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(pregasi contattare l'apposito
numero al verde.... Grazie!)
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"PRIMA" [7]
I burattini sono la caricatura dell’uomo; le
marionette ne sono la imitazione. I primi, più democratici, vagabondano per le
piazze con un modesto castello, e camminano senza piedi perché li tengono
imprigionati nelle mani possenti del loro padre burattinaio. Le seconde, più
aristocratiche e quindi più vane, non si mostrano che in veri teatrini, con
palchetti e sedie e biglietti d’ingresso; hanno le membra complete, camminano
con leggerezza mirabile, e ricevono sempre dall’alto il verbo e la norma delle
loro azioni. I burattini, conservatori per eccellenza, serbano intatto l’abito
ed il costume dei loro progenitori; sono contenti del proprio stato, né mutano
per mutare di tempi. Le marionette, invece, vanno di pari col progresso; la
meccanica e la plastica non isdegnarono mai di concorrere al loro
perfezionamento, e in passato furono ambita ricreazione di gente seria e
financo di principi.
Ed erano i cantastorie, ultimi eredi dei
‘trobador’, dei menestrelli e dei torototela, a diffondere e a chiosare tra
piazze, cortili, fiere di paese e osterie, gli episodi tragici, i fatti
eclatanti, i delitti efferati, le conquiste della scienza e della tecnica, le
gesta di grandi uomini ed eroi, le polemiche politiche, i mutamenti di costume,
i primi ruimenti sociali. E il popolo si dilettava, con grande attenzione, a
sentire cantare l’episodio da colui che più degli altri ‘sapeva leggere e
poetare’: era l’uomo con il foglio volante o con il cartellone illustrato che
sintetizzava grossolanamente quello che poco dopo avrebbe spiegato in poesia
cantata. L’uditorio lo ascoltava come oggi ascolterebbe la radio ed osserva la
sequenza dei fatti illustrati come si trovasse davanti ad uno schermo
televisivo, poi compravano il ‘pianeta della fortuna’ per tentare la sorte al
lotto e il ‘foglio volante’ per imparare il testo e cantarlo a loro volta nelle
osterie e nelle bisbocce fra amici…
L’automa, dal burattino fantoccio derivato, procede, suo malgrado, l’inarrestabile discesa A FOLLE, colpa o bisogno dell’urgenza circa il ‘valore’ aggiunto della ‘massa ottenuta’.
Dapprima,
inscenata con sfarzo d’allori, coronata d’alluminio e prometeico acciaio
temprato, sponsorizzata dalla nota Compagnia del russo burattinaio bandito
seppur servito & nutrito per l’intera durata del noto spettacolo: le sue
marionette e automi temprati invadono le Corti con i loro più che noti
spiritati Drammi…
Peccato,
però, che al Secondo Atto della rinomata secolare Commedia divenuta Tragedia,
rappresentata per ogni fiera piazza e nobile corte d’Europa, l’universale
salita dell’industrioso automa per sua evoluta natura, sia divenuta inarrestabile
FOLLE DISCESA.
Nonostante
dal retro della “quinta” (e non più Sinfonia, Opera dispendiosa tanto al
germano quanto al piccione suo alleato e viaggiatore anch’esso) l’agente
segreto - burattino imperfetto - segnala inesauribile esaurita riserva ove
celato ogni intero segreto di Scena!
Da cui la
Commedia divenuta farsa per sua ignobile natura!
Infatti, se
fin da principio il burattino, più politico che umana marionetta donde la
differenza di massa, si fosse accorto della Compagnia servita, oppure, si fosse
dedicato con maggior zelo a più nobile nonché filosofica lettura (dal futuro
Pinocchio) interpretata (con grande incomparabile successo); si sarebbe accorto
che la Giostra, donde deriva il filo dell’intera Commedia, hor hora sospesa per
improvvisi litigi con la più nota marionetta (Ragion della sua ed altrui
movenza per ogni serio Teatro compresa ogni Fiera accompagnata, motivo dell’intero
automa); avrebbe cogitato concordato meditato e in ultimo interpretato
imprevisti cambi di più nobile Scena.
Non più il
filo accompagnato dalla mano, qual fantoccio burattino avverso alla marionetta
sua eterna prometeica concorrente per ogni Scena interpretata qual vera Opera
rappresentata, bensì un sì più vasto meccanismo congeniato, ove alla materiale Archita
meccanica a cui abdicata l’antica commedia, sarebbe succeduto idraulico passo
maledetto da ogni Dio dell’Olimpo scalzato dalla Parabola profeta del progresso.
