hanno ognuna loro carattere, e a vicenda predominano nel volger del tempo, ed oltre ad esse non s’aggiunge o cessa d’esistere alcuna cosa perché se interamente si struggessero già più non sarebbero, e qual cosa potrebbe accrescere questo tutto, e donde venuta?

 

E dove esse si  struggerebbero, poiché nulla v’è deserto di esse [cioè vuoto di sostanza]?

 

Sono dunque esse che sono, e passando le une attraverso le altre divengono or queste or quelle cose sempre eternamente eguali.

 

[Empedocle]







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