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il mercante di armature (5) &
la cena segreta
Gli uomini di affari tedeschi, specie quelli
di Norimberga, avevano a Venezia, per i loro traffici,
un 'fondaco', magazzino, albergo, camera di commercio.
Merci, uomini, informazioni fluivano dall'una all'altra città,
per il Tirolo, il passo del Brennero e la valle dell'Adige.
Sulla stessa strada si incamminò, nel 1494, un giovane artista,
Albrecht Durer.
Albrecht Durer, di 23 anni, lascia la sua città, Norimberga, nell'ottobre
del 1494, diretto a Venezia.
Viaggia a piedi e a cavallo, evita di competere coi velocissimi corrieri
che mantenevano i collegamenti d'affari tra le due città e si muove con
una certa lentezza, pronto a indugiare per dipingere all'acquarello quel
che vede per via.
Era di una città ricca e colta, aperta agli interessi umanistici, aveva com-
piuto la propria formazione professionale e in Italia cercava forse la for-
ma della cultura nuova che i suoi colleghi a meridione delle Alpi attinge-
vano alle fonti antiche.
In Germania se ne sapeva per discorsi e racconti e anche per aver visto
qualche foglio stampato da lastre incise, una tecnica ancora abbastanza
nuova.
Il De Beatis, che accompagnando il cardinal d'Aragona compì in senso
inverso quasi lo stesso viaggio del Durer (da Verona a Norimberga)
una generazione più tardi, descrive Norimberga 'copiosissima di mercan-
tie et varii artificii, maxime di cose di ferro', una città di ingegnosi mec-
canici; il cardinale infatti vi ordina orologi e altri oggetti di ferro e ottone
per un buon gruzzolo di ducati.
Il canonico osserva ancora il ricco arsenale di armi e artiglierie, i magaz-
zini di granaglie e 'una lunga et grande casa' piena di carbone, perché
si potesse continuare a lavorare il ferro anche in caso di assedio.
La forza economica della città era risultata accresciuta quando all'inter-
scambio con l'Italia e la Germania settentrionale erano state affiancate
le attività inerenti l'estrazione e la lavorazione dei metalli. Le ferriere
erano numerose a monte della città sulla Pegnitz, il fiume che con le
ruote ad acqua dava energia ai trafilatoi dei metalli; i fonditori erano
considerati i migliori della Germania; fioriva anche la tipografia, la mani-
fattura nuova, strettamente collegata alle tecniche metallurgiche per la
preparazione dei caratteri mobili.
La città era in una posizione di avanguardia e predominio per la stam-
pa di libri illustrati...e per la la libertà che concedevano i suoi 'editori'.
Un libro del genere era la 'Neue Weltchronik', o 'Chronica mundi' nel-
l'edizione latina, del medico norimberghese Harrtmann Schedel, pubbli-
cata nel 1493 da Anthoni Koberger, padrino del Durer, con le silografie
di Michael Wolgemut e del suo figliastro Wilhelm Pleydenwurff: vi si
leggeva che essendo la città costruita su sterili sabbie, il popolo che l'-
abitava aveva sviluppato l'industriosità e la serietà nell'impegno.
Gli storici individuerenna proprio in quest'epoca, nel panorama econo-
mico e sociale della Germania, il passaggio dalla preminenza di città
commerciali tradizionali quali Colonia e Lubecca a quella delle città
in cui si sviluppa un 'capitalismo moderno': Norimberga, appunto, e
la non lontana Augusta.
Dalla grande città della Franconia, l'itinerario per Venezia attraversava
le colline dell'Alb, una delle regioni da cui veniva il minerale per le fer-
riere norimberghesi, scendeva nella valle del Danubio ad attraversare
il fiume, che scorreva lento tra i prati, risaliva la Lech per arrivare ad
Augusta, proseguiva per l'altopiano svevo-bavarese, mentre si disegna-
vano all'orizzonte le rocce e le nevi delle Alpi di Baviera; Mittenwald,
Innsbruck, il Tirolo sui due lati del valico del Brennero.
Philippe de Commynes, che aveva iniziato la carriera alla corte di Bor-
gogna conoscendo il meglio della 'douceur de vivre' europea, esprime
un'opinione secca dei tedeschi: 'ilz sont ruddes et vivent ruddement'.
Il molfettano che tenne il giornale di viaggio del cardinale d'Aragona
registra più variegate impressioni: apprezza le immancabili trote che
ogni oste tiene nell'acqua corrente di vivai davanti all'osteria; le fan-
tesche delle locande sono giovani e belle, accettano di bere e chiac-
chierare coi clienti; uomini e donne vanno molto in chiesa e non vi
si parla 'de mercantie ne se festegia' come in Italia, ma si prega in
ginocchio.
Si vedono però molte ruote di supplizio e forche con uomini impic-
cati e anche donne, segno, per il canonico, che 'se fa gran justitia,
quale non è dubio in tali paesi sia necessariissima'; nei castellotti di
piccoli nobili, sparsi per il paese, si congregano i ribaldi; i 'populani
facultosi' che governano la città 'franche' non hanno la mano leggera
nel difendere la proprietà e l'ordine.
(L. Camusso, Guida ai Viaggi nell'Europa del 1492)
Prosegue in:
da Norimberga a Venezia (2) &
da Norimberga a Venezia (3) &
appunti eretici di viaggio
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