Ovvero,
dall’antico mito filosofico siamo succeduti - o caduti - nel baratro del Dio
unico (e trino) rivenduto al megawatthore: dato dal Tempo del vettore
esponenziale & diviso in pugnate quote scavate e derivate dalla grotta
della ninfa in attesa del futuro profetico pargolo.
Hora quotata
al Tempio del progresso inscenato, e mai più al rimpianto ponte del Diavolo,
bensì all’automa dal noto Sentiero (666) Rifugio del Golem, a cui ogni futura
marionetta aspira per la prometeica eterna disavventura nominata profeticamente:
luce et morte ancora in vita dell’eterna salita prima della segnalata discesa
del Santo Olimpico successo, applaudita con illuminato eroico sfarzo, e
replicato da ogni futuro automa al palco d’ogni Guerra ben rappresentata in
disaccordo con l’olimpico burattino d’un èvo superato.
Sottratta, disgraziata
ulcerata meschina marionetta, al dovuto consenso della povera Sibilla, oracolo
senza più Regno né Grotta né oscuro riparo magistralmente interpretato, e
neppure, se per questo, della povera scalza ignuda Cibele accompagnata dallo
scomparso, o meglio, pluriricercato e dato per defunto, Genio della Foresta o
Selva, bruciata dall’infiammata platea.
Neppure il
noto Rifugio, anch’esso liricamente et magistralmente interpretato nonché
eternamente disoccupato, gestito da Meschino detto il Guerrino d’ogni Fiera,
cibata nutrita squartata e divorata in attesa del defunto rimpianto Inverno
sponsorizzato dalla più nota Compagnia di Stato.
Quando la
neve facea da cornice alla marionetta, nonché alla corda dell’avversato suo
compagno burattino, per la conquista d’ogni Cima e Vetta della vera coronata
classifica dell’Opera magistralmente rappresentata; e ove ogni fantoccio aspira
per un futuro senza automa rubargli gli averi di Scena, prima e dopo aver pregato
la parabola del Vento implorando il segnale del Dio del sano commercio circa la
Via migliore da seguire secondo i comandamenti e precetti di Golem:
Salire e
salire ancora sino all’Olimpo di Zeus in personam, quotato compartecipato
nonché evaso per ovvie cristiane ragioni di un più nobile Stato… e al Passo
della frontiera rimpianto.
Hora corre
tanta troppa differenza fra un automa e il suo Teatro! Fra un automa ed una
marionetta, e questa, in ugual Scena e contesa, dal rimpianto burattino senza
neppur un Teatro ove replicare l’eterna Tragedia della vita a cui il vero
automa aspira e deriva.
Ogni
singola specie vuole la propria autonomia, compresa la dovuta batteria con cui
appagare e compensare il disagio dell’attesa, quando dall’acrobatico palco sino
alla numerata platea, cimento dell’invisibile
Filo di Scena, nasce una nuova èra con più respiro ricaricato al Sole del Dio
più morto che vivo, quasi trasudato, compensare il disagio della marionetta
rimpiangere il rivale suo per ogni rimpianta Fiera, in attesa, ovviamente
dell’atomo automa, ovvero quando il copione cede lo Passo et ogni Elemento
dell’intera orchestra accompagnata, a Democrito, impresario della nuova
Compagnia.
In
quest’hora l’automa fiero della nuova avventura, il burattino e la marionetta,
fossili antichi d’una sorpassata èra lo guardano e omaggiano pur l’eterna
contesa ancor rappresentata, Prometeo incatenato fu la Prima dell’atto, dopo
solo Omero e Ulisse suo argo, né automa né marionetta né burattino, oseranno
cantarne o interpretarne la futura disavventura!
L’ira che
seguì circa il Segreto del palco inscenato, neppure l’acheo fu in sufficiente
grado d’intenderlo e interpretarlo, ogni Elemento o automa rimpiangeva i tempi
del fungo araldo del Sacro bosco pregato, quando fate e bambini, comprese le
antiche fiere donde deriva il palco d’ogni rispettabile Compagnia potevano al
meglio intendere e assaporare il sapore della Vita!
Così hora
et in questa difficile hora, ogni Bestia che ne deriva da un fungo avvelenato,
deve fare un soldo di conto con ogni futuro burattino, in attesa che il Dio
della materia lo destini qual vero automa. Il dilemma sì grande e vasto, ove
l’intero palco giostrato ne va guasto e incontrollato, cede e procede per sua e
altrui disgrazia & disavventura, verso una perenne discesa, ed ove ogni
povero automa diviene fiero paladino dell’antico e reciso filo donde deriva la
sua e altrui odierna disavventura. Si inerpica giù e su alla fiera, ogni Scena
sempre più dispendiosa, quasi non più trova l’energia per divenire un vero
automa”…
(l’invisibile mano del….)
(Prosegue con la saga completa....)
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