CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

domenica 9 giugno 2024

LA POLITICA DELL'INGANNO

 










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(& la Banca d'Italia deru...)







Duecentotrenta milioni di euro per nuovi impianti di risalita e per i sistemi di innevamento artificiale (o programmato). Il governo Meloni continua a puntare, per le aree montane, sulla monocultura dello sci, nonostante la scienza e addirittura la Banca d’Italia suggeriscano di avviare una transizione delle attività per le terre alte a causa dei cambiamenti climatici. L’anno scorso il ministero del Turismo aveva erogato, a fondo perduto, 200 milioni di euro. Quest’anno ha fatto di più. L’avviso pubblico per il 2024 è stato pubblicato il 3 giugno, non a caso nella settimana che precede le elezioni europee. E infatti la ministra Daniela Santanchè ha dichiarato, contestualmente alla diffusione del bando, che “nessun governo ha mai attenzionato il turismo e la montagna italiana come stiamo facendo noi, prevedendo addirittura un fondo dedicato in legge di Bilancio. Il nostro sostegno mira a programmare e gestire un settore di vitale importanza, sia per i mesi invernali che per la destagionalizzazione, e che ha bisogno di progredire attraverso un processo di rinnovamento alimentato da risorse volte a favorirne una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale, economico, sociale e culturale”.




L’anno scorso a fronte di un investimento di 200 milioni di euro, il finanziamento complessivo, dopo l’approvazione della graduatoria dei beneficiari, è stato di circa 150 milioni di euro. Tante le stazioni sciistiche ammesse che hanno piste ben al di sotto dei 2mila metri di quota, quando la Banca d’Italia, in un report del 2022 incentrato sul turismo invernale e sulla crisi climatica, firmato da Gioia Maria Mariani e Diego Scalise, dimostra come l’innevamento artificiale (e la pratica dello sci alpino) non siano più sostenibili dal punto di vista economico. Ma il governo ha solo in mente la monocultura dello sci e, in sostanza, nessuna strategia di transizione per le attività delle aree montane: lo conferma l’ulteriore finanziamento del fondo “per l’ammodernamento, la sicurezza e la dismissione degli impianti di risalita e di innevamento”; e lo dimostra l’investimento, del 2023, relativo al turismo sostenibile: appena 25 milioni di euro.

 

Naturalmente la notizia è stata accolta con favore da Federfuni e da tutte le persone che, in qualche forma, hanno interessi nel mondo che gravita intorno allo sci alpino (strutture ricettive, ristorazione, commercio, attività ricreative). Non è un caso che l’avviso sia arrivato proprio a ridosso del voto per il Parlamento europeo (l’anno scorso il documento era stato pubblicato il 23 di giugno). Insomma, una carta in più da giocare con l’elettorato.

 

il Fatto Quotidiano

 

 



 

LA BANCA D’ITALIA 

 

 

L’aumento delle temperature e le stagioni invernali scarse di neve mettono a dura prova l’industria del turismo invernale, uno dei settori economici più sensibili alle condizioni atmosferiche. In questo rapporto rileviamo un nuovo set di dati che confronta le condizioni meteorologiche e i flussi turistici in un campione di 39 stazioni sciistiche italiane negli ultimi 20 anni. Studiamo inoltre la relazione tra condizioni della neve, skipass, e pernottamenti, a livello di stazione sciistica mediante una stima con doppi effetti (fissi) per quantificare il rischio di perdite turistiche dovute al cambiamento climatico.

 

Stimiamo una relazione positiva e significativa tra le condizioni nevose e i flussi turistici invernali nelle località alpine italiane. Secondo le nostre stime e le proiezioni di consenso sulle variabili climatiche, nei prossimi anni gli impatti dei cambiamenti climatici su skipass e pernottamenti potrebbero essere significativi, soprattutto alle quote più basse. Troviamo anche prove che la fornitura di neve artificiale ha solo un effetto debole sui flussi del turismo invernale, indicando la necessità di un approccio più completo alle strategie di adattamento.

 

Il turismo di montagna fornisce un contributo significativo all’economia delle aree alpine ed è uno dei i pilastri del settore turistico italiano: secondo i dati ISTAT, prima della pandemia da Covid-19, circa il 13 per cento dei pernottamenti annui avviene nelle zone di montagna, mentre le spese dei turisti stranieri per le vacanze in montagna ammonta a quasi 2 miliardi di euro nel 2019 (Petrella et al., 2019).

