La storia della meccanica applicata agli strumenti musicali è assai ricca
e articolata.
L'aspirazione alla meccanizzazione della musica è molto antica.
Un esempio è il colosso di Memnone, una tecnologia naturale assai me-
no aleatoria di quella dell'arpa eolia fu applicata nei tempi antichi alla co-
struzione di strumenti idraulici, ai quali l'aggettivo 'musicali' potrebbe più
propriamente sostituirsi con 'sonori'. I principi sui quali funzionavano ven-
nero applicati in Egitto a uno dei due colossi di Memnone ancora oggi e-
sistente presso la città di Tebe.
Numerose antiche testimonianze riferiscono che quando il sole raggiunge-
va una certa inclinazione la statua emetteva dei suoni che aspiravano ti-
more.
Pausania scrive che il suono prodotto dalla statua assomigliava a quello
di una cetra sulla quale si rompa una corda. Un'ipotesi fondata sembra
quella di individuare nel colosso di Memnone l'origine del mito antico che
ruota intorno alla statua parlante, mito che tanto eco avrebbe suscitato
nel corso dei secoli, non solo nelle numerose proposte meccaniche di au-
tomi, ma anche nel più vasto mondo culturale, fino al Don Giovanni di
Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart.
Le origini si possono già individuare in Platone, sembrava avesse realiz-
zato una klepsydra, sorta di orologio a flauti, che scandiva le ore serven-
dosi di canne in cui l'aria arrivava dopo essere stata compressa idraulica-
mente. Lo riferisce Athenaios, fonte solidamente attendibile; il congegno
non doveva apparire troppo diverso dai 'flotenhur' del XVIII secolo. E' un
fatto che la scienza araba, tramandò in molti suoi scritti l'antica scien-
za greca. Al mondo arabo risalgono infatti importanti realizzazioni mec-
caniche, a partire dal IX secolo d.C.In Occidente, all'XI secolo risalgono
i carillon, gigantesche suonerie di campane.
L'organo idraulico automatico italiano nei secoli XVI-XVIII: non desta
meraviglia la circostanza che il funzionamento degli organi idraulici fosse
circondato da un alone di mistero e quasi di magia; esso era noto soprat-
tutto per essere stato descritto nella 'Musurgia Universalis' da Athanasius
Kircher.
Scrive il Kircher che il procedimento era in uso presso le fornaci e gli alti-
forni per alimentare il fuoco delle fucine. La storia ci rivela che il primo or-
gano idraulico automatico a emulsione fu costruito a Tivoli intorno al 1569.
Gli organi idraulici automatici a emulsione vennero creati soltanto in Italia.
Essi si situano nello spazio di circa due secoli: dalla metà del XVI secolo
alla metà del XVIII. Collocati in residenze patrizie e più spesso in splendi-
di giardini, gli organi idraulici erano spesso dotati di congegni complemen-
tari, spettacolari e fastosi quali automi, strumenti a percussione ed effetti
rumoristici.
Questi organi idraulici a volte impreziositi da sottointesi magici o filosofi-
ci assecondavano in toto la sensibilità del tempo.
Meccanismi di una ingegnosità a volte straripante, essi toccavano molto da
vicino le corde della suggestione, dell'incantamento e di quella 'meraviglia'
che proprio alla fine del Cinquecento si veniva scoprendo.
Sullo stesso schema degli organi idraulici vennero costruiti strumenti di varia
natura: somieri piccoli e grandi, arricchiti da automi, di effetti speciali, di stru-
menti a percussione. I due organi idraulici le cui sopravvivenza appaiono più
significative sono quello presso la Villa d'Este a Tivoli e quello presso il Palaz-
zo del Quirinale a Roma. Non è azzardato ipotizzare che la macchina kirche-
riana del Quirinale - nella sua unitarietà logica - sia stata ispirata e suggerita
dal 'De templo musicae' di Fludd. Con una luminosa intuizione il Perugini os-
serva che il grande schema del Fludd è 'articolato sotto la forma iconografica-
allegorica di una sorta di 'macchina-edificio-risuonante', assai simile sotto cer-
ti aspetti ai macchinari dei campanili germanici.
