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Taluni Frammenti (28)
Seguendo l’umano sentiero dal Dio dato, e dagli Dèi interpretato, in attesa del compimento dell’Uno dai molti auspicato, ci imbattiamo - nostro malgrado - verso la maschera umana ed il suo immancabile teatro, ovvero, essendo divino e avendo dismesso il rapporto con l’Anima della Natura e Dio che così bella l’havea donata, l’uomo perduto per colpa del duplice peccato, e non solo per l’ingorda gola e la sofferta mela, compresa la solitaria serpe, rivela se medesimo - e purtroppo - ad altri Dèi incontrati - suo malgrado - per grazia della loro incorrotta originaria divina natura - solo appena intuita -, la ferocia di tutto il pericolo di cui portatore e di cui, dicono, incaricato nella delirante corrotta deviata natura di cui si veste nella carne avendo perduto ogni più elevato cogitato Ingegno.
Dicevamo, pur difficile il Sentiero in questo Bosco, per cotal Selva ancora non del tutto persa la via maestra, cotal Tomo di cui la Natura ci rivela più elevato fine et Ingegno, dispensandoci e incaricando Poesia e Verso per omaggiare la futura Madonna, giacché abbiamo dissetato la sete della Conoscenza alla fonte di Cibele, e Iside così bella per ogni cantata Stagione ci rivela il riparo, il nido, la grotta del futuro Eremita, per celare le membra sofferte non men dello stupore che loro malgrado le accompagnano a cotal umana misera Visione approdata.
Il Paradiso perso!
Ed anche se riconosciamo codesta via dura et perseguitata nella Secolare Stagione della vita così bella dipinta et raccolta non men che cantata et rimata, hora fiorita seppur appassita ma sempre fiera e bella, leggiadra e sincera quando ci accompagna e dimostra la sana vera primitiva differenza, ad una diversa giostra approdata e da ogni cavaliere pugnata; et anche se nominata cantica, giacché ogni Profeta di questa immonda Terra, prossima alla annunziata Apocalisse, viene indistintamente ucciso assieme a bambini putti et pasciuti angeli dipinti, non men d’ogni Creatura incontrata come divorata.
Senza distinzione di sorta alcuna circa il Girone d’ogni rinascita, la quale raccomandiamo - per la dovuta futura espiazione d’ogni immondo peccato consumato e da consumarsi ancora, che sia ispirata e ancor più dura di quella che potrà dispensare il monarca Papa incaricato nel beneficio condonato.
&t anco se vinceranno lo raccomandato Trofeo, la Coppa, consumando lo successivo Trionfo ad ognun et a Nessun escluso tributato, bevendo il sangue perBacco e Dionisio non men di Cristo, in coppe e teschi incisi e ricamati con la dovuta moneta coniata in nome d’ogni peccato tributato, alla cima del Golgota pregando il Diavolo, noi scorgeremo la parola comandata ad ogni incaricato Profeta fuggito - così come Eraclito havea declamato et insegnato - celata per ogni Legno e Pietra di codesto mondo pregato et inchiodato.
Per ogni Legno e Pietra ove nato l’Uno di questa umile patita Terra, inchiodato per ogni Croce e Cima del vostro vil immondo peccato fu-ito ancora!
Dacché non raccogliamo differenza di sorta dal nostro umil riparo, circa la dovuta evoluzione così come insegna Madre Natura, solo et anco qui lo ripeto et mai rinnego, hora più forte di pria, e che Iside mi oda e ascolta in codesta preghiera, l’orango transitato per ogni Pagina di questa et ogni Rima, Sapere d’ogni Stagione del Tempo senza più Tempo d’esser cantato…
[....] In questa sede ci propiniamo di risaltare la caricatura dell’eterna guerra detta anche ‘umana’, soprattutto quando si ostina per ottusa sua ed altrui contraria natura, a ricamare cornice del papiro folio, pergamena, manoscritto, in cui leggere - oltre la Natura - anche il Dio che così bella ce l’ha donata, per la saggia composta articolata grammatica nell’elevata ispirazione e Verso alla giusta Rima nella coniata Stagione della Vita, & giammai abdicata all’armata giostrata amata pugna umana, la quale orna cotal Rima…
Povera mia diletta Natura, - Fiammetta Laura et Beatrice - tradita mortificata - et in ultimo - seppellita da una diversa contraria aliena ragione, scritta nel falso intendimento di cosa - è ed era e per sempre sarà - èstasi e tormento, circa la vera bellezza dell’Intelletto; da siffatta sconcia lurida bestia che orna e cinge - per propria difettevole material natura - la strofa e profanarne la miniatura e l’intera Sinfonia.
Ovvero come nata la difficile esistenza da ogni Essere cantata dall’inizio della Primavera sino all’Inverno della fredda morte, che sopraggiungendo conferirà certezza dell’eterno ritorno, e all’Albero della Vita raccoglierne e meditarne il segreto pomo così come il seme o il mito, frutto e dono, pur meditando la sorte del karma o peccato che esso sia, cagionando il male incarnato e dalla fallace umana materia presieduto come interpretato.