 

Se anche il turismo estivo in montagna gioca un ruolo importante, gli sport invernali sono uno di questi caratteristiche più attraenti e dipendono fortemente dall’affidabilità della neve. Il turismo invernale è quindi uno dei settori più sensibili alle condizioni atmosferiche, quindi una profonda comprensione degli impatti e dei rischi che comporta la variabilità meteorologica per questo settore è importante per la valutazione dei successivi (potenziali) impatti economici dovuti ai cambiamenti climatici (Prettenthaler et al., 2016), nonché per la simmetrica e più efficace progettazione delle future e più adeguate politiche economiche.

 

La regione alpina sarà tre volte più colpita dal riscaldamento globale rispetto al resto del mondo dell’emisfero settentrionale. Si prevede quindi che il cambiamento climatico avrà impatti più evidenti sul turismo alpino europeo che in altre aree del mondo (Elsasser e Messerli 2001; Probstl 2006; IPCC 2007). In particolare, l’aumento delle temperature invernali si tradurrà in una stagione sciistica più breve e uno spostamento della linea naturale di affidabilità della neve ad altitudini più elevate (Abegg et al 2007; Steiger 2011).

 

Mancanza di neve (come nell’inverno 2010-2011 nella maggior parte delle Alpi svizzere), diminuzione del manto nevoso, la profondità della neve (Laternser e Schneebeli 2003) e l’affidabilità (del manto nevoso) potrebbero portare a un numero inferiore di visitatori e una riduzione delle entrate, con gravi ripercussioni economiche sulle destinazioni del turismo invernale, dove le comunità locali tendono ad essere fortemente dipendenti dal reddito derivante da tali attività del settore economico spazialmente concentrato e agglomerato.

 

Negli ultimi tempi la ricerca sugli impatti dei cambiamenti climatici sul turismo ha guadagnato sempre più interesse nel corso degli anni. Numerosi studi hanno rilevato la relazione tra la domanda turistica in tutte le stagioni e le condizioni meteorologiche e fattori climatici (Amelung e Moreno, 2012, Goh, 2012, Hamilton et al., 2005, Lise e Tol, 2002, Ridderstaat et al., 2014).

 

Per quanto riguarda il turismo invernale, la letteratura è più scarsa: gli studi esistenti lo hanno focalizzato sul lato dell’offerta, valutando l’effetto dei cambiamenti delle condizioni fisiche in montagna ambientale sugli sport invernali. In particolare, per l’Italia basterebbe un aumento di 1°C per spostare al rialzo la temperatura limite naturale di responsabilità della neve e mettere in pericolo tutti i comprensori sciistici del Friuli Venezia Giulia e circa il 30% di quelli del Veneto, della Lombardia e del Trentino (Abegg et al., 2007).

 

Analizzando l’impatto di un aumento di 2°C sui pernottamenti a livello regionale nella regione alpina e scopriamo che i paesi più colpiti sarebbero l’Italia e l’Austria. Concentrandosi solo sull’Italia, (Bigano et al. 2006) rilevano che l’Alto Adige sarebbe il paese più gravemente colpito dai cambiamenti climatici.

 

Il presente contributo si propone di fornire evidenza della relazione tra condizioni della neve e turismo invernale nelle più importanti regioni alpine italiane in termini di flussi (skipass e pernottamenti), assemblando un set di dati a livello di stazione sciistica: il nostro nuovo database, che corrisponde al meteo condizioni con due misure di flussi turistici – numero di skipass e pernottamenti per ciascuna località nelle ultime 20 stagioni invernali, ci permette di ampliare la letteratura esistente in molti modi.

 

Innanzitutto, per catturare l’effetto di disponibilità di neve sui flussi turistici più sensibili al clima, consideriamo gli skipass, che comprendono anche gli utenti quotidiani degli impianti sciistici che sono in grado di rispondere ai cambiamenti meteorologici poiché i loro programmi sono più lunghi e facilmente modificabili.

 

Integriamo poi la nostra analisi con lo studio dei pernottamenti, anche presso la stazione sciistica: utilizzando dati mensili, siamo in grado di stimare più precisamente il rapporto tra turismo e le condizioni meteorologiche. Inoltre, facciamo luce anche sulle località più diversificate e le strutture in grado di attrarre turisti, anche se le condizioni meteorologiche non sono ottimali per gli sport invernali. Mentre gli skipass sono rivolti esclusivamente alla domanda di attività legate alla neve, hotel e le strutture ricettive non accolgono solo gli sciatori ma anche i visitatori che vengono a divertirsi servizi di montagna.

