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circa l'Immagine
di questo mondo (25/6)
Prosegue con il rifugiato capitolo:
quasi al completo [28]
& prosegue ancora nel...:
È noto che
gli studi sulle Nde si sono sviluppati, in ambito medico e psicologico, a
partire dalla fine degli anni Settanta
del Novecento, sebbene anche prima di allora ci sia stato chi ha osservato
e analizzato con il giusto occhio critico le “esperienze in prossimità della
zona della morte”. Tra i precursori in quest’ambito viene ricordato e
apprezzato il geologo svizzero Albert
Heim (1849-1937), che nel 1892 pubblicò un breve lavoro
sull’argomento, consistente nell’analisi di una piccola raccolta di casi uno
dei quali riguardante lui stesso.
Heim fu un personaggio di grandi qualità culturali e
di notevole eclettismo, di cui andrebbero meglio esaminate le attività e le
pubblicazioni, che spaziavano dalla geologia e l’alpinismo all’impegno sociale
a favore delle donne, dalle campagne contro l’abuso di alcol e tabacco alla
creazione ed educazione di una nuova razza di cani adatta al recupero dei
dispersi, dall’osservazione delle conseguenze di cadute da grandi altezze alla
promozione della “suggestione” (ipnosi) per trattare certe lesioni
dermatologiche quali le verruche.
Nella pubblicazione del 1892 Heim sintetizzò nel modo seguente le esperienze riferite da alpinisti sopravvissuti dopo essere precipitati durante una scalata:
“Non viene avvertito alcun dolore e si prova
pochissima paura: ci si spaventa nettamente di più al cospetto di pericoli
minori. Nessuna angoscia, nessuna disperazione, nessun dolore, ma tranquilla
accettazione, profonda rassegnazione, sicurezza spirituale e rapidità di
valutazione. L’attività mentale è enorme, cento volte più veloce e intensa del
normale; non viene avvertita nessuna confusione e le eventualità di una via
d’uscita vengono valutate in modo chiaro e oggettivo. Il tempo sembra
dilatarsi. Si agisce con rapidità fulminea e le idee che vengono sono quelle
giuste. In numerosi casi si ha una visione improvvisa di tutto il proprio
passato. Infine chi precipita sente sovente bella musica e ha la sensazione di
essere librato in uno splendido cielo azzurro con nuvolette rosa. Poi la
coscienza si estingue senza alcuna sensazione di dolore”.
Rimasto confinato in un Bollettino di alpinismo svizzero, il lavoro di Heim ebbe pochissimi lettori al di fuori della ristretta cerchia degli abbonati e fu presentato negli anni (prima di una traduzione in inglese uscita nel 1972 su una rivista medica) soltanto nelle conferenze svolte dall’autore in alcune città svizzere, tedesche e francesi. In Italia a parlarne diffusamente fu un articolo comparso sul quotidiano La Stampa il 2 agosto del 1900, che passò però del tutto inosservato perché pochi giorni prima era morto il re Umberto I e per l’intera settimana i giornali dedicarono gran parte del loro spazio all’avvenimento e ai funerali solenni che si sarebbero tenuti il 6 agosto.
(La Stampa)
Ottant’anni dopo l’articolo della Stampa, un grande alpinista, e non certo agli esordi della sua carriera, scrisse un libretto, possiamo definirlo un ‘Libro da guida’ ( nel 1978), sul Limite della Vita. Un saggio unico nel suo genere soprattutto perché, a mio modesto parere (se mi è consentito), rileva aspetti ‘psicologici’ notevoli ed inaspettati circa determinate ‘intuizioni’ riflesse in condizioni estreme, quindi rare testimonianze dinanzi alla morte, siano queste maturate per esperienza personale, siano esse raccolte tramite interposta persona. E quindi non rivolgendosi unicamente e solo alla ristretta cerchia degli alpinisti professionisti, ovvero gli ‘addetti ai lavori’ (se anche in questo caso ci è consentito il termine), soprattutto quando questi stessi si elevano a determinate quote, formando una ‘setta’, un élite, una nuvola fra gli dèi dell’Olimpo alla Cima in tal modo conquistato.
Sappiamo altrettanto bene che in tal procedere per ogni conquista, se il mare in burrasca, e se anche l’esperienza dell’onda superiore all’Elemento navigato, talvolta si naufraga alla deriva di una piccola isola senza una Terra ove riporre speranza alcuna. Una ‘frazione’ quale sfortunata disattenzione ove qualsiasi ‘calcolo’ può compromettere l’intero ‘enunciato’ scritto sull’Albero maestro di ogni Cima. Il conseguente naufragio conferisce la ‘somma’ del ‘calcolato pericolo’ per ogni umana - avversata – pretesa scritta nella (calcolata) certezza superiore a qualsiasi Elemento….