V’è differenza fra l’incorrotta Natura e la sua perenne bellezza, dalla quale deriviamo et meditiamo, e il disprezzo che regna per siffatta bestia, la qual si avvinghia striscia e come un alienato senza tempo et creato si contorce - danza e divora - peggio d’ogni indemoniato al servizio dell’increto!
Noi siamo pur folli ma con la pretesa chi il - più e vero - folle della secolar contesa…
Nell’epoca di cui narriamo non meno dell’odierno la dimensione che si impone è quella della Città globalizzata non più minacciata dalla Selva, dalla foglia e dalle stagioni che ne derivano: ogni Selva (non men della invisibile e simmetrica miniera sotterranea) è pur buona per il calore nel rogo che principia, qualsiasi diverso intendimento sarà materia di una antica per quanto odierna caricatura, la qual seppur ‘orna’ cotal Eterna Infinita materia… fuggiamo!
In una diversa ‘civiltà’ - o meglio - in una diversa interpretazione della stessa, cosa - per il vero - significhi e qualifichi l’uomo posto nella sua ed altrui sopravvivenza (fondare la civiltà detta), e con essa, il ‘Regno’ che meglio la contraddistingue e qualifica (e mai sia detto l’opposto 'inferno' come sempre è e stato in Terra) scritto nel presunto ‘sapere’ che lo differenzia dalla Natura intera, tradotto in ugual ‘genesi evolutiva’, sottraendo l’istinto al ‘dominio’ alla costante della ‘subordinata summa’ da cui l’uomo - in quanto tale - si sottrae; ovvero non rivolto alla ‘rinuncia’, semmai alla reale comprensione di come questa debba fondare i suoi ed altrui motivi di reciproca convivenza, legittimando lo stesso medesimo principio o istinto di ‘dominio’ nella simmetrica connessione di sopravvivenza e reciproco rispetto, ed altresì imparando dalle specie da cui proviene compreso il loro ‘muto’ Linguaggio ispirato e simmetrico all’indiscussa (per taluni solo primitiva) assoluta corrispondenza circa la volontà della visibile ed invisibile Natura.
Questo l’impareggiabile Linguaggio del quale abbiamo perso e dismesso la capacità della parola pensiero e intelletto (e non solo interpretativo) che lo ispira. Pur convinti del contrario. Questo mondo rovesciato che invade il principio stesso della Verità è la perenne caricatura a cui l’uomo appartiene per propria demoniaca feroce vil natura.
Questa condizione appena detta pone la ‘mutabilità’ quale specifica di ‘adattabile sopravvivenza’ e conseguente ‘civiltà’; il che vuol significare ancora che il ‘dominio’ rispetta (o dovrebbe) un principio di reciproca esistenza rivolto alle mutevoli condizioni della Natura, qual Superiore Elemento; ma non certo ai mutevoli desideri dell’uomo, il quale immaginandosi ‘ricco’ e non solo di capacità e comprensione dell’inesauribile ‘dominio’ con cui forgia la propria ricchezza, e con cui forgia e si distingue dal mondo da cui proviene, tende a scrivere ugual regole di sopravvivenza aliene all’intero mondo della Natura da cui nato e evoluto, e mi ripeto, da cui proviene la distinzione detta.
Ne consegue che seppur la ‘civiltà’ raggiunta apparentemente d’impareggiabile ‘superiore’ bellezza e colma d’inesauribile intelletto e stracolma di superfluo sancito dalla materia, la frattura con il Dio che ha posto le condizioni della reale comprensione del suo Essere e Divenire, reale tangibile e incompresa (se questo regnò in un Tempo antico, rimosso per il bene del Demonio e di ogni suo principio, al servizio di ogni successivo dèmone creato e posto alle funzioni dell’uomo, colmo del male di cui si nutre e con cui si contraddistingue per l’appunto dalla presunta ‘bestia’, un male colmo nella propria corrotta demoniaca natura, di cui la vera saggia Natura ne è priva del solo principio o pensiero…), come il lento progredire del suo Intelletto in noi riflesso. Se altresì fosse vero il contrario mai avremmo potuto assistere al costante scempio d’ogni Dio (compresi tutti i suoi antichi parenti), cosa che la Natura anche nella più demoniaca e degradata condizione rivolta nelle sue più basse forme evolutive sarebbe mai capace.
Se solo (anche se accompagnato da profetico esempio) l’uomo avesse compreso questo Linguaggio non avrebbe sancito il costante Dramma della sua ed altrui esistenza dettata dal fallace istinto del ‘dominio’, giacché la ‘rinuncia’ riflessa nella presunta ‘povertà di mondo’ con cui ci contraddistinguiamo dall’intera Natura nella presunta raggiunta ‘ricchezza di ugual mondo’ subordinata a cotal feroce umano istinto, scritta ed incisa non certo a somiglianza dei suoi simili, compresi animali o bestie da cui proviene e da cui si differenzia o vorrebbe; giacché l’araldo dell’antica ‘rinuncia’ che poneva l’ideale divinizzato simile al mondo donde proveniamo molto simile non più all’uomo carnivoro assiso presso la sua remota odierna caverna, bensì l’eremita il saggio il santo il profeta, l’uomo che apprende e legge il saggio principio della rinuncia non secondo i canoni demoniaci della materia, ponendosi nella teologica ispirazione della primitiva condizione persa, o peggio rimossa dalla dovuta Coscienza.