La macchina di Kircher, infatti, nel suo complesso ed organizzatissimo dise-
gno, sembra rappresentare un imprevedibile sincretismo tra il congegno, al
tempo ormai cosolidato, dell'organo idraulico rinascimentale e i macchinari
da torre campanaria del Nord Europa.
La grande utopia di Fludd al contatto con il barocco romano si era, per co-
sì dire, solidificata in un autentico monumento risuonante arricchito da auto-
matismi sbalorditivi. L'uomo romano del Seicento, l'enciclopedista ante litte-
ram, il poligrafo, lo scienziato, l'artista, il musicista, cioè - in una parola - l'-
uomo kircheriano è un demiurgo, un forgiatore che si atteggia superoministi-
camente davanti alla creazione, simbolicamente scomposta nei quattro ele-
menti e altrettanto simbolicamente riunificata.
La sapienza ermetica del tempo, con un anticipo di due secoli su Nietzsche
e su Wagner, aveva così generato un sincretismo cosmizzante e universaliz-
zante. Il barocco romano possiede tutta questa valenza occulta ed eversiva
da società segreta, che convive con una valenza trionfalistica ben rappresen-
tata dalla......'Compagnia di Gesù'.........
Dopo gli organi idraulici fu ideata una grande quantità di strumenti mecca-
nici tra i quali spicca, per i suoi legami con l'esoterismo mozartiano, il ...
'flotenhur', l'orologio a ripetizione di orologeria con minuscolo organo azio-
nato da un cilindro.
A partire dal Cinquecento nell'Europa centrale operavano raffinatissimi co-
struttori di strumenti meccanici, specializzati soprattutto in orologi. Tra la
Boemia, l'Austria e la Foresta Nera molti capolavori vennero costruiti ai
primi decenni del XX secolo. Gli orologi a flauti nascono proprio in que-
sta area: erano dei meccanismi che allo scoccare delle ore diffondevano
il suono degli organi di limitate o limitatissime dimensioni, suoni che allie-
tavano la vita nei palazzi patrizi.
Per oltre un secolo, dai primi del Settecento alla metà dell'Ottocento, que-
sti meccanismi furono parte integrante della storia musicale e sociale del
tempo.
I musicisti anche i più insigni, cominciarono a vedere in questi automatismi
qualcosa di più che dei giocattoli di lusso: compositori quali Haendel, Hay-
dn, Mozart e Beethoven non ritennero disdicevole scrivere per essi brani
che in qualche caso ci sono pervenuti con la loro originaria struttura mecca-
nica. Tra il 1772 e il 1793 almeno tre flotenhur furono costruiti da Primitivus
Niemecz per le musiche di Haydn.
Questi tre strumenti sono tutti sopravvissuti e, con le loro trenta composizio-
ni disposte sui cilindri, costituiscono una documentazione musicale e tecni-
ca del tutto straordinaria. Molti musicisti scrissero appositamente per que-
sti piccoli meccanismi: Haydn, Bach, Quantz, Graun, Eberlin, Benda, Balba-
stre, Dandrieu, Erbach, Salieri......
Sembra che Beethoven frequentasse, durante i primi decenni dell'Ottocento,
un caffè viennese in cui si trovava un organo a cilindro: il maestro chiedeva
sempre che venisse suonata l'overture della 'Medea' di Cherubini. Un discor-
so approfondito meritano alcuni brani che Mozart scrisse appositamente per
questi strumenti. Il catalogo Koechel attribuisce al salisburghese almeno tre
composizioni scritte per gli organi meccanici del conte Joseph Deym, una stra-
vagante figura di collezionista che aveva inaugurato con molta pompa magna
una sorta di mausoleo dedicato alla memoria di un certo maresciallo Von Lau-
don........
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