 

Stimiamo una relazione positiva e significativa tra disponibilità di neve e flussi turistici invernali nelle località alpine italiane, all’inclusione di una serie di controlli di acquisizione caratteristiche dei diversi resort. Secondo le nostre stime e le proiezioni di ‘consensus’ (EURO-CORDEX) sulle variabili meteorologiche, nei prossimi anni gli skipass nelle località alpine italiane potrebbero diminuire del 7% in media a causa del cambiamento climatico, con perdite materiali molto più elevate a livelli inferiori di altitudine.

 

L’impatto sui pernottamenti, anche se meno grave, sarebbe comunque significativo. Località invernali più specializzate nel turismo, con un’offerta culturale e alberghiera più ampia, risultano ospitare più visitatori. Anche noi riscontriamo costoso un effetto dell’innevamento artificiale sui flussi turistici invernali, che puntano verso la necessità di un’attenta analisi costi-benefici di ulteriori investimenti in un settore ad alta intensità energetica e di risorse processi.




 

CONCLUSIONI

 

 

In questo lavoro, abbiamo studiato la relazione tra i flussi turistici invernali e le condizioni meteorologiche in a campione di stazioni sciistiche alpine italiane, impiegando una strategia di stima degli effetti fissi panel su una nuova set di dati assemblati che abbinano skipass, pernottamenti e variabili climatiche a livello granulare. I nostri risultati, robustezza a una serie di controlli di robustezza, indicano una relazione significativamente positiva tra gli skipass e copertura nevosa. Migliori condizioni di neve tendono a corrispondere anche a più pernottamenti.

 

L’innevamento artificiale non appare, invece, economicamente utile e/o vantaggioso per sostenere flussi turistici significativi.

 

Le Alpi sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici e il recente riscaldamento è stato di circa tre volte superiore la media globale. I modelli climatici prevedono cambiamenti ancora maggiori nei prossimi decenni, incluso una riduzione della copertura nevosa, soprattutto alle quote più basse. I nostri risultati suggeriscono che gli impatti del clima e il cambiamento nel turismo invernale potrebbe essere sostanziale e particolarmente grave per le stazioni sciistiche a bassa quota.  

 

La fattibilità delle misure di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici è quindi di fondamentale importanza per i paesi alpini. Ciò è stato riconosciuto dalla Convenzione delle Alpi, che alla fine del 2006 ha invitato i membri a sviluppare tempestivamente strategie di adattamento. Mentre l’innevamento artificiale resta una strategia di adattamento non adeguata ai fini del turismo, e i nostri risultati confermano studi precedenti indicando che non sembra essere né determinante né conveniente il sostenere i flussi turistici con l’innevamento artificiale.

 

Inoltre, i costi di innevamento aumenteranno in modo non lineare con l’aumentare delle temperature aumenteranno e, se le temperature saliranno oltre una certa soglia, l’innevamento semplicemente non sarà praticabile, soprattutto alle quote più basse, le più colpite dai cambiamenti climatici. Come sottolineato dall’OCSE (2007), addirittura se la neve artificiale può ridurre le momentanee perdite finanziarie derivanti da casi occasionali di inverni carenti di neve, di contro non possono proteggere dalle tendenze sistemiche a lungo termine verso inverni più caldi.

 

In questo contesto di adattamento sono cruciali le strategie basate sulla diversificazione delle attività e dei ricavi in montagna. Considerando il potenziale di un insieme più ampio di servizi per sostenere i flussi turistici, si potrebbero fare investimenti per ridurli dipendenza dell’economia montana dalle condizioni della neve: ad esempio, rafforzando l’impegno turismo circolare, stimolando e promuovendo il turismo estivo, ma anche le attività e il clima invernale intrattenimenti indipendenti come gare invernali di trail running, congressi, eventi educativi e sanitari.

 

Allo stesso tempo, il turismo estivo nelle Alpi è spesso considerato un potenziale ‘vincitore’ poiché il Mediterraneo diventerà troppo caldo e perderà la sua attrattiva climatica. In più temperate regioni europee, comprese le Alpi, dove l’idoneità climatica per il turismo estivo potrebbe migliorare a causa del cambiamento climatico (condizioni più calde e forse anche più secche), l’industria del turismo potrebbe trarne vantaggio dalle avverse condizioni climatiche future nel Mediterraneo. Allo stesso tempo, però, il ritiro dei ghiacciai, e lo scioglimento del permafrost, non meno dei cambiamenti nell’idrologia, nella flora e nella fauna e l’aumento dei processi geomorfici avranno tutti un grave ed inevitabile impatto sul turismo a vari livelli e si ritiene che siano in gran parte negativi.

 

BANCA D’ITALIA









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