E altresì essendo progredito nella ‘presunta favella’ e con essa l’Intelletto che ne consegue, potendone come presto leggeremo, non più cantarne ma semmai interpretarne le lodi e le magnificenze perse, per ogni Stagione come da principio Creato, ovvero quando lo stesso uomo di ugual caverna - o ispirata grotta - rivolgendosi e regredendo alla stessa dimora, rimossa e perseguitata dall’uomo della caverna, nell’istinto di ricchezza qual demone senza rinunzia alcuna, - viveva in completa armonia con ogni simile della Terra, con ogni cosa vivente - dalla pietra al legno alla foglia - e da questa sino al frutto di cui si ciba e loda; e avendo imparato il difficile lavoro della Terra astenendosi dal (vero) peccato della carne (con cui - l’uomo della caverna - si dice abbia evoluto la propria misera favella cibandosi non solo della bestia ma anche dei suoi simili) per meglio comprendere e leggere il Sacro in ogni cosa vivente in cui celato il Pensiero di Dio rinascere alla Vita.
Se questa fosse stata la vera rinunzia e certo giammai il peccato in cui l’uomo al roverso della propria misera condizione lo ha condannato, il mondo e l’istinto divino come nato sarebbero ad immagine del Dio pregato e non certo subordinato al Diavolo.
Ed anche se questo un karma scritto ed inciso nelle difficili mutevoli ‘metamorfosi’ del Tempo a cui tenta di sottrarsi aspirando all’Infinito Divino, la comprensione del proprio ed altrui costante divenire, del suo Essere ed appartenere al mondo così come all’Universo intero, lo porta a comprendere le Ragioni di un più profondo Pensiero con cui leggere ogni Elemento profanato. Una diversa Coscienza e con essa una diversa cultura, e da una diversa opposta cultura una diversa civiltà, tradita conquistata nonché cancellata dalla tradita Memoria, da cui la dovuta Coscienza d’ognuno, giacché più Nessuno ne comprende l’Ideale rimosso e tradito a cui, in verità e per il vero, appartiene la cultura e con essa la civiltà dell’uomo, ovvero cosa esso sia nel Mondo e l’Universo intero.
Giacché la Natura ed ogni sua Creatura dal legno alla muta pietra, parla per chi medita e l’ascolta, anch’essa riflette medita e prega, anch’essa prega ugual medesimo Dio, e non certo il Diavolo che l’ha posta alla genesi di ugual Storia (dall’uomo subordinata e riscritta), rispettando e giammai violando l’equilibrio scritto in ugual sopravvivenza, siano riuscite - nessuna specie esclusa - come Madre Natura insegna, a migliorare la propria bellezza e condizione di esistenza, certamente non sempre scritta sulla reciproca pacifica paradisiaca condizione evolutiva, in quanto ben sappiamo che questa stessa condizione impone contesa e confronto con cui le Leggi della Natura scrivono le regole della globale sopravvivenza, incise nei ‘geni’ che al meglio si adattano alle mutazioni dell’Essere ed appartenere ad un’unica specie vivente, quali ‘anelli’ di uno stesso medesimo tronco (purtroppo troppo spesso reciso al rogo dell’ignorante volgo).
Gaia qual Unico ‘oggetto-soggetto’ dell’Albero comune dell’esistenza non certo esclusa dalle medesime condizioni di Vita, Pensiero ed Intelletto, compreso ogni Elemento e Dio dalla più elevata stratosfera sino al nucleo della tellurica frattura, il quale pone costantemente le reciproche e migliori condizioni della dedotta esistenza; e con esse le mutevoli condizioni evolutive, riflesse e simmetriche ad ogni successiva specie vivente; Gaia Iside e ogni Dio letto nel mito secondo lo stesso principio dall’Universo dato.
Il posto che occupa compreso il Diritto - al meglio o al peggio - di tutelare e proteggere i mutevoli principi della Vita, gli invisibili Principi e Leggi divine di cui ogni forma vivente portatore; seppure la Scienza insegna la materia abdicando allo Spirito un diverso grado di comprensione e (in)consistenza, sappiamo che la stessa impossibilitata nella elevata evoluta capacità di traduzione data da ugual visione, nel principio formale come Fisico di leggerne il motivo primo, sia questa un onda o una particella con cui scritta la Vita, Luce del violato Principio, l’Illuminazione rivelata ne sancisce un Invisibile Legge da cui ogni Essere appartiene, e di cui poco si comprende.
Volgiamo quindi cotal Intelletto diversamente ‘Illuminato’ all’ombra di un antico Albero…
(Giuliano)
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