Divenuto invisibile - fortunato o sfortunato - destino
posto nella condizione in cui dedurre ed interpretare le uguali condizioni di
Vita per ogni Elemento dato o enunciato, ovviamente sottintesa anche la
prematura morte in cui leggere ciò che al meglio o al peggio ci differenzia da
ogni certezza divenuta conquista…
Compreso l’Elemento (e la Bestia) il quale per
sua ricca o povera Natura non pone il Secolare baratro della differenza posta
nel Tempo e da cui dedotto l’enunciato evolutivo in cui saperlo al meglio
intenderlo interpretarlo o prevederlo, andando a configurare la congiunta
maledizione (in cui spesso precipitato per sua insensibilità o ignoranza
assoluta) in cui l’umano legge (senza del tutto intendere posto nelle condizioni
del volere) il proprio Limite prestato alla stessa (presunta) conoscenza circa
ogni (altrettanto presunta) conquista, e negando di conseguenza, Anima e
Spirito, per ciò che spesso considerato inattesa avversata sfortuna per la Cima,
sia questa dell’Albero maestro quanto della più nobile vetta cui un Tempo
dimorava un Dio.
Giona o la bianca balena porrà distinguo
avventura e Natura!
Quando, in verità e per il vero, sappiamo altrettanto bene che ciò che odiernamente conquistato - o peggio - predato al Dominio della conoscenza assoluta - o ancor meglio - alla Natura (posto nel fattore Tempo e Spazio contato così come calcolato), attribuito impropriamente al fattore prossimo al Nulla, e quindi prossimo allo zero, dacché senza linguaggio alcuno, che non sia una maledizione, un diavolo, un dèmone avverso al fallace genio umano, una futura bestia priva di sensibilità alcuna cagionata nel linguaggio cartesiano.
Una devota leggenda in cui leggere l’impropria
grammatica da cui il fallace destino a cui legata la vita per ogni Elemento dal
buon Dio conferito dato dalla somma con il Diavolo in persona.
Insomma, badando alla somma, un improprio
capriccio del Tempo certamente mal calcolato così come conquistato, senza somma
alcuna per tutto ciò che non possiede la specificità né compresa né intuita nel
confine in cui il linguaggio ‘umano’ impossibilitato, nell’intendere esprimere
e comprendere, il limite in cui posta la propria condizione distante dalla vera
grammatica in cui la Vita parla la propria Infinita Lingua.
Ovvero come se il valore del numero per ogni linguaggio in cui usato l’enunciato e non solo in merito al verbo come alla composta parola, ‘espressione’ e concetto in merito ad ugual medesima vita, non fosse in grado di esprimere il concetto stesso in cui espressa la matematica che lo deduce comprende ed esprime anche nella più corretta ‘espressione’ evolutiva, pur misurando calcolando - quindi delineando - con precisione assoluta la materia dall’immateriale donde nato.
Ovvero, non ancora abbiamo imparato a parlare né
tantomeno intendere e volere il Linguaggio che al meglio ci ha creato.
La stiva il motivo dell’enunciato stesso.
La Conoscenza posta nella volontà e non solo umana,
quale istinto nello sfidare sorte ed Elemento (donde Prometeo e il segreto, ogni segreto…), non conoscendo però
Genio ed Elemento, neppure se per questo, il segreto Linguaggio che corre passa
e vola fra l’onda o una particella;
fra il rumore e la vera Parola - o indecifrato Dialogo –
che
soffia fra il vento e la bufera;
fra
il ghiaccio e la neve;
fra
il chiodo e il verso di un ungulato alato con gli occhi di un diavolo;
fra
la Luce e la più oscura tenebra;
e
il leggero battito d’ali che dall’alto ci guarda studia e medita;
fra
l’Essere ed appartenere alla Terra, e la difficile Conquista di ogni retta
Conoscenza;
e
seppur navigata o arrampicata;
talvolta
o troppo spesso aliena alla Grammatica con cui composta ogni più elevata Cima.
Troppo spesso naufragata o precipitata nel crepaccio d’un incompreso Linguaggio.
Scusate lor
signori noi udiamo ed ascoltiamo il Vento, il frusciare d’ogni foglia al
desiderio espressivo d’un lieve Pensiero composto al frusciare d’un battito
d’ali, che siano Angeli o Dèmoni alati o strani lupi mannari correre rapidi nel
torrente, il ponte così come Linguaggio che ne deriva pone la differenza fra la
nostra e vostra intera esistenza, compresa la vera e duratura Conoscenza circa
il valore di come nata la Prima incompresa Lingua.
Il loro
richiamo, o strano ululato senza pentimento alcuno precipitato in forma di
Elemento sino alla valle ove regna ignoranza e paura, albergata in ogni essere
vivente che, in Verità e per il Vero, ci salva da ogni Abisso nominato dall’umano
diabolico Diavolo, puntuale per ogni
Stagione del vostro naufragato Tempo, ci parla e rivela Linguaggio e Pensiero di
uno strano Dio, per ogni Frammento del perduto paradiso, e con lui ogni verità
abdicata a Satana in persona espressione di una strana parabola posta al
Golgota della strana nuova via o somma espressiva; e per Lui potremmo
combattere e morire nel più basso come elevato riparo.
Piuttosto
che nel ventre del vero innominato Diavolo!
[PROSEGUE CON IL CAPITOLO QUASI AL COMPLETO]
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